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5 esperimenti pazzi (da non fare mai)

Le domande sono assurde: una bistecca lasciata cadere da 250 km di quota arriverebbe a terra cotta? Cosa succederebbe se si lanciasse una palla (quasi) alla velocità della luce?

Eppure Randall Munroe – con lo humour di un fumettista e il rigore di un fisico – ha provato a dare risposte a questi e altri quesiti, riunendole nel libro “Cosa accadrebbe se? Risposte scientifiche a domande ipotetiche assurde”.

Statunitense, laureato in fisica, Munroe ha lavorato alla Nasa nel settore robotica, ma ora disegna fumetti a tempo pieno creando strisce a tema scientifico: le domande vengono dai frequentatori del suo sito xkcd. com, con una sezione dedicata ad esse.

Lo spirito è quello del premio IgNobel, attribuito a ricerche apparentemente assurde “che prima fanno sorridere e poi fanno pensare”.

Munroe mostra che il metodo scientifico si può applicare a ogni argomento. E basa i suoi scenari – in genere letali – su calcoli rigorosi: veri esperimenti, per verificare i risultati, per fortuna non si possono fare…

Qui trovate i più divertenti. E le risposte vi stupiranno.

1. Lanciare una palla (quasi) alla velocità della luce

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Scenario: tirare una palla da baseball al 90% della velocità della luce, che è 299.792.458 m/s.
Conseguenze: il lanciatore, il battitore e l’intero stadio sarebbero annichiliti da raggi X e plasma super caldo

Il lanciatore in questo esperimento farebbe una grande performance, ma sarebbe disintegrato con l’intero stadio...

Nello scenario ipotizzato da Randall Munroe, la palla sarebbe così veloce che impatterebbe sulle molecole d’aria innescando un processo di fusione tra gli atomi dell’atmosfera e quelli della sua stessa superficie.

I frammenti della pallina, divorata dalla reazione termonucleare, schizzerebbero via innescando nuove fusioni.

E si formerebbe una bolla in espansione di raggi X e plasma super caldo.

In 70 nanosecondi (miliardesimi di secondo) la palla lanciata – ormai ridotta a una nuvola di plasma – arriverebbe al battitore: colpirebbe lui e la mazza, disintegrandoli.

Senza contare che la “ex palla”, per le leggi della fisica, a questa velocità avrebbe una massa pari a quella dello stadio!.

E la bolla di raggi X e plasma finirebbe di distruggere squadre, spettatori, stadio e dintorni.

2. Cuocere un filetto buttandolo da grandi altezze

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Scenario: arrostire una bistecca gettandola dall’alto.
Conseguenze: da 70 km di quota, non cuocerebbe. Da 250 km, la carne sarebbe carbonizzata all’esterno e cruda all’interno.

C’è chi si è chiesto se si potrebbe cuocere una bistecca lasciandola cadere da grandi altezze, in modo che raggiunga velocità supersoniche (maggiori di quella del suono) e ipersoniche (almeno 5 volte quella del suono).

Si sfrutterebbe il calore prodotto dal passaggio dell’aria sul corpo, il fenomeno che “brucia” meteore o veicoli spaziali al rientro in atmosfera.

Munroe ammette che manca un dato: si dovrebbe determinare l’esatto comportamento della bistecca a velocità ipersonica...

Ma alcune conclusioni le ha tratte, immaginando un filetto da più di due etti, alto due cm e mezzo.

Una caduta da 70 km equivale allora a un minuto in forno a 160 gradi: troppo poco.

Da 250 km si carbonizzerebbe la superficie lasciando crudo l’interno, come esponendolo direttamente a una fiamma. E salendo ancora?

L’esterno finirebbe carbonizzato e sbriciolato dal vento, esponendo strato dopo strato. La bistecca si polverizzerebbe.

3. Distruggere gli uragani con le bombe atomiche

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Scenario: lanciare testate nucleari nell’occhio di un ciclone tropicale per domarlo.
Conseguenze: nessun effetto meteorologico positivo. Ci sarebbe invece un fallout radioattivo a largo raggio.

La questione è stata esaminata non solo da Randall Munroe, ma persino dagli scienziati del National Hurricane Center (Nhc), gli specialisti Usa di uragani.

A loro, infatti, è stato chiesto specificamente se non si potrebbe domare un ciclone con una bomba atomica.

«Anche trascurando il fallout, cioè il materiale radioattivo che si spargerebbe ovunque col vento», commenta Chris Landsea dell’Nhc, «un uragano rilascia energia a un ritmo pari all’esplosione di una bomba da 10 megatoni ogni 20 minuti».

Una quantità enorme: per contrastarla non basterebbe certamente una bomba atomica. Un metodo però ci sarebbe.

«Per smorzare un ciclone con un “occhio” di 20 km bisognerebbe spostare in quell’area mezzo miliardo di tonnellate di aria».

Impresa difficilmente realizzabile, e tantomeno con un bombardamento, che non attira aria nel punto dell’esplosione.

4. Alimentare una lampadina dopo la scomparsa dell'umanità

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Scenario: l’umanità sparisce. Per quanto tempo resterebbero accese le luci sulla Terra?
Conseguenze: probabilmente funzionerebbero più a lungo le lampade delle colonnine di emergenza stradali, alimentate da pannelli solari.

Ipotizziamo che gli abitanti della Terra scompaiano. Quando si spegnerebbe l’ultima luce di origine umana?

Munroe ha esaminato la “resistenza” degli impianti che potrebbero alimentarla.

Centrali termoelettriche e generatori diesel funzionerebbero finché hanno combustibile.

E i sistemi di controllo, alla prima anomalia, spegnerebbero i reattori nucleari. Per altri impianti che l’uomo non deve rifornire, il limite è invece la manutenzione.

«Secondo il manuale dell’impianto geotermico dell’isola Svartsengi, Islanda, ingranaggi e motori elettrici richiedono di essere oliati ogni sei mesi», dice Munroe.

Dopo qualche anno, l’impianto cederebbe. Resisterebbero di più le pale eoliche, pensate per essere meno bisognose di manutenzione: anche per decenni.

Più a lungo ancora durerebbero le colonnine di emergenza delle autostrade, con pannelli solari che alimentano una lampada: prima che la corrosione e la polvere sui pannelli le spengano, quelle luci potrebbero durare un secolo.

A meno che non valga come “luce umana” quella delle scorie radioattive di Cesio-137, che continueranno a brillare per secoli nei sepolcri di cemento dove sono stoccate.



5. Unire tutti i fulmini del mondo

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Scenario: tutti i fulmini che cadono nel mondo in un giorno si scaricano contemporaneamente nello stesso punto.
Conseguenze: un cratere nel punto in cui è caduto il megafulmine, distruzione nel raggio di alcuni km.

I fulmini non sono regolari e anche nelle regioni più “elettriche” (come Florida o Congo) l’energia che si scarica a terra coi fulmini è circa un milione di volte più scarsa di quella veicolata dal sole.

Ma se tutti i fulmini che cadono nel mondo in un giorno si scaricassero nello stesso punto?

Considerando che il canale principale di un fulmine è largo circa 1 cm, si formerebbe un “tubo” luminoso di 6 m di diametro che scaricherebbe a terra il fabbisogno di elettricità degli Usa... di soli 5 minuti.

Il calore sprigionato basterebbe però a incendiare l’area circostante per chilometri e l’onda d’urto spianerebbe edifici e alberi.

E dove è caduto il fulmine resterebbe un cratere grande come un campo da basket.

E se, in alternativa, cercassimo di usare i fulmini come fonte di energia?

L’ipotesi sembrerebbe quasi sensata, ma «un generatore alimentato dai fulmini», osserva Munroe, «sarebbe come un mulino azionato dagli uragani: poco pratico».






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