5 persone famose morte ridendo 1-800x400

5 persone storiche morte ridendo

Si può morire dal ridere? Pare proprio di sì. Sembra cioè che le risate eccessive e prolungate possono davvero uccidere.

Si chiama "morte da risata" o anche "ilarità fatale" (Fatal hilarity), secondo un’espressione coniata già nel 1596 e riportata sull’Oxford English Dictionary, e indica un raro e bizzarro caso di morte provocato da un eccesso di risate, solitamente derivante da diverse patologie (che si discostano dalle risate benigne). Morti di questo tipo si sono registrate dai tempi antichi, e fino ai tempi nostri, ad alcuni individui che presentavano gravi disfunzioni cardiache e i quali sono deceduti in seguito ad un arresto cardiaco o ad un'asfissia.

Le cosiddette "crisi gelastiche" ovvero "crisi di riso inappropriate", oltre l'arresto cardiaco e l''asfissia, possono altresì provocare una sensazione di improvvisa debolezza (la cosiddetta "lipotimia"),  che non comporta la completa perdita della coscienza ma che può aggravarsi fino alla breve perdita di coscienza causando così eventuali traumi e lesioni fisiche.

Scopriamo, quindi, tra i diversi decessi imputabili a tale bizzarro fenomeno, quelli legati alle persone più famose della storia. Persone rinomate passate a miglior vita con molto più di un sorriso sulle labbra.

1. Calcante Testoride - indovino greco (XII secolo circa a.C.)

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Calcante (gr. Κάλχας), figlio di Testore da Micene, fu il più saggio degli indovini greci durante la guerra di Troia. Sacerdote di Apollo, fu colui che consigliò la costruzione del famoso cavallo di legno. Furono, altresì, le sue profezie a prevedere i 10 anni di durata della guerra, ad indicare nel sacrificio di Ifigenia prima, e nel richiamo di Filottete, nella cattura di Eleno e nell'intervento di Achille poi, la buona riuscita della spedizione contro Troia.

Un giorno mentre stava curando la vigna, un altro indovino gli predisse che non avrebbe mai bevuto il vino di quelle uve. I grappoli maturarono, li si vendemmiò, se ne trasse il vino e Calcante invitò il collega a gustarlo con lui. Mentre leccava la sua coppa, l'indovino ripeté la sua profezia. Ciò suscitò in Calcante un tale accesso di risa che il vino gli andò per traverso e morì soffocato.

Secondo altre fonti, invece, Calcante si uccise per aver perso una gara di divinazione, e superato dall'indovino Mopso di Claro, non essendo stato capace di predire il numero esatto di porcellini che una scrofa stava per figliare.

(...chiese Mopso a Calcante, "quanti lattonzoli, secondo te, si celano nel ventre di quella scrofa gravida, e quanti di ciascun sesso verranno alla luce, e quando?" "8 lattonzoli e tutti maschi, e la scrofa partorirà tra 8 giorni", rispose Calcante a caso, sperando di poter ripartire prima che la sua predizione si scoprisse falsa. "Sono di parere diverso", replicò Mopso chiudendo daccapo gli occhi. "Secondo me nasceranno 3 lattonzoli, di cui uno solo maschio, domattina a mezzogiorno, non un minuto prima, non un minuto dopo"). 

2. Zeusi - pittore greco (V secolo a.C. – IV secolo a.C.)

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Zeusi (Ζεῦξις, Ζεύξιππος, Zeuxis) era un pittore greco originario di Eraclea (probabilmente si tratta della località della Magna Grecia e non di Eraclea sul Ponto), vissuto nella seconda metà del V sec. a.C. Divenne noto per avervi sviluppato la cosiddetta "pittura da cavalletto", ossia la pittura su tavola. Fu, secondo il giudizio degli antichi, uno dei più grandi pittori greci. La fama delle sue opere ispirò anche gli artisti del Rinascimento.

Ebbe fama notevole e fu citato tra gli altri da Senofonte e Aristofane. Nessun opera è giunta a noi, ma gli scrittori antichi descrivono Zeusi come uno dei maggiori pittori greci e gli attribuiscono doti straordinarie nel rendere le immagini realistiche: Plinio il Vecchio, nel I secolo d.C., narra che Zeusi era così abile nel ritrarre oggetti, visi e frutti della natura che tordi e passeri arrivavano a frotte per beccare gli acini di uva sul pannello, fino a distruggerne e macerarne col becco la tela.

La storia di questo celeberrimo pittore di Eraclea che, per raffigurare Elena nel tempio di Hera Lacinia, selezionò 5 tra le più belle fanciulle di Crotone e di ciascuna prese la parte migliore, formando nella sua mente l’immagine di una perfetta bellezza, diviene nel Rinascimento un motivo ricorrente nella trattatistica sulle arti. 

Secondo la leggenda, Zeusi morì ridendo nel contemplare il ritratto di una vecchia dall'aspetto buffo che aveva appena finito di dipingere; a un tratto gli mancò il respiro e soffocò.

3. Filemone di Siracusa - poeta greco (361 a.C. - 263 a.C.)

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Filemone di Siracusa (in greco antico Φιλήμων) nacque a Siracusa nel 361 a.C. è stato un poeta e drammaturgo siceliota, autore della Commedia Nuova.  Scrisse 97 commedie, di cui restano solo una settantina di titoli e alcuni frammenti. Oltre a tali frammenti, sembrano da attribuire a lui 7 trimetri di un papiro di Filiburgo.

Vinse più volte la gara degli agoni drammatici ad Atene (la sua prima vittoria è del 327), e giunse a rivaleggiare fortunatamente con il famosissimo e temutissimo commediografo Menandro. Gli antichi gli assegnavano il secondo posto subito dopo Menandro tra i poeti della commedia nuova.

Visse anche, pare, in Egitto, alla corte di Tolomeo Filadelfo, e morì ad Atene ridendo (letteralmente da morire) di una facezia che aveva appena inventata, nel 263 a.C. Si narra che "...una tale facezia gli mosse tanto ridere che mettendo il capo sotto le coperte morì fra il riso". Filemone visse 98 anni sempre forte di corpo e di ottimi sensi.

4. Crisippo di Soli - filoso e matematico greco (281 a.C./277 a.C. – 208 a.C./204 a.C.)

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Crisippo di Soli (in greco: Χρύσιππος ὁ Σολεύς Soli, 281 a.C./277 a.C. – Atene, 208 a.C./204 a.C.), figlio di Apollonio, è stato un filosofo e matematico greco antico. Fu successore di Cleante nello scolarcato della Stoa. Crisippo è  il secondo fondatore dello stoicismo (il primo fondatore di questa scuola fu Zenone), la corrente filosofica che mira a definire l’ideale della saggezza e la condizione del saggio.

L'etimologia della parola stoicismo deriva dal greco stoà (στοα) che significa portico e venne chiamata così perché si narra che il fondatore di questa scuola Zenone, non potendo acquistare un edificio tenne le sue lezioni in un portico, che era stato dipinto dal celebre pittore Polifinoto. A quanto si dice, Crisippo crede che né il rimanere in questa vita dipende totalmente dai beni, né l’uscirne dipende dai mali, ma tutt’al più da realtà intermedie conformi a natura. Pertanto, talvolta sarà doveroso per chi è felice andarsene da questa vita, e invece per chi è infelice rimanerci.

Fu uno scrittore fecondissimo e compose, secondo lo storico greco Diogene Laerzio vissuto sotto l'Impero Romano, 705 libri in cui gli antichi ammiravano, se non la trascurata prosa letteraria, la vivacissima dialettica. Scrive Diogene Laerzio: Divenne un dialettico così rinomato che i più reputavano che se presso gli dei ci fosse un posto per la dialettica, questo non sarebbe occupato da altra dialettica [II,1,15] che quella di Crisippo.

Sempre secondo Laerzio (nella sua opera ‘Vitae philos"-"Vite dei filosofi"), Crisippo di Soli morì in seguito ad una grossa risata: un asino aveva mangiato i suoi fichi ed egli ordinò alla sua vecchia domestica di dare a sorbire all'asino vino puro; scoppiò poi in una smodata risata e morì [VII, 185  p. 310].



5. Pietro Aretino - letterario italiano (1492-1556)

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Pietro Aretino (1492-1556) nacque ad Arezzo e non si denominò col cognome del padre Luca il calzolaio, ma col nome della sua città. Fin da questa scelta scopriamo una delle sue caratteristiche principali: l’ambizione ad una vita lussuosa.

Odiato quanto amato, questo letterato senza scrupoli diventa emblema di un periodo storico. L’arrivismo, la malalingua, la satira utilizzata come arma di potere, il suo marchio di fabbrica. Adolescente vive a Perugia, poi poi a Siena e di lì, protetto da Agostino Chigi, nella Roma di Leone X (1517 circa), dove assiste al conclave del 1522 come valletto.

Alla morte del papa viaggia per la penisola, lavora a Mantova, al servizio di Giovanni dalle Bande Nere, il quale, come molti altri signori, lo teneva in gran conto. Torna a Roma sotto Clemente VII e in questo periodo compone i “Sonetti Lussuriosi” e scrive “La Cortigiana”. Nel 1525 viene accoltellato da tale Achille della Volta, probabilmente un sicario. Dopo questo grave attentato subito e grazie anche all'ostilità del datario pontificio G. M. Giberti l'Aretino si vide costretto a rifugiarsi  a Mantova (1526-27) e, infine, a Venezia, città anticortigiana per eccellenza, dove trovò sicura e stabile sede sino alla morte.

Qui dà alle stampe gran parte delle sue opere: le famigerate “Lettere”; i “Ragionamenti”, cinque commedie (“La Cortigiana”, “Il Marescalco”, “La Talanta”, “Lo Ipocrito”,” Il Filosofo”), una tragedia (“Orazia”) ecc. Si dice che l'Aretino morì nel 1556, nella città lagunare, per un colpo apoplettico ridendo di una storiella licenziosa che sua sorella stava raccontandogli.






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