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5 teorie sulle origini dell’Universo (alternative a quella del Big Bang)

Da oltre un secolo, ovvero da quando il fisico tedesco Albert Einstein pubblicò la sua teoria della Relatività generale (1916), i cosmologi si affannano nello studio di come possa essere nato il nostro Universo.

Secondo questa teoria, infatti, in presenza di un campo gravitazionale la geometria dello spazio-tempo si modifica.

In effetti, essa riguarda la gravitazione, ma concerne la natura dello spazio e del tempo, proprio perché la gravità è l’unica interazione veramente universale: nulla infatti sfugge a essa.

Da subito i cosmologi si accorsero che la soluzione delle equazioni di Einstein portava a un Universo dinamico, in espansione.

Questa espansione venne evidenziata nel decennio successivo, grazie alle osservazioni dello statunitense Edwin Hubble, che scoprì che le galassie si allontanano sistematicamente le une delle altre.

Ma se adesso l’Universo si sta espandendo, secondo i cosmologi deve esserci stato un momento, in un qualche passato, in cui era molto più piccolo, caldo e denso.

Così, se adesso quasi (ripetiamo: quasi!) tutti sono concordi sull’espansione (addirittura accelerata) dell’Universo, c’è invece una grande bagarre di ipotesi (alcune sperimentabili, altre piuttosto speculative) attorno a quel momento dal quale il nostro Universo avrebbe avuto origine.

Il modello del Big Bang caldo, seguito da un rapido periodo inflattivo è, infatti, il modello più accreditato, ma non è sicuramente l’unico.

Vediamo dunque 5 tra le più suggestive teorie alternative a quella del Big Bang.

1. Non c’è stato alcun Big Bang

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È la cosiddetta teoria dello stato stazionario (in inglese “steady state theory”, SST), formulata nella sua versione originale nel 1948 dai cosmologi Hermann Bondi, Thomas Gold, and Fred Hoyle (curiosamente, fu proprio quest’ultimo a coniare il termine Big Bang).

Storicamente è una delle prime teorie alternative a quella del “Grande Scoppio”.

La “steady state theory” prendeva le mosse dal cosiddetto “principio cosmologico perfetto”, secondo cui l’Universo dovrebbe apparire sostanzialmente sempre simile a se stesso, conservando le stesse caratteristiche da qualunque luogo e in qualunque tempo lo si osservi (naturalmente questo è più un principio filosofico, che fisico).

In pratica, l’Universo non avrebbe né inizio né fine, è esistito da sempre e continuerà sempre a esistere, esattamente con le stesse caratteristiche.

L’espansione dell’Universo che avrebbe via via diminuito la densità complessiva della materia, andando quindi in contrasto con il principio, sarebbe stata, nell’ipotesi dei tre cosmologi, annullata dalla continua e spontanea creazione di materia a un tasso comunque molto basso e non misurabile (alcuni atomi per chilometro cubo all’anno).

Le scoperte dei quasar, presenti nell’Universo lontano ma non in quello vicino, e, soprattutto, della radiazione cosmica di fondo, interpretata proprio come l’eco residua del Big Bang, hanno mandato definitivamente in soffitta questa teoria.

2. E' semplicemente un miraggio

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Uno dei principali problemi del modello standard del Big Bang è l’incredibile uniformità della temperatura media dell’universo, così com’è rivelata dalle osservazioni della radiazione cosmica di fondo, in relazione al poco tempo (cosmologicamente parlando) trascorso dal Big Bang.

Questa uniformità, nel modello standard, è appunto risolta con l’in azione, per la quale tuttavia occorre invocare una forma di energia sconosciuta (quella dell’inflatone).

Ma un gruppo di fisici del Perimeter Institute for Theoretical Physics, di Waterloo, in Canada, è andato oltre, ipotizzando che il nostro universo – a tre dimensioni spaziali – sia semplicemente un miraggio 3D derivante da un buco nero quadridimensionale (4D).

In particolare, noi dovremmo essere un miraggio generato all’orizzonte degli eventi di una stella 4D che sta collassando in un buco nero. La spiegazione di Niayesh Afshordi e colleghi è molto semplice (almeno dal loro punto di vista!).

I buchi neri tridimensionali sono avvolti da una superficie sferica denominata orizzonte degli eventi, oltre la quale non è possibile fare alcune osservazioni.

Quindi, un ipotetico buco nero 4D – ovviamente ospitato da un universo a quattro dimensioni spaziali – è avvolto da una superficie 3D (in geometria un oggetto simile viene chiamato ipersfera).

Facendo i dovuti calcoli, i ricercatori hanno scoperto che una stella 4D in fase di collasso gravitazionale espelle materia che forma una brana 3D (membrana) in lenta espansione attorno all’orizzonte degli eventi. Ecco: il nostro universo 3D sarebbe una di queste brane!

Non solo: poiché l’universo 4D potrebbe essere molto vecchio o infinitamente vecchio, ecco spiegata l’omogeneità della temperatura. Naturalmente anche qui del Big Bang nessuna traccia.

3. Da zero a infinito, all’infinito

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C’è anche chi ipotizza che l’Universo sia ciclico, ovvero che il Big Bang che ha dato origine a questo Universo sia solo uno dei tanti Big Bang passati e futuri.

In pratica, il “grande scoppio” non sarebbe quindi un vero inizio, ma semplicemente una transizione da un Universo al termine della sua evoluzione a uno nuovo.

Questa ipotesi si trova anche nei modelli standard, ed è connessa all’eventualità che la densità di materia ed energia contenuta nell’Universo sia tale da chiuderlo: così, una volta terminata l’espansione, esso inizierebbe a contrarsi per terminare in un “Big Crunch”, che poi darebbe origine al “Big Bang” dell’Universo successivo.

Ma il matematico e fisico britannico Roger Penrose (nella foto), dell’Università di Oxford, ha sviluppato un modello di Universo ciclico ancora diverso, denominato “Cosmologia ciclica conforme” (CCC).

Anche qui entrano in gioco i buchi neri, che al termine dell’evoluzione dell’Universo, ingoierebbero tutta la materia per poi eventualmente ingoiarsi fra loro, portando l’Universo alla morte termica.

Ma, a causa dell’evaporazione dei buchi neri (radiazione di Hawking), nel tempo questi restituirebbero tutta la materia e l’energia, in una condizione di bassa entropia simile a quella immediatamente a ridosso del Big Bang.

Da questa situazione l’Universo potrebbe quindi avere un nuovo inizio: anzi, gli ultimi istanti di vita dell’Universo coinciderebbero con quelli iniziali dell’Universo successivo. Ogni ciclo di vita di un Universo viene chiamato “eone” e si hanno infiniti “eoni” di infiniti Universi successivi.

Non è finita: Penrose è convinto di aver trovato le prove della validità della sua teoria nella radiazione cosmica di fondo. Ma non tutti ne sono convinti.

4. Guardiamoci allo specchio

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Un altro problema, particolarmente intrigante, dei principali modelli cosmologici, compreso quello del Big Bang caldo, è che si basano su leggi fisiche totalmente reversibili rispetto al tempo.

In altre parole, le teorie classiche della gravitazione, dell’elettromagnetismo, ma anche la Relatività generale, funzionano bene sia che la variabile temporale scorra in avanti (verso il futuro), sia che scorra all’indietro (verso il passato).

Tuttavia, noi sappiamo che nel mondo reale il tempo scorre in una sola direzione. Responsabile di questa “freccia del tempo” è l’entropia, una grandezza termodinamica che descrive il grado di disordine di un sistema fisico.

Maggiore è l’entropia, minore è l’ordine del sistema. Quindi la nostra percezione del tempo è legata all’aumento generale dell’entropia dell’Universo. Che quindi dovrebbe essere nato da uno stato ordinato per evolvere verso livelli di entropia sempre maggiori (e quindi a stati più disordinati).

Per risolvere questo apparente paradosso, un gruppo di cosmologi guidato da Julian Barbour, dell’Università di Oxford, ha ipotizzato che all’origine della freccia del tempo non ci sia l’entropia, ma la gravitazione.

Il loro modello cosmologico prevede, infatti, l’esistenza di due universi specchio, che evolvono simmetricamente – creando strutture complesse e ordinate, come le galassie, per esempio – a partire da uno stesso stato iniziale caotico, di dimensioni minime e densità massima.

Uno dei due universi va quindi in avanti nel tempo, l’altro indietro. Naturalmente non potremo mai incontrare gli ipotetici abitanti dell’universo specchio, perché ognuno percepirà di muoversi verso il futuro, allontanandosi da quello stato caotico primordiale.

Ma potremmo interpretare il futuro remoto di uno come l’estremo passato dell’altro, e viceversa.



5. Freddo e in contrazione

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Uno dei problemi principali che fisici e cosmologi si trovano ad affrontare quando trattano i primi istanti di vita dell’Universo è quello della “singolarità” iniziale, ovvero il momento in cui l’Universo avrebbe avuto dimensione nulla e densità infinita.

Ma anche gli istanti immediatamente successivi pongono problemi di non poco conto.

Le due teorie in gioco – la relatività generale, che serve a definire la geometria dell’Universo, e la meccanica quantistica, che invece è utile per descrivere le interazioni fra le particelle (nell’Universo di dimensioni microscopiche) – si conciliano infatti con estrema difficoltà.

La soluzione proposta dal tedesco Christof Wetterich, dell’Università di Heidelberg (nella foto), è quindi semplicissima: non c’è stata alcuna singolarità iniziale, perché l’Universo è partito da uno stato freddo e sostanzialmente vuoto, e si sta contraendo. Già, proprio così.

E il famoso spostamento verso il rosso della luce delle galassie, interpretato proprio come la prova del loro allontanamento? Secondo Wetterich si spiega semplicemente con il fatto che, con il passare del tempo, la materia aumenta la propria massa.

Quindi, secondo questa teoria, nel passato, un elettrone avrebbe avuto una massa minore di quella attuale. Lo stesso per il protone, il neutrone e così via.

Quindi la luce emessa dalla materia “antica” sarebbe naturalmente meno energetica di quella emessa dalla materia attuale. A conti fatti, l’effetto è identico. Però c’è un problema.

La teoria di Wetterich non può essere dimostrata, perché la massa è una grandezza che si misura come rapporto con una massa campione (nella circostanza, il chilogrammo campione in lega di platino-iridio conservato a Sèvres, in Francia).

Ma se nel frattempo anche il campione ha aumentato la propria massa, non ci possiamo accorgere di alcun cambiamento.

Tuttavia per Wetterich questo non è un problema: lui ha proposto la sua teoria solo per invitare i cosmologi a pensare anche a modelli alternativi.

Christof Wetterich dal 1992 ha la cattedra di Fisica teorica all’Università di Heidelberg. È noto per la sua teoria secondo la quale l’Universo è iniziato da uno stato freddo e vuoto e si sta via via contraendo.






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