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5 verità scientifiche al tempo delle bufale

Le verità scientifiche, a qualche livello, sono sempre provvisorie. 

Una volta credevamo che i continenti fossero fissi sulla superficie terrestre; oggi sappiamo che si spostano. Credevamo che l’universo fosse statico; sappiamo che si espande.

Pensavamo che la margarina fosse più sana del burro e che la terapia ormonale sostitutiva fosse giusta per tante donne in menopausa; ma ora abbiamo capito che non è così.

Come talvolta accade, la ridotta ma rumorosa schiera di coloro che rifiutano di accettare la posizione degli scienziati su certe questioni tende ad alzare ancora la voce.

Nell’era della «post-verità», abbiamo pensato che fosse il momento giusto per esporre, in modo chiaro e deciso, le buone ragioni di alcune ben stabilite – ma, in certi circoli, stranamente ancora contestate – verità scientifiche.

Dall’evoluzione agli incontri con gli alieni, ecco un rapido ripasso di 5 verità scientifiche spesso messe in discussione dai gruppi antiscientifici. Un piccolo inventario di fatti sostenuti da solide prove.

1. "L'unica spiegazione ragionevole della diversità della vita è l'evoluzione" di Michael Shermer

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Il 14 gennaio 1844 Darwin scrisse una lettera all’amico Joseph Hooker, rievocando il giro del mondo che aveva compiuto sul brigantino HMS Beagle.

Dopo cinque anni in mare, e sette di riflessioni sull’origine delle specie una volta tornato a casa, era giunto a una conclusione:
«Alla fine, si è acceso un barlume di luce, e io sono quasi convinto (un’opinione opposta a quella che nutrivo all’inizio) che le specie non siano (è come confessare un omicidio) immutabili».

È come confessare un omicidio. Parole forti. Ma non c’è bisogno di chissà quale scienza – neanche di quella del grande naturalista inglese – per capire perché una teoria dell’origine delle specie per selezione naturale doveva rivelarsi tanto controversa.

Se le nuove specie si creano in modo naturale – e non soprannaturale – che posto resta, allora, per Dio? Non stupisce che dopo un secolo e mezzo certi esponenti di varie fedi religiose continuino a vedere in questa teoria una tremenda minaccia.

Ma in tutti questi anni gli scienziati hanno trovato tante di quelle prove a sostegno che sarebbe davvero stupefacente se dovesse rivelarsi falsa: sarebbe uno shock, come se crollasse la teoria che i microbi provocano malattie, o se gli astrofisici dovessero abbandonare il modello dell’universo nato dal big bang. Perché? Per la convergenza delle prove provenienti da molte diverse linee di indagine. 

Per esempio: confrontando i dati provenienti da ricerche di genetica di popolazioni, geografia, ecologia, archeologia, antropologia fisica e linguistica, gli scienziati hanno scoperto che gli aborigeni australiani sono geneticamente imparentati più da vicino con gli abitanti dell’Asia meridionale che con i neri africani; il che ha senso, in una prospettiva evoluzionistica, perché l’andamento delle migrazioni degli esseri umani fuori dall’Africa li ha condotti prima in Asia e poi in Australia.

La coerenza delle tecniche di datazione è un altro elemento che rafforza la fiducia nella veridicità della teoria: le datazioni con uranio/piombo, rubidio/stronzio e potassio/argon sono tutte ragionevolmente concordi quando si determina l’età di rocce e fossili.

Si tratta di stime, ma i margini di errore sono dell’ordine dell’1 per cento. Non è come se uno scienziato scoprisse che un ominide fossile risale a 1,2 milioni di anni fa e un altro scienziato a 10.000. Non solo le datazioni sono coerenti, ma i fossili mostrano anche stadi intermedi, cosa che gli antievoluzionisti continuano a negare.

Oggi dai fossili risultano almeno sei stadi intermedi dell’evoluzione delle balene, per esempio, e oltre una dozzina di ominini fossili, diversi dei quali devono essere intermedi rispetto all’uomo, visto che il ramo degli ominini si è separato da quello degli scimpanzé 6 milioni di anni fa.

E gli strati geologici presentano costantemente la stessa sequenza di fossili. Trilobiti e mammiferi sono separati da molti milioni di anni, quindi trovare un cavallo fossile nello stesso strato geologico di una trilobite – o, per essere ancora più drastici, un ominino fossile nello stesso strato di un dinosauro – sarebbe problematico per la teoria dell’evoluzione. Ma non è mai accaduto.

Infine, ci sono le strutture vestigiali, segni e residui della storia evolutiva. Pachyrhachis problematicus, un serpente del Cretaceo, aveva ridotti arti posteriori, ormai scomparsi nella maggior parte dei serpenti odierni.

Le attuali balene conservano una ridotta pelvi, per le zampe posteriori dei mammiferi terrestri da cui discendono. E gli esseri umani, ovviamente, sono pieni di strutture vestigiali inutili – segni distintivi delle nostre ascendenze evolutive – come denti del giudizio, capezzoli maschili, peli corporei, appendice e coccige. 

Come osservò il grande genetista e teorico dell’evoluzione Theodosius Dobzhansky, «Nulla ha senso in biologia, se non alla luce dell’evoluzione».

Michael Shermer pubblica la rivista «Skeptic», cura una rubrica mensile per «Scientific American» ed è presidential fellow della Chapman University. Il suo libro più recente si intitola The Moral Arc.

 

2. "L'omeopatia non ha alcuna base scientifica" di Harriet Hall

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L’omeopatia è una pratica che sostiene di curare le malattie con dosi minime di sostanze che in persone sane produrrebbero i sintomi di quelle stesse malattie.

Si basa sul pensiero ascientifico di un solo individuo, il medico tedesco Samuel Hahnemann, che l’ha inventata all’inizio dell’Ottocento. Non solo l’omeopatia non funziona; non c’è modo che possa funzionare.

Non è compatibile con le nostre più basilari conoscenze di fisica, chimica e biologia. Nel suo saggio Homeopathy and Its Kindred Delusions, Oliver Wendell Holmes la demolì completamente nel 1842, e sarebbe stato costernato all’idea che qualcuno possa crederci nel 2016.

Pochi di coloro che usano l’omeopatia si sono mai curati di informarsi su ciò che stanno prendendo o sulle strambe teorie che ci sono dietro. Il modo più semplice di spiegare la teoria omeopatica è con un esempio: se il caffè vi tiene svegli, il caffè diluito vi farà dormire, e più è diluito più l’effetto è forte.

Se, a forza di diluirlo, non rimane più neppure una molecola di caffè, sarà più forte ancora. (In qualche modo l’acqua si ricorda del caffè che non c’è più).  Se poi mettiamo una goccia d’acqua senza caffè su una pillolina di zucchero e la lasciamo evaporare, il ricordo del caffè si trasferirà alla pillola, e la pillola allevierà l’insonnia.

È difficile pensare che qualcuno compri un farmaco che non contiene nessuna traccia di principio attivo, ma lo fanno tanti. Un prodotto chiamato Oscillococcinium viene venduto in gran parte delle farmacie a clienti che sperano di alleviare i sintomi dell’influenza e del raffreddore.

Il nome è quello dei batteri oscillanti che un medico francese, Joseph Roy, pensò di vedere nel sangue di vittime dell’influenza e nel fegato d’anatra: non li ha mai visti nessun altro.

La confezione dice che l’ingrediente attivo è Anas barbarie 200 CK HPUS. Cioè anatra muschiata (cuore e fegato), che hanno diluito 1:100, e poi hanno ripetuto l’operazione 200 volte, ogni volta sottoponendo la soluzione a «succussione» (cioè scossa, non mescolata).

Basta studiare un po’ di chimica e conoscere il numero di Avogadro per calcolare che alla 13a diluizione la probabilità che rimanga anche solo una molecola dell’anatra è solo del 50 per cento, e alla 200a diluizione l’anatra non c’è più da un pezzo. Resta il pollo.

I metodi di prescrizione dell’omeopatia sono incredibilmente futili. Fanno una sfilza di domande irrilevanti (Di che colore hai gli occhi? che cibi non ti piacciono, di che cosa hai paura?). Poi consultano due libri.

Il primo è un Repertorio, che elenca i rimedi per ogni possibile sintomo, per esempio chiaroveggenza (ebbene sì, sarebbe un sintomo), carie dentali o sentirsi «lacrimevole». Il secondo è un elenco di Materia Medica che indica i sintomi associati a ciascun rimedio: «sognare rapinatori» è associato al sale da cucina!

Sì, il sale da cucina diluito, e praticamente ogni altra cosa, può essere un rimedio. Tra i miei preferiti: muro di Berlino, luce d’eclisse lunare, cerume di cane e polo sud di magnete.

È assurdo, ma si stima che cinque milioni di adulti e un milione di bambini assumano rimedi omeopatici ogni anno nei soli Stati Uniti, per la maggior parte autoprescritti e acquistati in farmacia.

Certo, ci sono studi pubblicati che sostengono che l’omeopatia funziona, ma si può trovare uno studio a sostegno di qualunque cosa, o quasi; però le rassegne scientificamente rigorose dell’intero corpus delle ricerche hanno costantemente concluso che non funziona meglio di un placebo.

Come hanno scritto Edzard Ernst, professore di medicina complementare all’Università di Exeter, nel Regno Unito, e il suo coautore Simon Singh, «l’evidenza indica che c’è un settore fasullo che offre ai pazienti nulla più che fantasticherie».

La FDA consente la vendita dei rimedi omeopatici in base a una clausola che li esenta dal dimostrarsi efficaci, ma sta considerando la possibilità di modificare le regole. Sarebbe opportuno che rendessero obbligatoria un’etichetta che dica: «Non contiene ingredienti attivi. Utilizzabile solo per intrattenimento».

La persistenza dell’omeopatia è una dimostrazione dell’incapacità di pensiero critico del pubblico. C’è chi si è rivolto all’omeopatia invece di assumere farmaci efficaci, vaccinarsi o fare profilassi contro la malaria. C’è chi è morto.

L’omeopatia era una sciocchezza nel 1842, e una sciocchezza rimane al giorno d’oggi.

Harriet Hall, medico di famiglia in pensione, scrive di medicina, medicine alternative, scienza, ciarlataneria e pensiero critico. È tra i fondatori e redattrice del blog «Science-Based Medicine», e fa parte del Committee for Skeptical Inquiry e del consiglio direttivo della Society for Science- Based Medicine

 

3. "Cambiamento climatico: le teorie del complotto sono ridicole" di Ray Pierrehumbert

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Mi lascia sempre perplesso che qualcuno si sia convinto che il vasto consenso scientifico sul riscaldamento globale antropogenico sia un grande complotto.

Se fosse così, come complotto è straordinario: copre quasi due secoli e coinvolge scienziati di decine e decine di paesi.

Le basi per capire la temperatura del pianeta cominciò a porle negli anni venti dell’Ottocento Joseph Fourier, che stabilì che la temperatura di un pianeta è determinata dall’equilibrio tra l’energia che riceve dal Sole e la radiazione infrarossa che riemette nello spazio.

Una determinazione quantitativa dell’idea si ebbe poi con lo sviluppo, a metà Ottocento, della teoria della radiazione di corpo nero da parte di Ludwig Boltzmann e Gustav Kirchhoff.

Fu John Tyndall a introdurre nel quadro l’anidride carbonica verso la fine del XIX secolo, mostrando che intrappola la radiazione infrarossa; e poco dopo il chimico Svante Arrhenius mise insieme il tutto.

Il XX secolo ha poi visto molti altri sviluppi, culminati in una teoria che tiene conto dei feedback sia dell’anidride carbonica che del vapor acqueo, elaborata negli anni sessanta e settanta da Syukuro Manabe. Molte cose le abbiamo approfondite ancora, negli anni seguenti, ma Manabe aveva sostanzialmente visto giusto.

La nostra comprensione dei rapporti tra gas serra e riscaldamento globale poggia sulle stesse basi di cose come missili a ricerca di calore, satelliti meteorologici e telecomandi a raggi infrarossi. Se è un complotto, deve essere veramente molto grosso per aver falsificato tutto questo.

E ancora più grosso dovrebbe essere per falsificare i mutamenti dei climi previsti dalla teoria e osservati dagli scienziati – l’aumento delle temperature medie globali, l’innalzamento del livello dei mari, la perdita di ghiacci artici e antartici, la fusione dei ghiacciai, l’aumento di intensità e durata delle ondate di calore e tante altre cose.

E i congiurati avrebbero dovuto falsificare anche tutti i dati sui climi del passato, che ci dicono che non c’è meccanismo che possa magicamente salvarci dagli effetti ormai assodati dell’azione concertata di anidride carbonica e vapore acqueo.

E dovrebbero falsificare le osservazioni oceaniche che ci dicono che le acque subsuperficiali degli oceani si stanno riscaldando, il che prova che l’energia che sta riscaldando la superficie del pianeta non può venire dagli oceani. (L’energia si conserva, quindi se fossero gli oceani a causare il riscaldamento della superficie dovrebbero raffreddarsi).

E i dati sul bilancio globale del carbonio e su quello dei suoi isotopi, che provano che l’anidride carbonica che si sta accumulando nell’atmosfera viene davvero da deforestazione e uso dei combustibili fossili.

E si dovrebbe falsificare, ancora, l’osservata coincidenza tra raffreddamento della stratosfera e riscaldamento della troposfera, che è caratteristica dell’azione dell’anidride carbonica e altri gas serra a lunga permanenza atmosferica.

La scienza premia chi rovescia i vecchi dogmi, quindi che la teoria base del riscaldamento globale abbia superato tutte le sfide è molto significativo. Il riscaldamento globale è un problema, e lo abbiamo causato noi.

Questo è e resta vero. Non c’è spazio, in un discorso onesto e ragionevole, per mettere in discussione l’esistenza stessa del problema.

Ray Pierrehumbert è il titolare della cattedra di fisica intitolata a Edmond Halley dell’Università di Oxford.

 

4. "I vaccini non causano l'autismo" di Paul Offit

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Sono passati quasi vent’anni da quando un lavoro pubblicato su «Lancet» avanzò il sospetto che i vaccini provochino l’autismo.

Da allora, è stato smentito da decine di studi, e l’articolo originale è stato ritrattato. Il denaro e il tempo dedicati studiare l’ipotesi di un rapporto tra vaccini e autismo sono stati in gran parte ben spesi.

In primo luogo, i media hanno smesso di presentare la cosa come se ci fossero due posizioni equivalenti, mentre una sola è sostenuta dalla scienza. In secondo luogo, la maggior parte dei genitori non pensa più che i vaccini provochino autismo.

Un recente studio ha mostrato che l’85 per cento dei genitori di bambini autistici non crede che la causa siano i vaccini. Purtroppo, malgrado la montagna di prove che smentiscono l’associazione, un piccolo gruppo di genitori continua a credere che i vaccini possano provocare l’autismo.

E non fanno vaccinare i figli, esponendoli a gravi rischi e indebolendo l’«immunità di gregge», che serve a contenere i focolai epidemici. Ci sono diverse ragioni di questa ostinazione.

Una è che le cause dell’autismo restano ignote: la stessa situazione del diabete nell’Ottocento, quando nessuno ne conosceva le origini o sapeva curarlo. All’epoca furono proposte cause assurde e terapie eroiche.

Poi, nel 1921 fu scoperta l’insulina, e tutte le false credenze svanirono. Finché non emergeranno una causa chiara e una cura per l’autismo, sarà difficile accantonare per sempre l’ipotesi che incolpa i vaccini.

L’idea che i vaccini causino l’autismo, inoltre, è consolante, certo più degli studi che rivelano una base genetica. Se l’autismo è provocato da eventi che avvengono dopo la nascita, i genitori possono esercitare qualche forma di controllo; se è un disturbo genetico, no.

E piace a tutti avere un colpevole contro cui puntare il dito, una forza malvagia da accusare di produrre l’autismo. I complottisti sostengono che il solo motivo per cui gli studi hanno mostrato che i vaccini non danno autismo è che c’è una larga cospirazione per nascondere la verità.

Anche se a crederlo è solo una piccola parte dei genitori, le loro voci sono sproporzionatamente rappresentate su Internet. Infine, spesso lo sviluppo dei bambini autistici appare normale ai genitori fino a circa 12 mesi di età.

Poi, dopo aver ricevuto una serie di vaccinazioni, il piccolo non raggiunge più una serie di tappe tipiche del secondo anno di vita. Tuttavia vari studi in cui sono stati esaminati video girati durante il primo anno di vita mostrano che già allora quei bambini non si stavano sviluppando normalmente.

L’aspetto più incoraggiante della controversia su vaccini e autismo è che tanti studiosi, medici clinici, responsabili di sanità pubblica e genitori sono scesi in campo a rappresentare nei media la scienza, che ha assolto i vaccini.

E grazie a loro il vento è cambiato. Adesso si sentono anche le voci dei genitori che protestano perché altri, scegliendo di non vaccinare i propri figli, mettono a rischio tutti i bambini.

Il clamore a favore dei vaccini si è fatto ancora più pressante, negli Stati Uniti, in seguito all’episodio di morbillo del 2015, partito da un parco della Disney in California meridionale e allargatosi a 189 casi, in maggioranza bambini, in 24 Stati e nel District of Columbia.

Purtroppo, per far capire le cose alla gente niente è più efficace dei virus stessi. Ogni volta, però, a soffrire della nostra ignoranza sono i bambini.

Paul Offit è professore di pediatria nella Divisione malattie infettive e direttore del Vaccine Education Center dell’Ospedale pediatrico di Philadelphia.

 





5. "Non esistono prove credibili di visite aliene" di Seth Shostak

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Milioni di persone negli Stati Uniti sostengono di essere state rapite dagli alieni, diceva un articolo del «Washington Post» del 2013.

Un bottino di tutto rispetto, insomma. Eppure, che fa il governo? Poco e niente. E questo dovrebbe dirvi qualcosa. O i federali non credono a quelle persone, o sono parte del problema.

Molti credono nella seconda ipotesi. Dicono che il governo sa che gli alieni ci sono, ma tiene nascoste le prove, nella famigerata Area 51 o in qualche altro bunker super-segreto.

Però, un momento. A meno che gli alieni non abbiano un debole per gli Stati Uniti, le percentuali di rapimenti nel resto mondo non dovrebbero essere troppo diverse. Se c’è in corso un programma «alieni senza frontiere», nel mondo ci sono milioni di persone che sono state catturate dagli omini verdi.

Penso che alle Nazioni Unite se ne sarebbero accorti. Penso che ve ne sareste accorti anche voi. Naturalmente, i rapimenti sono solo una parte del cosiddetto «fenomeno UFO».

Le prove sono soprattutto avvistamenti: testimonianze oculari, foto e video, la maggior parte dei quali si spiega come aerei, razzi, palloni, pianeti particolarmente visibili oppure, occasionalmente, burle.

Qualcuno resta inspiegato, ma questo vuol dire solo che non è stato spiegato, non che si trattasse di dischi volanti, a prescindere dalle convinzioni di chi ne riferisce. Continua a non esserci alcuna prova scientificamente convalidata che gli extraterrestri siano stati qui, né in tempi recenti né nel passato remoto.

Piramidi, allineamenti di Nazca in Perù e tutti gli altri artefatti che sono stati ascritti ad antichi astronauti possono essere direttamente spiegati con l’attività umana. Pochi scienziati o curatori di musei trovano anche solo plausibile l’idea che qualcuno sia venuto a trovarci.

Anche lasciando da parte le formidabili difficoltà tecniche del viaggio interstellare, proviamo a chiederci: perché adesso? Homo sapiens ha cominciato a trasmettere la sua presenza nell’universo solo dall’avvento della televisione e del radar.

A meno che gli extraterrestri non arrivino da un sistema molto vicino, non c’è stato neanche il tempo perché venissero a sapere della nostra esistenza e volassero fino alla Terra.

Persino se potessero viaggiare alla velocità della luce (e non possono), dovrebbero trovarsi entro un raggio di 35 anni luce circa da noi, e mica ce ne sono poi tante di stelle così vicine.

E poi, viaggiare nello spazio ad alta velocità richiede una quantità enorme di energia. Voi la paghereste una bolletta astronomica giusto per andare a pesca di ominidi, solo per sport e per di più liberando le prede?

Malgrado tutto questo, sono decenni che i sondaggi mostrano che grosso modo un terzo della popolazione statunitense crede che il nostro mondo ospiti visitatori cosmici. Se, malgrado la mancanza di valide prove, qualcuno proprio vuole crederci, dovrà ammettere anche che come ospiti sono perfetti.

Non ci uccidono, non fomentano disordini, non rubano l’argenteria. L’incidente di Roswell risale a quasi settant’anni fa. Se da allora qualche alieno è passato da queste parti, bisogna dargli una medaglia per buona condotta.

Seth Shostak è senior astronomer presso il SETI Institute, organismo senza fini di lucro che studia la natura della vita oltre la Terra. È inoltre fra i conduttori del programma radiofonico settimanale «Big Picture Science».

 








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