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5 vite da strega

Il termine stregoneria designa le persecuzioni di cui furono vittime uomini e donne accusati di pratiche magiche o di eresia (Eretici).

Tali persecuzioni, note anche come caccia alle streghe, si fondavano sull’idea che le cosiddette streghe (il termine comparve all’inizio del XV sec.) potevano praticare dei malefici con l’aiuto del diavolo.

Contrariamente ad altre eresie, che si basavano su riletture dell’insegnamento cristiano, oppure movimenti riformatori nell’ambito della Chiesa, oppure riformulazioni della dottrina cristiana, la stregoneria è sempre sfuggita ad una classificazione precisa.

La caccia alle streghe è un’operazione sistematica condotta in via ufficiale da agenti ecclesiastici con facoltà di investigare, raccogliere le accuse, interrogare, torturare, raccogliere le confessioni e far eseguire la sentenza (affidata al braccio secolare perché ecclesia abhorrit e sanguine, la chiesa rifugge dal sangue), per lo più una condanna al rogo, anche se qualche “fortunato” poteva essere strangolato o impiccato prima.

Dalle bàgiue di Triora, in Liguria, a Gentile Budrioli, l’enormissima, fino all’ultima condannata, nel 1782. Ecco 5 storie esemplari di presunta stregoneria.

1. Gostanza da Libbiano, la levatrice

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Monna Gostanza, nata nel 1565, era una tessitrice toscana che, rimasta vedova, si trasferì a Libbiano e a San Miniato, dove iniziò a praticare “professionalmente” le arti di levatrice e curatrice con le erbe della tradizione popolare.

Non avere più un marito, all’epoca, poteva esporre una donna alla rovina economica. Ma chi sapeva guarire aveva almeno una chance di riscatto.

Peccato che, nella mentalità del tempo, chi poteva curare fosse ritenuto anche in grado di fare ammalare.

Bastava un parto finito male o una guarigione mancata per innescare la caccia alla colpevole. A Gostanza capitò, per sua sfortuna, proprio questo.

Nel 1594 finì nelle grinfie dell’Inquisizione con l’accusa di aver provocato la morte di alcuni bimbi mediante pratiche demoniache.

Gostanza fu rinchiusa e poi torturata dal giovane inquisitore francescano Marco Porcacchi, molto zelante nel suo lavoro. La donna confessò partecipazioni ai Sabba, congiunzioni carnali con il “Gran Diavolo”, malefici contro compaesani a lei ostili e altro ancora.

Non rinnegò però la fede cristiana. E forse per questo, ma soprattutto perché nel processo intervenne il più ragionevole inquisitore di Firenze, Dionigi di Costacciaro, ebbe salva la vita.

Dionigi, uomo di grande cultura, si accorse che le confessioni di Gostanza erano piene di luoghi comuni a portata di tutti (la trasformazione in gatto nero, la frittura delle ostie, i rapporti sessuali col diavolo). Decise cosi di tenerla sotto chiave e la interrogò al tre volte (ma senza torturarla).

Il 24 novembre, infine, l’inquisitore fiorentino chiese a Gostanza se volesse confermare le confessioni e la vedova ammise di aver raccontato falsità per paura di essere ancora torturata con la corda.

Il 28 novembre il processo di San Miniato si chiuse con l’assoluzione della donna, che venne riconosciuta innocente:

"Alla fine s’è veduto che cotesta povera vecchia tutto ha detto per tormenti e non è vero niente". Ma le fu intimato di non usare più unguenti e pozioni e di cambiare città.

2. Gentile Budrioli, l'enormissima

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Il tribunale dell’Inquisizione, a Bologna, fu istituito nel 1233, presso il convento di San Domenico.

Fu uno dei più duri del Medioevo e tra gli apripista nella caccia alle streghe. Le bolognesi condannate al rogo erano erboriste, astrologhe, levatrici, prostitute.

Tra le più note ci fu la quattrocentesca “strega enormissima”, una donna di ottima famiglia. Gentile Budrioli era infatti moglie del facoltoso notaio Alessandro Cimieri.

Bella, curiosa, intelligente, aveva frequentato le lezioni di astronomia di Scipione Manfredi, che insegnava all’università, e lo studio di fra’ Silvestro, nel convento francescano vicino a casa sua.

Aveva appreso i segreti delle stelle e delle erbe mediche. E, contro il parere del marito, aveva messo a disposizione di altri le sue conoscenze di medicina e la capacità di comprendere problemi psicologici.

Fu così che attrasse l’attenzione di Ginevra Sforza, moglie del signore di Bologna Giovanni II Bentivoglio, che la volle come dama di compagnia.

Ma una congiura di palazzo cominciò a fare insinuazioni su Gentile: era la sua malevola influenza, dicevano molti a corte, ad attirare su Bologna e sul suo signore sventure e avversità.

L’Inquisizione, che già teneva d’occhio la donna per la sua fama di guaritrice, approfittò della morte di un nipote di Giovanni II, affidato alle sue cure, per accusarla di stregoneria. A quel punto la Budrioli fu torturata e finì per confessare un ventennio di attività occulte.

Non solo. Nella sua abitazione furono trovate prove di “72 congiungimenti carnali con spiriti demoniaci” e “ossa rubate al cimitero, simboli sacri profanati e oggetti per l'evocazione demoniaca".

Così, il 14 luglio del 1498 la malcapitata andò sul rogo di piazza San Domenico. Durante l'esecuzione il boia, per impressionare ancora di più l’affollata piazza, gettò polvere da sparo nelle fiamme, provocando esplosioni e violente fiammate, come se il diavolo fosse venuto a prendere l’anima nera della sua protetta.

3. Le streghe di Triora

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Entroterra ligure, riviera di Ponente. Nel paesino di Triora (Imperia), 429 anni fa si svolse uno dei più importanti processi della storia della stregoneria.

Fu un autentico fenomeno di isteria collettiva, una vera “ caccia alle streghe”. 

Nell’autunno del 1587 arrivarono nel borgo di montagna due vicari dell’Inquisizione di Genova e Albenga.

Da un paio d’anni le campagne erano colpite da una forte carestia e nell’estate 1587 in pochi giorni vennero additate come responsabili del flagello e di infanticidio (anche se dai registri non risulta un aumento di mortalità infantile) alcune donne povere, popolane che vivevano alla periferia del villaggio.

La gente del posto aveva iniziato ad accusarle di riunirsi nel casolare chiamato Cabotina, appena fuori Triora, per compiere riti satanici: erano, si mormorava, streghe (in dialetto ligure bàgiue).

Detto, fatto. Il parlamento di Triora imbastì un processo, investendo la ragguardevole somma di 500 scudi d’argento.

L’autorità religiosa non tardò a interessarsene, inviando i suoi due inquisitori. Le prime venti donne vennero arrestate, torturate e costrette a denunciare presunte complici, molte delle quali appartenenti alla nobiltà locale.

Rivalità e odio famigliare, delazione e invidia stavano dilagando nella valle, seminando sospetti e vendette.

Quando arrivò in paese un commissario speciale inviato da Genova, il pretore Giulio Scribani, il numero di arresti e torture aumentò ulteriormente in tutta la zona e persino in alcuni territori confinanti (Montalto Ligure, Bajardo, Andagna).

Il fenomeno raggiunse dimensioni preoccupanti anche per la Chiesa. Davanti a quell’esplosione di violenza prima il vescovo e poi il doge di Genova chiesero la chiusura del processo. Che finì nella primavera del 1589, dopo due anni di terrore e sangue.

Ancora oggi nessuno sa con certezza quante furono le vittime dei “fatti di Triora”. Alcuni storici locali ipotizzano che le superstiti furono obbligate a contribuire alla costruzione del convento di San Francesco.

Le riproduzioni degli atti e dei documenti di quel periodo sono oggi esposte nel Museo regionale etnografico e della stregoneria, costruito sulle fondamenta delle carceri dove le sventurate stesse erano state imprigionate.

4. Anna Göldi o Göldin, l'ultima, nel 1782

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Che la caccia alle streghe non fu un fenomeno di un Medioevo oscuro e rozzo, sprofondato nei “secoli bui” è dimostrato da un fatto storico.

L’ultima esecuzione per stregoneria registrata dalle cronache avvenne in Svizzera nel 1782, appena sette anni prima della Rivoluzione francese.

A morire fu Anna Göldi, di origini benestanti ma costretta, per ripagare i debiti di famiglia, a servire come domestica in varie cittadine elvetiche.

A 31 anni venne sedotta e abbandonata da uno dei suoi datori di lavoro, dal quale ebbe un figlio partorito segretamente e morto in circostanze misteriose.

Il che le procurò una prima condanna per infanticidio e la fama di strega. Nel 1780 venne assunta da un medico, uomo in vista della comunità di Glarona.

Anna, durante una passeggiata, avrebbe dato un biscotto alla figlioletta del dottore, che mangiandolo si sarebbe messa a piangere.

Un mese dopo fu rinvenuto uno spillo nella tazza della colazione della bambina: fu Anna a essere accusata di averlo messo (oltre che di aver stregato il biscotto).

Seguirono, stando alla ricostruzione agli atti del processo, altri spilli trovati nel cibo della piccola, che fu anche vittima di attacchi di convulsioni.

Anna fu arrestata e processata per stregoneria e il medico oliò tutti gli ingranaggi nella magistratura affinché venisse condannata.

I tempi moderni avanzavano e Anna fu condannata per soli 32 voti contro 30. Sufficienti comunque per farla decapitare come strega, il 13 giugno 1782.



5. Il processo di Salem

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Anche fuori dall’Europa si processarono le streghe, seppure senza ricorrere all’Inquisizione.

Accadde per esempio a Salem, allora New England e oggi Massachusetts (Usa), nel 1692.

Nel villaggio della colonia inglese, destinazione dei puritani britannici, alcune ragazze vennero accusate di essere seguaci o possedute del demonio.

Le fanciulle si ritrovavano, si disse, per prevedere il futuro. Ma dopo le pratiche di divinazione alcune di loro dichiararono di essere state colpite dal malocchio.

In effetti, si racconta, avevano assunto un comportamento strano: strisciavano sotto i mobili e sui pavimenti, entravano nelle buche, gesticolavano, facevano discorsi incomprensibili agli altri o addirittura cadevano in trance.

Tanto bastò ai capi dell’austera comunità per ordinare l’arresto delle prime quattro cosiddette “ streghe" di Salem, tra cui una mendicante che parlava spesso da sola, un’anziana sorda e madre stimata di 8 figli, e la schiava caraibica del padre di una delle ragazze “ turbate” , il reverendo Parris.

Ben presto la piccola cittadina fu presa da un’isteria collettiva, che fece moltiplicare i presunti casi di stregoneria e sfociò in una delle più tragiche cacce alle streghe della Storia.

Fu istituito un tribunale speciale, una sorta di “ inquisizione locale”, che non risparmiò torture a vecchi e bambini. In tutto, sulla semplice base delle fantasie forse autoindotte di un gruppo di ragazzine, furono giustiziate 19 persone (6 uomini e 13 donne), più di 50 subirono torture, decine finirono sotto processo e 4 accusati morirono in carcere.

I condannati a morte furono impiccati, salvo un ottantenne che non si lasciò processare e fu schiacciato sotto lastre di pietra.

Soltanto un anno dopo il governatore del New England si decise a mettere fine a quel massacro.

Ordinò di sciogliere il tribunale, assolse 49 delle 52 persone ancora incarcerate e commutò la pena di morte agli ultimi tre condannati.






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