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7 famosi animali selvatici in grave pericolo di estinzione

Orsi polari, tigri, oranghi, elefanti, balene: i più famosi animali selvatici sono in grave pericolo e potrebbero scomparire dal pianeta, privando le future generazioni della loro bellezza.

Siamo sull’orlo di una vera e propria estinzione di massa che potrebbe portare alla perdita della maggior parte delle forme di vita animale sul nostro pianeta.

Il prezzo da pagare sarebbe altissimo, anche per noi.

Ma che cosa sta facendo il mondo per evitare questa catastrofe?

 

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1. ORSO POLARE E LEOPARDO DELLE NEVI

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  • 1) ORSO POLARE - VITTIMA DELLO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCI
    ■ Gli orsi polari sono le principali vittime del cambiamento climatico che sta portando all’innalzamento della temperatura globale e allo scioglimento del ghiaccio artico, ridotto del 12 per cento negli ultimi 30 anni.
    In un recente studio condotto dal US Geological Survey’s Alaska Science Center (USA) e pubblicato su Science viene confermato il dramma di questi grandi carnivori, sempre più spinti alla competizione per sopravvivere.
    I nuovi dati indicano infatti che un orso polare femmina ha un consumo energetico di circa 12.325 kilocalorie al giorno (tanto per fare un confronto una donna ne consuma 2.100).
    Per sopravvivere, dunque, un orso ha bisogno di mangiare una foca adulta o una ventina di cuccioli in 10-12 giorni.
    Purtroppo però oltre la metà degli esemplari monitorati dai ricercatori americani per un periodo di oltre due anni non riuscivano a cacciare cibo a sufficienza e tendevano a perdere peso in una percentuale pari al 10 per cento in 10 giorni. Un po’ come se una persona di 70 chili ne perdesse 7 in una settimana.
    Oltretutto, l’assottigliamento del ghiaccio riduce il numero di prede presenti (le foche infatti vi sostano per riposare e partorire) e ciò obbliga gli orsi a fare percorsi sempre più lunghi per cacciare, con ulteriore dispendio energetico.
    Senza carne da mangiare, il numero di esemplari di orso polare diminuirà di oltre il 30 per cento nei prossimi 40 anni.
    Più drastiche le previsioni di Greenpeace, secondo cui nel 2050 non ci sarà più ghiaccio al Polo Nord.
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  • 2) LEOPARDO DELLE NEVI - IL GATTO FANTASMA CHE VIVE SULLE CIME PIÙ ALTE DEL MONDO
    Alcuni lo chiamano il gatto-fantasma o fantasma delle nevi, tanto è difficile avvistarlo e in effetti i pochi esemplari rimasti (si stima tra 4.000 e 6.000) vivono nelle zone più inaccessibili al mondo, sulle vette dell’Asia centrale, tra i 3.000 e 4.500 metri di altezza, dalla Siberia al Tibet e persino nel deserto dei Gobi, dove in inverno la temperatura arriva fino a 40 gradi sotto zero.
    Gli esperti ritengono che nell’arco di tre generazioni, all’incirca in 20 anni, la specie subirà un forte declino e in alcune aree, come la Russia, scomparirà del tutto.
    A minacciare questo raro felino maculato è anzitutto la caccia per l’ambita pelliccia, ma anche la persecuzione perpetuata dagli allevatori che ne temono gli attacchi al bestiame.
    Le azioni per la sua conservazione sono esigue e non riescono nemmeno a salvaguardare l’ambiente in cui il leopardo delle nevi vive: l’incalzante proliferare di miniere nell’Asia centrale, per esempio, frammenta il territorio ostacolando l’incontro tra maschi e femmine e al tempo stesso si riducono le zone in cui cacciare, dove peraltro le prede naturali sono sempre più scarse.
    Di recente, con le nuove tecniche di indagine genetica, gli zoologi hanno rivisto la sua classificazione (Panthera uncia) e lo hanno inserito nello stesso genere della tigre, con cui condivide un antenato comune.
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2. TIGRE - NE RESTANO SOLO TREMILA

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3) TIGRE - NE RESTANO SOLO TREMILA

■ In 100 anni se ne è perso il 97 per cento e il numero di esemplari in natura (meno di 3.200 in totale) è in vertiginosa discesa.

La tigre (Panthera tigris) è stata decimata dalla caccia di frodo, per la paura di averla vicino ai villaggi, ma ancor di più perché un ambito trofeo.
Oggi la si uccide soprattutto per le ossa o per altri elementi, come i genitali, usati nelle medicine tradizionali.
Delle nove specie un tempo diffuse in quasi tutta l’Asia meridionale sino alla Turchia, tre (quella di Giava, del Caspio e di Bali) si sono già estinte; quelle della Cina meridionale (se ne contavano 70 esemplari nel 2007) e quella di Sumatra (con appena 400-600 esemplari) sono prossime all’estinzione; le rimanenti quattro specie (la Siberiana, l’Indiana, la Malese e la tigre Indocinese) sono in grave pericolo, confinate in piccole aree tra le conifere della Siberia e in sparute foreste tropicali del Sud-est asiatico.

I progetti di conservazione sono coordinati dal Global Tiger Initiative (GTI) che riunisce i 13 Paesi asiatici in cui la tigre sopravvive e le diverse organizzazioni che collaborano alla sua salvaguardia.
Tra questi c’è il WWF che con il progetto Tx2 punta a raddoppiare il numero di tigri entro il 2022.
Poiché la lotta al bracconaggio ha dato pochi risultati nonostante le sanzioni, gli sforzi sono ora incentrati nel creare vaste aree dove la tigre circoli avendo più possibilità di incrociare esemplari di altre zone e ampliando il proprio territorio di caccia.
Per sopravvivere deve sfamarsi con 50-60 grosse prede all’anno. Mangia infatti sino a 40 chili di carne al giorno e affinché una coppia si riproduca servono 2-5 grosse prede (cervi, maiali selvatici, bestiame) per km2.
Così, a seconda dell’abbondanza di prede, una sola tigre necessita di un territorio che varia dai 20 ai 400 km2.
Oggi invece il territorio a disposizione è frammentato. In India, si contano 27 riserve per 37.761 km2.

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3. ORANGO - OGNI ANNO NE UCCIDIAMO 1000

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4) ORANGO - OGNI ANNO NE UCCIDIAMO 1000

Con la sua inconfondibile pelliccia rossa l’orango è il più grande mammifero arboricolo al mondo e vive ormai solo in pochissime aree nel fitto delle foreste pluviali del Borneo e di Sumatra, dove passa la giornata sugli alberi a mangiare frutta, foglie, bacche e termiti.
Oltre alla specie del Borneo (Pongo pygmeus) e all’orango di Sumatra (Pongo abelii), nel 2017 è stata identificata anche una terza specie, l’orango di Tapanull (Pongo tapanullensis) che conta appena 800 esemplari distribuiti solo nel nord di Sumatra. Tutte le specie sono a rischio critico per la Iucn.

Timido e mite, ha uno sguardo così simile al nostro che è difficile pensare di fargli male.
Eppure ogni anno si calcola che vengano uccisi tra i 600 e 1.000 esemplari nonostante la tutela legislativa.
In sessant’anni, dal 1950 al 2010, la popolazione si è ridotta di oltre il 60 per cento e le stime prevedono un ulteriore ribasso del 22 per cento entro il 2025.

Le ragioni che stanno portando l’orango all’estinzione sono l’inesorabile deforestazione dei territori in cui vive (per far posto ai centri abitati e alle piantagioni di olio di palma), il bracconaggio mirato anche alla vendita dei cuccioli al mercato nero come animali da compagnia o come attrazione degli zoo.

L’orango ha un tasso di natalità bassissimo: il maschio raggiunge la maturità sessuale intorno ai 10 anni, la femmina anche a 13-15 anni e dopo una gravidanza di quasi 9 mesi, non si accoppia per almeno altri 6-8 anni, il tempo necessario per rendere indipendente il suo piccolo.
Considerando che la vita media è di 25 anni, difficilmente una femmina riuscirà a generare più di 2 o 3 cuccioli nell’arco della sua intera esistenza.

 

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4. BALENA - IL PERICOLO È CHE MUOIA DI FAME

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5) BALENA - IL PERICOLO È CHE MUOIA DI FAME

Sono state oggetto di una caccia spietata tra XVIII e XX secolo perché ne venivano ricavati olio, carne e ambra.
Oggi le balene temono anche gli effetti della pesca intensiva e dell’inquinamento, che ogni anno riduce il cibo necessario a sfamarle.

Nonostante dal 1946 l’International Whales Commission abbia regolamentato la caccia alle balene e nel 1986 sia entrata in vigore la moratoria sul commercio di molte specie, Paesi come Giappone, Norvegia e Islanda, noncuranti dei divieti e dell’opinione pubblica, continuano la caccia a scopi alimentari.

Tra le specie, la balena franca boreale (Eubalaena glacialis) è oggi considerata prossima all’estinzione: se ne contano 100 esemplari e nel 2017 a fronte di 17 decessi accertati non si è registrata nemmeno una nascita.
Tra le cause, oltre alla caccia illegale, ci sono la grave carenza di cibo, le collisioni con i grandi mercantili e il rischio di venire intrappolata nelle reti dei pescherecci che sempre più spesso si spingono sulle rotte dei cetacei.
Altrettanto in pericolo è la balena grigia (Eschrichtius robustus). Estinta nell’Atlantico nel 1725, è sopravvissuta nel Pacifico e la popolazione occidentale risulta ridotta a solo un centinaio di esemplari.
La megattera (Megaptera novaeangliae), balena costiera presente soprattutto nella baia della California e capace di compiere lunghe migrazioni verso i poli, è ridotta a un decimo della popolazione originaria con non più di 12mila esemplari.
La balenottera comune (Balenoptera physalus) è in grave rischio e ne restano 130mila, di cui 5mila nel Mediterraneo.
Il capodoglio (Physter catodon) è ridotto a un terzo della popolazione esistente agli inizi del XX secolo, mentre la balenottera azzurra (Balenoptera musculus) si è ridotta del 90 per cento. Gli ultimi esemplari si rifugiano sempre più nelle zone antartiche.

 

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5. ELEFANTE AFRICANO E RINOCERONTE

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  • 6) ELEFANTE AFRICANO - CACCIATO DA 2000 ANNI PER LE ZANNE D’AVORIO
    Del più grande animale terrestre ogni anno si uccidono 27mila esemplari.
    Tra il 2009 e il 2014, nella sola Tanzania, ne sono stati massacrati 65mila, oltre il 60 per cento della popolazione presente sul territorio. In Camerun, dove si caccia con granate e kalashnikov, l’ultimo censimento (2016) ne ha contati 148 in vita.
    In una riserva dello Zambia, dove nel 2004 ve ne erano 900, oggi ne sopravvivono 48.
    In tutta l’Africa, la popolazione di elefanti è diminuita del 12 per cento.
    Secondo gli esperti, se non si riesce a bloccare il bracconaggio, in 10 anni perderemo il 50 per cento degli elefanti africani.
    La ragione è sempre la stessa: da oltre duemila anni si uccide l’elefante per l’avorio, usato per realizzare monili e manufatti apprezzati soprattutto nei Paesi asiatici.
    Nel 1989 la Cites (Convenzione internazionale sul commercio delle specie esotiche) ne ha imposto il divieto globale sul mercato, ma la forte domanda sui mercati cinesi unitamente alla fame e alla guerre in Africa ha continuato ad alimentare la richiesta.
    Tuttavia, dal 2015, quando la Cina ha posto un freno al mercato dell’avorio, a oggi, il prezzo è passato da 2.100 dollari a 730 al chilo.
    Un barlume di speranza per chi cerca di salvare questo maestoso animale.
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7) RINOCERONTE - 5 SPECIE TUTTE IN PERICOLO
■ Duemila esemplari negli anni Sessanta, 15 negli anni Ottanta e oggi, dopo la morte dell’ultimo maschio, restano solo due femmine vecchie e malate guardate 24 ore su 24 in una riserva in Kenya.
È ciò che rimane del rinoceronte bianco settentrionale, sottospecie decimata per il corno usato nella medicina tradizionale asiatica e valutato al mercato nero fino a 65.000 dollari al chilo.
Per salvarlo gli esperti stanno ricorrendo alla fecondazione in vitro e usando come madri surrogate le femmine di rinoceronte bianco meridionale che conta oggi 20mila esemplari grazie alle buone politiche di conservazione sudafricane.
Altrettanto a rischio è il rinoceronte nero africano, sterminato dalla caccia di frodo per il corno.
Ne rimangono 4.800 esemplari degli 850mila dell’inizio del XX secolo. Della sottospecie orientale, la più vulnerabile, ne sopravvivono solo 750.
Delle tre specie di rinoceronti asiatici, quello di Sumatra è relegato in poche aree delle foreste pluviali dell’isola e conta 250 esemplari che lottano contro bracconaggio e deforestazione.
Il rinoceronte di Giava (appena 40 esemplari in vita) e quello Indiano, più piccoli e sfuggenti, sono altrettanto minacciati. Difficile pensare che esisteranno ancora tra cinquant’anni.
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