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Abbronzarsi con il sole: scopri tutto quello che c’è da sapere

Vogliamo abbronzarci, ma siamo consapevoli che il prezzo da pagare per apparire un po’ più belli e sani non è basso: invecchiamento della pelle e danni più gravi, come i tumori, sono il contrappasso per un’esposizione libera e senza protezioni.

E, nonostante anni di campagne martellanti, sono pochissimi a sapere come andrebbero davvero usate le creme solari.

O che il sole può danneggiare tanto gli occhi quanto la pelle.

Non finiremo mai di ripeterlo: i raggi solari possono essere molto pericolosi. Eppure c’è ancora chi non vi presta la dovuta attenzione.

Ecco dunque le risposte ad alcuni dei dubbi più comuni.

 

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1. CHE DIFFERENZA C’È TRA RAGGI UVA E UVB E C’È UN MODO CORRETTO DI USARE LE CREME SOLARI?

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  • CHE DIFFERENZA C’È TRA RAGGI UVA E UVB?
    La radiazione solare responsabile dei danni alla pelle è la ultravioletta (Uv), che non percepiamo con gli occhi.
    Gli UvA costituiscono il 90% circa di questa radiazione. Penetrano più in profondità nei tessuti e passano anche attraverso il vetro: sono i principali responsabili dei danni dell’invecchiamento, poiché agiscono sul collagene, la proteina che rende elastica la pelle.
    Ecco spiegato il motivo delle rughe. I raggi UvB, invece, sono bloccati in gran parte dallo strato di ozono nell’atmosfera. A terra ne arriva solo circa il 5% e sono loro i responsabili delle scottature.
    Il Dna delle nostre cellule può assorbire sia gli UvB sia gli UvA, e acquisire mutazioni che aumentano il rischio di tumori della pelle: come il carcinoma basocellulare, la forma più comune di questo tumore, il carcinoma a cellule squamose o il melanoma, assai più raro ma potenzialmente mortale.
    I danni del sole alla pelle si accumulano nel corso del tempo e riguardano tutti i tipi di pelle, indipendentemente dal fototipo. Le creme solari, però, possono rappresentare una difesa efficace.
    Uno studio appena uscito ha testato l’uso di un filtro con SPF +50 in persone di pelle molto chiara in vacanza a Tenerife: da biopsie della pelle subito dopo l’esposizione, i ricercatori hanno visto che l’applicazione della crema, sia nella quantità raccomandata (2 mg per cm2 di pelle) sia in quella un po’ inferiore, riduce i danni da raggi ultravioletti al Dna delle cellule, considerati all’origine dei tumori della pelle.
    Applicata nelle quantità insufficienti che di solito utilizziamo, il filtro però ottiene poco o niente.

 

  • C’È UN MODO CORRETTO DI USARE LE CREME SOLARI?
    Per coprire un corpo di statura e peso medio servono circa 30 gr di crema.
    Indagini sui consumatori confermano però che questi ne usano molta meno della dose consigliata, e la applicano anche meno spesso di quanto sarebbe necessario.
    Per ottenere la copertura indicata dal fattore di protezione, il prodotto andrebbe applicato abbondantemente all’inizio dell’esposizione al sole (meglio se prima), poi rispalmato ogni due ore circa, e sempre dopo ogni bagno, anche se il prodotto è “resistente all’acqua”.

 

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2. QUANDO VA SPALMATA LA CREMA E QUAL È LA RELAZIONE TRA VITAMINA D E SALUTE?

QUANDO VA SPALMATA LA CREMA-300x180

  • PERCHÉ LA CREMA VA SPALMATA 30 MINUTI PRIMA?
    L’American Academy of Dermatology, la principale associazione di dermatologi statunitensi, consiglia di applicare la crema da 15 a 30 minuti prima di mettersi al sole in quanto – spiega – questo è il tempo necessario perché la crema venga assorbita e svolga l’effetto protettivo.
    Uno studio inglese, applicando un modello matematico al problema, ha concluso che spalmando la crema 15-20 minuti prima, e poi altri 15-20 minuti dopo essersi messi al sole, si finisce per applicarne la quantità giusta in un tempo ragionevole.

 

  • VITA AL CHIUSO E CREME PROTETTIVE IMPEDISCONO DI ASSIMILARE LA VITAMINA D?
    La vitamina D, detta anche vitamina del sole, può essere assunta solo in minima parte con gli alimenti, mentre la quota maggiore viene sintetizzata nella pelle proprio con una reazione innescata dall’esposizione ai raggi solari.
    Teoricamente, proteggendoci anche con un fattore medio-basso, se ne riduce drasticamente la sintesi.
    Tuttavia, bisogna tenere presente che per assicurare una quantità adeguata di vitamina D alle persone di pelle bianca alle nostre latitudini basta esporsi al sole per un tempo davvero limitato: 10-15 minuti 2-3 volte la settimana, anche solo con alcune parti del corpo.
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  • QUAL È LA RELAZIONE TRA VITAMINA D E SALUTE?
    È essenziale all’organismo: la sua funzione più nota è regolare il metabolismo del calcio e fissarlo nelle ossa. Ma svolge un ruolo fondamentale anche in altri tessuti.
    Inoltre da anni sono sotto osservazione i rapporti tra i livelli di questa vitamina e i rischi di varie malattie.
    Chi ha bassi livelli di vitamina D sembra ammalarsi di più di alcuni tumori, di malattie cardiovascolari, di depressione, morbo di Parkinson e di Alzheimer. Viceversa, livelli alti sembrano proteggere contro alcuni tipi di cancro...
    Però non è ancora chiaro il rapporto tra causa ed effetto: la vitamina D potrebbe infatti semplicemente essere un “indice” di benessere.
    Diversi studi recenti, comunque, hanno osservato una riduzione della mortalità (per le cause descritte sopra) nei pazienti che hanno assunto supplementi di vitamina D.
    Manca però ancora la prova definitiva. In più, restano diversi interrogativi aperti: dipende dai livelli di partenza? E ancora: vale solo per gli anziani, o per la popolazione in generale?

 

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3. COME SI PROTEGGONO GLI OCCHI E I CANI HANNO BISOGNO DELLA CREMA SOLARE?

COME SI PROTEGGONO GLI OCCHI-300x180

  • ANCHE GLI OCCHI VENGONO DANNEGGIATI DAL SOLE?
    Sì, esistono danni accertati dalla radiazione ultravioletta anche per gli occhi.
    I più comuni sono le fotocheratiti, una sorta di scottature della cornea, la parte anteriore trasparente del bulbo oculare.
    L’esposizione diretta al sole sembra favorire la pinguecola e lo pterigio, piccole escrescenze benigne che si formano sulla congiuntiva ma che nei casi più gravi possono arrivare a impedire la visione.
    L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) stima che almeno il 20 per cento dei casi di cataratta sia dovuto all’eccesso di esposizione alla radiazione ultravioletta.
    Studi molto recenti attribuiscono al sole anche un ruolo nella forma più comune di tumore della palpebra, il carcinoma a cellule basali.

 

  • COME SI PROTEGGONO GLI OCCHI?
    Le lenti scure degli occhiali da sole (se certificate) proteggono fino a 400 nanometri (nm), cioè per l’intero spettro della radiazione ultravioletta, e andrebbero indossate quando si sta al sole a lungo.
    Lo standard delle lenti chiare da vista prevede la protezione dai raggi Uv fino alle lunghezze d’onda inferiori ai 380 nanometri.
    Ciò significa che i raggi UvA tra i 380 e i 400 nm, più rischiosi, rimangono scoperti.
    In commercio ci sono già lenti da vista completamente protettive e inoltre recentemente Zeiss, uno dei tre maggiori produttori al mondo, ha sviluppato una tecnologia per applicare una schermatura fino a 400 nm a tutte le sue lenti.
    È probabile che in futuro questo standard, raccomandato dall’Oms per gli occhiali da sole, si estenda anche al resto del mondo dell’ottica.

 

  • I CANI HANNO BISOGNO DELLA CREMA SOLARE?
    Sebbene i cani cerchino naturalmente l’ombra, se “costretti” al sole in nostra compagnia, al mare o in montagna, anche loro possono scottarsi.
    I più sensibili sono quelli a pelo corto e chiaro e tartufo rosa, e gli animali che sono appena stati tosati.
    Per tutti, in ogni caso, le zone più a rischio sono orecchie, naso, palpebre e la pancia. Esistono linee di prodotti solari studiati per i cani, senza profumi e poco untuosi, ma in teoria vanno bene anche quelli per esseri umani.
    È importante che non contengano sostanze tossiche da ingerire, come l’ossido di zinco, dato che con molta probabilità il cane si leccherà per togliersi la crema.

 

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4. SUPPLEMENTI E INTEGRATORI E L'ABBRONZATURA SENZA SOLE

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  • SUPPLEMENTI E INTEGRATORI PER L’ABBRONZATURA FUNZIONANO?
    A maggio di quest’anno (2018), la Food and Drug Administration, l’ente statunitense che regolamenta i farmaci, ha lanciato un’allerta sui prodotti da ingerire, pillole e compresse, che affermano di proteggere la pelle dai danni del sole.
    Anche l’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ha avvertito che la maggior parte degli effetti pubblicizzati non sono supportati da dati scientifici solidi.
    La preoccupazione è che questi prodotti inducano nei consumatori un falso senso di sicurezza.
    È bene perciò chiarirlo: i supplementi a base di vitamine e antiossidanti (betacarotene, licopene, vitamina C ed E sono quelli più utilizzati), da soli, non forniscono alcuna protezione.
    E in ogni caso le stesse sostanze si trovano in abbondanza in frutta e verdura, in particolare in albicocche, meloni, arance, carote, pomodori, zucca, spinaci, broccoli e rape.

 

  • UN GIORNO SARÀ POSSIBILE ABBRONZARSI SENZA SOLE?
    C’è chi ci sta lavorando. Alcuni scienziati del Massachusetts General Hospital di Boston sono riusciti ad agire, nei topi, su una variante del gene che conferisce capelli rossi e pelle chiara agli esseri umani.
    Chi possiede questa variante del gene tende a scottarsi, perché le cellule rispondono poco o niente al segnale di produrre più melanina in presenza di sole. I ricercatori sono riusciti a intervenire in questo processo grazie a una particolare sostanza.
    Applicata sul dorso rasato dei topi “rossi”, ha stimolato la produzione di melanina, virando il rosato della loro cute al marrone scuro.
    L’abbronzatura non è permanente, e in due settimane la pelle degli animali è tornata alla colorazione di partenza.
    Se si rivelasse sicuro per l’uomo, questo composto potrebbe garantire un’abbronzatura naturale (non come quella delle creme autoabbronzanti, che di fatto colorano lo strato più esterno della cute), senza i rischi connessi all’esposizione al sole.

 

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5. COME SONO NATE E COME FUNZIONANO LE CREME SOLARI?

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  • COME SONO NATE LE CREME PROTETTIVE
    Quando il chimico austriaco Franz Greiter, nel 1938, tornò a casa ustionato dopo un’escursione sul ghiacciaio del Piz Buin, decise che doveva fare qualcosa per evitare che la disavventura si ripetesse.
    Si mise così al lavoro per produrre la prima crema solare, che si chiamava per l’appunto “crema del ghiacciaio” e fu poi venduta con il marchio Piz Buin.
    Il prodotto fu commercializzato a partire dal 1946, ma nel frattempo Benjamin Green, farmacista e aviatore, aveva messo a punto una crema a base di vaselina con funzioni di filtro solare per proteggere i soldati americani nel Pacifico durante la Seconda guerra mondiale.
    A conflitto terminato, la mischiò con burro di cacao e olio di cocco e vendette il brevetto alla Coppertone, che la mise immediatamente sul mercato.
    Il concetto di fattore di protezione risale agli studi del fisico tedesco Rudolf Schulze negli anni Cinquanta: misurava l’efficacia del prodotto quando applicato nella dose di 2 milligrammi per centimetro quadrato.
    Su quella base, alla crema di Greiter fu attribuito un fattore di protezione “2”. I filtri protettivi specifici contro i raggi UvA sono invece stati messi a punto soltanto alla fine degli anni Novanta.

 

  • COME FUNZIONANO LE CREME SOLARI?
    Le creme solari impiegano come ingredienti delle molecole che creano una barriera protettiva e riducono la quantità di radiazione che arriva alla pelle.
    Funzionano assorbendo i raggi UvB (sono quelli di solito definiti “filtri chimici”), o riflettendoli (blocco fisico).
    Si distinguono per il diverso fattore di protezione (SPF), che erroneamente viene inteso come il numero di volte per cui si può moltiplicare il tempo di permanenza al sole, prima di bruciarsi. In realtà, è una semplificazione abbastanza distante dalla realtà.
    Un prodotto con SPF 30 non protegge il doppio di uno con SPF 15: quello con protezione 15 blocca il 93 per cento della frazione che “scotta” della luce solare, la protezione 30 il 97 per cento, la 50 il 98 per cento.
    In Europa sono 27 le sostanze approvate come filtri solari anti UvB. La protezione dai raggi UvA deve essere indicata esplicitamente perché è un’aggiunta differente.
    Le creme che proteggono dagli UvA devono indicare il fattore di protezione corrispondente (UvA-PF).
    Se è presente la dicitura generica “protezione UvA/UvB” significa che il filtro protettivo contro gli UvA è almeno un terzo di quello che compare sull’etichetta.

 

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