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Animali domestici: quanto ci costano i nostri amici?

Sono esseri senzienti, se ci si accanisce con crudeltà vengono tutelati dal reato di maltrattamento. In caso di abbandono è prevista la reclusione.

Ma quando si passa all’incasso, per il fisco gli animali da compagnia sono “beni di lusso”. Oggetti. Cose.

Scatta la tagliola di Stato: tassati al 22 per cento. Per il proprietario è un salasso: si va dalle spese veterinarie, al cibo e a tutto quanto ruota attorno alla gestione quotidiana dei propri compagni pelosi.

A nulla vale la contraddizione evidente, che stride con il loro essere parte anche del welfare state o del principio di buona cura, di good care, espressa dalla professione veterinaria.

La pet therapy prevede l’impiego dei pet, con tanto di linee guida del ministero della Salute, con equipe multidisciplinari che controllano gli interventi assistiti con animali: si ha a che fare con esseri viventi, se ne riconosce ufficialmente la valenza sociale e terapeutica.

Non sono auto lussuose, seconde case, ma quando si tratta di curarli, i principi cadono e si fa comodamente cassa sui proprietari.

Ma quanto ci costano i nostri amici e come possiamo risparmiare? Scopriamolo insieme.

 

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1. EURISPES: 3 ITALIANI SU 10 HANNO UN PET CON UN GIRO DI AFFARI DI QUASI UN MILIARDO DI EURO

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Dati Eurispes 2018: 3 italiani su 10 hanno un animale domestico in casa (32,4%), con la prevalenza di cani (63,3%) e gatti (38,7%), quindi uccelli (6,2%), conigli (5,9%), tartarughe (5%) e pesci (4,8%).

Un fenomeno quantificabile in milioni di animali. E quindi milioni se non miliardi di euro di prelievo fiscale.

Se, in fine, consideriamo che il 57,7% di chi possiede un animale domestico mantiene al di sotto dei 50 euro le spese mensili per prendersene cura e che aumenta, invece, il numero di chi spende da 51 a 100 euro mensili (il 31,4%, erano il 15,4% nel 2017), si comprende la portata del prelievo alla fonte: il 22% di quanto si spende, quasi un terzo, è rappresentato da tasse!

Fino a oggi lo Stato non ha dimostrato alcun sussulto etico davanti a fior di petizioni (dalla Lav all’Anmvi), prese di posizione politiche, appelli del volontariato.

D’altra parte è “vincere facile” per l’erario: il fatturato dei prodotti per i pet nella grande distribuzione tocca il miliardo di euro nell'ultimo anno, il giro d’affari dei prodotti per animali domestici in farmacia è stato di 323 milioni di euro.

L'80% è costituito da farmaci e di questi il 40% da antiparassitari.

Poi in classifica seguono gli antimicrobici e i medicinali per l'apparato muscolo-scheletrico, perché cani e gatti invecchiano con noi (più 10,7% nell’ultimo anno).

Si spende quindi di più, ma nel contempo la crisi non aiuta. La crisi economica trova spesso uno sbocco traumatico nel non poter più farsi carico dei costi del proprio animale.

 

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2. IL DECALOGO DEI COSTI

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  1. IVA AL 22% SULLE PRESTAZIONI VETERINARIE.
    Incide in modo preponderante sulla fattura finale.
  2. ECCESSIVO COSTO DEI FARMACI.
    Si paga fino a 5-10 volte lo stesso principio attivo usato in ambito umano. In una recente audizione in Senato, la Lega nazionale per la difesa del cane ha sollevato la questione chiedendo al ministero della Salute la possibilità di prescrivere i farmaci generici a costo contenuto anche per uso veterinario, perché l’accesso alle cure non sia proibitivo, ma un diritto per tutti.
    Attualmente, infatti, la legge prevede che i medici veterinari non possano prescrivere farmaci per uso umano se esiste il corrispondente farmaco per uso veterinario.
    Tuttavia questi ultimi costano in media quattro o cinque volte di più, arrivando perfino a dieci volte, più di quelli per l’uomo, nonostante il principio attivo sia identico.
    Le differenze di prezzo sono ingiustificate e incomprensibili e portano moltissimi proprietari di animali da compagnia a non potersi occupare adeguatamente della salute e del benessere del proprio amico a quattro zampe. In una petizione popolare, la Lega del cane ha chiesto di emanare una disposizione in base alla quale i farmaci già registrati per gli umani, che siano utili in ambito veterinario, possano essere utilizzati anche per gli animali da affezione.
  3. OCCHIO AL COSTO PER LA STERILIZZAZIONE.
    Diffidare dai prezzi stracciati. Il materiale sterile ha un prezzo anche per il veterinario. Affidarsi, piuttosto, ad associazioni convenzionate con studi veterinari, specialmente per animali che provengono da canili-rifugio.
  4. BUONA ALIMENTAZIONE VUOL DIRE “BUONA SALUTE”.
    Ma quanto costa adeguare il cibo in base alla crescita, alla razza, al lavoro e alla vita del nostro animale? Leggere l’etichetta è fondamentale.
    Secondo le norme, in etichetta dobbiamo trovare la composizione analitica degli ingredienti. Occhio ai conservanti: quelli tecnologici servono per la conservazione del cibo.
    Non è obbligatorio indicare quali coloranti, antiossidanti e conservanti siano usati. Basta la generica indicazione di “coloranti”.
    Tra gli additivi che possono non essere indicati ce ne sono alcuni potenzialmente pericolosi, classificati come potenzialmente cancerogeni dalla Iarc, l’Associazione Internazionale di Ricerca sul Cancro, come il Bht e il Bha.
    Quando sulla confezione c’è scritto genericamente “conservanti”, l’additivo può essere pericoloso o meno. Non trovare la composizione degli additivi non è indice di chiarezza.
    Attenzione ai sottoprodotti di origine animale (carne e derivati, quali?) vagamente indicati o al significato di farina di carne: ci possono essere pelo, piume, zoccoli, corna, stomaco, intestino.
    Se si vuole provare la dieta casalinga, meglio interpellare il veterinario.
  5. DILAZIONE DEI COSTI.
    Le spese veterinarie vengono anche costi. Grazie a una convenzione tra Anmvi e Consel, del gruppo Cvit finanziamento al consumo, la spesa viene spalmata senza incidere tutta in una sola volta sul budget familiare.
    Purtroppo il limite di detraibilità delle spese è molto basso. È possibile detrarre dall'Irpef il 19% delle spese veterinarie sostenute nell'anno, fino a un importo massimo di 387,34 euro, per la parte che eccede la franchigia di 129,11 euro.
    Il limite di detraibilità è unico per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti.
  6. ASSICURARSI PER COPRIRE UNA PARTE DEGLI IMPREVISTI.
    Si va dalle cure veterinarie al risarcimento in caso di incidenti con danni causati a terzi o cose. Occhio alle franchigie.
    Un aspetto da tenere molto bene a mente per chi vuole portare con sé il proprio amico a quattro zampe è spesso l’obbligatorietà della polizza assicurativa cane/gatto.
    Prima di partire, infatti, si consiglia di dare uno sguardo alle indicazioni stabilite dalla compagnia con cui si vuole volare. Con una cifra che va dagli 84 euro ai 191 euro l’anno si possono coprire la responsabilità civile per danni e fino a 1.000 euro di spese veterinarie.
    Non tutti i proprietari di cani di razza sanno che l'iscrizione all’Enci comprende anche una RC danni, nel prezzo base della tessera annuale.
  7. LA VACANZA COSTA.
    Per quanto crescano le strutture animal friendly che hanno abbattuto i costi di accoglienza, considerando normale e non eccezionale la vacanza a sei zampe, sono ancora numerose le realtà che applicano all’ospite peloso una tariffa suppletiva. Meglio informarsi prima.
  8. SCAMBIO ALLA PARI.
    Se non si può andare in vacanza col pet, si potrà sempre pensare a uno scambio alla pari ossia ospitare l'animale di un'altra famiglia (meglio se sono amici o parenti) in partenza per le ferie che ospiterà il nostro quando andremo in vacanza. Una soluzione a costo zero e ottimale per il nostro pet.
  9. DOGSITTER, EDUCATORE CINOFILO E TOELETTATORE.
    Altrimenti si può optare per una buona pensione. Esistono società di servizi nell’ambito del dogsitteraggio che offrono anche pensioni casalinghe presso personale personalizzato, provvisto di copertura assicurativa.
    Costa qualcosa in più, ma a monte c’è la selezione dei soggetti ai quali si può chiedere di esibire il diploma di dogsitter, oggi sempre più diffuso grazie a corsi di specializzazione.
    La gura del dogsitter spesso è una presenza salvavita per i proprietari e per il benessere del cane. È utile, a volte, affidarsi a società che gestiscono il personale, perché sono garanzia di professionalità e competenza.
    Altro capitolo è il ricorso all’educatore cinofilo, per vivere in armonia insieme. Dif dare da prezzi stracciati, così come da tariffe esose. Chiedere la formazione del professionista e parlarne col proprio veterinario.
    Cresce, in fine, la figura del toelettatore: corsi regionali professionali ne attestano la serietà e la formazione. Non dimentichiamo che mani sicure sono la garanzia per salute e bellezza.
  10. L’ULTIMO SALUTO.
    È diventato un appuntamento sempre più praticato dai proprietari, attraverso la cremazione dell’animale, che torna a casa con noi nella sua urna.
    Non è più considerato rifiuto da smaltire, ma soggetto di cui preservare la dignità e il ricordo. I costi variano, si può arrivare anche a superare i 500 euro.
    Da segnalare attualmente un servizio a prezzi competitivi offerto in regime di convenzione con l’Associazione nazionale medici veterinari, con il riconoscimento della Lega del cane, dell’Enci di Genova, della Federazione italiana benessere animale, e con l’associazione Noi randagi onlus: si tratta di Petico, che destina una percentuale degli incassi al volontariato animalista riconosciuto.
    Sono attivi quattro impianti in Italia e il servizio copre quasi tutto il territorio nazionale. Una quota della cremazione viene poi destinata ad associazioni di volontariato a tutela degli animali.

 

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3. #SOGGETTINONOGGETTI, LA BANDIERA DEL BASSOTTO E IL FALLIMENTO SOCIALE

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  • #SOGGETTINONOGGETTI, LA BANDIERA DEL BASSOTTO
    L’ultima originale e singolare iniziativa per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo paradosso italiano arriva proprio da alcuni medici veterinari del Sud, Paolo Margaira e Giovanni Vespia.
    Di questa anomalia fiscale hanno fatto una bandiera, quella di un Bassotto sul cui torace campeggia un lungo eloquente codice a barre e una scritta che reclama le ragioni di una battaglia civile che parte proprio dai protagonisti della cura del benessere animale: “#Soggettinonoggetti”.
    Una intuizione che Margaira e Vespia hanno trasformato in una staffetta, di studio veterinario in studio veterinario: la bandiera passa di mano in mano, viene esposta in ambulatorio.

 

  • FALLIMENTO SOCIALE
    Il medico veterinario è vittima di una stridente contraddizione: il veterinario ha l’obbligo di tutelare la salute dell’animale, da cui discende anche la tutela della salute pubblica.
    Tranne poi essere sostituto d’imposta per un bene considerato di lusso. Medici, insomma, ma anche commercianti del 22%.
    Siamo testimoni di un fallimento sociale quando poi il proprietario non ce la fa a sostenere i costi e lascia l’animale in canile.
    Il concetto di One Health che riconosce che la salute degli esseri umani è legata alla salute degli animali e dell'ambiente, viene vanificato dalle prestazioni veterinarie assoggettate a Iva al 22%.
    Acquistare i medicinali necessari è fiscalmente assimilabile a comprare un pezzo di ricambio. Ma la veterinaria è medicina, non è una autofficina. E da essa dipende la salute umana.

 

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4. SI DETRAE TROPPO POCO

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Un altro aspetto estremamente penalizzante sollevato dalla Lav per chi vive con un animale è rappresentato dalle detrazioni Irpef.

Rientrano in questa accezione i costi sostenuti per le prestazioni medico veterinarie e per l’acquisto dei farmaci prescritti per animali detenuti a scopo di compagnia o per pratica sportiva.

Nelle suddette spese rientrano anche gli esami di laboratorio eseguiti presso strutture veterinarie, mentre sono esclusi i farmaci senza prescrizione medica veterinaria, i mangimi e gli antiparassitari. Il rimborso massimo ottenibile, indipendentemente dal numero di animali che vivono con il contribuente, è pari a 49,06 euro, ossia il 19% della differenza tra il tetto massimo (387,40 euro) e la franchigia (129,11 euro).

Vediamo qualche esempio:
chi spende fino a 129,11 euro non recupera alcun costo
chi spende 130 euro, recupera 0,17 euro
chi spende 150 euro, recupera 3,97 euro
chi spende 300 euro, recupera 32,47 euro
chi spende oltre 387,34 euro recupera 49 euro (importo massimo detraibile)

Come sostiene la Lav che sta portando avanti una massiccia campagna su questo tema e sta raccogliendo le firme per una petizione “ad hoc”, un fisco “amico degli animali” avrebbe effetti positivi sulla qualità della vita, sul diritto alla cura degli animali e alla loro adeguata nutrizione e rappresenterebbe un forte incentivo per le adozioni.

Le proposte Lav hanno un effetto positivo su:
• Animali, poiché potrebbero trovare più facilmente una famiglia;
• Salute animale, in termini di cura e prevenzione poiché il cittadino sarebbe più invogliato a recarsi regolarmente dal veterinario e troverebbe meno gravose terapie e profilassi primarie;
• Chi vive con un animale, poiché sarebbero minori le spese per la sua cura e il suo mantenimento e vivrebbe più serenamente il rapporto;
• Salute pubblica, considerata l’importanza che ha la prevenzione delle zoonosi e i derivanti minori oneri economici sul Ssn;
• Accudimento dei randagi e delle colonie feline a cura delle associazioni e del volontariato, poiché le spese di alimentazione e spesso anche quelle sanitarie sono a carico di chi se ne prende cura, svolgendo peraltro un servizio di pubblica utilità;
• Pubbliche amministrazioni, poiché diminuiscono i costi legati all’accudimento dei randagi e il numero di animali detenuti nelle strutture come conseguenza dell’aumento delle adozioni e della flessione degli abbandoni;
• Fisco, poiché il cittadino che spende meno di 130 euro annui sarebbe incentivato a richiedere l’emissione della ricevuta scale, alla stregua di chi supera il tetto massimo di 387,94 euro;
• Classe veterinaria, che potrebbe veder aumentare la frequenza e il numero di utenti.

 

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5. CHI SONO #IPIUTASSATI DELLA FAMIGLIA?

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I più tassati in famiglia sono i cani e i gatti, e quindi le famiglie che li ospitano, costrette a pagare il 22% di Iva su tutte le scatolette, crocchette e per le cure dei quattro zampe.

E come se non bastasse, la detrazione fiscale delle spese veterinarie è davvero molto limitata.

Elevato, invece, il costo dei farmaci veterinari che è in media cinque volte maggiore rispetto al farmaco umano con lo stesso principio attivo.

Vivere con un animale domestico non deve più essere considerato un lusso: è il messaggio che Lav da tempo sta portando avanti con questa nobile battaglia.

Il costo della vita per le famiglie rende sempre più difficile anche accudire un animale. È un dato di fatto, in particolare per tanti nuclei con figli, a basso reddito o con un reddito da pensione.

Per questo Lav chiede al nuovo Governo e Parlamento alcune misure indispensabili per rendere più facile la vita con gli animali familiari, come i cani e i gatti: riduzione dell’Iva su cibo e cure; più detrazioni su spese veterinarie e farmaci meno costosi per gli animali familiari.

L’importante è firmare la petizione. www.lav.it/petizioni/ipiutassati

LE TRE RICHIESTE DELLA LAV NELLA PETIZIONE:
1) La cancellazione dell’aliquota Iva su prestazioni veterinarie per animali adottati e la riduzione di quella su prestazioni veterinarie e cibo per animali non tenuti a scopo di lucro.
Oggi invece si applica un’aliquota Iva del 22%, la stessa di alcuni beni di lusso, cifra ai massimi storici in Italia, come quella di champagne e automobili.
2) L’abbattimento dei costi sproporzionati dei farmaci veterinari, con il riconoscimento del farmaco generico anche in veterinaria e dell'uso del farmaco-equivalente.
Il prezzo del farmaco veterinario - spesso ingiustificatamente alto rispetto agli equivalenti a uso umano - e quello delle prestazioni veterinarie rappresentano degli ostacoli alle terapie, fino a pregiudicare, in certi casi, il diritto dell’animale a essere curato e il dovere di chi lo detiene a prestargli la dovuta assistenza.
Oltre che per i cittadini, questi costi rappresentano un problema per il Servizio veterinario pubblico, per i Comuni e per le Onlus e hanno come effetto l’aumento della spesa pubblica e un peggioramento complessivo della tutela degli animali.
3) L’aumento della quota di detrazione fiscale delle spese veterinarie e dei farmaci veterinari dalla dichiarazione dei redditi, rendendola totale per chi adotta un cane o un gatto.
Oggi, infatti, queste spese sono detraibili entro il limite esiguo di 387,34 euro, con uno sconto massimo irrisorio di 49,06 euro, applicabile solo a chi spende più di 129,11 euro!

 

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