La notte del 4 agosto 1849 Giuseppe Garibaldi stava cercando disperatamente di sfuggire alle truppe austriache che lo stavano braccando nelle valli di Comacchio, l’immensa palude del delta del Po.
Con lui c’erano la moglie Anita, incinta di sei mesi e in preda a una violenta febbre, e il fedelissimo compagno Giovanni Battista Culiolo, detto “Leggero”.
Erano sbarcati dai pescherecci con cui cercavano di raggiungere Venezia, assediata dagli austriaci, ed erano inseguiti da truppe papaline e viennesi. Anita stava così male che sveniva continuamente.
Alla fattoria Guccioli, lungo un argine in terra, vennero raggiunti da un medico patriota, ma era troppo tardi: Anita spirò mentre la trasportavano in casa su un materasso.
Aveva solo 28 anni.
Diciottenne brasiliana ardente e idealista, s’innamorò dell’Eroe dei due mondi al primo sguardo. Condivise con lui tutte le battaglie, seguendolo ovunque. Ecco chi era Anita Garibaldi.
1. Sposa infelice a 14 anni e fervente idealista
Ana Maria de Jesus Ribeira da Silva, soprannominata da Garibaldi Anita, era nata in una piccola frazione della cittadina di Laguna, nell’estremo Sud del Brasile, il 30 agosto 1821.
Era la terza figlia di una coppia di gente umile, che dopo di lei ebbe altri due maschi.
Suo padre era un mandriano e le insegnò a cavalcare come un vero gaucho prima di morire in un incidente nel 1834. Ana dimostrò subito il suo carattere.
Una domenica un tale Pedro, un lavorante che le aveva messo gli occhi addosso, le tese una imboscata sulla strada che dalla sua casa portava alla chiesa, sbarrandole il passaggio con una fune.
La ragazzina, che arrivava veloce a cavallo, non si lasciò impressionare e aggirò l’ostacolo. Pedro cercò di fermarla e ricevette una scudisciata in faccia. La cosa andò a finire in tribunale, ma lei non fu condannata.
Ana ci viene descritta come alta un po’ più di un metro e sessanta, con carnagione scura, volto ovale, occhi scuri e capelli neri e lunghi, raccolti in trecce.
Ben presto, assieme a sua madre, dovette trasferirsi vicino al porto di Laguna (le sorelle maggiori si erano sistemate, mentre i fratelli erano stati affidati ai rispettivi padrini).
La preoccupazione maggiore della genitrice era di trovarle un marito: una ragazza nelle sue condizioni non poteva avere nessun altro destino.
A chiedere la sua mano fu un calzolaio, tale Manuel Duarte, un ubriacone che Ana non amava: ma sua madre acconsentì alle nozze che furono celebrate il 30 agosto 1835, il giorno stesso del suo quattordicesimo compleanno.
Come era prevedibile, il matrimonio andò male fin da subito, con il marito ubriaco alla fine del ricevimento.
Ana dovette sopportare la convivenza, ma nel contempo si lasciava affascinare dalle lotte per la libertà e l’indipendenza che proprio in quegli anni opponevano la regione del Rio Grande do Sur, dove si trovava Laguna, e il resto del Brasile.
Non sapeva né leggere né scrivere, ma la sua amica Maria da Gloria le leggeva i fogli clandestini che inneggiavano agli scontri.
Nel maggio del 1839 la guerra era alle porte di Laguna e la città venne attaccata da un esercito di seimila brasiliani. Duarte decise di arruolarsi e uscì dalla vita di Ana.
Nella foto sotto, l’attrice Valeria Solarino nel ruolo di Anita nella miniserie televisiva a lei dedicata, andata in onda nel gennaio 2012.
2. Amore a prima vista
La piccolissima flotta degli insorti, costituita da due minuscole cannoniere, era comandata da un marinaio italiano, Giuseppe Garibaldi, che le guidava in una serie di audaci attacchi contro la flotta brasiliana.
Era il 22 luglio quando i ribelli riuscirono a scacciare le truppe nemiche. Ci fu una gran festa e anche Garibaldi scese a terra.
Forse fu questa la prima volta che Ana lo vide. Giuseppe, invece, la scorse per la prima volta qualche giorno dopo, curiosando sulla riva con il cannocchiale dal ponte della sua nave all’ancora.
Fu così colpito da quella sconosciuta da mettere in acqua una scialuppa e precipitarsi a cercarla finché non la trovò. Quando la vide esclamò: «Devi essere mia!».
Non conosciamo la risposta di Ana, ma non ci sono dubbi che si trattò del classico colpo di fulmine. Garibaldi aveva 31 anni, era bello, nobile d’animo e famoso: lei ne aveva 18 ed era nel fiore dell’età.
Gli cadde tra le braccia, pur avendo ufficialmente ancora un marito, del quale, tuttavia, da due anni non aveva più notizie. Forse fu per questo che solo il 23 ottobre salì a bordo dell’ammiraglia della flotta rivoluzionaria, tagliando per sempre i ponti con il passato.
Garibaldi la presentò ai suoi uomini dicendo: «Questa è mia moglie, Anita Garibaldi». Fu lui quindi a cambiarle il nome con quello con cui sarebbe stata conosciuta da allora in poi.
3. Una natura guerriera (cucì le camicie rosse...)
Nei mesi successivi Anita partecipò alle numerose operazioni di guerra condotte da Garibaldi per mare e per terra.
Non stava solo nelle retrovie a curare i feriti, ma spesso era sotto il fuoco nemico, combattendo in prima linea.
Quando nella battaglia navale di Barra (15 novembre 1839) l’equipaggio fu costretto ad abbandonare le navi, fu lei a salvare le munizioni trasportandole a terra da sola con una piccola scialuppa che fece la spola dodici volte tra le navi e la riva.
Garibaldi proseguì la lotta sulla terraferma e Anita lo seguì. Era presente alla battaglia di Santa Vitoria (15 dicembre 1839) in cui 500 guerriglieri sconfissero duemila soldati regolari, mentre in quella di Curitibanos (12 gennaio 1840) si trovò circondata e cadde prigioniera.
Tre notti dopo, approfittando della distrazione delle guardie, riuscì a fuggire. Si procurò un cavallo in una fattoria e cavalcò per quattro giorni, senza cibo e senza acqua, seguendo le tracce degli uomini di Garibaldi in ritirata, fin quando non li raggiunse a oltre 100 chilometri di distanza.
In quel periodo s’accorse di essere incinta. Il suo primo figlio nacque il 14 settembre 1841 e venne chiamato Menotti, in onore del patriota italiano. Il nemico li sorprese pochi giorni dopo, mentre Garibaldi era assente. Lei, fresca di parto, afferrò Menotti, saltò a cavallo e si aprì a forza la strada verso i boschi.
Intanto la causa del Rio Grande del Sud era perduta. Garibaldi e Anita si trasferirono a Montevideo, in Uruguay, dove vissero qualche anno tranquilli. Si sposarono in chiesa il 26 marzo 1842, grazie alla dichiarazione di un reduce secondo cui il marito di lei era morto in battaglia.
Garibaldi era così povero che dovette impegnare l’orologio per comprare due fedi in argento. Cercò di fare il venditore di stoffe e granaglie e diede lezioni di matematica e francese, mentre Anita faceva la sarta.
Nacquero Rosita (1843, morta due anni dopo), Teresita (1845) e Ricciotti (1847). Per qualche tempo Garibaldi riuscì a tenersi fuori dalle lotte politiche, ma ben presto gli venne chiesto di comandare la Marina dell’Uruguay, in guerra contro l’Argentina e il Brasile.
Accettò e raccolse una legione di profughi italiani. Per dare loro un’uniforme Anita e altre donne cucirono 500 camicie con la stoffa rossa dei macellai (la usavano per mascherare il sangue degli animali uccisi).
I successi in guerra lo avevano reso famoso, anche tra le donne di Montevideo. Anita era gelosa e gli faceva terribili scenate; a quanto si dice, una volta gli andò incontro con due pistole, gridando: «Questa è per te, questa è per quella donna!».
Nella foto sotto, Anita e Giuseppe nella loro casa di Montevideo in Uruguay, dove abitarono con i figli negli anni Quaranta dell’Ottocento. Per vivere lui vendeva stoffe e granaglie e dava ripetizioni di matematica e francese, mentre lei faceva la sarta.
4. Morì tra le braccia dell’Eroe
Nel 1846 Garibaldi tornò in patria, facendosi precedere a Nizza dalla moglie e dai figli. Il 21 giugno 1848 arrivò anche lui.
I rapporti tra Anita e Rosa Raimondi Garibaldi (nella foto a sinistra), sua madre, non erano facili.
La suocera era convinta che il loro matrimonio non fosse valido e si oppose a che dormissero insieme sotto il suo tetto. Dopo molte incertezze, Garibaldi decise di andare a Roma, dove era stata proclamata la Repubblica.
Tentò di tenerne fuori Anita, con la scusa che doveva badare ai bambini: ma lei lo raggiunse all’improvviso. Pur accogliendola con affetto, riuscì a convincerla a tornare a Nizza.
Ma quando la situazione si fece disperata, Anita, ancora incinta di quattro mesi e febbricitante per una malattia contratta nel viaggio precedente, si precipitò di nuovo a Roma, superando i posti di blocco grazie a un travestimento da dama spagnola.
Arrivò nella città, il 27 giugno 1849, mentre i garibaldini stavano subendo da quasi un mese la furia dell’attacco dei francesi, alleati del Papa. Roma si arrese il 3 luglio; il giorno prima Garibaldi e Anita, con indosso la camicia rossa dei garibaldini, erano usciti dalle mura alla testa di circa quattromila uomini.
Il piano era di fare insorgere il popolo italiano: per un mese Garibaldi e i suoi vagarono un po’ per tutta l’Italia centrale, sfuggendo alla morsa degli eserciti francesi, austriaci, toscani e napoletani che li inseguivano.
Alla fine di luglio ogni speranza era svanita: Garibaldi si rifugiò a San Marino e lasciò liberi i suoi soldati. Con Anita e pochi altri si impadronì a Cesenatico di alcuni pescherecci e tentò di raggiungere Venezia, che ancora resisteva agli austriaci.
Fu intercettato da una piccola squadra navale nemica: solo quattro pescherecci, tra cui quello di Garibaldi, riuscirono a guadagnare la riva. Uno dopo l’altro i compagni sparirono, tranne il fedelissimo capitano “Leggero”.
Anita, ormai al sesto mese, era stremata. L’aiuto dei patrioti romagnoli arrivò troppo tardi per lei, che morì tra le braccia del suo Giuseppe la notte del 4 agosto.
5. L’odissea della sua salma
Il corpo di Anita venne seppellito in tutta fretta nella sabbia il 4 agosto 1849, mentre gli austriaci si avvicinavano.
Poi la salma venne riesumata e traslata nel cimitero di Mandriole, il comune dove era avvenuta la morte.
Nel 1859 fu Garibaldi in persona a far portare i resti della moglie a Nizza.
Nel 1931 le spoglie vennero nuovamente trasferite, questa volta nel cimitero di Staglieno a Genova, e l’anno successivo tumulate definitivamente nel basamento del monumento dedicato ad Anita sul Gianicolo, a Roma.
Curiosità: fu Mussolini a inaugurare il monumento a lei dedicato a Roma!
Il 4 giugno 1932 Mussolini, in occasione del 50° anniversario della morte di Garibaldi, inaugurò sul Gianicolo un monumento dedicato ad Anita.
Opera dello scultore Mario Rutelli (bisnonno del politico italiano Francesco Rutelli), si ispira alla fuga della giovane donna con in braccio il primogenito Menotti (foto sotto).
Anita è ritratta con una pistola nella destra mentre tiene il figlio nella sinistra e sprona il cavallo.
Durante il discorso inaugurale il Duce si trovò a dover elogiare una donna che era l’esatto opposto del modello femminile proposto dal fascismo e si cavò d’impaccio esaltandone nelle prime battute il lato materno e poi parlando con grande disinvoltura solo di Garibaldi come di un predecessore del movimento fascista.