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Asian food

Dal riso al tè, dal sushi al curry, ecco che cosa mangiano, da secoli, i popoli dell’Oriente.

Cibi che in qualche caso sono anche sulle nostre tavole.

Scopriamoli insieme!

1. TÈ: La bevanda dei potenti

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TÈ: La bevanda dei potenti

Viene dal Giappone il “cha” (da cui la parola tè) che si beve in tutto l’Oriente, ma anche in Russia e Inghilterra.

Introdotto in Giappone all’inizio del periodo Heian (794-185), il tè era appannaggio di monaci e nobili.

Assunse un’importanza cruciale dopo che il monaco buddista Eisai (1141-1215) portò in patria il tè in polvere (matcha), in uso nella Cina dei Song (960-1279).

La bevanda si diffuse nell’aristocrazia militare, e dai contatti tra questa e i monaci zen nacque una delle prime forme di chanoyu (“acqua calda per il tè”).

Sen no Rikyū (1522-1591), ritenuto il più grande maestro in questo campo, formalizzò la cerimonia secondo i principi del chadō (“via del tè”), metodo per ottenere l’illuminazione buddista concentrandosi sui gesti quotidiani per preparare e servire la bevanda.

Alternativo al chanoyu è il senchadō (“via del sencha”, il “tè delle classi elevate”), ispirato alla tradizione cinese dell’infusione con le foglie intere, tipica della dinastia Ming (1368- 1644).

Dalla seconda metà del periodo Edo (1615-1868), la cerimonia fu diretta anche da donne, in precedenza escluse da questo privilegio.

2. PASTA E CURRY

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  • PASTA: Made in China
    Sono stati i cinesi a inventare la pasta (ma di soia).
    Miso, salsa e “formaggio” di soia, riso e spaghettini: la maggior parte degli ingredienti delle cucine del Sud-est asiatico vengono dalla Cina, insieme a tecniche di cottura e a modalità di consumo. Strano?
    No, se si pensa che alcuni archeologi datano a 4mila anni fa un piatto cinese di pasta (non di grano).
    Intorno al 200 d.C. erano noti ravioli con vari ripieni e presero forma gli involtini primavera, nati da una crespella benaugurale farcita di verdure.
    Per il riso alla cantonese bisogna aspettare il 600 circa e il 1330 per l’anatra laccata, originaria di Pechino.
    Sotto i Ming il piatto diventò tipico della corte imperiale e a metà ’500 sbarcò al ristorante. Per rendere la pelle croccante la si gonfiava con una cannuccia (poi sostituita dalla pompa della bici).
  • CURRY: Dall’India a Londra
    Gli inglesi lo scoprirono in India, dove esisteva da 4mila anni. E non ne seppero più fare a meno.
    L’arcinota miscela indiana di spezie è un’invenzione europea, in un certo senso. Tutto iniziò con l’arrivo in India degli occidentali affamati di spezie.
    Nel Sud del Paese si mangiava un piatto detto kari, che nella lingua locale significa salsa e indica un sugo speziato da servire con riso o pane.
    Rientrati a casa, gli inglesi volevano continuare a gustarlo, ma non avevano gli ingredienti necessari. Si diffusero così nel XVIII secolo le miscele standardizzate di spezie con quel nome.
    Da parte sua, la pietanza indiana è molto più antica, come mostrano resti archeologici di 4mila anni fa trovati nella valle dell’Indo, dove si svilupparono le civiltà di Mohenjo-Daro e Harappa.
    Il curry viene citato in testi del periodo Veda (1700-500 a.C.).
    Con il tempo, conobbe molte varianti: in origine un condimento brodoso e con pochi ingredienti, divenne poi più ricco e asciutto, e speziato sempre in modo diverso.
    Nel VII secolo, grazie ai monaci buddisti, il curry raggiunse la Birmania e la Thailandia, dove è ancora molto usato.

3. BACCHETTE E RISO

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  • BACCHETTE: Igieniche e “non violente”
    Adatte a stufati cotti al salto e tagliati a pezzetti, e al riso, vengono dal Sud-est asiatico.
    “I cinesi dicono che gli europei sono barbari perché mangiano con le spade”, ha scritto il sociologo tedesco Norbert Elias. Si riferivano ai coltelli, in Oriente poco usati.
    Ma nell’antichità anche laggiù usavano il cucchiaio, perché il cereale principe era il miglio sotto forma di pappina.
    Con la diffusione di bolliti e stufati presero piede le bacchette, in origine rametti di legno, che assunsero importanza solo con la coltivazione del grano (I secolo) e con le tecniche di macinazione e di produzione di gnocchi e pasta.
    I bastoncini ebbero il sopravvento nel X secolo e conobbero ulteriore diffusione nel secolo dopo con il forte consumo di riso.
    Contribuì a diffonderle la cottura al salto: il cibo tagliato a pezzetti si cuoceva in olio, poi era comodamente (e igienicamente) portato alla bocca.
    Per i poveri le bacchette erano di legno o bambù, ma a corte si usavano di giada, oro, porcellana o argento.
    L’uso si diffuse in Mongolia, Giappone, Vietnam e altre zone del Sud-est asiatico. Mentre i Turchi nel Medioevo le usavano persino per mangiare la pasta.
  • RISO: Il re della tavola
    Nasce in Cina la coltivazione orientale più diffusa. Alimento base anche in Giappone e Corea.
    Cosa sarebbe la cucina orientale senza la tipica ciotola di riso? Ma esiste grazie ai cinesi!
    Le coltivazioni infatti si svilupparono tra il 6700 e il 6300 a.C. intorno al fiume Yangtze, nel Sud. E da lì, nei duemila anni successivi, si diffusero verso la Corea e il Giappone.
    In India risalgono invece al 3000 a.C. circa.
    Presto il cereale assunse in Cina grande importanza, tanto da comparire nei Riti Confuciani (551-479 a.C.) e tra le Otto prelibatezze di un manuale di epoca Han (206 a.C.-220 d.C.), fritto in grasso di mammella di lupa.
    Nell’anno 1000 le coltivazioni ricevettero grande impulso grazie a una nuova varietà. Nel XIII secolo il riso era ormai una derrata commerciale importante, usata anche per scambi.
    A Hangzhou, capitale dei Song del Sud, ne arrivavano giorno e notte chiatte cariche. Sulle tavole dei ricchi giungevano varietà rosa, gialle, invernali, con effluvio floreale; ai poveri, varietà più comuni.
    Pare che il consumo pro capite quotidiano fosse di 1 chilogrammi tra chicchi, farina e derivati come il sakè.

4. SUSHI: Star internazionale

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SUSHI: Star internazionale

Il piatto simbolo del Giappone, a base di pesce crudo, fu inventato per ragioni di conservazione. E il riso si buttava.

Il pesce arrotolato nel riso (sushi) e quello crudo a fettine (sashimi) sono piatti giapponesi ormai internazionali. Il primo ha probabilmente origine nel Sud-est asiatico, per ragioni di conservazione.

Il pesce veniva salato, avvolto qualche mese nel riso per favorire la fermentazione; alla fine il cereale veniva buttato.

L’idea piacque a cinesi e giapponesi, e furono questi ultimi, grandi consumatori di pesce, a elaborarla.

Tra il VII e il XIII secolo il pesce era eviscerato, riempito di riso crudo e messo sotto sale. Ma i tempi lunghi, i sapori intensi e lo spreco di riso dispiacevano.

Nel XV secolo venne quindi adottata la variante con riso cotto. Un secolo dopo si ricorse all’aceto.

La svolta fu nel 1827-29, quando un cuoco di Tokyo sposò riso e fettine di sashimi: era nato il sushi in stile Edo, delicato e non fermentato. Quello di oggi. Più antico il sashimi, già noto nel 1000 in Cina.

Nel III-IV secolo conobbe uno straordinario successo, per poi scomparire e riapparire in varie regioni, fino ad essere imbandito sulle tavole del Sol Levante.



5. SPEZIE: Preziose come l’oro

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SPEZIE: Preziose come l’oro

Cannella, pepe, zenzero erano ricercatissimi. Tanto che per averli più facilmente si cercò di andare nelle Indie via nave.

Le spezie arrivavano nel Mediterraneo da India, Cina, Indonesia attraverso le vie carovaniere.

Per secoli però si pensò venissero dall’Arabia, perché così facevano credere gli arabi, che le smerciavano a caro prezzo.

Cannella, pepe, zenzero, chiodo di garofano e noce moscata erano così pregiate che nel 410 Alarico chiese 2 tonnellate di pepe come riscatto per Roma, insieme a porpora, seta, oro e argento.

I tentativi di raggiungere le mitiche Indie per rifornirsi di spezie stimolarono le esplorazioni.

Nel ’600 nacquero le potenti Compagnie delle Indie e fino a fine ’700 inglesi, francesi, spagnoli e portoghesi si contesero il dominio, e il mercato.

Finché non si riuscì a piantare le spezie in altre zone tropicali, spezzando il monopolio.






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