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Calamity Jane, la donna della frontiera

Scout, pistolera, cavallerizza, cercatrice d’oro, giocatrice d’azzardo, fumatrice di sigari.

Ma anche infermiera, cuoca, ballerina, prostituta e (non ultimo) madre: Martha Jane Canary, per tutti Calamity Jane, è stata (forse) tutto questo e molto di più.

La sua vita è circondata da un alone di fascino e mistero, alimentato dalla stessa protagonista, che nella sua breve autobiografia Life and Adventures of Calamity Jane (un libricino scritto sotto dettatura, dal momento che Martha era analfabeta) raccontò una serie di avventure che nel tempo si sono rivelate esagerate, quando non completamente inventate.
Eppure, nonostante le millanterie e le tante leggende, non c’è dubbio che si tratti di uno dei personaggi più interessanti e pittoreschi dell’intera storia del West, una delle poche donne a essersi ritagliate un posto di rilievo in un’epopea declinata quasi esclusivamente al maschile.

La storia di Martha Jane Canary, per tutti Calamity Jane, è una delle più bizzarre nate nei tumultuosi anni della Corsa all’Oro, sospesa com’è tra realtà e leggenda. Scopriamola insieme!

1. L’infanzia selvaggia

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«Il mio nome da nubile è Marthy Cannary, e sono nata a Princeton, nel Missouri, il primo maggio 1852».

Inizia così l’autobiografia di Calamity Jane, e perfino in queste poche righe sono contenuti due errori grossolani: il cognome (c’è una “n” di troppo) e la data di nascita, che i registri ufficiali dell’epoca spostano al 1856.

Che una donna si aggiunga quattro anni, invece che toglierseli, è un fatto strano, per il quale gli studiosi avanzano due possibili spiegazioni.

Potrebbe trattarsi, semplicemente, di un errore di trascrizione del redattore delle memorie, oppure Martha Canary avrebbe cominciato a farsi passare per più grande una volta rimasta orfana, per evitare di venire presa in custodia dalle autorità.

Prima di sei figli (aveva due fratelli e tre sorelle), trascorse un’infanzia selvaggia, imparando presto a cavalcare con abilità.

Intorno al 1865 la famiglia intraprese un lungo viaggio (“cinque mesi”) verso il Montana, durante i quali, stando al suo stesso racconto, la futura Calamity Jane trascorreva gran parte del tempo cacciando insieme agli uomini e guadagnandosi la reputazione (parole sue) di essere «un’ottima tiratrice e un’impavida cavallerizza».

Rimasta orfana all’età di 11 anni (la madre sarebbe morta nel 1866, il padre nel 1867), Martha raccontò di essersi unita alle truppe del generale Custer (nel 1870) come scout, un’eventualità che gli storici considerano irrealistica.

Risalirebbe a questo periodo la sua abitudine di vestirsi da uomo, per una questione di praticità.

«Rimasi in Arizona fino all’inverno del 1871 e durante quel periodo vissi molte grandi avventure con gli indiani e come scout affrontai tante missioni pericolose... Ero considerata il cavaliere più coraggioso e spericolato e uno dei migliori pistoleri del West.»

Così la protagonista ricorda quegli anni. Documenti e testimonianze segnalano la sua presenza in alcune delle città minerarie che sorgevano nel giro di pochi mesi, si sviluppavano rapidamente e altrettanto rapidamente si svuotavano, una volta che i giacimenti si esaurivano.

Alcune cronache dell’epoca la descrivono come una guida esperta, altre invece (come quella di un giornalista del “Bismarck Tribune”, Clement Lounsberry) raccontano di una ragazza intenta a guadagnarsi da vivere come ballerina e prostituta, professione alla quale si sarebbe dedicata a intermittenza anche durante gli anni successivi, intervallandola con altre attività più “oneste”, come la gestione di una lavanderia.

2. La leggenda di Calamity Jane

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In ogni caso, a questo punto Martha aveva già preso abitudini decisamente discutibili, come quella di alzare un po’ troppo il gomito (una volta si ubriacò a tal punto da spogliarsi completamente e andare in giro per le strade della cittadina di Lander cantando a squarciagola).

La leggenda di Calamity Jane è indissolubilmente legata alla saga dei cercatori d’oro delle Black Hills, la catena montuosa che si estende dal Dakota al Wyoming.

Un territorio sacro per gli indiani Lakota, che a partire dal 1874, dopo che la spedizione del generale George Armstrong Custer confermò la presenza di oro, fu invaso da migliaia di uomini in cerca di fortuna. In un’intervista del 1896, Martha dichiarò di essersi aggregata proprio a quella prima spedizione.

A confermare la sua presenza è nientemeno che William F. Cody, meglio noto come Buffalo Bill. «Era perfettamente a proprio agio in quelle terre selvagge» riportò «e quando indossava panni maschili poteva essere scambiata per un uomo anche da vicino».

Tuttavia, è lo stesso Cody a smentire le voci (alcune delle quali messe in giro dalla diretta interessata) che Calamity Jane fosse stata assoldata come scout.

«Si univa alle spedizioni militari come una specie di parassita, e quando la scoprivano di solito erano troppo lontani da un insediamento per poterla mandare via... Tutti le volevano bene e la consideravano una mascotte».

Nel 1876, cominciò la campagna militare del generale Crook per “liberare” i territori delle Black Hills dai Sioux. La presenza di Calamity Jane in quel frangente viene confermata da più parti. Quanto al ruolo ricoperto, invece, esistono molti dubbi.

Nella sua autobiografia, infatti, Martha racconta di essere stata una scout e di aver viaggiato spesso sola tra mille pericoli per consegnare importanti dispacci alle truppe, mentre stando a documenti e testimonianze più attendibili, la sua carriera di esploratrice (se mai ne ebbe una) fu estremamente breve e limitata.

È molto più probabile che Martha Canary facesse parte di quella folla di (disperati) individui che seguivano le carovane dei soldati all’interno dei nuovi territori, cercando la fortuna che non avevano ancora trovato.

3. Due leggende si incontrano

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Nel 1876, il nome di James Butler “Wild Bill” Hickok era già assurto ai dubbi onori della cronaca della Frontiera.

Nato a Troy Grove, nell’Illinois, il 27 maggio 1837, aveva combattuto per l’Unione durante la Guerra Civile e si diceva avesse ucciso 36 uomini (c’era chi favoleggiava che le tacche sul suo cinturone fossero addirittura un centinaio, mentre oggi i biografi più attendibili gliene attribuiscono “solo” dieci).

Personaggio di un dime novel (i romanzi d’avventura dell’epoca), giocatore d’azzardo e avventuriero, sembrava l’uomo perfetto per Calamity Jane.

E in effetti nel 1876 i due si incontrarono a Fort Laramie, quando un ufficiale del posto chiese a Wild Bill di accogliere nel suo gruppo Martha, che si trovava in cella dopo aver trascorso una notte di bagordi con i soldati, «molto ubriaca e quasi del tutto nuda».

Il viaggio durò due settimane, durante le quali la ragazza rivelò non solo di essere all’altezza dei più esperti avventurieri, ma anche di sapersi destreggiare a meraviglia nei lavori domestici.

«Era una donna dal grande cuore» dichiarò uno dei suoi amici dell’epoca, “White Eye” Anderson. Alla sera, però, quando arrivava il momento di sedersi attorno al fuoco, sapeva raccontare «alcune delle storie più terribili che io abbia mai sentito... ogni volta, una gran folla veniva ad ascoltarla».

Quasi tutti i biografi di Wild Bill sono concordi nel ritenere che tra lui e Calamity Jane non ci fu altro che una buona amicizia, e perfino la donna, nelle sue memorie, non lascia spazio al sentimento.

Eppure, ancora oggi la fantasia popolare li vuole più che semplici conoscenti. Colpa del loro fascino, dell’immaginazione di alcuni scrittori e del fatto che i due sono seppelliti nello stesso cimitero, a Deadwood, secondo alcuni per volontà della stessa Martha.

In ogni caso, alla morte di Wild Bill è legata una delle “imprese” più celebri di Calamity Jane, raccontata nelle sue memorie e poi decisamente ridimensionata dagli storici.

Il 2 agosto 1876, in seguito a un alterco scoppiato durante una partita a poker, un certo Jack McCall sparò alla nuca di Wild Bill, ferendolo a morte.

Nel suo Life and Adventures, Calamity Jane racconta di essersi messa alla ricerca dell’assassino e, una volta scovatolo in una macelleria, di averlo arrestato affrontandolo con una mannaia trovata sul bancone (per la fretta, aveva dimenticato le pistole in camera).

McCall fu effettivamente imprigionato e successivamente condannato all’impiccagione, ma nei resoconti della sua cattura il nome di Martha non è citato neppure tra gli inseguitori...

4. Deadwood, andata e ritorno

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Nel 1877, Calamity Jane era diventata uno dei personaggi più popolari del continente: merito soprattutto dei dime novels, dei quali era la protagonista assoluta.

Venduti a un prezzo che non superava i dieci centesimi, questi brevi romanzi erano l’equivalente degli odierni telefilm e riscuotevano un enorme successo, tanto che venivano ristampati a un ritmo di 60 mila copie alla volta.

Questa incredibile popolarità sembrò offrire nuovi spunti narrativi alla stessa Martha, che fece intendere di aver partecipato in quegli ultimi anni ad alcune rapine.

Intanto, dopo una serie di avventure sentimentali o presunte tali, i resoconti dell’epoca cominciavano a rivelarne anche il lato più inedito, soffermandosi sulla sua disponibilità a prendersi cura del prossimo e sulle sue insospettabili “virtù femminili”.

Questa trasformazione non le impedì, nel 1882, di acquistare un ranch nella valle di Yellowstone e di aprire una locanda nei pressi di Miles City.

Il matrimonio e la nascita di un figlio (chiamato “Little Calamity”) sembrarono calmarla, ma alla morte del bambino la vecchia Martha riprese il sopravvento. Dodici anni più tardi, al termine di una sequenza di relazioni, presunte maternità, avventure ed eccessi, era finalmente pronta a fare ritorno a Deadwood.

“Calamity Jane! L’intrepida cacciatrice di indiani, la vagabonda delle pianure del West, è a Deadwood!”: così, il 5 ottobre 1895, titolava il “Black Hills Daily Times”.

I tempi erano cambiati, sia per la cittadina, sia per Martha Canary, che adesso si chiamava Martha Burke, avendo dichiarato di essersi sposata con un texano, un certo Clinton Burke, dal quale avrebbe avuto una figlia poi data in adozione.

Calamity Jane trascorse gli ultimi anni della sua vita cercando di monetizzare la sua fama: si mise a vendere i propri ritratti fotografici, si accodò a un tour pubblico di vecchie glorie del West, fece un’apparizione al Palace Museum di Minneapolis, in Minnesota, e nel 1901 prese parte all’Esposizione Panamericana di Buffalo.

Morì il primo agosto del 1903, mentre si trovava nel Calloway Hotel di Terry, in South Dakota, vittima di un malore forse indotto dall’alcol.

Così, a soli 51 anni, dopo una vita di eccessi, alcuni vissuti, altri solo raccontati, se ne andava una delle ultime leggende del West, forse l’unica vera donna della Frontiera.



5. Quel nomignolo sciagurato e stella di Hollywood

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  • Quel nomignolo sciagurato
    L’origine del soprannome con cui Martha Jane Canary è diventata famosa è ancora incerta, anche perché la spiegazione che ne dà la diretta interessata non è verosimile: secondo la sua versione, infatti, avrebbe assunto il nuovo nome nel 1875, a Goose Creek, dopo aver salvato un ufficiale dell’esercito, il capitano Egan, da un’imboscata degli indiani.
    «Calamity Jane, l’eroina delle pianure» l’avrebbe salutata l’uomo dopo essersi ripreso. Bella storia, peccato che la moglie di Egan e altri testimoni l’abbiano sempre risolutamente negata.
    Più probabile che l’appellativo “Calamity” le sia stato affibbiato quando lavorava come infermiera e, ovviamente, compariva all’insorgere di qualche calamità, oppure come riferimento scherzoso a certe sue intemperanze esplosive, paragonabili, appunto, a calamità naturali.
    Una spiegazione più pittoresca (ma probabilmente inventata) fa riferimento inve- ce all’abitudine di Martha di esclamare “Che calamità!” quando perdeva una mano a poker.
  • Stella di Hollywood
    Già famosa in vita, Calamity Jane diventò una vera e propria celebrità quando il cinema si impadronì della sua leggenda.
    La prima pellicola è datata addirittura 1915, ma fu nel 1936, con La conquista del West, che il suo personaggio debuttò in pompa magna sul grande schermo, grazie ai protagonisti della pellicola, Gary Cooper e Jean Arthur, e al noto regista C.C. De Mille.
    Nel 1948 spettò a Jane Russell impersonarla, e l’anno successivo a Yvonne De Carlo, in Occhio per occhio, mentre nel 1953 Doris Day fu la protagonista del musical Calamity Jane (nella foto).
    Più recentemente, nel 1995, sono state Anjelica Huston ed Ellen Barkin a vestirne i panni, rispettivamente nella miniserie televisiva Buffalo Girls e nel meno noto Wild Bill.








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