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Catalogna e Spagna: tutte le ragioni dello scontro e della protesta

Il nazionalismo catalano ha una data di nascita: 11 settembre 1714. Quel giorno Barcellona perse la battaglia col nuovo re: Filippo V di Borbone!

Dopo la Guerra di successione spagnola (1701-1714), le antiche istituzioni catalane erano state soppresse, causando anche la progressiva decadenza della lingua.

La scintilla del moderno nazionalismo catalano fu un movimento letterario chiamato Renaixença (“Rinascimento” in lingua catalana”), nato alla fine del XIX secolo per riscattare la letteratura catalana da una lunga fase di decadenza.

Uno dei principali esponenti di questa corrente letteraria fu il grande poeta catalano Joan Maragall che i suoi versi, nel 1898, suonarono come il definitivo atto di sfida nei confronti del centralismo di Madrid.

Ascolta Spagna, la voce di un figlio/
che ti parla in voce non castigliana/
ti parlo nella lingua che mi ha insegnato questa terra aspra/
in questa lingua con cui pochi ti parlano/ Dove sei Spagna? Non riesco a vederti/
Non senti la mia voce tonante?/
Non senti questa lingua che ti parlo?/
Forse hai smesso di capire t tuoi figli?/
Addio, Spagna!”

Ecco tutte le ragioni delo scontro e della protesta tra la Catalogna e la Spagna.

1. In guerra

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Ma cosa era successo esattamente l'11 settembre 1714?

Quel giorno Barcellona, dopo quattordici mesi d’assedio, era stata riconquistata dalle truppe spagnole del duca di Berwick (dalla parte del re di Spagna Filippo V), ponendo fine a una lunga guerra dinastica che aveva coinvolto anche le grandi potenze del Vecchio continente.

Dopo aver sconfitto il pretendente al trono, Carlo d’Asburgo, il nuovo re Filippo V di Borbone (nipote di Luigi XIV), nella foto a sinistra, dette vita a uno Stato centralista simile a quello francese.

Per punire i “traditori” catalani - colpevoli di aver appoggiato il nemico - impose i Decreti di Nueva Pianta che cancellarono la sovranità politica della Catalogna e posero fine al suo autogoverno di origine medievale.

Il catalano, fino ad allora considerato la lingua ufficiale della regione, fu privato di ogni validità legale e conobbe, da quel momento in poi, un lento declino. I moderni nazionalisti catalani hanno dunque identificato lo spartiacque della loro lotta con la data di un’epocale sconfitta.

Per ricordare il giorno in cui la Coronela, la milizia incaricata di difendere Barcellona, venne costretta alla resa nel 1714, l'11 settembre di ogni anno in Catalogna si celebra la “Diada” (la festa nazionale catalana) e al minuto 17 e 14 secondi delle partite di calcio del Barcellona i tifosi della squadra intonano cori per l’indipendenza.

2. Il primo eroe

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Il termine “Catalonia’ apparve per la prima volta nel XII secolo all’interno del Liber Maiolichinus, una cronaca epica medievale che narrava in latino le gesta di Ramon Berenguer III (nella foto a sinistra), considerato il primo eroe catalano della Storia.

Per secoli il territorio fece parte del Regno d'Aragona, la cui struttura tripartita (Aragona, Catalogna e Valencia) lasciava spazio a una parziale autonomia.

I primi contrasti nacquero alla fine del XV secolo, in seguito all’unificazione delle corone di Castiglia e Aragona e alla conclusione della Reconquista nel 1492. Il Paese iberico fu unito, ma in condizioni diverse da quelle altamente centralizzate di altri Stati contemporanei, a cominciare dalla Francia.

La capitale fu stabilita in via definitiva a Madrid soltanto alla metà del secolo successivo: fino ad allora la corte si riunì a Toledo e in altre città, mentre le comunità locali godevano di un ampio grado di autonomia dal quale scaturivano spesso conflitti col potere centrale.

Nel 1518, ad esempio, per contrastare il potere mercantile di Barcellona, la Corona di Spagna le vietò di commerciare direttamente con l'America. Ma fu alla metà del XVII secolo che i contadini catalani si sollevarono contro le tasse imposte da Madrid, proclamando l'indipendenza e facendo scoppiare un lungo e cruento conflitto.

La rivolta divampò nel giorno del Corpus Domini del 1640, causando la morte del viceré spagnolo e di molti funzionari; nel gennaio dell'anno successivo il presidente della Generalitat de Catalunya (il governo), Pau Claris i Casademunt, proclamò la Repubblica catalana Indipendente sotto il protettorato della Francia.

Da quel momento in poi, la Catalogna divenne il campo di battaglia tra francesi e spagnoli nella Guerra dei trent'anni finché, nel 1652, gli eserciti di Filippo IV di Spagna non prevalsero sulle truppe franco-catalane riconquistando il territorio intorno a Barcellona.

Oggi, i sostenitori della separazione dalla Spagna sostengono che già in epoca medievale la Catalogna avesse sperimentato forme di sovranità e indipendenza, ad esempio con le corti catalane create durante l'impero carolingio, alle quali fu riconosciuta una sovranità di fatto che durò per secoli e terminò nel fatale 1714.

Ma molti storici ritengono che associare l'esperienza delle “contee" di epoca carolingia al moderno concetto d'indipendenza auspicato dagli indipendentisti sia una forzatura.

3. Incastro difficile

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Resta il fatto che da quell'11 settembre di tre secoli fa, incastrare la “nazione" catalana all’interno della Spagna è sempre stato difficile e i problemi sono aumentati nella seconda metà del XIX secolo, ai tempi dell'industrializzazione, con la nascita del moderno nazionalismo catalano.

“Essere catalano è la maggior fortuna di fronte all'avvenire", sosteneva uno dei più famosi figli di Catalogna di sempre, il pittore surrealista Salvador Dalì (nella foto a sinistra).

Nel 1931 fu fondato quello che è ancora oggi il più antico partito indipendentista catalano in attività, l'Esquerra Republicana de Catalunya (Sinistra repubblicana di Catalogna), il cui primo leader, Lluis Companys, è stato anche l’ultimo presidente del governo autonomo che proclamò l'indipendenza dello Stato catalano.

"In nome del popolo e del parlamento - dichiarò la sera del 6 ottobre 1934 - il governo che presiedo si assume tutte le cariche del potere e, serrando i ranghi di coloro che sono uniti nella comune protesta contro il fascismo, li invita a sostenere il governo provvisorio della Repubblica catalana".

L'Indipendenza durò in realtà soltanto poche ore: il mattino successivo le truppe spagnole fecero irruzione nel palazzo del governo catalano e scatenarono una dura repressione che portò in carcere circa tremila persone.

Barcellona sarebbe diventata una roccaforte repubblicana nella guerra civile che scoppiò di lì a poco, e Companys fu costretto a rifugiarsi in Francia. Nel 1940 venne catturato dalla Gestapo e consegnato ai franchisti, che lo fucilarono all'interno della fortezza di Montjuic, a Barcellona, dichiarando la Catalogna “una regione nemica".

Durante il successivo regime del generale Francisco Franco (1939-1975), la repressione di tutte le autonomie locali spagnole raggiunse livelli parossistici: l’autogoverno catalano fu abolito e tutti i simboli della Catalogna furono soppressi a cominciare dalla lingua, il cui uso divenne illegale, con dure pene carcerarie per chi la parlava in pubblico.

Lo statuto d'autonomia fu ripristinato soltanto nel 1979, dopo la morte di Franco e la fine della dittatura. È rimasto in vigore fino al 2006, quando i catalani approvarono con un referendum un nuovo statuto che garantiva alla “nazione" catalana maggiori poteri, soprattutto in campo finanziario.

Ma quattro anni dopo, la Corte Costituzionale spagnola dichiarò l'incostituzionalità di diversi articoli del nuovo statuto, affermando che il diritto internazionale prevede l'autodeterminazione solo in caso di dominio coloniale od occupazione straniera.

Il governo autonomo respinse la decisione del tribunale, accusando i giudici di essere al servizio dell’esecutivo di Madrid e l'11 settembre 2012, in occasione della tradizionale festa della “Diada”, due milioni di persone scesero in piazza a Barcellona dietro allo striscione “Catalogna, nuovo Stato d'Europa", in quella che è considerata la più grande manifestazione indipendentista dalla fine del franchismo.

Due anni più tardi le rivendicazioni trovarono sfogo nel primo referendum per l'autodeterminazione che, pur anch'esso dichiarato illegittimo dal tribunale costituzionale spagnolo, vide la partecipazione del 36% degli elettori, l'81 % dei quali si espresse per l’indipendenza.

Da allora si sono susseguite le mobilitazioni ma è mancato fatalmente il dialogo politico, da entrambe le parti, con le conseguenze che abbiamo visto nelle ultime settimane.

4. Il voto della discordia

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Il 27 ottobre 2017 il Parlamento della Catalogna ha proclamato l'indipendenza.

Subito il governo spagnolo ha annunciato lo scioglimento del Parlamento catalano e indetto elezioni anticipate per il 21 dicembre.

Sono le ultime fasi di un braccio di ferro fra Madrid e Barcellona cominciato l'8 settembre scorso, quando la Procura di Madrid denunciò in blocco l'esecutivo catalano per aver firmato il decreto di convocazione del referendum sull'indipendenza.

Di fronte alla disobbedienza delle autorità di Barcellona, le forze di sicurezza spagnole arrestarono quattordici funzionari del governo catalano, sequestrarono schede elettorali, chiusero collegamenti internet, misero sotto controllo conti bancari, diffidarono sindaci e presidi dal consentire le operazioni di voto.

Ma il governo catalano andò avanti. Il primo ottobre, gran parte dei seggi dov'erano chiamati al voto 5,3 milioni di catalani aprì comunque.

L'esito della consultazione venne reso noto dal governo della regione autonoma al termine di una giornata drammatica che ha visto oltre ottocento persone ferite negli scontri con gli agenti.

I votanti sono stati 2,26 milioni (pari a circa il 42,2% degli aventi diritto) e il "sì "all'indipendenza ha ottenuto il 90%.



5. Perché la Spagna non la "lascia"

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La Costituzione del Regno di Spagna stabilisce all'articolo 2 l'"unità indissolubile della nazione spagnola, patria comune e indivisibile di tutti gli ispanici" ma sono soprattutto motivi di carattere politico ed economico a spiegare perché Madrid è decisa a opporsi con ogni mezzo alla secessione catalana.

La Catalogna conta 7,5 milioni di abitanti e oggi contribuisce a circa il 20% del prodotto interno lordo di tutta la Spagna.

Insieme alle isole Baleari e all'area intorno alla capitale, è la regione più ricca di tutto il Paese e uno Stato catalano indipendente avrebbe conseguenze devastanti per la Spagna sul piano dei parametri di sostenibilità del debito previsti dai trattati Ue.

Secondo i calcoli degli analisti europei, il rapporto debito/Pil di Madrid passerebbe in breve tempo dall’attuale 99% al 124%.

Ma l'uscita della Catalogna costituirebbe anche un pericolo per l'unità nazionale spagnola, poiché potrebbe creare una reazione a catena tra le altre nazioni non castigliane, in primo luogo nei Paesi Baschi.

Sul piano strettamente politico, infine, il primo ministro Mariano Rajoy è consapevole che pagherebbe assai caro, in termini di consensi, un cedimento nei confronti delle rivendicazioni catalane.






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