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In cerca di vita tra le 7 sorelle della Terra

La Nasa ha scoperto che nel cosmo c’è un sistema planetario molto simile al nostro: è composto di sette pianeti grandi più o meno come la Terra, che distano da noi 40 anni luce e orbitano attorno a una stella nana rossa dieci volte più piccola del Sole.

Così la speranza di trovare altre forme di vita nell’universo si è riaccesa. Allora non siamo soli nell’universo.

Nello spazio cosmico è stato individuato uno stupefacente sistema di pianeti che sembra una replica in piccolo di quello in cui viviamo.

Se si trovasse nel nostro sistema solare, lo vedremmo completamente racchiuso entro l’orbita di Mercurio, il corpo che orbita più vicino al nostro Sole.

Il suo cuore pulsante è una minuscola stella dal curioso nome di Trappist-1, situata a poco meno di 40 anni luce da noi nella costellazione dell’Acquario.

Intorno a essa ruotano almeno sette corpi celesti, la cui scoperta è stata annunciata dalla Nasa con un clamore senza precedenti.

Questi mondi alieni che sembrano usciti da un romanzo di fantascienza hanno infatti peculiarità uniche: sono tutti incredibilmente simili al nostro pianeta e girano su orbite ben allineate nello stesso piano.

«È la prima volta che osserviamo tanti possibili “cloni” della Terra ruotare intorno a una sola stella», dice Michaël Gillon, l’astronomo dell’Università di Liegi a capo del team internazionale al quale si deve la scoperta.

«Le loro caratteristiche sono tali da aprire scenari astronomici completamente nuovi. E ci offrono l’occasione di porci con maggior convinzione la domanda che da sempre ci affascina: può esserci vita lassù?».

 

1. Una stella fredda

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Trappist-1 è una piccola nana rossa con una temperatura superficiale di 2.550 gradi rispetto ai 5.778 del Sole.

Le sue dimensioni, appena più grandi di quelle di Giove, superano di poco il limite che le consente di mantenersi accesa attraverso la fusione dell’idrogeno in elio.

Con un’età attorno al mezzo miliardo di anni, è relativamente giovane ma è destinata, data la piccola massa, a vivere molto più a lungo dei 10 miliardi di anni di un astro di tipo solare, rimanendo attiva fino a mille miliardi di anni.

A causa delle sue dimensioni ridotte e della bassa temperatura superficiale, i pianeti che le orbitano vicinissimi potranno sfruttare a lungo un’energia confrontabile con quella di cui oggi godono i pianeti interni del sistema solare.

«Ciò che ci ha sorpreso di più», spiega Gillon, «è che un numero così elevato di esopianeti siano di tipo roccioso e abbiano dimensioni molto simili.
A livello teorico, tutti e sette potrebbero ospitare acqua allo stato liquido sulla superficie, anche se, in base alle loro distanze dalla stella, alcuni candidati sono più promettenti di altri. I modelli indicano infatti che i pianeti più interni, cioè Trappist-1 b, c, d, potrebbero essere un po’ troppo caldi.
Trappist-1 e, f, g, invece, rappresentano il Santo Graal in vista della possibilità di essere abitabili, anche se la vita lassù potrebbe essere diversa da quella terrestre»
.

Nella foto sotto, le 7 sorelle a confronto con i pianeti del sistema solare. I “cloni” della Terra appena scoperti, per ora indicati solo con le lettere b, c, d, e, f, g, h, sono molto simili fra loro per dimensioni. I pianeti rocciosi del sistema solare hanno invece taglie diverse che vanno dal più piccolo, cioè Mercurio, al più grande, cioè la Terra, alla quale è dato il valore 1.

2. Velocissime trottole e il cerchio della vita

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  • Velocissime trottole
    Essendo molto vicini alla stella madre, i sette pianeti le orbitano intorno a grande velocità.
    I loro “anni”, cioè il tempo impiegato a compiere una rivoluzione completa, durano appena pochi giorni: dalle sole 36 ore per il pianeta più interno a circa 20 giorni per quello più esterno.
    Nell’insieme formano un gruppo estremamente compatto, piatto e ordinato e soprattutto armonico: ciò significa che nello stesso tempo in cui il pianeta più interno compie otto rivoluzioni, il secondo, il terzo e il quarto pianeta ne compiono cinque, tre e due, rispettivamente.
    Dai dati raccolti dai telescopi si è calcolato che mostrano quasi tutti la stessa faccia al loro astro e hanno una densità che va dal 60 per cento al 117 per cento di quella terrestre, compatibile appunto con una struttura solida.
    Gli astronomi si sono divertiti a immaginare che cosa vedremmo noi umani se potessimo fare una visitina fino a quell’affascinante sistema.
    La Nasa ha addirittura fatto realizzare un poster per i futuri turisti che desiderassero esplorare Trappist-1f, un mondo che si suppone dotato di un’atmosfera e quindi fra i più abitabili del sistema.
    Dalla sua superficie, in parte coperta d’acqua, si scorgerebbe una stella dieci volte più grande del Sole e di color arancio, mentre gli altri pianeti ci apparirebbero due volte più grandi della Luna.

 

  • Il cerchio della vita
    La presenza di acqua liquida nel nuovo sistema è al momento solamente un’ipotesi che si basa su modelli climatici e sulla distanza dei pianeti dalla stella.
    Per averne una testimonianza diretta si dovranno attendere strumenti di nuova generazione come l’Extremely Large Telescope europeo o il telescopio spaziale Webb della Nasa, ma intanto gli scienziati stanno valutando i possibili scenari, basandosi su quanto sappiamo della vita sul nostro pianeta.
    Nell’immenso gioco della roulette cosmica, infatti, la nostra Terra può considerarsi particolarmente fortunata.
    Si trova infatti in quella stretta fascia racchiusa tra l’orbita di Marte e quella di Venere, caratterizzata da condizioni ideali: luce e riscaldamento ben bilanciati da miliardi di anni.
    È la cosiddetta zona abitabile, un settore dello spazio planetario in cui l’acqua può trovarsi allo stato liquido: una delle condizioni fondamentali per la vita, che sembra essersi originata proprio all’interno di oceani primordiali.
    Basta spostarsi un po’ perché le condizioni cambino. Per esempio su Venere, che è situata sul versante interno della zona abitabile, l’elevata temperatura, combinata alla velenosità dell’atmosfera e a pressioni al suolo incredibilmente elevate, rende la vita impossibile.
    Marte invece, trovandosi sul limite esterno della zona abitabile, è troppo freddo ed essendo di dimensioni inferiori al nostro pianeta, non è riuscito a trattenere un’atmosfera.
    Risultato: niente riscaldamento e niente acqua liquida, anche se molti scienziati sono certi che la vita su Marte sia possibile o almeno lo sia stata un tempo, quando sul Pianeta rosso vi erano oceani e fiumi poi evaporati o finiti nel sottosuolo.

    Nella foto sotto, intorno a ogni stella esiste una fascia favorevole allo sviluppo della vita (in verde) legata al calore dell’astro: più lontana per stelle calde (in alto), più vicina per stelle fredde (al centro e in basso).

3. Mondi possibili

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La posizione dei pianeti all’interno della zona abitabile non è che uno dei tanti criteri da prendere in considerazione perché possano innescarsi i processi di evoluzione biologica.

Naturalmente perché ciò avvenga è necessario soddisfare anche altre condizioni, come l’inclinazione dell’asse di rotazione e la distanza dalla stella madre, responsabili dell’alternarsi delle stagioni e delle temperature medie.

Studiandone le possibili variazioni, l’astronomo Darren Williams e il paleoclimatologo David Pollard della Pennsylvania State University sono arrivati a conclusioni davvero sorprendenti.

Per quanto riguarda per esempio l’asse di rotazione, che nei pianeti extraterrestri finora scoperti si è rivelato molto diverso dalla Terra, il modello di simulazione dei due ricercatori ha rivelato “tolleranze” inaspettate: le condizioni più favorevoli non corrispondono alla nostra inclinazione attuale di 23,5 gradi, ma a quella di 54 gradi.

Quest’ultima, a parità di distanza dal Sole, fornirebbe alla maggior parte del globo temperature comprese fra i -10 °C e i 50 °C. Inclinazioni fino a 85 gradi sarebbero ancora più che tollerabili, con estati molto calde che attutirebbero però il gelo degli inverni.

Se fossero superiori a tale valore, il problema più serio riguarderebbe l’illuminazione, perché molte zone del pianeta si troverebbero nella completa oscurità per più mesi all’anno.

L’assoluta mancanza di inclinazione darebbe in fine come risultato temperature generalmente molto più basse e l’assenza di stagioni. Quanto all’orbita, potrebbe anche non essere quasi perfettamente circolare come quella attuale della Terra.

Anche se il pianeta descrivesse un’ellisse in grado di farlo viaggiare dalla zona calda di Venere a quella più gelida di Marte, le temperature oscillerebbero fra i -40 °C e i 76 °C, con una media di 30 °C, ancora accettabile.

Per ora i sette nuovi pianeti sono identificati con le lettere dell’alfabeto, ma fra poco più di un anno potrebbero entrare ufficialmente nell’anagrafe celeste con nomi ispirati a luoghi, personaggi storici o creature mitologiche: per sceglierli l’Unione Astronomica Internazionale sta pensando di aprire una votazione online aperta a tutti.

Nella foto sotto, l’astronoma Nikole Lewis dello Space Telescope Institute descrive la scoperta dei nuovi pianeti durante la conferenza stampa indetta dalla Nasa.

4. Una nana rossa su 6 ha il suo pianeta e il telescopio chiamato come una birra belga

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  • Una nana rossa su 6 ha il suo pianeta
    La bassa luminosità delle stelle chiamate nane rosse fa sì che sia più facile scoprirne l’oscuramento dovuto al transito del disco opaco di un pianeta.
    Ma c’è di più. Da uno studio di Courtney Dressing, ricercatrice presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, è emerso che una nana rossa su 6 è accompagnata da un pianeta di tipo terrestre.
    E poiché le nane rosse sono circa l’85 per cento dei 100 miliardi di stelle della Via Lattea, assume proporzioni sbalorditive il possibile numero di “simil-Terre”.
    Anche se simili al nostro per dimensioni, questi mondi alieni potrebbero essere profondamente diversi per altri aspetti.
    Come succede alla nostra Luna, la grande vicinanza alla stella madre potrebbe per esempio indurre questi pianeti a volgere verso il proprio astro sempre la stessa faccia, escludendo l’alternarsi del giorno e della notte.
    Ciò non precluderebbe la possibilità di vita: a mitigare l’escursione termica basterebbe un’atmosfera abbastanza densa o un oceano abbastanza profondo da consentire lo scambio di calore fra l’emisfero diurno e quello notturno.
    «In fondo», sostiene la Dressing, «non c’è bisogno di un clone della Terra per avere la vita.
    E poiché le nane rosse sono molto più longeve di stelle gialle come il nostro Sole, non ci sarebbe da stupirsi se i loro pianeti fossero anche 6 miliardi di anni più vecchi della Terra.
    Così gli eventuali abitanti di questi mondi avrebbero tutto il tempo di raggiungere un livello di civilizzazione più elevato del nostro».

 

  • Il telescopio chiamato come una birra belga
    Il nuovo sistema solare è stato individuato grazie a due telescopi, Trappist e Spitzer.
    Il primo è uno strumento robotico che ha iniziato a operare nel 2010.
    Situato sulle montagne cilene presso l’osservatorio di La Silla dell’Eso, è controllato dal gruppo di astrofisica dell’Università di Liegi, in Belgio.
    Il suo nome, acronimo di TRAnsiting Planets and PlanetesImals Small Telescope-South, che significa “piccolo telescopio per pianeti e planetesimi in transito”, è un omaggio degli astronomi belgi a una delle tipologie di birra più diffuse nel Paese, la Trappist appunto.
    Dotato di un riflettore di 60 centimetri di diametro, è usato per l’individuazione e l’analisi di pianeti situati fuori il sistema solare e lo studio delle comete in orbita attorno al Sole.
    Il secondo strumento, il telescopio spaziale Spitzer, lanciato dalla Nasa nel 2003, è dotato di uno specchio di 85 centimetri di diametro progettato per osservare nella banda infrarossa.
    Questa caratteristica lo ha reso particolarmente adatto all’esame dei sette esopianeti perché la loro stella è una stella molto piccola e “fredda” il cui picco di emissione è proprio nell’infrarosso.

    Nella foto sotto, ecco come la Nasa ha ricostruito la superficie del pianeta Trappist-1 f, con la sua stella rossastra che si riflette in una distesa d’acqua.





5. Pegaso fu individuato 22 anni fa e g li “occhi” di Webb sono rivestiti d’oro

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  • Pegaso fu individuato 22 anni fa
    Si deve agli astronomi svizzeri Michel Mayor e Didier Queloz la scoperta, annunciata nel 1995, del primo pianeta appartenente a un altro sistema solare.
    Il suo nome è 51 Pegasi b, dato che è il secondo oggetto (b) che orbita attorno alla stella 51 Pegasi, una “nana gialla” come il nostro Sole.
    Il termine Pegasi ci dice che appartiene alla costellazione di Pegaso, il cavallo alato della mitologia greca.
    E proprio per la sua appartenenza a questa costellazione questo pianeta è chiamato anche “Bellerofonte”, come l’eroe che riuscì a domarlo.
    51 Pegasi b, tuttavia, non è un pianeta “appetibile” per noi terrestri: le stime lo ritraggono come un corpo gassoso, meno denso di Giove, ma con un diametro probabilmente maggiore, che ruota molto vicino alla sua stella e con temperature di oltre 800 °C.

 

  • Gli “occhi” di Webb sono rivestiti d’oro
    A scrutare il sistema di Trappist-1 per scoprire se sia dotato d’acqua liquida penserà Webb, un telescopio di nuova generazione nato dalla collaborazione fra le agenzie spaziali americana ed europea.
    Partenza prevista, il 2018.
    I suoi “occhi”, formati da 18 specchi di berillio rivestiti d’oro, possono operare nello spazio a temperature di -248 gradi in modo da catturare anche il più debole calore emesso dai corpi celesti.
    A differenza del glorioso Hubble, in orbita intorno alla Terra a 600 km di quota, Webb volerà verso un luogo lontano un milione e mezzo di chilometri, circa 4 volte la distanza Terra-Luna, in direzione opposta rispetto al Sole.
    Lassù, in un punto chiamato Lagrange 2, il particolare equilibrio tra le forze gravitazionali della Terra e del Sole crea una zona neutra in cui il satellite sosterà indisturbato. 

    Nella foto sotto, lavorazione di uno dei 18 specchi esagonali del telescopio. Perfettamente levigato, è rivestito con una pellicola d’oro spessa appena 2,5 millimetri.








Note

PICCOLO DIZIONARIO

  • Esopianeti: Sono pianeti non appartenenti al nostro sistema solare. Al momento attuale ne sono stati scoperti 3.583 situati in 2.688 sistemi stellari diversi, di cui 603 multipli. Quelli potenzialmente abitabili sono una decina.
  • Anno luce: È l’unità usata dagli astronomi per misurare le distanze cosmiche e corrisponde alla distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un anno: 9.460 miliardi di chilometri, circa 63.241 volte la distanza fra la Terra e il Sole.
  • Periodo orbitale: È il tempo impiegato da un pianeta per compiere un giro completo intorno alla sua stella.
  • Nana rossa: È una stella molto piccola che emette una debole quantità di luce, spesso inferiore a un decimillesimo di quella emessa dal nostro Sole.
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