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Cinque spie memorabili

L’umanità è sempre stata curiosa, e i servizi segreti sono il mezzo ideale per ottenere informazioni.

Con il mutare delle guerre e l’allargarsi e intensificarsi delle minacce è diventato ancor più essenziale usare ogni mezzo necessario per raccogliere dettagli sui piani nemici.

La tecnologia è cambiata parecchio nei secoli, ma il movente centrale dello spionaggio è rimasto fedele alle origini.

Ogni anno non mancano nuovi libri, film o serial televisivi che raccontano le vicende di agenti segreti impegnati in avventure mozzafiato all’ombra della storia ufficiale.

Avventure che sono comuni anche alle spie reali, benché i loro volti possano essere meno riconoscibili – ci sono ottime ragioni! – e avendo in più il vantaggio di poter davvero cambiare la storia, come è avvenuto per centinaia (ma forse potremmo dire migliaia) di anni.

Oggi rievocheremo alcuni tra i più notevoli agenti segreti dell’era moderna, famosi o dimenticati, elogiati o deprecati. Scopriamo allora insieme 5 spie memorabili!

1. Noor Inayat Khan

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Noor Inayat Khan - La pioniera della radio che fu coraggiosa fino all’ultimo

Noor Inayat Khan, nome in codice Madeline (1914-44), fu la prima operatrice radio dello Special Operations Executive (SOE) inviata nella Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale.

Suo padre era un carismatico maestro sufi indiano, la madre veniva dall’Arizona.

Da Londra la famiglia si trasferì dopo la Prima Guerra Mondiale a Parigi, dove Noor studiò musica e psicologia infantile e iniziò a scrivere libri e poesie per bambini.

All’inizio della guerra andò in Gran Bretagna, decisa a resistere al nazismo, ed entrò nelle Ausiliarie dell’Aeronautica, dove l’addestrarono come operatrice radio.

A fine 1942 fu reclutata dalla sezione F (Francia) del SOE. Noor era intelligente e conosceva alla perfezione la lingua, ma alcuni ritenevano che non fosse pronta.

Un addestratore la giudicò “temperamentalmente inadatta”, ma il capo della sezione F, Maurice Buckmaster, le valutò “solo balle”.

L’ebbe vinta lui, così la donna arrivò in Francia nel giugno 1943 come operatrice radio della rete Prosper.

Purtroppo la rete fu scoperta dai tedeschi, eppure Noor continuò imperturbabile a girare per Parigi per raccogliere informazioni delle cellule rimaste e comunicarle a Londra.

Com’è facile prevedere dato l’ambiente ostile, fu catturata. La polizia segreta l’interrogò per mesi. Noor tentò di evadere due volte, ma fu rinchiusa in isolamento e torturata. Eppure non collaborò.

Alla fine la trasferirono a Dachau, dove fu fucilata assieme ad altre tre agenti del soe, Yolande Beekman, Eliane Plewman e Madeleine Damerment.

Ha ricevuto la George Cross postuma e oggi c’è una sua statua nel giardino di Gordon Square a Londra.

2. James Angleton

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James Angleton - Il complicato, influente e controverso capo del controspionaggio Usa

James Angleton (1917-87) fu il capo del controspionaggio Usa, e occupa ancora oggi un posto speciale nella storia dell’agenzia e della cultura popolare.

Era ed è una figura che divide, elogiato da certuni ma criticato aspramente da altri.

La sua carriera nello spionaggio cominciò durante la Seconda Guerra Mondiale, quando fu reclutato nell’Oss, l’agenzia di spionaggio e sabotaggio degli Usa.

La sua prima assegnazione fu a Londra, nella divisione di controspionaggio X-2, segreta anche per gli standard dell’Oss, al corrente delle scoperte più riservate dello spionaggio britannico.

Dopo la guerra, Angleton fu reclutato dalla Cia dove diventò capo del controspionaggio.

Intelligentissimo e feroce anticomunista, diede la caccia agli infiltrati e ai traditori, garantendo un buon contributo per tutti gli anni Cinquanta, impegnato a proteggere le operazioni e a coltivare rapporti con i servizi israeliani.

Ma alla fine la sua fede cieca nell’onnipresenza delle talpe sovietiche influenzò il suo giudizio.

Parecchi fattori contribuirono a questa convinzione: l’esperienza di guerra nel campo infiltrazioni; la scoperta che il suo più stretto confidente, Kim Philby, era una spia dei russi; e la defezione di Anatolij Golitsyn, il cui mix di accurate informazioni e trame occulte si attagliava alla perfezione con i sospetti di Angleton.

Tutto questo lo spinse a non accettare la buona fede dei veri fuoriusciti dalla Russia nel timore che fossero doppiogiochisti. Uno di essi, Yuri Nosenko, languì in carcere per anni per colpa di Angleton.

Alla fine la sua paranoia diventò eccessiva per i superiori. Willliam Colby, il direttore della cia, si convinse che «Jim era fuori controllo».

Nel pieno di uno scandalo sullo spionaggio illegale della cia in patria, Angleton fu cacciato dall’agenzia nel dicembre 1974.

3. Vasilij Mitrokhin

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Vasilij Mitrokhin - L’archivista deluso del Kgb che conseguì migliaia di dossier all’Occidente

Uno dei più utili pretesti dell’intelligence sovietica per reclutare durante la Seconda Guerra Mondiale e l’inizio della Guerra Fredda fu la convinzione che l’Urss fosse un’utopia socialista ricreabile altrove.

Il crollo di questa fede ribaltò tutto. Da quel momento i cittadini sovietici stanchi della dittatura spiarono per l’Occidente sperando di sabotare i corrotti organi statali.

Vasilij Mitrokhin (1922-2004) era una spia del genere. Fu reclutato dai servizi segreti sovietici nel 1948 e operò in Austria e in Medio Oriente.

Ma una piccola critica dei burocrati pose fine alla sua carriera di agente, relegandolo agli archivi del Kgb.

Lì poteva toccare con mano la differenza tra la retorica e la realtà del regime, culminata nella repressione della Primavera di Praga in Cecoslovacchia nel 1968, che lo convinse che il sistema non poteva essere riformato.

Allora iniziò a formare un proprio archivio. Quasi tutti i giorni, dal 1972 alla pensione nel 1984, trafugò documenti che seppellì presso la casa delle vacanze. Era una cosa senza precedenti: una storia globale dei servizi segreti sovietici.

L’archivio rimase nascosto fino alla caduta dell’Urss che gli diede la possibilità di andare a Riga, dove si presentò all’ambasciata americana, la quale non gli diede ascolto.

Allora passò all’ambasciata britannica, dove poté parlare con gli agenti dell’intelligence che organizzarono l’esfiltrazione in Gran Bretagna di Mitrokhin, familiari e archivio.

Poi aiutò i servizi britannici a sfruttare i suoi documenti svelando centinaia di operazioni e spie sovietiche.

Lo storico dello spionaggio Christopher Andrew collaborò con lui in una serie di libri basati su quei materiali che svelano i segreti più oscuri del kgb e dell’Urss, il primo intitolato L’archivio Mitrokhin: le attività segrete del kgb in Occidente.

4. Melita Norwood

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Melita Norwood - L’impiegata statale inglese che passò segreti nucleari al Kgb

Melita Norwood diventò famosa in patria dopo la rivelazione nel 1999 del suo passato di agente sovietica.

Prima di essere denunciata (a 87 anni) dal libro di Vasilij Mitrokhin e Christopher Andrew L’archivio Mitrokhin, si godeva la pensione nei sobborghi di Londra.

 

Il Security Service sapeva del suo passato già dal 1992, ma aveva deciso di non perseguirla in parte per l’età e per il tempo trascorso da quando spiava, in parte per proteggere Mitrokhin.

Era una spia ideologica. Anche da pensionata, quando i crimini di Stalin erano stati rivelati al mondo, lo chiamava ancora il “vecchio Joe” e spiegava che essere comunista non significava approvare tutto quanto era successo nell’Urss.

Nata nel 1912, fu reclutata nel 1937, quando lavorava presso l’associazione britannica per la ricerca sui metalli non ferrosi.

Lavorò sempre lì, sia come segretaria che come spia sovietica. Il suo lavoro le permetteva di accedere a informazioni industriali preziose.

Ma il suo vero valore si palesò durante la guerra quando poté ad accedere ai dati sul programma “Tube Alloy”, il progetto per la bomba atomica britannica.

Queste informazioni furono passate direttamente alla ricerca nucleare sovietica. Ciò induce a considerarla la più importante agente sovietica in Gran Bretagna.

Il kgb la definì “agente dedita, affidabile e disciplinata”. Le fu conferito l’Ordine della Bandiera Rossa, con una pensione aggiuntiva. Morì nel 2005, a 93 anni, sempre fedele alla linea.



5. Richard Sorge

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Richard Sorge - Camuffato da giornalista nazista in Giappone per spiare l’Asse: fu scoperto impiccato

L’età dell’oro dello spionaggio sovietico fu quella dei “grandi illegali”.

Per tutti gli anni Trenta e oltre, gli agenti che lavoravano all’estero sotto copertura reclutarono alcune delle più famose spie sovietiche e infiltrarono le istituzioni più impenetrabili dell’Occidente.

Richard Sorge fu uno di questi grandi illegali. Nato in Russia nel 1895, crebbe in Germania e servì nell’esercito tedesco durante la Grande Guerra.

A causa di una ferita fu congedato, poi si laureò e diventò marxista. Intelligente e affascinante, era la spia perfetta, che infatti fu reclutata dai servizi militari sovietici nel 1929, anche perché il suo passato garantiva la copertura ideale: giornalista tedesco.

Sorge fu così mandato in tutta Europa prima di ricevere istruzioni di infiltrare l’estrema destra tedesca. Però fu in Estremo Oriente che fece più danni.

Distaccato in Giappone nel 1933, iniziò ad allestire una rete di spie, sempre usando la copertura di giornalista di destra.

Impresa notevole, si procurò fonti eccellenti nel governo nipponico e presso l’ambasciata tedesca (sembra seducendo la moglie dell’ambasciatore).

Avvertì i suoi superiori delle trame antisovietiche di Germania e Giappone, soprattutto dell’imminente attaccò nazista all’Urss, l’operazione Barbarossa.

Purtroppo per lui, la paranoia di Stalin lo portava a non fidarsi degli avvertimenti, tanto che descrisse Sorge «una merda che s’è fatto qualche piccola azienda e un bordello in Giappone».

Fu arrestato in Giappone a fine 1941 e impiccato nel 1944. Anni dopo, i suoi successi furono riconosciuti e gli fu conferita la massima onorificenza, Eroe dell’Unione Sovietica.






Note

BONUS: Mata Hari - La ballerina esotica diventata cortigiana e poi spia tedesca

Forse Mata Hari è la più famosa spia in guerra, anche se più per l’immagine esotica che per il reale valore delle sue spiate.

Nata in Olanda nel 1876 come Margaretha Geertruida Zelle, adottò il nome d’arte di Mata Hari per esibirsi nel circuito del varietà europeo.

I suoi balli esotici le valsero la notorietà in tutta Europa, ma non fu mai amata dalla critica.

All’inizio della guerra aggiunse al ballo l’attività di prostituta, avendo così rapporti con importanti ufficiali e politici in tutta Europa.

Furono le chiacchiere dopo il sesso a costituire il grosso delle sue informazioni, che fornì ai francesi, anche se pare che poi sia stata reclutata nel 1915 dai tedeschi, che le assegnarono il nome in codice H-21.

Fu arrestata e interrogata dai britannici nel 2016, ma venne rilasciata.

Il suo fato fu suggellato dai crittografi alleati quando intercettarono un messaggio per l’agente H-21 abbastanza dettagliato per poter risalire a Mata Hari, che fu arrestata e accusata di spionaggio.

Lei confessò di aver passato qualche segreto sulle armi alleate più avanzate, compresi i carri armati, e di aver compromesso numerosi agenti segreti. Si disse che erano morte migliaia di soldati francesi a causa sua, ma era assai discutibile, come pure le circostanze del processo.

Il suo avvocato non poté infatti controinterrogare i testimoni dell’accusa e della difesa. Mata Hari fu giudicata colpevole e fucilata a Parigi il 15 ottobre 1917. Ma il mistero che la circonda non è mai stato dissipato.

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