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Cleopatra: una vita in lotta per il potere

Cleopatra è universalmente conosciuta come “la regina d’Egitto”.

Ma ottenere e conservare quel titolo si rivelò un’impresa complessa, che la costrinse a spargere il sangue dei suoi familiari.

La vita di Cleopatra fu una lotta costante e spietata per il potere, e sua sorella Arsinoe fu da sempre la sua peggior nemica.

Oggi scopriamo tutti gli intrighi, i segreti e le astuzie che Cleopatra mise in atto, fino al momento in cui potè godersi il trono in tutta tranquillità.

 

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1. I dissidi familiari

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Il faraone Tolomeo XII morì nel 51 a.C. lasciando quattro figli: le due sorelle e due maschi che, secondo le consuetudini della dinastia, furono chiamati come il padre, Tolomeo XIII e XIV.

Tutti e quattro i discendenti crebbero insieme nel palazzo reale di Alessandria, dove furono scrupolosamente educati alla cultura greca, senza che tra loro si sviluppasse però alcun legame affettivo.

Fin da piccoli si guardavano con reciproco sospetto, vedendo nei fratelli dei rivali nella lotta per il potere e perfino dei potenziali assassini. I quasi trecento anni di storia della dinastia tolemaica gli avevano insegnato che il nemico più pericoloso era quello con cui si condivideva la casa.

A confermarlo c’era quanto accaduto a un’altra sorella di Cleopatra, Berenice, giustiziata dal padre nel 51 a.C. per aver tentato di usurpare il trono d’Egitto. Alla corte tolemaica vigeva la legge della giungla e solo il più forte sarebbe riuscito a sopravvivere.

Tolomeo aveva designato suoi eredi Cleopatra e il maggiore dei maschi. I due avrebbero dovuto regnare insieme come fratelli e sposi. Quando salirono al trono, Cleopatra VII aveva 18 anni e Tolomeo XIII solo dieci, ragion per cui la reggenza fu affidata al suo tutore, un eunuco di nome Potino, e al generale Achilla, capo dell’esercito.

Tra Cleopatra e Tolomeo iniziarono ben presto i dissidi e varie vicissitudini costrinsero la regina ad abbandonare il Paese. Uno dei due troni rimase quindi vacante e Arsinoe pensò di poterlo occupare.

Ma l’ambiziosa Cleopatra non si diede per vinta e dall’esilio riuscì a mettere insieme un esercito per provare a riconquistare il potere. Quando ormai l’inizio della guerra sembrava imminente, arrivò in Egitto una figura che avrebbe cambiato per sempre il destino suo e dei suoi fratelli: Giulio Cesare. Era il 48 a.C.

Nella foto sotto, l’Egitto dei Tolomei. Il territorio controllato dalla monarchia tolemaica si mantenne più o meno stabile dall’inizio della dinastia, registrando qualche piccola perdita nel corso dei secoli. Durante il regno di Cleopatra, Marco Antonio cedette all’Egitto Creta, Cipro e le città della Fenicia.

 

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2. Entra in scena l’imperatore

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Cesare era arrivato in Egitto per dare la caccia a Pompeo, ma dopo la morte del rivale decise di prolungare la permanenza per riportare l’ordine nel Paese.

Infatti, prima di morire Tolomeo XII aveva incaricato i consoli romani di farsi garanti del rispetto delle sue ultime volontà.

Cesare avviò quindi una mediazione tra i due fratelli e riuscì a ottenere che Tolomeo XIII e Cleopatra si riconciliassero e tornassero a governare insieme.

Tale soluzione fu un duro colpo per le aspirazioni di Arsinoe, che aveva appoggiato il fratello nella speranza che questi la nominasse regina. Cleopatra aveva messo a segno un punto, ma la partita era appena agli inizi. Arsinoe infatti aveva perso l’Egitto, ma non era rimasta proprio a mani vuote.

Nel tentativo di ingraziarsi i suoi ospiti, Cesare aveva restituito all’Egitto il controllo di Cipro, che i romani avevano annesso nel 58 a.C. Arsinoe e il fratello Tolomeo XIV furono nominati sovrani dell’isola, anche se si trattava di una carica puramente onorifica e i due rimasero ad Alessandria privi di qualunque potere effettivo.

Ma Arsinoe aveva almeno ottenuto l’agognato titolo di regina. Questo successo non fece che accrescere le sue aspirazioni. Ormai non era più disposta ad accontentarsi: il vero obiettivo era il trono d’Egitto, in cui si concentravano il potere assoluto e il controllo delle immense ricchezze del Paese.

Dal canto suo, Cleopatra non era disposta a lasciare che si ripetesse un episodio come quello della sua espulsione dal regno. Per questa ragione strinse un’alleanza politica – che ben presto divenne anche una relazione amorosa – con Giulio Cesare, che dopo la morte di Pompeo era diventato il nuovo uomo forte di Roma.

Il loro rapporto dovette preoccupare non poco Arsinoe, che vedeva la sorella ricevere l’appoggio del potente esercito romano e il suo obiettivo allontanarsi sempre di più. Non restava altro che ritirarsi in secondo piano in attesa di qualche mutamento del panorama politico.

Nella foto sotto, Cleopatra e Giulio Cesare. In questo dipinto a olio dell’artista Pietro da Cortona, Cesare offre a Cleopatra il trono d’Egitto dopo la vittoria su Tolomeo XIII. 1637. Musée de Beaux-Arts, Lione.

 

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3. La guerra di Alessandria

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La situazione non tardò a cambiare. La presenza di Cesare non era vista di buon grado dai sudditi egizi, che lo consideravano alla stregua di un invasore.

Infastiditi dal sostegno che questi forniva a Cleopatra, i consiglieri di Tolomeo XIII decisero di approfittare del crescente malcontento popolare.

Achilla organizzò le truppe egizie, le condusse ad Alessandria e si sollevò contro il console romano.

Cesare aveva a disposizione solo due legioni, per un totale di quattromila soldati, mentre il potente esercito egizio poteva contare su 20mila effettivi e l’appoggio del popolo. Di fronte a questa enorme sproporzione di uomini, Cesare inviò innanzitutto una richiesta urgente di rinforzi a Roma.

Quando poi ad Alessandria iniziarono gli scontri, trattenne con sé all’interno del palazzo reale i quattro fratelli, per evitare che si mettessero alla testa dell’esercito e legittimassero così l’insurrezione.

Nelle settimane successive i romani furono impegnati nei preparativi bellici e dovettero far fronte alle ripetute schermaglie che si susseguivano per le strade di Alessandria. Arsinoe (nella foto piccola in alto a sinistra) capì che era arrivato il suo momento.

Approfittando del fatto che tutti gli sguardi erano puntati su Tolomeo XIII, visto che Cleopatra aveva ormai dimostrato ampiamente la sua fedeltà a Cesare, Arsinoe fuggì dal palazzo insieme al suo ministro, l’eunuco Ganimede, e si unì ai ribelli.

L’esercito l’accolse a braccia aperte e la proclamò regina d’Egitto. Grazie alla sua pazienza e alla sua abilità aveva finalmente ottenuto il tanto agognato potere. Per impossessarsi del trono non le restava che eliminare Cleopatra.

Ma prima era necessario sconfiggere chi la proteggeva, ovvero Cesare e le legioni romane. La strada si rivelò più ardua del previsto. Il primo ostacolo che Arsinoe dovette affrontare fu Achilla, con cui si ritrovava in costante disaccordo.

La regina di Cipro decise di risolvere il problema nel classico stile di famiglia: fece uccidere il generale e affidò il comando delle truppe al fedele Ganimede.

Nella foto sotto, La liberazione di Arsinoe. L’antichità è stata una delle principali fonti d’ispirazione per Tintoretto. Sulle sue tele si ritrovano personaggi come Venere o Ercole. Tintoretto dedicò un dipinto anche alla sorella di Cleopatra, intitolato La liberazione di Arsinoe, in cui dimostra tutta la sua abilità nel trattamento della luce.
La scena rappresenta il momento in cui Arsinoe, approfittando della disattenzione dei romani, fugge dal palazzo reale di Alessandria per unirsi all’esercito egizio. Tintoretto trasferisce l’azione nella Venezia del suo tempo (il XVI secolo), un espediente comune ai pittori dell’epoca e che spiega i numerosi anacronismi del dipinto.
Con la catena simbolo della prigionia ancora sulla gamba, Arsinoe si lascia andare tra le braccia del suo soccorritore, forse Ganimede, che l’attende sulla gondola per condurla verso la libertà e l’ambito trono egizio.

 

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4. Da regina a schiava

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Ganimede ottenne qualche piccolo successo iniziale, riuscendo a tagliare i rifornimenti d’acqua potabile ai romani, ma ben presto emersero i suoi limiti strategici, che costarono all’esercito una serie di sconfitte.

Il suo modo tirannico di esercitare il potere provocò un forte malcontento tra i ribelli, che supplicarono Cesare di liberare Tolomeo, promettendo in cambio di consegnargli Arsinoe e Ganimede.

Il console romano acconsentì sperando che il giovane re avrebbe pacificato i suoi sudditi, ma la situazione non migliorò. Nei mesi seguenti proseguirono gli scontri per terra e per mare, senza che nessuna delle due parti si avvicinasse alla vittoria definitiva.

La prospettiva cambiò radicalmente quando giunsero in Egitto i rinforzi attesi da Cesare, guidati dal re Mitridate I di Pergamo. Il console fece uscire le truppe romane da Alessandria per andare incontro agli alleati, mentre Tolomeo XIII, dal canto suo, cercò di impedirglielo.

Alla fine Cesare e Mitridate riuscirono a ricongiungersi e lanciarono un attacco contro l’accampamento del sovrano egizio.

Di fronte alla devastante offensiva romana, il re e i suoi uomini cercarono di fuggire lungo il Nilo su delle imbarcazioni, molte delle quali però si rovesciarono a causa del numero eccessivo di soldati a bordo.

Il giovane faraone morì annegato, e con lui si inabissarono le speranze e le aspirazioni di Arsinoe, che fu fatta prigioniera. Cesare rientrò vittorioso ad Alessandria, dove affidò il trono a Cleopatra e all’altro fratello, Tolomeo XIV. Ma nella pratica fu la regina ad accaparrarsi tutto il potere.

Il console lasciò l’Egitto portando con sé Arsinoe per evitare una nuova ribellione contro la sorella, e la fece sfilare come prigioniera nel trionfo celebratosi a Roma nel 46 a.C.

Nella foto sotto, nel trionfo per celebrare la vittoria di Cesare in Egitto furono esibiti effigi e dipinti che illustravano i principali avvenimenti bellici. La stessa Arsinoe fu costretta a sfilare tra i prigionieri, come mostra questa incisione del 1888. 

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La vista della giovane sovrana egizia in catene commosse profondamente i romani, che non nascosero la propria indignazione nel vederla esibita come una schiava di guerra.

In risposta a queste proteste, Cesare decise di liberarla. Arsinoe si rifugiò a Efeso, sperando che la lontananza la proteggesse dalla sorella. Con la morte di Cesare nel 44 a.C., Cleopatra aveva perso il suo grande protettore e gli egizi tornarono a temere di ritrovarsi sottomessi ai romani.

Per scoraggiare questa eventualità e rafforzare il suo ruolo, Cleopatra doveva rinnovare il suo legame con Roma. L’occasione si presentò nel 41 a.C., quando Marco Antonio la convocò per un incontro a Tarso.

In quel momento iniziò non solo una delle vicende amorose più celebri della storia, ma anche una solida alleanza politica molto proficua per entrambe le parti.

La posizione strategica e le ricchezze dell’Egitto potevano permettere ad Antonio di attuare il suo progetto di riorganizzazione dell’Oriente, mentre Cleopatra puntava a conservare l’autonomia del Paese e ampliare i territori sotto il suo controllo.

Nella foto sotto, Cleopatra e Cesare, noto anche come Cleopatra davanti a Cesare, un olio su tela di Jean-Léon Gérôme del 1866.

 

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5. La vendetta va servita fredda

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Nel corso delle trattative, Cleopatra chiese la testa di Arsinoe. Dopo tanti anni non l’aveva ancora perdonata.

E ben sapeva che, finché la sorella fosse rimasta in vita, non avrebbe potuto dormire sonni tranquilli.

Marco Antonio si affrettò a soddisfare le richieste della sua nuova alleata e amante. I suoi emissari andarono a caccia di Arsinoe e la trovarono a Efeso, la città dell’Asia Minore dove si era rifugiata dopo essere stata liberata da Cesare.

Conduceva una vita tranquilla, come supplice nel tempio di Artemide, ma non aveva rinunciato alla sua dignità regale, e il sacerdote del luogo continuava a riservarle il trattamento dedicato ai sovrani.

Sebbene avesse accettato la vittoria della sorella, Arsinoe sperava ancora che l’instabilità della situazione politica egizia le offrisse un’ultima opportunità di recuperare quel ruolo che riteneva spettarle.

Ma le sue illusioni svanirono di colpo quando vide arrivare gli uomini di Marco Antonio incaricati di portare a termine la vendetta di Cleopatra. I mercenari non mostrarono la stessa pietà che i romani avevano provato guardandola sfilare in catene.

Non esitarono neppure di fronte alla sacralità di un luogo come il tempio di Artemide. Strapparono Arsinoe ai protettori della dea e la uccisero a sangue freddo.

Dall’altra parte del Mediterraneo, Cleopatra brindò a questo crimine brutale mentre assaporava i piaceri della vita tra le braccia del suo potente amato. Con la morte di Arsinoe, non le restavano più fratelli vivi. Finalmente poteva godersi il trono in tutta tranquillità.

Nella foto sotto, la tomba di Arsinoe? In una tomba scoperta a Efeso nel 1926, conosciuta come l’Ottagono, furono riesumate delle ossa che secondo l’archeologa austriaca Hilke Thur sarebbero di Arsinoe. Anche se molti ricercatori accolgono questa ipotesi con scetticismo, il metodo del carbonio-14 ha permesso di datare i resti tra il 200 e il 20 a.C. Le analisi forensi hanno confermato che appartenevano a una giovane donna in buona salute.

 

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