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Costantino “il Grande”: da un errore in battaglia cambiò la storia del mondo

È alto e robusto, con grandi occhi scuri: così lo ritrae la colossale statua eretta in suo onore, di cui restano solamente i piedi, la gamba e la mano destra con l’indice rivolto verso l’alto, oltre alla parte superiore del braccio destro, una piccola parte del petto e infine l’imponente testa, dalla quale sporge il grande naso e il mento piatto e pronunciato.

È proprio grazie a ciò che resta di questa statua, ritrovata nel 1486 nell’abside occidentale della Basilica Nova a Roma, di cui portò a termine la costruzione, che oggi sappiamo come appariva l’uomo che i Bizantini chiamavano Megas, “il Grande”. 

I capelli ricci, accuratamente disposti a inquadrare l’alta fronte a mo’ di ghirlanda, lasciano supporre che si tratti di un uomo di ceto elevato, di un imperatore. Il suo nome è Costantino: la sua barba non è ispida e lo sguardo, a differenza dei ritratti di altri imperatori-soldati, non è cupo, mentre il viso carismatico con grandi occhi lucenti rivela, in chiaro stile classico, nobiltà d’animo e rigore.

Flavio Valerio Costantino (306-337), figlio di Costanzo Cloro, fu uno degli imperatori più importanti, innovatori (non solo in campo religioso, ma anche in quello politico) ed illustri dell’impero romano.  

Fu il primo imperatore romano a convertirsi al cristianesimo. Uno dei suoi primi provvedimenti, firmato insieme al collega Licinio, fu l'Editto di Milano del 313, noto anche come Editto di tolleranza con cui si concedeva libertà di culto a tutti gli abitanti dell'impero. Il Cristianesimo diventava, così, una religione professabile in maniera aperta e i membri delle comunità cristiane non sarebbero stati più perseguitati.

L’opera di Costantino, vale a dire la cristianizzazione dello Stato romano, segna dunque l’inizio di una nuova epoca: se Roma avesse resistito all’assedio di Costantino e se, quel 28 ottobre 312, i suoi uomini fossero stati costretti alla ritirata, quest’epoca non avrebbe avuto inizio, o quantomeno sarebbe stata posticipata. 

Ciò dimostra come gli errori di valutazione commessi da Massenzio sul ponte Milvio non abbiano soltanto deciso l’esito di una battaglia, quanto piuttosto cambiato la storia del mondo. Vediamo come.

1. Costantino “il Grande”

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Costantino, definito “il Grande” anche dalla tradizione occidentale e assurto a mito divenendo oggetto di numerose leggende, è un figlio illegittimo.

È infatti nato tra il 270 e il 288 d.C. a Naisso (l’odierna città serba di Niš, una città della Serbia) in Mesia, da genitori non sposati: sua madre è una ragazza di umili origini dedita anche alla prostituzione, mentre suo padre, Costanzo Cloro, è uno dei “cesari” dell’Impero Romano all’epoca della «tetrarchia» istituita dall’imperatore Diocleziano.

Nonostante le dubbie origini, la vita di Costantino è segnata da una sorprendente ascesa: allevato presso Diocleziano e nominato tribuno militare, viene ben presto elevato al rango imperiale e nel 311 è l’unico dei cinque coadiutori dell’imperatore a riuscire ad affermarsi, ottenendo dapprima il titolo di signore dell’Occidente e, per i successivi tredici anni, di unico sovrano di un immenso impero dai saldi confini.

Con una carriera esemplare e un totale di trent’anni di regno, Costantino supera tutti i suoi predecessori, ad eccezione di Augusto, legittimando così un’epigrafe dell’epoca che lo descrive come «l’imperatore più abile, devoto e vincente di tutti i suoi predecessori».

Nel corso dei venti anni di lotte per il potere, Costantino dimostra di possedere le necessarie capacità militari e politiche, ma anche una buona dose di fortuna: la sua ascesa al potere come unico imperatore è infatti legata a un errore commesso a Roma nel 312.

2. Costantino e l'imperatore Massenzio

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Dal 306 d.C. (sei lunghi anni), la città di Roma è governata da un certo Massenzio (qui nella foto), un dongiovanni della peggior specie che, grazie al sostegno della plebe urbana e della guardia pretoriana, si è fatto proclamare imperatore (ma non fu mai riconosciuto come tale). 

Stando a quanto racconta il coevo storico ecclesiastico Eusebio di Cesarea, l’occupazione preferita di Massenzio consiste nel sottrarre alle loro famiglie le rispettabili donne sposate, spesso appartenenti ad ambienti altolocati, disonorarle sfrontatamente e infine rispedirle ai loro mariti.

Quando invece sono scoppiati disordini tra il popolo, l’imperatore non ha esitato a ordinare ai pretoriani di fare strage tra la povera gente, massacrando oltre 6.000 cittadini romani, uomini e donne.

Massenzio non intende legittimare nessuno dei suoi coadiutori, neppure Costantino, che all’epoca controlla soltanto le province occidentali: la Britannia, la Spagna e la Gallia, dove da qualche tempo risiede nella città di Treviri.

Costantino si mette così in marcia e, come Annibale 500 anni prima, nella primavera del 312 valica le Alpi con un piccolo esercito.

Certo è che la sua campagna non si fonda su motivi religiosi, dato che Massenzio, diversamente da molti imperatori che lo hanno preceduto, non perseguita i cristiani.

3. L’esercito di Costantino marcia su Roma

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L’esercito di Costantino è davvero piccolo, ma i suoi soldati scelti, per lo più Galli e Germani, sono ben addestrati e dimostrano grande valore in battaglia.

A seguito di duri scontri, riescono infatti a conquistare tutta l’Italia settentrionale, ma Roma è ancora lontana e una marcia sulla città non è facile impresa: le mura aureliane sono state erette da poco e Massenzio ha fatto grandi provviste di cereali, in previsione di un assedio prolungato.

Egli ha inoltre demolito l’arco centrale del ponte Milvio sul Tevere, sostituendolo con una struttura in legno provvisoria e facilmente rimovibile: Roma è davvero una salda fortezza difficile da espugnare.

Il piano difensivo sembra offrire buone possibilità di vittoria, soprattutto perché le forze di Costantino non sono sufficienti per intraprendere un lungo assedio. I loro equipaggiamenti sono inadeguati, essi non dispongono né di catapulte né di altre macchine da assedio con cui tentare di superare le spesse mura e le porte della città; inoltre, le linee logistiche per i rifornimenti sono piuttosto lunghe.

Da quando si trova in territorio nemico, la situazione strategica di Costantino sembra peggiorare giorno dopo giorno. Nel timore di una clamorosa disfatta, i suoi comandanti e consiglieri gli suggeriscono con insistenza di abbandonare l’idea di marciare su Roma, ma Costantino non abbandona il piano neppure di fronte alle animate proteste degli ufficiali.

Egli ha sempre cercato di trovare un accordo con loro, soprattutto con il comandante franco Bonitus e il re degli alamanni Chrocus, ma questa volta respinge le loro perplessità, facendo valere la sua decisione: l’esercito marcia su Roma, giungendo sulle rive del Tevere nell’autunno del 312.

4. “In hoc signo vinces” ossia "In questo segno (la croce) vincerai"

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La mattina del 28 ottobre 312, prima della tanto attesa battaglia, nell’accampamento nei pressi di Malborghetto, Costantino ordina ai suoi soldati di dipingere sugli scudi il monogramma cristiano.

Egli motiva la sua decisione raccontando loro di aver visto con i propri occhi una croce stagliarsi contro il sole, accompagnata da una scritta nel cielo: “Con questo vincerai” o, nella formula latina, “In hoc signo vinces”, (In questo segno vincerai), e di aver promesso di convertirsi al Cristianesimo nel caso in cui avesse vinto la battaglia.

Ma Costantino non ha molte possibilità di vincere contro Roma: i suoi uomini non possiedono i mezzi necessari per porre la città in assedio, mentre Massenzio, che si è trincerato con le sue truppe all’interno delle spesse mura, sembra avere in mano il trionfo.

Ma ecco accadere qualcosa di assolutamente imprevisto: Massenzio abbandona improvvisamente la salda fortezza della capitale per avventurarsi in battaglia aperta contro Costantino, offrendogli così l’insperata possibilità di concludere con successo l’invasione.

Perché Massenzio non ha portato avanti il piano difensivo? Cosa lo ha indotto a uscire all’improvviso dal suo rifugio inespugnabile? Benché gli storici coevi abbiano formulato diverse ipotesi nel tentativo di chiarire il suo gesto, non sembra esistere una spiegazione ragionevole se non quella che lo vuole vittima di un errore.

Dagli ultimi rapporti della polizia segreta, risulta infatti che Massenzio non può contare sul sostegno dei cittadini e che la concentrazione di un numero così elevato di truppe in città rischia di far sorgere disordini tra la popolazione civile.

Tuttavia, il ricordo del massacro di 6000 Romani e Romane è ancora vivo nella memoria, dunque l’imperatore non dovrebbe temere alcuna rivolta e, nonostante la comparsa di isolate manifestazioni di simpatia per Costantino, non esiste un reale pericolo di insurrezione popolare o di tradimento, come spesso accade in città di grandi dimensioni.

Un possibile contributo all’errore è stato inoltre dato dai dubbi oracoli pagani, che hanno confermato l’intenzione di Massenzio di prevenire l’imminente disgrazia affrontando Costantino in battaglia aperta fuori dalle mura di Roma.



5. L'errore in battaglia che cambiò la storia del mondo

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L’avanzata di Costantino lungo la via Flaminia viene così arrestata a Saxa Rubra (Rocce Rosse), a 13 chilometri a nord di ponte Milvio, dove gli uomini di Costantino riescono a sconfiggere senza grandi difficoltà una parte delle forze di Massenzio, costrette a ripiegare immediatamente sul ponte.

A questo punto, nell’intento di accerchiare Costantino, o forse per permettere l’attraversamento del fiume ai suoi soldati in ritirata, anche Massenzio, accompagnato dalle sue truppe scelte, lascia la città.

I due eserciti si affrontano così presso il ponte, situato a soli tre chilometri da Roma: i soldati di Massenzio, che combattono con le spalle al fiume, non hanno possibilità di fuga, l’unica via di ritirata è rappresentata dal ponte stesso.

Massenzio è convinto che la struttura in legno, provvisoriamente costruita per essere rimossa rapidamente in caso di necessità, reggerà il peso delle sue truppe in ritirata, ma si sbaglia nuovamente: il ponte cede e l’improvviso crollo lascia la maggior parte dell’esercito senza via di scampo.

Seguono violenti combattimenti nei pressi del fiume; entrambi gli schieramenti si danno battaglia con accanimento e nella confusione dello scontro gli uomini di Costantino riescono a distinguere i compagni dagli avversari grazie al monogramma cristiano dipinto sugli scudi.

Quando anche la sua guardia del corpo è annientata fino all’ultimo uomo, Massenzio riconosce di aver perso e, nel tentativo di fuggire a cavallo, cade nelle acque del Tevere, dove muore annegato. Costantino fa recuperare il suo corpo e il giorno successivo, entrando trionfalmente nella città conquistata, i suoi soldati mostrano esultanti la testa mozzata di Massenzio.

In seguito alla brillante vittoria, che gli vale il dominio sulle province occidentali dell’Italia e del Nord Africa, Costantino, mantenendo la parola data, si converte al Cristianesimo e, ricevendo il battesimo nel 337, diviene un modello per il mondo intero (il suo esempio sarà seguito anche da Clodoveo, Carlo Magno e Ottone III).

L’opera di Costantino, vale a dire la cristianizzazione dello Stato romano, segna dunque l’inizio di una nuova epoca: se Roma avesse resistito all’assedio e gli uomini di Costantino, maggiormente esposti agli attacchi avversari e isolati dai rifornimenti, fossero stati costretti alla ritirata, quest’epoca non avrebbe avuto inizio, o quantomeno sarebbe stata posticipata.

Ciò dimostra come gli errori di valutazione commessi da Massenzio sul ponte Milvio non abbiano soltanto deciso l’esito di una battaglia, quanto piuttosto cambiato la storia del mondo.






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