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Crociati in nome di Dio e dell’oro

Nei Canoni del Concilio di Clermont, i documenti ufficiali in cui Papa Urbano II annunciò la prima crociata nel novembre 1095, si legge:
“Coloro che spinti da devozione, e non dalla ricerca di onori o profitti, si recheranno a Gerusalemme per liberare la Chiesa di Dio riceveranno indulgenza”.

Caffaro da Genova racconta invece di come venne suddiviso il bottino dopo la conquista di Cesarea nel 1101.

“Innanzitutto ne destinarono un quindicesimo agli equipaggi delle galee. Suddivisero poi il resto tra 8 mila uomini cosicché ognuno ricevette 48 solidi in valuta di Poitou e due libbre di grani di pepe, fatta eccezione per i consoli, i capitani e i crociati di alto rango che ottennero ricompense più sostanziose. Il viaggio di ritorno iniziò la vigilia di San Giacomo Apostolo (il 24 luglio) e arrivarono a Genova, trionfanti e coperti di gloria, nell’ottobre 1101″.

Sembra proprio che fama e profitti non fossero fattori estranei alla partecipazione alle Guerre Sante. Le numerose testimonianze lasciate dal clero hanno portato gli storici a considerare il movente religioso il primo tra i fattori che spinsero i crociati a liberare Gerusalemme dal dominio musulmano a partire dal 1090.

Ma senza dubbio vi furono altre motivazioni cruciali, come il desiderio di fama e la possibilità di arricchirsi – nonostante le crociate richiedessero un ingente sforzo economico iniziale – così come di conquistare nuove terre (anche se gran parte dei crociati sceglievano poi di tornare in patria) e di acquisire potere.

Oggi, attraverso i racconti di Caffaro da Genova ( testimone laico di due crociate ), scopriremo che, sebbene ufficialmente guidate da fervore religioso, le battaglie cristiane furono mosse anche dai profitti.

1. Gli italiani e Caffaro

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Gli italiani furono tra i primi a raccogliere l'appello del Papa, guadagnandosi la reputazione di mercanti assetati di ricchezza.

Eugene Byrne, storico genovese attivo negli anni Venti, scrisse:
“ Sembravano totalmente indifferenti alle crociate, se non in relazione alle possibili prospettive economiche”.

Lo stereotipo un po’ semplicistico descritto da Byrne trova, tuttavia, conferma nel ruolo prominente dei Veneziani nel Sacco di Costantinopoli, durante la quarta crociata (1204), così come nel costante rifiuto degli italiani, soprattutto durante il XIII secolo, di accettare il divieto di esportazione di materiali da guerra ai Musulmani.

Gli scritti di Caffaro da Genova permettono di rivalutare gli avvenimenti del XII secolo in quanto ne fu testimone diretto e per giunta laico.

A differenza di molti tra i primi crociati - ovvero guerrieri a cavallo giunti da feudi e castelli dell’occidente - egli proveniva da una delle tre emergenti e dinamiche Repubbliche Marinare italiane (Genova, Pisa e Venezia), il che gli offriva una prospettiva diversa sul mondo musulmano e sul rapporto tra spinte economiche e religiose.

E' fondamentale, ci ricorda, tenere ben presente la varietà di guerrieri che si arruolarono per la prima crociata e di conseguenza la molteplicità di motivazioni presenti.

Sulla base delle sue esperienze relative alle crociate, Caffaro scelse di mettere per iscritto la storia del suo popolo in quello che divenne poi il primo annale civico ufficiale dell’occidente medievale.

Compilò anche un resoconto sulla prima crociata, dal titolo "La liberazione delle città di Oriente", così come un breve testo sulla presa di Almeria e Tortosa in Spagna durante la seconda crociata del 1147-48.

Caffaro visse tra il 1080 circa e il 1166, pertanto fu spettatore diretto sia della prima sia della seconda crociata. Nella sua straordinaria carriera fu nominato console della città di Genova per ben otto volte e svolse importanti missioni diplomatiche presso il papato e l’impero germanico.

2. Favore divino

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La caratteristica più importante agli occhi degli storici moderni è che Caffaro non fosse uomo di chiesa.

Gli altri resoconti sulle crociate furono infitti scritti da membri del clero, tra i quali Raimondo di Aguilers (al seguito del Conte Raimondo di Tolosa) o Fulcherio di Chartres (tra le fila del Conte Baldovino di Boulogne, poi Re Baldovino I di Gerusalemme, foto).

Questi ultimi mantennero sempre una prospettiva particolare nel descrivere le crociate, enfatizzando la necessità dei partecipanti di attenersi a determinati comportamenti che avrebbero assicurato il favore divino, così come dichiarato da Papa Urbano a Clermont.

Gran parte delle testimonianze di Caffaro è coerente con le descrizioni degli ecclesiastici e con la normale prassi con cui erano condotte le crociate. Tuttavia, vi sono accenni che potrebbero mettere in dubbio l’importanza del movente religioso per i Genovesi.

Nell’estate del 1096 i più influenti arcivescovi francesi offrirono la remissione di tutti i peccati a coloro che avrebbero partecipato alla liberazione di Gerusalemme.

La richiesta fu accolta con entusiasmo e molti Genovesi si imbarcarono alla volta dell’Oriente, dove nel 1098 contribuirono all’assedio di Antiochia e l’anno seguente alla conquista di Gerusalemme e alla battaglia di Ascalona.

Ovviamente non si trattava di gruppi numerosi quanto i contingenti inviati dalla Francia, da Tolosa, dalle Fiandre o dall’Italia meridionale, ma diedero comunque un importante contributo alla missione.

Caffaro non mancò di notare come, con la battagia di Ascalona, i Genovesi si impossessarono di “ ingenti quantità d’oro, argento e gemme preziose provenienti dal sultano di Babilonia [Egitto]... giungendo a Genova la sera della Vigilia di Natale con una lettera rilasciata dalla corte di Gerusalemme... con descrizione della conquista della città e dell’assistenza ancora necessaria” .

La fama dei Genovesi crebbe notevolmente dopo la liberazione della Città Santa e negli anni a venire, precisamente nel 1101, 1102, 1108 e 1109, inviarono numerose flotte in missione.

3. Il "lungo strascico"

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Navi provenienti da molte altre regioni dell'Europa occidentale si diressero in Terrasanta durante il periodo che potremmo definire il “lungo strascico” della prima crociata.

In seguito a queste campagne i Franchi (così venivano chiamati gli europei occidentali che occuparono la Terrasanta dopo la conquista di Gerusalemme) si insediarono nelle regioni costiere fondando i cosiddetti Stati crociati.

I Genovesi, quali esperti navigatori e ottimi costruttori di macchine da guerra per l’assedio, ebbero un ruolo decisivo in questi eventi.

Nel 1001 Caffaro e i suoi colleglli parteciparono ai riti pasquali presso la Chiesa del Santo Sepolcro (foto) e visitarono il fiume Giordano. Poco tempo dopo presero parte all’assedio di Cesarea, entrando in città con le croci in spalla come era solito tra i crociati.

Lo storico ripropone le parole del patriarca di Gerusalemme: “ Poiché voi [Genovesi] siete giunti in queste regioni a servizio di Dio e del Santo Sepolcro è il momento di affidarvi al coraggio di Dio e, grazie alla vostra fede in Lui, di conquistare la città, i suoi uomini, le sue donne e i suoi tesori entro mezzogiorno”.

Caffaro di Rustico da Caschifellone (sua cittadina d’origine a nord di Genova, in Liguria) raccontò la storia delle crociate e della città di Genova. Nacque nel 1080.

Dal 1100 al 1101 fece parte di una spedizione genovese in Terrasanta e iniziò in seguito a raccogliere le proprie memorie storiche. A soli 40 anni già godeva di una certa fama a Genova e fu eletto "consul de communi", responsabile amministrativo, diplomatico e militare della città.

Fu rinominato console cinque volte consecutive e per due mandati assunse anche il ruolo di "consul de placitis", ovvero giudice per i reati minori. Caffaro fu al comando della flotta genovese che conquistò Minorca nel 1146, spedizione che anticipò le campagne della seconda crociata contro la Spagna musulmana.

Nel 1152 presentò i suoi Annali al comune di Genova: l’opera ebbe un successo strepitoso, tanto da divenire la storia ufficiale della città. Caffaro continuò ad aggiornare il testo fino al 1160 circa (morì nel 1166) e successivamente altri autori lo elaborarono fino al 1293.

4. Giuste ricompense

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Sembra fin troppo scontato parlare di promesse di profitti a posteriori, ma è plausibile credere che le cose siano andate proprio così.

Le crociate erano estremamente costose e non è realistico pensare che gli eserciti non pretendessero ricompense.

Il Vecchio Testamento, che i Genovesi conoscevano bene grazie alle letture della Santa Messa del mattino, offriva supporto a questa visione.

Nel Secondo Libro delle Cronache, capitolo 20, versetti 20-25, il Re di Giuda trae vantaggio da una battaglia tra Ammoniti, Moabiti e abitanti della montagna di Seir, tornando a Gerusalemme in trionfo, coperto “da più gioielli di quanti ne potesse portare”.

Durante la prima crociata il clero temeva che l’avarizia umana potesse scatenare l’ira divina, ma per i laici c'era una bella differenza tra la volontà di guadagnare, anche per necessità, e il peccare di avarizia.

I Genovesi non si limitarono a farsi pagare a caro prezzo l’intervento in Oriente, andarono oltre le ricompense a breve termine stringendo accordi commerciali privilegiati e pretendendo sgravi fiscali negli scambi con le città conquistate.

Senza il loro sostegno la conquista delle zone costiere sarebbe risultata pressoché impossibile e gli Stati crociati non avrebbero avuto modo di restare in contatto con l’Europa occidentale, impedendo ai pellegrini di raggiungere la Terrasanta in nome della fede.

Inoltre, non si sarebbe potuto sviluppare il commercio, vitale per garantire il benessere della società e fondamentale soprattutto dal punto di vista di una città come Genova, avamposto mercantile per eccellenza.

Caffaro racconta che, mentre i crociati si preparavano a scalare le mura della città di Cesarea, il condottiero Guglielmo Testadimaglio li incitava al grido "Cittadini e guerrieri di Dio, siate lesti nel compiere la Sua volontà” .

Da queste parole emerge un forte senso di identità civica parallelamente all’impegno nella lotta contro gli infedeli.

Re Baldovino I ricompensò i Genovesi incidendo i privilegi a loro concessi in lettere dorate sulle pareti del Santo Sepolcro.

L ’aver posizionato questo accordo nel luogo più sacro della cristianità testimonia il fondamentale apporto dato dai Genovesi al re, ma anche la conciliabilità del ruolo di crociati e mercanti.

In seguito alla campagna del 1101 molte importanti reliquie vennero concesse alla città di Genova, tra cui la testa di San Giovanni Battista e il Sacro Catino (foto), un bellissimo vaso verde smeraldo, che si ritiene fosse stato utilizzato durante l’Ultima Cena, oggi conservato presso il Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo a Genova.

All’interno della suddetta cattedrale era presente un ampio affresco celebrativo (di cui attualmente rimane solo una piccola parte) della conquista di Almeria e Tortosa, città spagnole liberate dall'invasione musulmana, ottimi partner commerciali di Genova.

E ancora una volta è evidente come le crociate fossero orgogliosamente pubblicizzate nel cuore sacro della città.



5. Una pluralità di motivazioni

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La partecipazione alla prima crociata non cambiò certo l’atteggiamento dei Genovesi nei confronti del mondo musulmano.

Così come la città aveva intrattenuto rapporti mercantili con la Spagna musulmana, l’Africa settentrionale e persino con il Medio Oriente prima del 1099, continuò a farlo anche dopo, in quanto interrompere gli scambi sarebbe stato una sorta di suicidio commerciale.

Mentre continuiamo a chiederci perché la prima crociata godette di così ampio sostegno da parte dei popoli europei, Caffaro offre un punto di vista unico e alternativo che completa sorprendentemente i numerosi resoconti degli ecclesiastici:
“Chiunque per util suo, o per l'altrui, abbia a chieder notizia degli anni dalla spedizione di Cesarea volti fin qui, legga quanto Caffaro ne scrisse... perché in ogni tempo si risapessero le vittorie dei Genovesi: come partissero per Cesarea nel 1100; come ritornassero nel 1101”.

Al di là delle apparenti contraddizioni e complessità, la sua opera dovrebbe incoraggiarci a riconoscere la pluralità di motivi per cui uno specifico gruppo, tra le tante e diverse forze che presero parte alla prima crociata, si impegnò con tale tenore per la causa cristiana e fu così orgoglioso dei propri risultati.






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