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Donne: il vero sesso forte

Le donne sono più longeve, resistono meglio alle malattie e i due emisferi del loro cervello comunicano di più rispetto a quelli maschili.

Lo dice la scienza, che le vede protagoniste nel Terzo millennio.

Intanto all’università già oggi il sorpasso è realtà: le studentesse sono più numerose e si laureano di più.

Malgrado il tasso di impiego femminile in Italia sia inferiore a quello dell’uomo, le donne italiane lavorano ogni giorno 326 minuti più degli uomini, dedicandosi alle faccende domestiche e alla cura di figli e genitori anziani.

Lo rivela l’ultimo rapporto dell’Ocse, secondo il quale ogni donna dedica 36 ore la settimana ai lavori domestici, mentre gli uomini non vanno oltre le 14.

Sono 22 ore di differenza e si tratta del divario maggiore tra tutti i paesi industrializzati. In Danimarca, la differenza non supera le 3 ore settimanali, mentre le mamme cinesi dedicano ogni settimana al lavoro domestico 8 ore più dei papà.

Ma vediamo perché il sesso femminile è il vero sesso forte!

1. La prima rivincita è a scuola

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È in arrivo il grande sorpasso: saranno le donne le protagoniste di questo millennio.

Lo sostiene il settimanale americano The Atlantic, che riporta le ultime statistiche dello Shriver Report, redatto dal Center for American Progress.

Secondo il rapporto, fin dal 2010 non solo le donne sono diventate la prima fonte di reddito in quasi due terzi delle famiglie statunitensi, ma la loro percentuale di successo all’università è superiore del 33 per cento a quella degli uomini.

In termini economici, le capacità intellettuali e comunicative sono oggi molto più importanti della forza fisica e della resistenza e un recente studio dell’Ocse dimostra che esiste un rapporto di proporzionalità diretta tra la prosperità di un paese e il potere nelle mani della sua popolazione femminile.

Malgrado non manchino donne con responsabilità di governo come la tedesca Angela Merkel o leader della politica come Hillary Clinton, dei 193 Paesi rappresentati alle Nazioni Unite solo 22 hanno un esponente femminile al vertice dello Stato.

Ma se le capacità e le competenze per l’esercizio del potere economico e politico si formano nelle università, gli ultimi dati sull’accesso all’istruzione superiore dicono che le cose potrebbero cambiare.

In Inghilterra, su 409mila nuove matricole universitarie, 235mila sono studentesse contro 174mila studenti, mentre su cento laureati, 57 sono donne e 43 uomini.

Ma è l’Italia la vera sorpresa: nel 2014-15 le iscritte risultano in tutto 943mila e gli iscritti 728 mila, mentre fra le matricole le ragazze sono state 140mila e i ragazzi 122mila. Il predominio maschile ha dunque i giorni contati.

Lo sostiene il settimanale britannico The Economist, che ritiene le donne più colte, preparate, tenaci e, soprattutto, dotate di quell’intelligenza multipla e adattabile che le renderà sempre più competitive nelle professioni dell’immediato futuro.

Ciò non spiegherebbe però perché la loro ascesa non si fermi una volta raggiunto l’uomo, ma vada oltre. Secondo alcuni studiosi, il fenomeno andrebbe letto in chiave darwiniana: le donne sarebbero più adatte degli uomini a sopravvivere, per ragioni di origine biologica.

2. Il segreto del cromosoma X

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Anche uno studio dell’università belga di Gand sostiene la supremazia femminile.

Secondo la ricerca, condotta dal genetista molecolare Claude Libert, le donne resistono meglio a malattie e cancro e sono in possesso di un sistema biologico per combattere con successo le malattie.

La ragione andrebbe ricercata nei micro-Rna, piccoli ceppi del codice genetico che contengono informazioni per la sintesi delle proteine e sono codificati nel cromosoma sessuale X.

Le funzioni di molti tipi di micro-RNA sono ancora sconosciute, ma alcuni filamenti sembrano svolgere un ruolo importante nel campo dell’immunità e nella lotta al cancro.

L’équipe dell’università belga ritiene che i meccanismi biologici del cromosoma X abbiano un notevole impatto sui geni individuali, un procedimento noto come “imprinting genetico”, avvantaggiando il sistema immunitario femminile.

«Se le donne sono in grado di resistere meglio a traumi e infezioni, vivendo più a lungo», sostiene Libert, «è grazie al cromosoma X, che negli esseri umani contiene il 10% di tutti i micro-RNA individuati finora nel genoma ed è presente in coppia negli individui di sesso femminile e solo singolarmente nei maschi».

Questo pone gli uomini in svantaggio, anche perché il cromosoma maschile Y contiene meno geni. Perciò, se i geni coinvolti nel sistema immunitario sono silenti da parte materna, il maschio non riesce a compensare l’informazione genetica, mentre la donna ha sempre una doppia chance.

3. Cervelli diversi o no?

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Uno studio condotto su 949 giovani, 428 dei quali maschi e 521 femmine, di età compresa fra gli 8 e i 22 anni ha rilevato precise differenze di genere tra la connettività del cervello maschile e quella femminile.

La scoperta è di un gruppo di neuroscienziati della Perelman school of medicine dell’Università della Pennsylvania a Filadelfia, che ha elaborato una mappa delle direzioni delle fibre cerebrali e delle loro connessioni.

I cervelli maschili hanno circuiti ottimizzati per una buona comunicazione all’interno di ciascun emisfero, mentre le donne li superano nelle comunicazioni fra i due emisferi.

Negli uomini, cioè, prevale la connettività tra percezione e azione coordinata, mentre nelle donne è facilitata la comunicazione tra l’elaborazione analitica, che ha sede principalmente nell’emisfero sinistro, e quella intuitiva, controllata dal destro.

Tutto ciò si traduce nella capacità femminile di pensare in prospettiva e di compiere più azioni nello stesso tempo: il cosiddetto multi-tasking.

L’uomo risulta invece più abile nell’immediato e capace di analizzare lo spazio, di orientarsi e capire le mappe, ma tende ad affrontare un solo problema per volta, mancando di lungimiranza.

«Il cervello maschile e femminile sono diversi ma complementari», spiega Ruben Gur, uno degli autori dello studio. «Avere a disposizione mappe dettagliate delle connessioni cerebrali potrebbe aiutarci a capire perché uomini e donne pensino e agiscano in maniera diversa, ma anche a ottenere informazioni sull’origine di disturbi neuropsichiatri, spesso legati in modo prevalente a uno dei due sessi».

La convinzione che le differenze intrinseche tra cervello maschile e femminile predispongano i sessi a comportamenti immutabili e stereotipati non è però condivisa da tutto il mondo scientifico.

Secondo la psicologa australiana Cordelia Fine, dell’Università di Melbourne, alcuni studi, infatti, dimostrerebbero il contrario. E cioè che il cervello umano, essendo un organo plastico e mutevole, è capace di adattarsi all’ambiente circostante a prescindere dal genere.

Anche la neurologa britannica Gina Rippon dell’Università di Birmingham, ritiene che le differenze di genere non siano innate, ma emergano a causa di fattori ambientali e stimoli culturali.

Tali differenze si formerebbero nell’infanzia, quando bambini e bambine usano giochi diversi: dare bambole alle ragazze e automobili ai ragazzi potrebbe modificare il modo in cui i loro cervelli si sviluppano.

Una donna può quindi diventare più versata per il multi-tasking semplicemente perché la società si aspetta da lei questo comportamento, inducendola a usare quella parte del cervello più spesso.

4. Avrebbero meritato il Nobel, ma glielo hanno soffiato

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Dal 1901, anno dell’istituzione del premio Nobel, sono state solo 11 le donne alle quali è stato conferito questo riconoscimento nei settori della sica, chimica e medicina.

Eppure molte di loro, pur avendo contribuito in modo determinante alle ricerche, sono state ignorate a favore dei colleghi maschi. Eccone alcune.

  • Nettie Maria Stevens (1861-1912).
    Nel 1905 pubblicò una ricerca che rivoluzionerà le conoscenze biologiche: la determinazione ereditaria del sesso attraverso i cromosomi. Pose le basi metodologiche sulle quali si fondò nel 1910 il famoso laboratorio delle mosche drosofile, diretto da T. H. Morgan, che nel 1933 ricevette il Nobel per la genetica.
  • Annie Jump Cannon (1863-1941).
    Prima donna eletta direttore dell’American astronomical society, scoprì centinaia di stelle catalogandone lo spettro. Ne teorizzò le differenze, gettando così le basi dello studio dell’evoluzione stellare. Il suo metodo per classificarle è tuttora in uso.
  • Lise Meitner (1878-1968).
    Prima donna a ottenere la cattedra di fisica presso un’università tedesca, fornì la prima interpretazione esatta della fissione nucleare. Il premio Nobel fu però assegnato solo al suo collega Otto Hahn, che aveva lavorato con lei in questo campo.
  • Chien-Shiung Wu (1912-1997).
    Partecipò al Progetto Manhattan riuscendo a dimostrare, mediante un esperimento da lei sviluppato, che il “principio di parità” fino ad allora ritenuto intoccabile non è sempre valido in campo subatomico. Per questa scoperta il Nobel andò ai suoi colleghi Tsung Dao Lee e Chen Ning Yang.
  • Rosalind Franklin (1920-1958).
    Fornì le prove sperimentali della struttura del Dna, ma per questa scoperta ricevettero il Nobel i suoi colleghi Wilkins, Watson e Crick. Essi avevano realizzato il modello a doppia elica grazie alle fotografie della diffrazione ai raggi X del Dna scattate dalla Franklin, addirittura sottraendole dal laboratorio della scienziata.
  • Jocelyn Bell (1943).
    Quando ancora studiava astronomia, scoprì le pulsar, stelle pulsanti ancora sconosciute. Il Nobel per la scoperta fu invece assegnato al relatore della sua tesi, Anthony Ewish.

 





5. Stelle di prima grandezza dei nostri giorni

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  • Stelle di prima grandezza dei nostri giorni
    - Aung San Suu Kyi
    Leader del movimento non violento in una Birmania oppressa dal regime militare e premio Nobel per la pace, è stata privata della libertà per la maggior parte degli ultimi vent’anni, diventando un simbolo della resistenza alle ingiustizie.
    - Rosa Parks
    Icona del movimento per i diritti civili negli Usa, questa attivista afroamericana è diventata famosa per aver rifiutato nel 1955 di cedere il suo posto sull’autobus a un bianco nella cittadina di Montgomery (Alabama, Usa).
    - Waris Dirie
    Nata nel 1965 in un villaggio della Somalia, è scappata di casa a 15 anni per sottrarsi a un matrimonio combinato. Trasferitasi a Londra a fare la cameriera, grazie alla segnalazione di un fotografo è diventata una modella di grido. 
    Al culmine della fama, ha usato la sua notorietà per promuovere una campagna contro le mutilazioni genitali femminili. È ambasciatrice umanitaria dell’Onu ed è stata insignita della Legion d’Onore francese.
    - Rigoberta Menchù Tum
    Pacifista guatemalteca, ha ricevuto nel 1992 il Nobel per la pace in riconoscimento dei suoi sforzi per la giustizia sociale e la riconciliazione etnoculturale basata sul rispetto per i diritti delle popolazioni indigene.

 

  • “Personaggio dell’anno”? Solo quattro donne in un secolo
    Sono molte le figure femminili del Novecento che hanno dominato la scena politica, che hanno combattuto per un principio morale o l’uguaglianza civile o che si sono distinte in campo scientifico.
    A ben poche però il settimanale Time ha dedicato la copertina come “personaggio dell’anno”. Dal 1927, quando è partita l’iniziativa, è toccato solo a quattro e non per particolari meriti:
    - Wallis Simpson, la divorziata che portò Edoardo VIII all’abdicazione dal trono d’Inghilterra (1936);
    - Soong Mayling, moglie dell’allora presidente di Taiwan Chuang Kai-shek (1937);
    - la regina Elisabetta II (1952) e
    - Corazon Aquino, neoeletta presidente delle Filippine (1986).








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