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Fedor Kuzmich: un monaco siberiano o lo zar Alessandro I in persona?

Nel monastero di Nerchinsk in Siberia si trovava un monaco che, così si diceva, aveva incredibili doti da guaritore: il suo nome era Fedor Kuzmich.

Un giorno si recò da lui un uomo che un tempo aveva servito al palazzo del vecchio zar Alessandro I.

Era molto malato e, siccome nessun medico era in grado di aiutarlo, aveva deciso di provare a interpellare il misterioso monaco. L’uomo malato fu fatto accomodare da solo nella piccola cella di Kuzmich.

Come il suo sguardo incrociò quello del monaco, l’uomo sentì il dovere di inginocchiarsi ai suoi piedi e chinare il capo.

Ma la sorpresa più grande doveva ancora arrivare: la voce del monaco che gli stava dicendo di rialzarsi era senza ombra di dubbio quella dello zar.

L’uomo alzò allora il capo e guardò meglio il monaco. Non aveva più dubbi, quell’uomo era indubbiamente il suo vecchio padrone, lo zar Alessandro I. Non sappiamo cosa accadde nella cella del monaco. Sappiamo che da fuori sentirono un grido.

Quando Kuzmich ne uscì disse all’amico del malato che l’uomo era svenuto. Doveva riportarlo a casa e sarebbe presto guarito. L’importante era di non confidare a nessuno quello che era accaduto nel chiuso della cella.

Come previsto l’uomo guarì dalla misteriosa malattia che lo affliggeva. Non riuscì però a tenere chiusa la bocca sull’accaduto e in breve tutta la Russia parlava del fatto che un servo aveva riconosciuto lo zar Alessandro I nei tratti di un monaco siberiano.

Ma chi era veramente Fedor Kuzminch (?, 1777 – Nerchinsk-Russia 1864)? Un misterioso vecchio eremita siberiano oppure lo zar Alessandro I in persona, diventato monaco per purgare i suoi peccati?

Scopriamolo insieme.

1. Il monaco misterioso

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Poche sono le notizie certe sulla vita del misterioso Fedor Kuzmich.

Se dovessimo dare retta ai suoi stessi racconti potrebbe essere stato un soldato che aveva combattuto nell’armata russa contro Napoleone e che aveva partecipato alla presa di Parigi nel marzo del 1814.

Sappiamo di certo che nel 1836 fu arrestato con l’accusa di vagabondaggio nei pressi di Krasnophinsk nella provincia di Pern.

La condanna fu a venti frustate. Dopo l’esecuzione fu tradotto in una colonia penale siberiana. Da lì Kuzmich si avvicinò alla vita monastica raggiungendo in breve tempo la fama di grande santone.

Aiutato da un aspetto imponente, dovuto alle spalle larghe e alla notevole altezza, metteva in immediata soggezione chiunque veniva in contatto con lui.

Anche la voce, profonda e compita, che mostrava un modo forbito e cortese di esprimersi, tipico di una persona dalla vasta cultura, contribuiva ad aumentare il senso di venerazione che provava immediatamente chi gli si avvicinava.

Non erano rari i casi di persone che, come lo vedevano, sentivano la necessità di inginocchiarsi ai suoi piedi.

La gente comunque si recava a Nerchinsk da ogni angolo della Siberia per incontrare Fedor Kuzmich di cui si raccontavano straordinarie capacità da guaritore.

2. Alessandro I: lo zar che sconfisse Napoleone

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Ma è possibile che lo zar di tutte le Russie, l’uomo che aveva sconfitto Napoleone, si trovasse in un convento siberiano a fare il monaco?

Alessandro divenne zar nel 1801 camminando sul corpo morto di suo padre.

Lo zar Paolo I era divenuto completamente pazzo e si era asserragliato nel suo palazzo di San Pietroburgo costringendo l’intera città a vivere sotto al coprifuoco per paura di essere ucciso.

La sua politica era infatti riuscita a scontentare tanto le classi popolari, divenute sempre più povere e ridotte a uno stato di quasi schiavitù, quanto quelle nobili che persero molti dei loro diritti.

Nel marzo del 1801 un gruppo di ufficiali penetrò nella stanza da letto dello zar e sotto la minaccia delle armi tentò di costringerlo a firmare un atto di abdicazione. Lo zar però fu irremovibile.

Così i congiurati lo uccisero con un colpo di spada e contemporaneamente strangolandolo con una sciarpa. Si recarono poi in un’altra ala del castello dove Alessandro attendeva le sorti della congiura di cui era a conoscenza. Qui lo informarono della morte del padre e del fatto che era divenuto il nuovo zar.

Il popolo scese immediatamente in strada a festeggiare. Alessandro era un sovrano moderno guidato dalle idee di libertà e di modernismo che voleva veramente vedere risorgere il suo Paese ricominciando anzitutto a garantire maggiore libertà individuale ai cittadini.

Ma le sue vedute erano ancora più ampie. Cominciò a stendere una bozza per una nuova costituzione che rappresentasse una Russia libera e democratica. Tra i suoi principali progetti c’era anche quello ambizioso di abolire definitivamente la schiavitù.

Molti di questi progetti furono però arrestati dalle guerre incipienti. La prima si scatenò contro la Persia per il possesso della Georgia. Ma il vero problema di Alessandro aveva un nome ben preciso: Napoleone.

Lo zar Paolo era stato sempre un solido alleato del generale francese, mentre Alessandro voleva liberarsi di Bonaparte una volta per tutte. Già nel 1805 strinse una solida alleanza con l’Inghilterra, l’Austria e la Svezia contro Napoleone.

Ma in seguito alla fallimentare (per i russi) battaglia di Austerlitz, Alessandro era stato costretto a scendere a patti con l’odiato francese e a stringere un’alleanza con lui. Ovviamente era tale l’odio tra i due regnanti che era scontato che una loro coalizione avrebbe avuto vita breve. E così fu.

Nel 1812 Napoleone, con l’aiuto di italiani, polacchi, tedeschi, svedesi e olandesi, invase la Russia. La campagna napoleonica sembrava vincente e in breve i francesi misero le mani su Mosca decretando quella che sembrava la definitiva sconfitta dello zar Alessandro.

Lo zampino del terribile inverno russo mise però in ginocchio l’esercito di Napoleone costringendolo alla ritirata. Alessandro non si fece cogliere impreparato e con il grosso delle sue truppe diede il colpo di grazia ai francesi respingendoli fino a Parigi.

Durante questa cacciata di Napoleone attraverso l’Europa Alessandro si trovò con molti nuovi alleati e insieme a loro entrò vittorioso nella capitale francese costringendo il corso all’esilio sull’isola d’Elba.

3. Gli anni bui

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Con la sconfitta dell’odiato Napoleone, Alessandro era diventato uno dei sovrani più amati di tutta Europa.

Il suo popolo stravedeva per lui e per il suo coraggio. Purtroppo i lunghi anni di guerra lo avevano indurito nel carattere e reso molto meno idealista dei primi anni di regno.

Anziché riprendere in mano i progetti di una nuova Russia democratica e liberale, lo zar si fece fuorviare da  Julie de Krüdener che lo convinse a investire tutte le sue energie nella creazione di una mistica Santa Alleanza che avrebbe unito i grandi Stati europei all’insegna della giustizia cristiana.

Distratto da questo progetto definito da molti di “misticismo sognatore” introdusse leggi limitative e censorie che riportarono la Russia nelle condizioni in cui Alessandro l’aveva presa dalle mani di suo padre.

Come se non bastasse lo zar si impegnò anche nella creazione di un esercito vastissimo e costosissimo che doveva essere interamente mantenuto dalle istituzioni locali.

A partire dal 1820 si registrarono molti casi di guarnigioni dell’esercito russo che si ammutinavano. Era chiaro anche allo zar che stava perdendo il controllo della situazione e che presto o tardi l’intero esercito avrebbe complottato per eliminarlo.

Fu in questa Russia che sorsero associazioni segrete come quella dei Fedeli Figli della Patria per cui era necessario combattere per evitare che la poca libertà guadagnata dai russi fosse nuovamente abolita.

Il proliferare di sette come queste fecero capire allo zar di aver sbagliato tutto. Lui, l’uomo che aveva promesso alla Russia di divenire un Paese moderno e civile, ora era l’oppressore che la popolazione voleva morto.

Anche se non aveva avuto eredi, Alessandro, intristito dalla situazione, cominciò seriamente a pensare all’abdicazione immaginando di trascorrere gli anni che gli restavano da vivere in Svizzera o sul Reno.

Prima che potesse prendere una decisione seria, la situazione gli sfuggì di mano e focolai di rivolta si accesero in tutto il Paese.

Quando il fiume Neva esondò distruggendo interi villaggi e uccidendo migliaia di persone, lo zar, accorso sui luoghi del disastro per portare aiuto e conforto, si sentì dire da un contadino che aveva perso tutto: «Questo è il castigo per i nostri peccati».

La risposta dello zar fu lapidaria: «No, è la punizione per i miei peccati».

4. La misteriosa morte

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Alessandro si ritirò per alcuni mesi in un monastero.

Poi, in seguito al colloquio con un santo eremita ai tempi venerato e conosciuto da tutti, sembrò ritrovare serenità e fiducia nel suo ruolo.

Lo zar decise di accompagnare la moglie Elisabetta, che nel frattempo si era gravemente ammalata, in un soggiorno di convalescenza a Taganrog, sulle sponde del mar d’Azov.

I coniugi reali trascorsero lì mesi di serenità assoluta. Poi Alessandro, in seguito a un viaggio in Crimea, tornò a Taganrog febbricitante. Poche settimane dopo quella febbre lo condusse alla morte. Era l’1 dicembre 1825.

La morte dello zar fu fin da subito avvolta dal mistero. Le persone accanto a lui nelle loro lettere e nei loro diari spesso si contraddicono in maniera palese.

Nello stesso giorno alcuni scrivono che lo zar peggiorava vistosamente, mentre altri notavano notevoli miglioramenti. Il giorno chiave di questo mistero sembra essere il 23 novembre.

Quella mattina Alessandro aveva fatto chiamare sua moglie e si era trattenuto a colloquio con lei per diverse ore. In una lettera alla madre la zarina parla di nuovi problemi frapposti alla sua felicità coniugale: strane affermazioni se immaginiamo suo marito sul letto di morte.

In più i diari di Elisabetta relativi a quel giorno e ai successivi furono distrutti dal successore di Alessandro, suo fratello più giovane, Nicola, insieme a centinaia di altri documenti relativi ai giorni di Taganrog.

Fu forse in quella data che lo zar decise di scomparire per sempre?

Il medico di corte Tarassov esaminò il cadavere, ma non diede l’autorizzazione per l’autopsia alimentando ancora di più le voci che il corpo dello zar altro non era altro che quello di un soldato morto nella vicina guarnigione militare.

Questo spiegherebbe anche perché i coniugi reali non avessero scelto per la convalescenza luoghi più adeguati come l’Italia, ma avessero preferito una località non certo particolarmente salubre, che però garantiva la vicinanza di una guarnigione militare in cui recuperare un cadavere somigliante allo zar senza che nessuno facesse troppe domande.

A ulteriore riprova i cronisti riportano le perplessità delle persone che in pellegrinaggio si recavano nella chiesetta di Taganrog dove era stata allestita la camera ardente. Era un fiorire di: «Ma è questo il nostro zar?!?». Oppure: «Ma come è cambiato lo zar!».

A marzo la salma, che si era perfettamente conservata grazie ai rigori dell’inverno russo, fu trasferita nel palazzo imperiale di Carskoe Selo, a San Pietroburgo.

Qui si decise di consentire solo ai membri della famiglia reale di vedere il cadavere, e non all’intero popolo russo come era consuetudine. La salma fu poi sepolta nella fortezza di Pietro e Paolo.



5. La salma scomparsa

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Il misterioso Fedor Kuzmich morì nel 1864 all’età di 86 anni, la stessa che avrebbe avuto Alessandro Pavlovich, lo zar Alessandro I, se fosse stato ancora in vita.

Nel 1865 lo zar Alessandro II fu informato della morte di un misterioso monaco siberiano che tutti dicevano essere lo zar Alessandro I.

Per fugare ogni dubbio il nuovo zar ordinò che la tomba del lontano predecessore fosse aperta. L’operazione, svolta di notte per evitare la presenza di troppi curiosi, rivelò che il feretro era vuoto.

Più volte nel corso dei decenni si riaprì la tomba reale alla ricerca del corpo di Alessandro, ma il risultato fu sempre il medesimo: lo zar Alessandro non riposava dove avrebbe dovuto.

Nel 1927 all’ennesima apertura voluta dal governo sovietico fu dichiarato che la bara al suo interno conteneva una sbarra di piombo probabilmente inserita per simulare il peso del corpo scomparso al momento del funerale dello zar.

Il grande scrittore e drammaturgo russo Lev Tolstòj fu molto affascinato dalla figura di Fedor Kuzmich e al momento della morte stava lavorando alla trama di un libro che avrebbe raccontato la storia di Alessandro I che diventa un monaco eremita siberiano per purgare i suoi peccati.






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