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Fidel Castro: eroe o tiranno?

È scomparso lo scorso novembre il Líder Máximo, comandante supremo di Cuba, uno dei giganti della storia del Novecento.

Portò la rivoluzione nella sua isola e sfidò per quasi sessant’anni gli Stati Uniti d’America.

Si sono svolti a Santiago, sull’isola di Cuba, i funerali di Fidel Castro, il famoso Líder Máximo della rivoluzione cubana, morto il 25 novembre a 90 anni.

Migliaia di persone si sono riunite per dare l’ultimo, commosso saluto a quello che a seconda dei punti di vista è stato uno dei più grandi eroi del XX secolo o l’ultimo dei feroci dittatori comunisti.

Ma chi era veramente Fidel Castro? Scopriamolo insieme.

1. Primi passi in politica

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Nato nel 1927, figlio di un immigrato spagnolo diventato proprietario terriero, nel 1945 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Avana, entrando subito nella vita politica dell’ateneo.

Dopo la laurea, dal 1950 al 1952 fece praticantato d’ufficio in un piccolo studio legale, progettando di presentarsi alle elezioni tra le fila del Partito Ortodoxo.

Ma nel 1952 il generale Fulgencio Batista prese il potere con un colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti e le elezioni vennero cancellate. Castro, con una certa ingenuità, presentò contro Batista una denuncia formale, ignorata dalle autorità.

Allora organizzò un attacco contro uno dei simboli del potere, la caserma Moncada, situata nella parte alta della città di Santiago.

Alle 5 del mattino del 26 luglio 1953 Fidel e il fratello Raoul guidarono 160 ribelli su una colonna di autovetture verso la caserma nell’illusione che i festeggiamenti del giorno prima (era il carnevale di Santiago) avessero ridotto la sorveglianza.

Invece l’auto che trasportava le poche armi pesanti del gruppo si perse per strada e i ribelli andarono all’assalto armati solo di fucili da caccia. La sconfitta era inevitabile: 61 ribelli rimasero uccisi, gli altri furono catturati e torturati.

Castro venne catturato dopo una settimana di fuga sulle montagne: venne condannato a morte e si salvò solo perché proprio in quei giorni Batista aveva abolito la pena capitale. Fu rilasciato due anni dopo grazie a una amnistia che Batista concesse anche su pressione degli Stati Uniti.

2. La rivoluzione

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Immediatamente Castro si trasferì in Messico e da qui cominciò a organizzare la lotta contro Batista.

Essa non poteva più svolgersi nei canali della legalità, ma doveva necessariamente diventare armata.

Il fallito attacco alla caserma gli aveva insegnato la necessità di un’accurata preparazione: perciò, dopo un lungo giro di conferenze negli Usa rivolte agli esuli cubani per raccogliere fondi, cominciò ad addestrare i suoi uomini in una fattoria abbandonata in Messico.

Qui fu raggiunto da un medico argentino, Ernesto Che Guevara, che sarebbe diventato un suo fedelissimo. Il 2 dicembre 1956, 82 ribelli sbarcarono a Cuba da uno yacht, il Granma.

Furono attaccati e dispersi: se ne salvarono solo 12, che si rifugiarono sulle impervie montagne della Sierra Maestra, dove si guadagnarono la fiducia e il sostegno della popolazione locale.

I barbudos, così chiamati perché non avendo rasoi si lasciavano crescere la barba, aumentarono di numero fino a contare 800 membri. Nel luglio 1958, allora, il regime di Batista organizzò una grande spedizione militare, l’Operazione Verano.

Fu un fiasco totale. Dodicimila uomini inesperti e mal guidati caddero nelle imboscate dei castristi e vennero sconfitti nella cosiddetta battaglia della Plata.

Castro allora scatenò a sua volta un’offensiva in grande stile: la battaglia conclusiva fu vinta dai 320 uomini al comando di Che Guevara tra il 29 e il 31 dicembre 1958, attaccando la cittadina di Santa Clara. Il 1° gennaio il dittatore Batista fuggì e l’8 Castro entrò trionfalmente all’Avana.

3. L’impronta anti-americana e la protezione sovietica

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Castro iniziò a operare su Cuba mosso da spinte moralizzatrici: processi agli uomini di Batista, chiusura delle case di tolleranza, lotta al traffico di droga, riduzione drastica dei canoni di affitto fino al 30-50 per cento, calmieramento dei prezzi di libri, medicine, corrente elettrica e trasporti.

Gli Stati Uniti entrarono in allarme, dato che gran parte delle aziende colpite dai provvedimenti erano americane.

Ma Castro tirò dritto e nel maggio 1959 varò la riforma agraria stabilendo che le tenute agricole non potessero superare i 402 ettari di superficie: un duro colpo ai latifondisti della canna da zucchero, per lo più yankee, che si videro espropriati dietro un indennizzo modesto.

Nel 1960 si avviò un processo di nazionalizzazione delle banche, dei lavori pubblici e dei trasporti e la crisi con Washington divenne inevitabile: il colpo di grazia fu la nazionalizzazione delle raffinerie americane a Cuba che si erano rifiutate di lavorare il petrolio di origine sovietica.

L’embargo venne proclamato il 20 ottobre: un colpo durissimo per l’economia dell’isola perché gli Usa assorbivano il 74 per cento delle esportazioni cubane (soprattutto zucchero) e fornivano il 65 delle importazioni.

Fu allora che il presidente americano John Kennedy scoprì che la Cia aveva organizzato un’operazione per rovesciare Castro. Per quanto dubbioso, Kennedy non la impedì e il 17 aprile 1961, 1.400 anticastristi addestrati dall’agenzia americana presero terra alla Baia dei Porci.

Fu un fallimento: la prevista insurrezione popolare non scoppiò e gli attaccanti, rimasti isolati, furono costretti alla ritirata.

Castro decise allora di chiedere la protezione dell’Urss contro future minacce americane. Il segretario del partito comunista sovietico, Nikita Kruscev (nella foto), accettò e chiese di installare missili a testata atomica sull’isola. Quando vennero scoperti dagli americani, il mondo fu sull’oro della Terza guerra mondiale.

Le trattative dirette tra i due capi di stato scongiurarono il peggio, ma Cuba venne completamente tagliata fuori dagli accordi. I rapporti tra l’isola dei Caraibi e la superpotenza sovietica si raffreddarono notevolmente.

4. I successi, i fallimenti, il declino e la morte

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Grazie a un’intensa campagna di alfabetizzazione nel 1961 la quota di analfabeti scese dal 25 al 4 per cento.

Tutti ebbero accesso gratuito alle cure mediche e la speranza di vita passò da 59 anni a 76, un record nell’America latina.

L’egalitarismo ridusse il divario tra il tenore di vita nelle città e quello delle campagne. Il tentativo di industrializzare l’economia dell’isola invece fallì, costringendo il governo a puntare ancora sulla produzione dello zucchero.

L’adesione all’ideologia comunista portò poi a scelte infelici, come l’abolizione degli incentivi materiali e dei mercati liberi nei quali i contadini fino a quel momento potevano vendere una parte della loro produzione.

Il dissenso venne represso con crescente durezza. Gli intellettuali, relativamente liberi nei primi anni della rivoluzione, furono costretti a una forte omologazione al regime o all’emigrazione.

Cuba rimase sempre più legata all’economia dei Paesi comunisti e, dopo il crollo del Muro di Berlino e quindi dell’Urss, si trovò in grosse difficoltà. Castro fu costretto a imporre tagli nei consumi e a razionare quasi tutti i beni.

La pressione degli scontenti si tradusse nella crisi dei Balseros del 1994, quando 35mila cubani si imbarcarono su ogni mezzo, comprese le balsas, zattere costruite con tutto ciò che capitava a tiro, per raggiungere la Florida.

Per quanto Castro continuasse a godere di prestigio presso i cubani, lo slancio rivoluzionario si era ormai spento. Dopo il 2000 la salute di Castro peggiorò e nel 2006 dovette cedere il potere al fratello Raoul per un grave intervento intestinale.

Ulteriori complicazioni lo costrinsero negli anni successivi ad abbandonare progressivamente tutte le cariche pubbliche. Morto il 25 novembre 2016, è stato sepolto nella città di Santiago.



5. Due mogli, 35mila amanti e una barca di nome Nonna

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  • Due mogli e 35mila amanti
    Ufficialmente Castro ha avuto due mogli (Mirta Díaz-Balart, sposata all’università, e Dalia Soto del Valle, impalmata nel 1980 dopo una relazione durata decenni) e sei figli maschi, tutti meno il primo con nomi inizianti con la A (Alexis, Alex, Alejandro, Antonio e Angel).
    Si dice però che abbia avuto molte più donne e almeno altri 4 figli naturali.
    Tra le tante amanti figura certamente Natalia Revuelta Clews, madre dell’unica figlia, Alina Fernandez, e anche la tedesca Marita Lorenz, che dichiarò di essere stata ingaggiata dalla Cia nel 1959 per avvelenare Castro.
    Invece di eseguire gli ordini, gettò le pillole nel water e andò all’appuntamento con il futuro Líder Máximo per farci l’amore tutta la notte.
    Già nel 1955 Castro aveva avuto una relazione con un’attivista del movimento rivoluzionario, Celia Sanchez.
    Ma fu dopo essere diventato il Comandante supremo dell’isola che, dicono le malelingue, sia diventato un vero sciupafemmine, approfittando anche dei molti viaggi di lavoro: voci incontrollate e certamente esagerate gli assegnerebbero ben 35mila amanti nei suoi molti anni di potere.
  • Una barca di nome Nonna
    Il Granma, nonna in inglese, era uno yacht lungo circa 19 metri che Castro acquistò nel 1956 per 17mila dollari.
    Dopo averlo parzialmente trasformato per accogliere il maggior numero possibile di passeggeri, lo usò per trasportare un’ottantina di guerriglieri dal Messico a Cuba.
    La nave toccò terra a Playa las Coloradas.
    La Granma è oggi conservata al museo della Rivoluzione all’Avana; le sono state intitolati il giornale ufficiale del partito comunista cubano, un battaglione di fanteria di Marina e addirittura un’intera provincia, quella in cui avvenne lo sbarco.








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