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Folla impazzita: ecco come la scienza la studia e come possiamo difenderci

Gli incidenti dovuti alla folla impazzita accadono anche durante gli eventi più pacifici.

L’ultimo in ordine di tempo, in Italia, è avvenuto lo scorso 7 dicembre 2018 in una discoteca di Corinaldo, in provincia di Ancona, sul quale ancora si sta indagando.

Non è un fenomeno italiano, ma globale, su cui gli scienziati stanno lavorando; anche se ancora non esistono sistemi efficaci di previsione del rischio.

Concerti, parate, raduni religiosi. In alcuni casi la ressa si trasforma in un incubo. Ecco come la scienza la studia e come possiamo difenderci.

 

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1. I modelli matematici

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Ma come si possono studiare i movimenti delle folle, soprattutto in situazioni di panico?

Un filone è quello dell’analisi dei video relativi a situazioni reali: concerti, manifestazioni religiose, raduni politici.

Un altro, quello che studia il comportamento degli animali gregari, cioè quelli che si muovono in grandi gruppi, in terra e in cielo.

E ancora, ci sono i modelli al computer, che consentono di studiare i flussi delle folle assimilando le persone a biglie, granelli di sabbia, fluidi; oppure sfruttando avatar in un ambiente virtuale. Molto difficile invece, è condurre esperimenti “sul campo”.

Uno dei principali problemi nello studio dei movimenti collettivi delle persone è sempre consistito nel fatto che è assai complicato realizzare esperimenti scientifici in grado di simularli. Soprattutto perché non è eticamente accettabile esporre le persone a rischi.

Ora però esistono metodi che, a partire da filmati di fatti realmente accaduti, oppure utilizzando la realtà virtuale, consentono un’analisi dettagliata dei fenomeni che si verificano in situazioni di particolare affollamento.

Anche perché i modelli matematici che simulano i movimenti delle folle hanno un limite. Considerano le singole persone come particelle, o automi, che si muovono secondo regole prefissate; ma la realtà è diversa: gli esseri umani non sono oggetti, hanno una psiche ed emozioni a cui rispondono.

Ecco perché anche i neuroscienziati hanno cominciato a studiare con interesse che cosa accade nel cervello di persone che si trovano all’interno di un gruppo.

Una ricerca condotta dalle Università di Tilburg e di Maastricht, nei Paesi Bassi, ha usato la risonanza magnetica funzionale su gruppi di studio in cui, anche se in laboratorio e non in una situazione reale, sono state indotte sensazioni di felicità e paura.

Si è visto che tra le persone impaurite si crea una sorta di meccanismo di gruppo con reazioni molto più rapide rispetto a una situazione di tranquillità.

È stato il primo tentativo per capire che cosa avviene nelle folle in cui si scatena il panico, con fughe pericolose in cui il rischio di incidenti molto gravi è elevato.

Uno sviluppo futuro delle ricerche sulle dinamiche delle folle sarà introdurre anche queste variabili “umane” all’interno dei modelli teorici, per ottenere strumenti di simulazione sempre più realistici e riuscire a prevenire tragedie che sono troppo frequenti.

 

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2. Repulsione e attrazione

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Paul Torrens, ricercatore del dipartimento di informatica e ingegneria della New York University, già una decina di anni fa aveva ideato algoritmi per ricreare, attraverso il movimento di automi virtuali, cioè di persone simulate in un ambiente tridimensionale, il flusso delle folle cosiddette “ad alta densità”, in cui cioè gli individui sono tanto addossati gli uni agli altri da non avere virtualmente spazio per muoversi (circa 5 persone al m2 o più).

Una tecnica utilizzata per progettare le uscite e le vie di fuga in strutture come stadi, teatri o centri commerciali.

Torrens ha sempre più affinato i propri software di simulazione e di recente ha pubblicato uno studio per simulare come avverrebbe il deflusso di persone in un ambiente urbano colpito da un terremoto.

Mentre una linea di ricerca avviata nel 2014 da uno studio dell’Università del Minnesota (Usa) si concentra sull’analisi di come si comportano due persone che si muovono una verso l’altra, per capire in che modo tendano a evitarsi, incrociandosi, ed estrapolare poi regole di “repulsione” e di “attrazione” tra gli individui, applicabili a una folla.

Se prima infatti i matematici ipotizzavano, nelle simulazioni, che le persone si comportassero un po’ come gli elettroni di un atomo, che tendono a respingersi gli uni con gli altri sempre più, a mano a mano che si avvicinano tra loro, gli studiosi statunitensi si sono invece accorti che è il tempo, non la distanza, a regolare il modo con cui le persone tendono a evitarsi.

Più lo spostamento è lento più tendono a stare vicine, più è veloce più puntano ad allontanarsi.

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3. Come la sabbia

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Diversi studi hanno permesso di capire che il flusso di masse di persone è molto simile a quello dei cosiddetti “sistemi granulari”, espressione con cui si indicano materiali come la sabbia, la ghiaia o il grano.

I sistemi granulari sono stati a lungo un caso di studio, per i comportamenti bizzarri che li contraddistinguono.

In certe situazioni scorrono in un modo simile all’acqua, in altre sviluppano forze tali da sfondare le pareti di un silos. È quanto avviene anche nei grandi assembramenti soprattutto quando le persone si trovano addossate l’una contro l’altra.

In questi casi, bastano anche una piccola spinta o un minimo movimento in un punto qualsiasi della folla, per trasferire una grande pressione in un altro punto distante, tanto da impedire alle persone di respirare. E senza che chi si trovi anche solo a pochi metri si accorga di nulla.

C’è qualche modo per chi si trova coinvolto in una situazione del genere per rendersi conto in anticipo del pericolo e di mettersi in sicurezza? In realtà, quando ci si trova coinvolti in una situazione di questo tipo è praticamente impossibile venirne fuori.

L’unico modo è valutare il luogo e la situazione in anticipo ed essere molto prudenti. Al limite, se non ci si sente tranquilli, è meglio tornarsene a casa.

Quando invece la folla si muove velocemente, per esempio in una maratona, il movimento è molto più simile a quello di un fluido, come ha dimostrato un recente studio dell’Ens, la Scuola Normale Superiore di Lione, in Francia, che ha utilizzato per le proprie analisi un gran numero di filmati di manifestazioni sportive disponibili su YouTube.

L’uso dei video si sta rivelando prezioso in questo tipo di studi, ed è una tecnica mutuata da indagini sugli animali sociali, come gli uccelli che si muovono in stormi, i pesci gregari che si spostano in banchi e gli insetti come le api o le formiche.

Tra i sistemi per capire i movimenti delle folle umane c’è anche l’osservazione degli animali gregari, cioè che si muovono in grandi gruppi.

Per studiare gli storni della capitale, che si muovono in stormi di migliaia di individui sono state utilizzate immagini 3D in cui si può definire la posizione nello spazio di ogni singolo uccello, per capire come si comporta all’interno dello stormo.

È emerso che nei gruppi di animali gregari, come gli storni appunto, ogni individuo si muove autonomamente ma anche in coordinamento perfetto con tutti gli altri, rispondendo a una sorta di intelligenza distribuita.

Gli umani in gruppo si muovono in modo molto meno efficiente. Come mai? Una possibile spiegazione è che gli animali gregari sono stati plasmati dall’evoluzione a coordinarsi così.

L’uomo ha invece sviluppato solo di recente, e per motivi legati a espressioni culturali come la religione o la politica, l’abitudine a riunirsi in grandi folle». Non ci sarebbe quindi stato il tempo per “imparare”.

Il problema, però è che è assai difficile trovare filmati significativi e analizzabili sul Web proprio delle situazioni potenzialmente più pericolose, quelle cioè di grandi assembramenti statici dove all’improvviso si verifica un movimento. Come per esempio nei concerti.

Nella foto sotto, Piazza San Carlo, a Torino. Il 3 giugno del 2017, si è scatenato il panico tra la folla che assisteva alla finale di Champions tra Juve e Real Madrid su un maxischermo.

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4. Svedesi... impassibili

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Arianna Bottinelli, una ricercatrice italiana è particolarmente sensibile all’argomento, perché proprio dal video che riprende dall’alto il pubblico di un concerto, tenutosi a Manchester nel 2005, ha potuto sviluppare un sistema di previsione del comportamento della folla.

«In quelle immagini», spiega Bottinelli, «si vede a un certo punto un rapido movimento di un gruppo di persone che si propaga come un’onda in tutto il pubblico.
Tracciando ogni singolo individuo, e valutando le forze applicate da ciascuno ai propri vicini, abbiamo messo a punto un modello in grado di prevedere in modo istantaneo tutti i possibili movimenti successivi e definire una serie di scenari, dal più al meno probabile.
Abbiamo visto che, applicando il sistema ai primi frame del video, quando ancora tutte le persone sono tranquille, si può prevedere con la massima precisione quanto è poi successo in seguito, cioè il movimento pericoloso che si crea diversi secondi dopo».

La ricercatrice sta cercando altri video simili per avere nuovi casi di studio a cui applicare la sua teoria, ma non è semplice.

«Abbiamo provato», dice, «a filmare anche i concerti organizzati a Stoccolma in estate, grazie a un accordo con la città, ma gli svedesi sono estremamente composti in queste manifestazioni e non abbiamo riscontrato nulla di significativo da analizzare».

Ora è alla ricerca di qualcuno, magari nell’organizzazione di concerti, che installi videocamere in posizione elevata, per esempio sopra le luci che illuminano il palco, per riprendere il pubblico e avere altro materiale di studio.

Perché sarebbe importante? Perché potremmo mettere a punto un sistema in grado di indicare in anticipo i possibili rischi semplicemente analizzando come il pubblico si è disposto vicino al palco.

Potrebbe essere un importante strumento di prevenzione che darebbe la possibilità agli organizzatori di avvertire il pubblico prima dell’insorgere di un pericolo e di dare istruzioni per la sicurezza. Anche perché, a fare la differenza, sono proprio le misure di sicurezza.

Una ricerca svolta da Dirk Helbing, professore di Scienze sociali computazionali alla Scuola Politecnica Federale di Zurigo, analizzando i video che riprendevano da una posizione elevata la rampa principale di accesso alla Loveparade di Duisburg (Germania), dove nel 2010 persero la vita 21 persone schiacciate dalla calca, non è stato il panico la causa del disastro.

A pochi metri dal punto dove le vittime sono rimaste schiacciate contro una parete di cemento, infatti, ci si poteva muovere con tranquillità. La causa principale della strage, ha evidenziato Helbing, è stata l’organizzazione mal concepita delle vie di afflusso e deflusso del pubblico.

Nella foto sotto, alla Loveparade di Duisburg (Germania) del 2010 vi furono 21 morti e oltre 500 feriti nel tunnel di accesso. Questo festival di musica dance non si è più svolto.

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5. Otto regole per sopravvivere a una folla impazzita

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1) RIMANI IN PIEDI, la tua migliore possibilità di uscirne vivo è se ti trovi in piedi.
Non chinarti per raccogliere un oggetto caduto. Se il tuo bambino inciampa, tiralo su immediatamente.

2) TIENI LE MANI AL PETTO, COME UN PUGILE; questo garantisce mobilità e crea una tasca d’aria che protegge il torace e i polmoni.

3) SE CADI E NON RIESCI A RIALZARTI girati su un fianco, proteggi la testa con le mani e raccogli le gambe.
Stare sdraiati sulla pancia o sulla schiena lascia il torace esposto.

4) STAI IN SILENZIO. E ascolta eventuali segnali di stress di chi sta sul fronte della folla.

5) GUARDA IL TERRENO SU CUI CAMMINI, perché superfici irregolari o bagnate aumentano le possibilità di un collasso progressivo della folla.

6) NON SPINGERE CONTRO LE PERSONE e non cercare di muoverti in direzione opposta al flusso. Spostati invece lateralmente. E non urlare, conserva le energie.

7) PRENDI NOTA DI TUTTE LE USCITE e segui il percorso di minor resistenza, non necessariamente quello verso l’uscita principale.

8) EVITA GLI OSTACOLI come parapetti e muri contro cui potresti essere schiacciato.

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