Come funzionano alcuni dei nostri oggetti quotidiani-800x400

Come funzionano alcuni dei nostri oggetti quotidiani?

Come funziona il frigorifero? E la lavastoviglie? Il forno a microonde? Il bluetooth?

Ancora: come  fa il Gps a rilevare la nostra posizione e il servosterzo ad agevolare le manovre in auto?

Ecco i segreti di 10 dispositivi che fanno parte della vita di tutti noi, ma che pochi possono dire di conoscere davvero.

1. Il frigorifero e il forno a microonde

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  • Il frigorifero
    Questa macchina del freddo sfrutta una particolare legge fisica secondo la quale, attraverso l’evaporazione, un liquido sottrae calore all’ambiente circostante.
    Se si associa questa legge all’esistenza di liquidi capaci di evaporare a temperature più basse del normale (refrigeranti), ecco le basi del funzionamento di questo indispensabile elettrodomestico.
    In un frigorifero, il refrigerante è compresso attraverso un particolare sistema e mandato verso una griglia esterna che, elevandone la pressione, lo porta allo stato liquido estraendone così il calore.
    Tale liquido è poi fatto confluire nell’evaporatore con il quale, grazie alla nuova differenza di pressione, la sostanza ritorna allo stato gassoso, andando così ad assorbire il calore dei cibi che si trovano nell’apparecchio.
    Il processo è ciclico: dopo essere passata nell’evaporatore, infatti, la sostanza gassosa torna nel compressore per cominciare un nuovo processo refrigerante.
  • Il forno a microonde
    Opera mediante l’oscillazione di un campo elettromagnetico, che si ripete 2 miliardi e 450 milioni di volte al secondo (2,45 GHz) e fa aumentare l’agitazione termica delle molecole d’acqua o di grasso presenti nei cibi.
    Alimenti come le uova, che non contengono acqua, non sono adatti a questo tipo di cottura: se inserite intere, infatti, esplodono.
    Ciò avviene perché la loro porzione liquida, scaldandosi, aumenta di volume e tende a occupare più spazio: la pressione interna così sale, causando la rottura del guscio.
    L’idea del forno è di Percy Spencer, un ingegnere della Raytheon Corporation, industria americana leader nel campo dei radar.
    Nel 1946, lavorando a un nuovo tubo a vuoto ad alta potenza destinato alla produzione di microonde chiamato magnetron, si accorse che la caramella che teneva in tasca si era sciolta.
    Intuì che cosa era successo e costruì una “scatola” metallica in cui lasciare operare le microonde per far salire rapidamente i cibi a temperature elevatissime: era nato il forno a microonde, un modo rivoluzionario di cottura.
    La Raytheon ne mise in commercio il primo esemplare nel 1947. Si chiamava Radarange, pesava la bellezza di 340 chili e aveva una potenza di 3.000 Watt.

2. La pentola a pressione e la lavastoviglie

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  • La pentola a pressione
    La pentola a pressione cuoce i cibi in meno tempo perché la temperatura a cui bolle l’acqua cresce all’aumentare della pressione dell’aria circostante.
    Alla pressione di un’atmosfera, che è la media al livello del mare, la temperatura di ebollizione è di 100 °C, mentre in alta montagna, dove la pressione dell’aria è minore, l’acqua bolle a temperature più basse e di conseguenza gli 8 minuti necessari a rassodare un uovo diventano almeno 10.
    Per ovviare a questo inconveniente usiamo la pentola a pressione. In questa pentola, inventata nel ’700 dal fisico francese Denis Papin, il coperchio è sigillato e ciò fa sì che il calore del fornello faccia evaporare sempre più acqua che, non potendo disperdersi, fa aumentare la pressione interna.
    Al crescere della pressione sale anche la temperatura di ebollizione dell’acqua, che si porta fino a circa 125 °C riducendo così i tempi di cottura dei cibi.
  • La lavastoviglie
    Il primo sistema meccanico per lavare le stoviglie risale al 1887 e si deve all’americana Josephine Cochrane, una donna ricca decisa a porre fine alla rottura di costose porcellane a causa del lavaggio a mano dei domestici.
    Dopo aver misurato le stoviglie, costruì dei compartimenti adatti a ospitare piatti e tazzine collocandoli in una ruota che girava in una caldaia di rame grazie a un motore, mentre dal fondo schizzava acqua calda mista a sapone secondo un principio adottato ancora oggi dalle moderne lavastoviglie, arricchite da vari accorgimenti tecnologici: un sistema di tubi e ugelli calibrati, un sistema di filtri quasi totalmente autopulenti, cicli di prelavaggio, risciacquo e asciugatura.
    Un recente studio condotto da scienziati inglesi dell’Università of Birmingham ha stabilito che l’interno di una lavastoviglie è “caotico” e l’efficacia del lavaggio dipende dalla disposizione delle stoviglie nel cestello.
    Le aree sopra le braccia rotanti e nella parte centrale del ripiano superiore andrebbero riempite di stoviglie con sporco da carboidrati, in modo che siano colpite dai getti alla massima potenza, mentre quelle con lo sporco da proteine andrebbero sul ripiano inferiore dove lo scorrimento dell’acqua di ricaduta è più lento e il detergente ha più tempo per agire.

3. La pellicola trasparente e le bolle di birra e spumante

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  • La pellicola trasparente
    Utilissima per sigillare recipienti, è dotata di un grande potere adesivo.
    Come spiegano i ricercatori dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, ciò è dovuto principalmente alla polarizzazione dei dipoli elettrici all’interno dei materiali, che tendono a orientarsi in modo da rendere minimo lo stato di energia.
    Immaginiamo le cariche elettriche presenti nel materiale che preferiscono “sdraiarsi” nella posizione più “comoda”, per la quale l’energia richiesta è minima.
    Nel caso della pellicola trasparente il processo di srotolamento genera attrito, che favorisce una polarizzazione elettrostatica.
    Questa orienta le molecole della pellicola secondo una direzione preferenziale, attirando cariche elettriche opposte sulla superficie degli oggetti cui viene accostata, come i recipienti ceramici: si crea una specie di “ponte elettromagnetico”.
    In un certo senso, la pellicola “induce” il recipiente a orientare i propri dipoli elettrici in modo da presentare sulla superficie delle cariche opposte alle sue.
    Sappiamo che cariche elettriche di segno opposto si attraggono e quindi la pellicola viene attratta dalla superficie del recipiente e vi aderisce.
    L’adesione diminuisce quando l’ambiente è umido: se la pellicola si bagna, gli elettroni si muovono rapidamente nel mezzo conduttore rappresentato dall’acqua e l’adesione svanisce.
  • Le bolle di birra e spumante
    Secondo lo scienziato russo Andrei Varlamov, la schiuma è fondamentale per mantenere intatto l’aroma delle bevande.
    Il fenomeno è dovuto al fatto che i produttori vi pompano anidride carbonica, chiudendo poi ermeticamente i contenitori.
    Quando si versa la birra nel bicchiere, la minor pressione e l’intensa turbolenza del liquido permettono all’anidride carbonica disciolta di raccogliersi in bolle. Queste salgono verso l’alto formando una schiuma corposa.
    Passato un certo tempo, però, la schiuma sparisce sia perché l’anidride carbonica sfugge attraverso le pareti delle bolle sia perché la forza di gravità assottiglia le bolle e ne facilita la rottura.
    Nel caso dello spumante, l’anidride carbonica è prodotta dai lieviti durante la seconda fermentazione in bottiglia. Quando si versa questo vino in una coppa, il gas fuoriesce dal liquido, formando milioni di bollicine.
    A generarle, però, non è tanto l’anidride carbonica, quanto le imperfezioni del bicchiere o gli eventuali residui di pulitura e asciugatura, come piccole fibre o granelli di polvere.
    Lo dimostra un esperimento condotto su bicchieri posti in una “camera bianca”, cioè in assenza totale di polvere.
    Quando vi si versa birra o spumante non si forma nessuna bollicina: tutte le molecole di anidride carbonica in eccesso sfuggono direttamente attraverso la superficie libera del liquido, che si mantiene perfettamente tranquillo.

4. La fotocopiatrice e le fibre ottiche

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  • La fotocopiatrice
    Il 22 ottobre 1938 nei laboratori di Astoria, nei pressi di New York, il fisico americano Chester F. Carlson riuscì a replicare il testo di un foglio e a stamparlo su un altro tramite un dispositivo elettrofotografico.
    Nasceva così la xerografia, una tecnica che permetteva di stampare immagini utilizzando un fascio di ioni e un cilindro rotante di materiale isolante.
    Le fotocopiatrici moderne, che funzionano come uno scanner e una stampante riuniti in un solo apparecchio, sono di due tipi: a getto d’inchiostro o laser.
    - Nelle prime l’inchiostro, proveniente dalla cartuccia di un dato colore, viene direttamente proiettato sul foglio di carta in piccolissime gocce, che poi si asciugano e danno origine all’immagine desiderata. La stampa viene effettuata in vari passaggi, in quanto il foglio è idealmente diviso in strisce sulle quali viene poi “sparato” il colore.
    - Nelle fotocopiatrici a laser il processo è più complesso. Il laser ha il compito di modulare i pixel della pagina da fotocopiare secondo una sequenza che viene inviata a un tamburo rotante; la carica elettrica di questo tamburo viene modificata da positiva a negativa nei punti in cui il raggio laser è andato a colpire.
    Una volta polarizzato il tamburo, questo va ad attrarre per opposizione di carica elettrica una polvere fine situata all’interno del toner. La polvere viene distribuita sul foglio di carta tramite il tamburo e poi, grazie al calore generato da un altro componente chiamato fusore, si “attacca” alla pagina e vi rimane impressa.
  • Le fibre ottiche
    Sono filamenti di materiali vetrosi o polimerici nei quali la luce si propaga come la corrente elettrica in un cavo.
    Flessibili e sottili come un capello, possono essere curvate, attorcigliate e annodate senza che il fascio luminoso si disperda all’esterno.
    Funzionano come specchi tubolari: la luce le percorre da un capo all’altro rimbalzando sulle pareti interne mediante una serie di riflessioni.
    Furono utilizzate per la prima volta nel 1956 in campo medico per la realizzazione di un gastroscopio e da allora hanno trovato altre innumerevoli applicazioni: dalle decorazioni natalizie all’illuminazione dei cruscotti delle automobili, alla trasmissione dei dati in Internet e nelle telecomunicazioni e persino negli esperimenti di fisica di alta energia o come innovativi rivelatori di particelle.
    Rispetto ai cavi in rame, infatti, hanno il vantaggio di essere immuni dalle interferenze e di poter coprire grandi distanze trasportando un numero di dati molto maggiore.





5. Il Gps e il bluetooth

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  • Il Gps
    Il Gps (Global Positioning System) è il sistema di posizionamento terrestre creato dal Ministero della difesa americano per fini militari e poi utilizzato anche per scopi civili.
    Il suo funzionamento dipende da 27 satelliti orbitanti, di cui 24 operativi e 3 di riserva.
    Ogni satellite si trova a circa 17.000 km dalla Terra e compie due rotazioni del pianeta al giorno. In ogni momento ogni punto del pianeta è “visto” contemporaneamente da almeno 4 satelliti.
    Da Terra operano anche diverse stazioni di controllo, che verificano lo stato dei satelliti, correggono i loro orologi atomici e la loro posizione orbitale.
    Ogni persona dotata di Gps può conoscere la propria posizione attraverso la “trilaterazione”, una serie di operazioni matematiche basate sulla lettura delle distanze dai 4 satelliti.
    Per offrire una maggior precisione di rilevamento, dell’ordine di un metro invece dei 10 metri del Gps americano, l’Europa sta lavorando al progetto Galileo: un sistema di 30 satelliti orbitanti a una quota di circa 24.000 km.
    Dal 15 dicembre 2016 il sistema europeo, che ha finora lanciato 18 satelliti, lavora in modo congiunto con il Gps, ma diventerà pienamente operativo nel 2020.
  • Il bluetooth
    Tecnologia di comunicazione fra le più diffuse al mondo, il bluetooth serve a creare un ponte comunicativo tra due dispositivi posti a breve distanza l’uno dall’altro e scambiare pacchetti dati a grande velocità.
    Ideato dalla società svedese Ericsson nel 1994, deriva il suo nome da Harald Blåtand (Harold Bluetooth in inglese), un re Vichingo vissuto in Danimarca nel X secolo che unificò i regni di Danimarca e Norvegia.
    Ispirato al suo esempio, questo nuovo standard ha infatti come intento quello di unificare la connessione tra una gran varietà di dispositivi.
    Il protocollo bluetooth lavora a una frequenza tra i 2,402 i 2,480 gigahertz e, per evitare sovrapposizioni e interferenze con altri dispositivi, ha una potenza di trasmissione molto limitata (circa 1 milliwatt), in modo da operare in un raggio molto ristretto che di solito non supera la decina di metri.
    Nonostante questa limitazione, due dispositivi bluetooth non hanno bisogno di “vedersi” l’un l’altro per stabilire una connessione: anche se dovessero frapporsi tra loro degli ostacoli, come un muro, la trasmissione dei dati non subirebbe grossi rallentamenti.








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