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Il futuro in 10 domande

Riusciremo a controllare il nostro patrimonio genetico e a modificarlo? Continueremo a fare sesso per riprodurci?

Potremo sostituire parti difettose del nostro corpo con altre artificiali perfettamente funzionanti?

Quali lingue parleremo? Abiteremo ancora il pianeta Terra?

Ecco le risposte che la ricerca scientifica è finora in grado di darci sulla vita che ci aspetta nei prossimi cinquant’anni.

1. In quali tipi di città vivremo e quali saranno i lavori del futuro?

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  • 1 - In quali tipi di città vivremo?
    Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, nel 2050 due abitanti della Terra su tre vivranno in gigantesche megalopoli.
    «Alla metà del secolo», calcola l’architetto Carlo Ratti, direttore del Senseable city lab del Massachusetts institute of technology, «nel mondo si costruiranno più edifici di quelli eretti in tutta la storia dell’umanità: l’ambiente in cui vivremo non sarà più il mondo rurale, ma le aree urbane. Per questo è fondamentale capire come si possa avviare uno sviluppo sostenibile per le città, sfruttando la tecnologia per renderle luoghi privilegiati d’efficienza e risparmio energetico, di rispetto dell’ambiente e di accessibilità».
    Urbanisti e informatici rispondono a questa sfida studiando come rendere la città “smart”, cioè intelligente.
    Il termine si riferisce all’applicazione di soluzioni innovative in settori come la mobilità, l’ambiente, le comunicazioni, la produzione e il consumo di energia al fine di garantire uno sviluppo economico sostenibile e offrire una buona qualità di vita ai cittadini.
    Un modo per rendere più vivibili le città consisterà nel migliorare l’efficienza energetica delle case, grazie allo sfruttamento del solare e del fotovoltaico.
    Fondamentale sarà anche la corretta gestione dell’acqua, ottenibile dotando gli edifici di una rete di computer che agiscano regolando in modo automatico i consumi eccessivi.
    Auspicabile infine è un più ampio ricorso all’impiego della vegetazione nell’ambiente urbano. L’idea è quella di una “architettura biologica” che con uno schermo vegetale assorba le polveri sottili, filtri la luce solare e crei un confortevole microclima.
  • 2 - Quali saranno i lavori del futuro?
    I leader mondiali della politica e dell’economia riuniti a Davos per il World Economic Forum 2016 hanno lanciato l’allarme: la quarta rivoluzione industriale, che comprende sviluppi in settori quali l’intelligenza artificiale, la robotica, le nanotecnologie, la stampa 3D, la genetica e le biotecnologie, causerà nei prossimi anni significativi cambiamenti occupazionali.
    L’effetto sarà la creazione entro il 2020 di 2 milioni di nuovi posti di lavoro e la contemporanea scomparsa di 7 milioni, con un saldo negativo di 5 milioni di occupati in meno.
    Le perdite si concentreranno nelle aree amministrative e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti distrutti.
    Secondo gli esperti compenseranno parzialmente queste perdite il settore finanziario, le funzioni direttive, l’informatica e l’ingegneria.
    Cambieranno quindi le competenze richieste: oltre alla capacità di risolvere problemi complessi saranno importanti il pensiero critico e la creatività.

2. Faremo ancora sesso per riprodurci e quali lingue parleremo?

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  • 3 - Faremo ancora sesso per riprodurci?
    Secondo un esperto di robotica irlandese, Noel Sharkey della Sheffield University, in futuro potrebbe essere più desiderabile far sesso con un robot che con un partner umano.
    L’idea non è nuova: il termine androide nasce infatti nel romanzo ottocentesco L’Eva futura dello scrittore francese Villiers de l’Isle-Adam, dove un Thomas Edison di fantasia costruisce un automa prototipo della moglie perfetta.
    Nuovo è invece il fatto che sul mercato si trovano già i primi umanoidi sessuali: bambole come Rocky o Roxxxy, che possono essere acquistate per 6.600 euro circa.
    Sharkey ritiene che non sia un problema fare l’amore con una macchina.
    Nessun freno morale e potenza sessuale inesauribile potrebbero essere la soluzione a piaghe come la prostituzione e la pedofilia, ma in prospettiva finirebbero col danneggiare irreparabilmente la società: non permetterebbero ai giovani di formare relazioni sociali con le persone normali e metterebbero a rischio la riproduzione umana.
    Addirittura, prevede Henry Greely, direttore del centro di bioscienze della Stanford University, nel giro di vent’anni non ci sarà più bisogno di fare sesso per procreare: i figli saranno concepiti in laboratorio.
    «Quando una coppia vorrà un bambino», dice, «dallo sperma dell’uomo e da un pezzo di pelle della donna si potranno creare delle cellule staminali. Da queste si formeranno vari embrioni che verranno selezionati prima dell’impianto nell’utero sulla base delle loro caratteristiche genetiche. I genitori potranno cioè letteralmente progettare il futuro bambino secondo i loro desideri».
    Secondo Greely questo inquietante scenario avrebbe anche i suoi vantaggi: le coppie dello stesso sesso potrebbero decidere di avere figli con i loro stessi geni e all’atto sessuale sarebbe lasciato il ruolo di puro divertimento.
  • 4 - Quali lingue parleremo?
    Le lingue evolvono e la maggior parte è destinata a scomparire. Il campanello d’allarme suona quando si interrompe il processo di trasmissione tra le generazioni, ma i figli utilizzano ancora il linguaggio.
    Secondo i dati Ethnologue, un progetto del Summer institute of linguistics di Dallas, in Texas, questa è la condizione di circa 1.400 lingue sulle oltre 7.000 conosciute oggi.
    Per 900 idiomi, i genitori non sono più in grado di insegnare la lingua in maniera funzionale ai bambini.
    Nel giro di un paio di secoli nel mondo si parleranno solo inglese, spagnolo e cinese.
    È la “profezia” dell’americana New Geography, secondo cui ogni anno scompaiono 25 idiomi e ce ne sono almeno 2.500 che rischiano l’estinzione a breve.
    Per quanto riguarda l’italiano entro il 2050 il nostro vocabolario vedrà il numero di parole, circa 270 mila, ridotto alla metà.
    Col passare degli anni potrebbe verificarsi un mescolamento sul tipo del cosiddetto spanglish: parlato da circa 40 milioni di persone, la maggior parte immigrati ispanici negli Usa, è un mix tra inglese e spagnolo.
    E poi c’è il textese, una forma abbreviata di linguaggio adottata per i messaggi su internet e cellulari, che mescola lettere, numeri e simboli.

3. Riusciremo a controllare il nostro destino genetico e l’umanità emigrerà su altri pianeti?

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  • 5 - Riusciremo a controllare il nostro destino genetico?
    La possibilità di analizzare il genoma umano, cioè la totalità del nostro materiale genetico, porterà a scoprire i più intimi segreti scritti nel Dna di ciascuno di noi.
    L’analisi di questa enorme mole di dati potrebbe portare nella vita di tutti i giorni la medicina personalizzata, cioè adattata a ogni profilo genetico.
    In primo luogo sarà possibile formulare diagnosi più accurate delle malattie più comuni e mettere in guardia le persone dai principali fattori di rischio associati a particolari patologie.
    Sapendo di avere una predisposizione per la pressione alta, per esempio, si potrà adottare un’alimentazione più adatta e fare più attività fisica prima ancora che si manifesti.
    In questo modo la medicina si sposterebbe dalla cura alla previsione e alla prevenzione.
    Particolarmente promettente è il sistema del “taglia e cuci” genetico, elaborato dalla biochimica americana Jennifer Doudna, che permette di analizzare i ruoli dei singoli tratti di Dna e di capire come le mutazioni alla base di patologie genetiche causino l’alterazione delle funzioni fisiologiche delle cellule: in particolare quelle che favoriscono lo sviluppo del cancro.
    «È incredibile», dice Doudna, «la velocità con cui i laboratori di tutto il mondo hanno adottato questa tecnica per le applicazioni più disparate».
    Così si potranno curare malattie genetiche, sradicare patologie e porre fine alla carenza di organi da trapiantare.
    Ma il fatto che permetta agli scienziati di modificare il Dna di quasi tutti gli esseri viventi genera anche grande preoccupazione per le sue implicazioni morali.
  • 6 - L’umanità emigrerà su altri pianeti?
    Nella comunità scientifica si sta facendo strada l’idea che un’espansione umana verso altri mondi possa assicurare un futuro alla nostra civiltà.
    Ne è convinta Simonetta Di Pippo, l’astrofisica italiana che dirige l’Oosa, l’organismo delle Nazioni Unite che ha il compito di promuovere la collaborazione internazionale nell’uso pacifico dello spazio.
    «La Terra», dice, «è un pianeta che sta degenerando a causa dei problemi legati al cambiamento climatico, ai disastri naturali, alla desertificazione delle terre coltivabili e alla sempre più problematica produzione di cibo e di acqua per un popolazione in continua crescita. E poi, quando il Sole morente comincerà a espandersi e a lambire la Terra arroventandola, i confini della zona abitabile si sposteranno verso l’esterno del sistema solare, rendendo la fascia che comprende il vicino Marte più adatta a preservare una forma di vita complessa come la nostra».
    Per questo catastrofico futuro dovranno ancora passare miliardi di anni, ma già entro questo secolo una migrazione sul Pianeta Rosso sembrerebbe il passo più opportuno da compiere.
    A patto, naturalmente, di sviluppare quella branca della scienza planetaria che studia come “terraformare” altri pianeti: un processo che consiste nell’indurre artificialmente un processo di fotosintesi clorofilliana analogo a quello terrestre.
    Per farlo dovremo studiare come far crescere piante e cibo fresco sia durante i viaggi interplanetari sia su altri corpi celesti come Marte o la Luna, sviluppando serre e sistemi avanzati di irrigazione e fertilizzazione.
    Si tratta cioè di sperimentare tecniche innovative di coltivazione che potranno avere importanti ricadute anche sulla Terra e rivelarsi la soluzione vincente per salvare l’umanità da un inesorabile declino.

4. Ci trasformeremo in creature bioniche e che cosa mangeremo?

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  • 7 - Ci trasformeremo in creature bioniche?
    Perfetta fusione tra uomini e macchine, i cyborg stanno per diventare realtà.
    Basta dare uno sguardo a quanto si sta progettando nei laboratori di tutto il mondo per avere un’idea delle prospettive che le neuroscienze, la robotica e l’ingegneria biomedica ci stanno aprendo.
    È una rivoluzione che in un futuro molto vicino andrà in soccorso per chi ha perso un arto o è condannato all’immobilità per qualche grave patologia.
    Alcune di queste protesi sono già allo stadio sperimentale, come le “gambe bioniche” del sistema Cyberlegs, che si propone di assistere la camminata e non soltanto di sostituire l’arto mancante.
    Altro progetto in fase avanzata è LifeHand2, una mano artificiale che, una volta innestata sul braccio amputato, è capace di muoversi rispondendo direttamente agli impulsi del cervello e di trasmettere sensazioni tattili.
    Se a ciò si aggiungono i progressi della realtà aumentata e della realtà virtuale, si avrà un quadro abbastanza realistico di come sarà un giorno l’uomo bionico.
    Secondo Cadell Last, un ricercatore del Global brain institute di Bruxelles, le nostre capacità intellettuali saranno estese in vari modi, dalle stimolazioni elettriche del cervello ai microchip da inserire nella scatola cranica.
    Molti di noi saranno dotati di protesi in tutto il corpo: per mantenere un’autonomia nei movimenti anche in età molto avanzata, per aumentare le nostre capacità fisiche e lavorative o, addirittura, per competere meglio con i robot di nuova generazione.
  • 8 - Che cosa mangeremo?
    Per sfamare la crescente popolazione mondiale e ridurre gli sprechi, prevenire i conflitti, preservare l’ambiente e salvare dall’estinzione molte specie animali, esperti e aziende di tutto il mondo sono al lavoro per trovare una soluzione.
    Una delle più interessanti, proposta dalla compagnia statunitense Memphis Meat, consiste nel coltivare la carne in laboratorio, utilizzando cellule prelevate da mucche, maiali e polli.
    Il nuovo cibo sarebbe ottenuto facendo crescere cellule staminali in un siero nutritivo e orientandone poi lo sviluppo a imitazione del tessuto fibroso tipico dei muscoli.
    Anche prodotti animali più semplici, come il latte artificiale o l’albume di sintesi, possono essere realizzati a partire da lieviti geneticamente modificati per produrre le proteine del latte o delle uova, poi estratte e miscelate nelle giuste proporzioni.
    In effetti, ricorrendo all’agricoltura cellulare non c’è ragione per cui gli scienziati non possano addirittura migliorare la carne coltivata in laboratorio, aggiungendovi grassi “buoni”, vitamine o addirittura vaccini.
    Nel 2013 il primo hamburger prodotto con questo sistema è costato oltre 300.000 dollari, ma in poco più di tre anni i costi sono scesi a circa 1.000 dollari e l’obiettivo è di arrivare sotto i 10.
    Secondo Uma Valeti, professore di medicina presso l’Università del Minnesota e cofondatore di Memphis Meats, «la carne coltivata sostituirà quella attuale e allevare animali per mangiarli diventerà semplicemente impensabile».
    Ne è convinto anche il miliardario Bill Gates, che ha investito nel progetto Beyond Meat, una start-up del Missouri ideatrice di un surrogato di petto di pollo capace di ingannare anche Mark Brittman, il critico gastronomico del New York Times.
    Il simil-pollo, già in vendita presso i supermercati biologici Whole Foods, viene prodotto a partire da soia e amaranto con un procedimento segreto che gli dà la consistenza fibrosa di un vero petto di pollo.





5. Riusciremo a scoprire nuovi farmaci e che ne sarà dell’ecosistema terrestre?

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  • 9 - Riusciremo a scoprire nuovi farmaci?
    La creazione di nuovi farmaci richiede anni di ricerca e ingenti somme.
    Ma un team di scienziati del Massachusetts Institute of Technology guidato da Alàn Aspuru-Guzik è al lavoro su un progetto che si propone di accelerare i tempi di valutazione di una nuova molecola, dotando il computer di un programma di intelligenza artificiale.
    Il computer non riceve passivamente i dati chimici forniti dagli studiosi, ma viene “istruito” a studiare le proprietà degli oltre 250mila farmaci già in circolazione.
    Così impara a progettare nuove molecole, a prevederne entro certi limiti il comportamento e a suggerire combinazioni.
    «Esplora le molecole intuitivamente», dichiara Aspuru-Guzik, «usando la conoscenza chimica che ha precedentemente acquisito, proprio come farebbe un chimico».
    Un’altra speranza viene dal mare. Tra spugne, coralli e pesci è nascosta una potenziale farmacia che fornirà una miniera di sostanze utili contro numerose malattie, soprattutto tumori.
    Gli invertebrati in particolare hanno elaborato nel corso dell’evoluzione una serie di “armi chimiche” dalla struttura complessa.
    Queste sostanze, che hanno il pregio di essere biologicamente diverse da quelle usate oggi come farmaci, rappresenteranno una fonte preziosa per “inventare” medicinali capaci di operare in modi nuovi.
  • 10 - Che ne sarà dell’ecosistema terrestre?
    Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Nature da un gruppo di paleobiologi dell’Università di Berkeley, l’inquinamento, lo sfruttamento eccessivo delle risorse non rinnovabili, la diffusione di agenti patogeni stanno mettendo in serio pericolo l’ecosistema della Terra.
    Attraverso l’analisi dei reperti fossili, infatti, i ricercatori hanno rilevato come nel corso degli ultimi mille anni il tasso medio di estinzione delle specie sia salito di ben dieci volte rispetto al passato: un fenomeno che non ha precedenti nella storia del nostro pianeta.
    Se il loro ritmo di scomparsa dovesse mantenersi tale, entro 4.500 anni potrebbero scomparire il 75 per cento degli anfibi, entro 7.600 anni potrebbe estinguersi il 75 per cento dei mammiferi ed entro 11.500 anni il 75 per cento degli uccelli.
    Ancora più drammatico è il quadro ipotizzato dal biologo australiano Frank Fenner, secondo il quale l’Homo sapiens e un gran numero di specie animali si estingueranno nel giro di soli cento anni.
    A far precipitare gli eventi saranno l’esplosione demografica e i consumi fuori controllo, fenomeni irreversibili da quando la razza umana è entrata nel cosiddetto Antropocene, un termine coniato dallo scienziato Paul Crutzen per definire l’era geologica attuale, in cui le attività dell’uomo sono la causa principale delle modifiche climatiche.
    I loro effetti sul pianeta sarebbero tali da essere paragonati a una delle epoche glaciali o all’impatto di una cometa.








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