Galileo Galilei fu probabilmente il più grande fisico ed astronomo del Rinascimento italiano e la sua applicazione del metodo sperimentale nella ricerca scientifica è da tutti considerato all’origine della scienza moderna. Appassionato sostenitore dell'indipendenza della scienza dalla religione e del diritto, alla libera ricerca scientifica, Galileo Galilei sostenne fino alla condanna da parte dell'Inquisizione la teoria eliocentrica.
Le sue teorie sul moto dei pianeti intorno al sole erano, appunto, teorie e le prove che adduceva per dimostrarle, come il moto delle maree, erano piuttosto labili e in seguito dimostrate erronee. Va ricordato che tra gli scienziati europei ben pochi erano coloro che sostenevano il sistema copernicano dell'eliocentrismo, la maggioranza era convinta della validità del modello tolemaico del geocentrismo, sia a causa dei canoni empirici aristotelici, sia perchè non pareva in contraddizione con le Sacre Scritture.
Visto che l'eliocentrismo sarebbe stato provato con assoluta certezza solo nel XIX secolo, Galileo avrebbe fatto meglio a presentare le sue affermazioni come ipotesi e ancor più dopo la messa all'Indice, nel 1616, degli scritti di Copernico; non in toto, si badi bene, e non in quanto eretici, ma perchè l'eliocentrismo era in contrasto con certi passi della Bibbia e quindi poteva confondere le menti non sufficientemente istruite.
Al genio di Galileo sono riferibili alcune grandi scoperte astronomiche e alla sua penna sono dovuti numerosi testi fondamentali di matematica, d’astronomia, di dinamica, di statica e del calcolo del tempo, del moto dei gravi e di alcune altre branche della fisica.
Oggi ci occuperemo in particolare della triste vicenda giudiziaria del grande scienziato, iniziata nel 1676 – del suo processo, dei motivi di tale procedimento, della famosa abiura fino alla morte avvenuta l'8 gennaio 1642.
1. L'origine della vicenda giudiziaria
La vicenda giudiziaria del grande scienziato inizia nel 1676 e precisamente quando il cardinale Roberto Bellarmino, Prefetto del Sant'Uffizio e futuro santo, ammonì Galileo Galilei affinché non divulghi la teoria eliocentrica, nè a parole nè per iscritto, in quanto "contraria alle Sacre Scritture e per ciò non si possa difendere nè tenere".
In altre parole, l'eliocentrismo per essere accettato doveva per forza passare da una reinterpretazione dei testi biblici, cosa non impossibile, ma che necessitava di prove scientifiche all'epoca non disponibili. Se Galileo fosse stato furbo, avrebbe sfruttato le "molto utili cose" che la Congregazione dell'Indice aveva riconosciuto agli scritti di Copernico per portare avanti le proprie tesi: un eliocentrismo di fatto presentato sotto la veste d'ipotesi matematiche avrebbe messo lo scienziato in una botte di ferro.
Purtroppo per lui, preferi entrare nel campo della speculazione filosofica e teologica, entrambi terreni minati in cui non era capace di muoversi. Oltretutto, Galileo aveva l'innata capacità di farsi nemici, vista la sua abitudine di trattare da insipienti tutti coloro che dissentivano dalle sue idee. Per qualche anno, comunque, mantenne una posizione defilata finchè una serie di circostanze non lo spinsero a credere che fosse arrivato il momento di ricominciare a sostenere le teorie copernicane.
2. Galileo, il Papa e il "Dialogo"
Galileo non aveva il dono della modestia e l'elezione nel 1623 del suo amico Maffeo Barberini al soglio pontificio col nome di Urbano VIII lo convinse che nessuno avrebbe osato ostacolarlo. Ma un conto era avere a che fare con il cardinal Barberini e un altro con Papa Urbano.
Come se non bastasse avere contro la comunità scientifica aristotelica, Galileo Galilei riusci anche a rendersi inviso ai potentissimi Gesuiti, al punto che lo scienziato fiorentino avrebbe, erroneamente, attribuito ad essi le future disgrazie, benchè la mentalità speculativa e razionale di quest'ultimi avrebbe potuto renderli alleati nella sua battaglia astronomica. Uno dei suoi bersagli fu il mite padre Orazio Grassi, che Galileo attaccò con feroce sarcasmo solo perchè il gesuita aveva dissentito con lui (senza mai nominarlo) riguardo alla natura delle comete, liquidate dallo scienziato fiorentino come fenomeni atmosferici.
Il fatto che uno degli scritti di Galileo contro il Grassi, il celebre "Saggiatore", incontrasse l'apprezzamento di Urbano VIII, portò lo scienziato a credere che una sua presa di posizione più smaccatamente copernicana avrebbe trovato il pontefice egualmente ben disposto. Il risultato di tale convincimento fu il "Dialogo sopra i due Massimi Sistemi del Mondo", scritto tra il 1624 e il 1630 e uscito dai torchi nel febbraio del l632.
Il "Dialogo" è strutturato come un colloquio a tre, protagonisti del quale sono il fiorentino Filippo Salviati, il veneziano Giovanni Sagredo e un immaginario professore aristotelico di nome Simplicio, un ottuso assertore del geocentrismo che dall'inizio alla fine viene strapazzato dagli altri due interlocutori. Dato che Simplicio sostiene argomenti notoriamente usati da Urbano VIII, come il libro iniziò a circolare si sparse la voce che il filosofastro fosse una caricatura del pontefice.
Vero o falso, Urbano si senti tradito da Galileo, che aveva sempre ritenuto suo amico, e oltretutto l'impianto del "Dialogo" risultava una smaccata apologia dell'eliocentrismo copernicano. Il papa avrebbe potuto limitarsi, come fu suggerito, a una condanna di quelle parti del libro non conformi alla dottrina, salvandone il resto. Ma Urbano era deciso a mostrare la propria determinazione.
Del resto, l'eliocentrismo aveva tutta una serie di implicazioni collaterali: se la dottrina basata su una certa interpretazione delle scritture era erronea, anche altri dogmi della fede potevano essere messi in dubbio. Questo il papa non poteva permetterlo e, tra l'altro, si era convinto che Galileo avesse imbrogliato per ottenere l'imprimatur al "Dialogo".
Da qui l'ordine che lo scienziato si presentasse a Roma per rispondere delle proprie azioni dinanzi alle autorità competenti. Galileo cercò in tutti i modi di rimandare la partenza adducendo motivi di salute e solo la minaccia di essere trascinato a Roma in catene Io convinse a muoversi nel gennaio 1633.
3. A Roma per essere processato
Galileo arrivò a Roma il 13 febbraio, in buona salute nonostante le sue affermazioni precedenti e il lungo, penoso viaggio. Gli fu permesso di alloggiare presso l'ambasciata toscana e anche nella fase cruciale del processo fu ospitato in un appartamento creato per lui nel palazzo dell'Inquisitore. Tuttavia, lo scienziato dovette aspettare due mesi prima di essere processato, il procedimento giudiziario necessitando dei suoi tempi.
Ma il sistema inquisitorio prevvedeva che l'assoluzione o meno di un imputato avenisse nella fase investigativa, per cui se l'Inquisizione sottoponeva qualcuno a giudizio,la condanna era certa. Naturalmente ciò riguardava i fatti, perchè l'accertamento delle intenzioni poteva avvenire solo dopo l'interrogazione dell'imputato. Durante gli interrogatori a cui fu sottoposto tra aprile e giugno, Galileo giocò molto male le proprie carte.
La procedura usata nel processo a Galileo Galilei non era diversa da quella impiegata all'epoca dai tribunali laici nell'Europa continentale. Un procedimento penale a carico di qualcuno poteva essere istituito dietro denuncia, aperta o segreta, o su iniziativa del tribunale stesso. Nel caso di denunce anonime o se il tribunale decideva dl aprire di sua sponte un'inchiesta, le indagini venivano fatte in segreto.
Se queste non produceveno risultati concreti, l'inchiesta veniva archiviata; altrimenti s'istituiva il processo procedendo all'arresto dell'imputato. Questi aveva il diritto di leggere il libellus d'accusa, ottenere aiuto legale nel preparare la difesa e presentare prove a proprio discarico. Nel caso gli interrogatori confermassero l'impianto probatorio, si poteva ricorrere alla tortura - una volta sola - per ottenere la confessione dell'imputato, ritenuta essenziale per poter emettere la sentenza.
4. Il processo
Tre teologi avevano esaminato il "Dialogo" e concluso che era un'inequivocabile difesa dell'eliocentrismo. Ma il punto cruciale di tutto il procedimento non fu tanto il Dialogo come tale, quanto stabilire se lo scienziato fiorentino avesse scientemente ignorato l'ammonizione del 1616 di non divulgare in alcun modo le teorie copernicane. Qui stava il problema, visto che il documento con l'ammonizione (che non fu mostrato a Galileo) era un memorandum senza firme o sigilli, per cui legalmente inutile.
Lo scienziato credette di aver fatto colpo quando produsse copia dell'attestato fattogli dal cardinal Bellarmino in cui gli veniva ordinato solo di non sostenere il copernicanesimo, Galileo non si rammentava se a voce gli fosse anche stato comandato di non divulgarlo. Fin qui la partita si era conclusa in pareggio, ma quando il commissario Vincenzo Maculano domandò allo scienziato se avesse chiesto il permesso di scrivere il "Dialogo" o informato della precedente ingiunzione, Galileo rispose che non l'aveva ritenuto necessario in quanto il suo libro provava "il contrario di detta opinione del Copernico, e che le ragioni di esso Copernico sono invalide e non concludenti".
I membri del tribunale intesero che Galileo volesse distorcere i fatti ammettendo di aver violato intenzionalmente l'ingiunzione del 1616. Galileo era chiaramente colpevole, ma adesso cosa fare di lui era un problema. Il commissario Maculano e lo stesso pontefice si rendevano conto che senza un'ammissione di colpa da parte dell'imputato, la vittoria morale sarebbe stata sua e usare le maniere forti per estorcere una confessione avrebbe potuto essere controproducente dal punto di vista politico, considerati i numerosi e influenti amici dello scienziato, addirittura in seno alla commissione cardinalizia creata per giudicarlo.
Ma il Maculano aveva capito che Galileo non era esattamente un cuor di leone e, con l'approvazione dei superiori, ebbe un incontro privato con lo scienziato per convincerlo ad ammettere le proprie responsabilità. Galileo inizialmente sembrò ben disposto a ottemperare, ma nel corso dei successivi interrogatori propose di aggiungere delle parti al "Dialogo" che sostenessero il geocentrismo e ribadendo che nello stesso aveva semplicemente esposto gli argomenti a favore e contro il sistema copernicano.
Era una bugia, come lui stesso sapeva bene, e i commissari dell'inquisizione persero la pazienza minacciandolo di tortura se non avesse acconsentito a fare ammenda e abiura. Questa era la prassi in tutti i tribunali dell'epoca, anche quelli civili, e nel caso di Galileo è dubbio se dalle parole si sarebbe passati ai fatti. Ma la prospettiva dei tormenti fu sufficiente a far piegarela testa allo scienziato.
5. L'abiura e la fine
Il 22 giugno 1633, Galileo fece solenne confessione e abiura dei propri errori di fronte al tribunale al completo, meno i cardinali Gaspare Borgia, Zacchia e Francesco Barberini, un'assenza spiegabile dall'opportunità politica come da personali sentimenti d'amicizia. Lo scienziato fu condannato agli arresti domiciliari e alla recita di certe preghiere penitenziali, pena piuttosto mite (..."Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633").
L'eliocentrismo che lo aveva cacciato nei guai si sarebbe in seguito dimostrato esatto, ma all'epoca nessuno poteva saperlo; probabilmente neppure Galileo.Il guaio di Galileo fu di credersi più furbo dei suoi giudici, proceduristi puntigliosi quanto scafati uomini di mondo.
Una parte della sentenza del Tribunale Ecclesiastico recitava così: "Dichiariamo che tu Galileo ti sei reso veemente sospetto d'eresia. Ti condanniamo al carcere in questo Sant'Officio; e per penitenze salutari ti imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta alla settimana li sette salmi penitenziali".
Galileo Passò gli ultimi anni della sua vita a scontare la pena nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze, assistito dai suoi discepoli. Continuò a scrivere epubblicare; le autoriti ecclesiastiche chiudevano un occhio su queste attività. Rese iI fiato, l'8 gennaio 1642, ma l'opposizione della Santa Sede impedì la costruzione di una tomba adeguata.
Per quasi un secolo il corpo dell'astronomo rimase in un corridoio laterate nella basilica di Santa Croce a Firenze. Infine, nel 1737, durante il papato di Clemente XII, le ossa di Galileo furono traslate in un adeguato monumento funebre nella stessa basilica, con un busto scolpito da Giovanni Battista Foggina.
L'ABIURA DI GALILEO (Testo trascritto da Angela Cerinotti)
Io Galileo, fu Vincenzo Galilei, fiorentino, di anni 70, personalmente costituito in giudizio e inginocchiato davanti a voi Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali Inquisitori generali in tutta la Repubblica Cristiana contro la malvagità eretica; avendo davanti agli occhi i santi Vangeli, su cui poso le mani, giuro che ho sempre creduto, credo e con l'aiuto divino crederò per l'avvenire tutto ciò che accoglie, predica e insegna la Santa Chiesa Cattolica e Apostolica. Ma poiché questo Sant'Uffizio, per avere io, dopo essermi stato formalmente intimato con un precetto dello stesso di abbandonare completamente la falsa teoria che il Sole è centro del mondo e non si muove e la Terra non è centro del mondo e si muove, e di non mantenere, difendere ne insegnare in qualunque modo, ne a parole ne per iscritto, la suddetta falsa dottrina, e dopo essermi stato notificato che tale dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro in cui ne parlo pur essendo già stata condannata e porto argomenti efficaci a suo favore, senza prendere netta posizione, mi ha giudicato veramente sospetto di eresia, cioè di aver tenuto fermo e creduto che il Sole è centro del mondo e immobile e la Terra non ne è il centro e si muove, volendo cancellare dalla mente delle Vostre Eminenze e da quella di ogni cristiano questo grave sospetto, giustamente concepito contro di me, con cuore sincero e autentica fede abiuro, maledico e detesto i suddetti errori ed eresie e in generale ogni qualunque altro errore, eresia o setta contraria alla Santa Chiesa; e giuro che per l'avvenire non dirò mai più ne asserirò, ne a parole ne per iscritto, cose tali per cui possa rinascere su di me un tale sospetto, ma se m'imbatterò in qualche eretico o sospetto d'eresia, lo denuncerò a questo Sant'Uffizio, ovvero all'Inquisitore o Ordinario del luogo dove dovessi trovarmi.
Giuro altresì e prometto di adempiere e osservare interamente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno inflitte da questo Sant'Uffizio e che se, Dio non voglia, dovessi contravvenire in qualche modo alle mie promesse o ai miei giuramenti, mi sottometterò a tutte le pene e castighi previsti dal diritto canonico e dalle altre disposizioni generali e particolari previste e promulgate contro questi reati.
Mi possano in ciò aiutare Dio e i suoi santi Vangeli, su cui poso le mani. Io, suddetto Galileo Galilei, ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obbligato come sopra; e in fede della verità ho firmato di mio pugno il presente documento d'abiura e l'ho recitato parola per parola, a Roma, nel convento di S. Maria sopra Minerva, oggi, 22 giugno 1633.
Io, Galileo Galilei, ho sottoscritto la suddetta abiura, di mio pugno. (guarda foto)
Note
1564: | Galileo Galilei nasce a Pisa il 15 febbraio |
1581: | Si iscrive alla Facoltà di medicina a Pisa |
1583: | Dall'osservazione delle oscillazioni del pendolo del Duomo di Pisa formula la teoria dell'isocronismo del pendolo |
1588: | Ottiene una cattedra di matematica all'Università di Pisa. La manterrà fino al 1592 |
1592: | Ottiene una cattedra di matematica (geometria e astronomia) all'Universiti di Padova. |
1599: | Conosce Marina Gamba da cui avri tre figli: Maria Celeste, Arcangela e Vincenzo. |
1609: | Perfeziona il cannocchiale olandese e inizia a osservare il cosmo: diffonde la teoria dell'eliocentrismo. |
1638: | Galileo viene chiamato a Roma dove viene processato. E condannato per le sue teorie eretiche il 22 giugno. |
1642: | L'8 gennaio muore cieco nella sua casa di Arcetri dove era recluso da anni. |
La ricerca scientifica mette in luce ripetutamente fenomeni nuovi e insospettati e continuamente teorie radicalmente nuove sono state escogitate dagli scienziati. Nell’ambito dell’astronomia Aristotele poneva la Terra immobile al centro dell'universo e che intorno a essa le stelle e i pianeti compissero un complicato moto di rivoluzione, introducendo quella che poi diventerà una verità indiscutibile per tutto il primo millennio d.C., sostenuta sia da Tolomeo nel 180 d.C., ben quattro secoli dopo Aristotele, sia dalla Chiesa introducendo il concetto di antropocentrismo (l’ uomo al centro dell’universo).
Ci vollero più di 1500 anni, con l’arrivo di Copernico, l'astronomo e cosmologo polacco (1473-1543), a mettere in discussione la vecchia teoria ponendo il Sole al centro dell’universo. Egli elaborò un sistema eliocentrico o eliostatico che Galileo Galilei riprese il secolo successivo: il Sole fermo al centro dell'universo (sosteneva che la Terra non fosse il centro fisico del cosmo, ma solo uno dei tanti pianeti in orbita intorno al Sole). Galileo pose le basi della meccanica come spiegazione scientifica dei fenomeni del moto e si avvicinò alla formulazione del principio di inerzia.
In seguito a quest’ultima scoperta se ne svilupparono molte altre a catena: Tycho Brahe, l'astronomo danese (1546-1601) formulò un sistema del mondo, in parte eliocentrico e in parte geocentrico (Luna e Sole orbitanti intorno alla Terra). Keplero, poi, l'astronomo tedesco (1571-1630) sostenne la teoria copernicana avviando una revisione del modello geometrico dell’astronomia, e scopri la natura ellittica delle orbite planetarie e le leggi del moto su di esse.
Esopo si esprimeva mediante favole, Gesù con parabole, Galileo Galilei a
volte, per le sue scoperte astronomiche con anagrammi in latino, che
risultavano veri anche quando venivano male interpretati. Se la fine di
Esopo precipitato da una rupe dagli abitanti di Delfi, ricorda l’inizio
della vita pubblica di Gesù alla sinagoga di Nazaret. Il processo finale
di Galilei ha affinità con il processo subito da Gesù dal sinedrio
ebraico. Pur con i dovuti distinguo entrambi erano portatori di una
verità che in quel momento non potevano dimostrare compiutamente. I geni
hanno una vita simile, e spesso un volto somigliante. Galileo Galilei
oltre al nome, aveva da anziano un volto che ricorda nei lineamenti
quello della Sindone di Torino. Cfr. ebook/book di Ravecca Massimo. Tre
uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.