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Gossip Nobel

“Il mercante di morte è morto”.

Così titolava un giornale francese nel 1888 credendo erroneamente che un certo signore, morto improvvisamente a Cannes, fosse Alfred Nobel, il chimico e industriale svedese, inventore della dinamite.

Si trattava, in realtà, del fratello Ludvig.

Quel titolo scosse così profondamente Alfred Bernhard Nobel (1833-1896) che il 27 novembre 1895 decise che sarebbe stato ricordato diversamente: nel suo testamento stabilì che tutto il suo patrimonio (31 milioni di corone svedesi, circa 250 milioni di euro) fosse destinato a un premio per chi avesse apportato «considerevoli benefici all’umanità».

Il Premio Nobel ha più di cento anni: una lunga storia ricca di curiosità e aneddoti che vale la pena di raccontare. Partiamo dal nostro paese.

L’Italia, attraverso i suoi scienziati e letterati, si è aggiudicata venti volte il prestigioso riconoscimento: 6 sono stati i premi per la letteratura, 6 per la medicina, 5 per la fisica, 1 per la chimica, 1 per l’economia e 1 per la pace.

Ma l’Italia fu privata di un premio meritato. Dietro le quinte dell’assegnazione dei prestigiosi premi dell’Accademia di Svezia: un italiano defraudato, un vincitore defunto, Einstein bocciato e ripescato, intere famiglie premiate…

1. Un vincitore mancato

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Il Nobel per la Medicina del 2015, è stato assegnato alla ricercatrice cinese Youyou Tu, della China Academy of Traditional Chinese Medicine, per la scoperta di un farmaco contro la malaria.

Un impegno che riapre la controversia sul mancato riconoscimento del ruolo scientifico svolto da Giovanni Battista Grassi, nella foto accanto (1854-1925).

Alla sua ricerca sul ciclo vitale del plasmodio della malaria fu negato il Nobel a causa di sopravvenuti litigi con i commissari preposti all’assegnazione del premio.

La malaria in quegli anni imperversava anche in territorio italiano, mietendo molte vittime. Nel 1890, Grassi scoprì, nel sangue degli infetti da malaria, il Plasmodium vivax ma non riuscì a identificare le zanzare come vettori di trasmissione.

Sugli studi di Grassi lavorarono molti altri studiosi che gettarono le basi per comprendere il sistema di trasmissione della malattia. Tra questi vi fu il medico militare inglese Ronald Ross.

Grassi proseguì i suoi studi e, tra il 1891 e il 1892, isolò il parassita della malaria degli uccelli.

Il medico italiano, allora, cercò di ottenere un quadro più completo della relazione tra la presenza degli insetti e la mortale patologia, arrivando a isolare le zanzare del genere Anopheles identificate come portatrici della malattia.

Studiando il ciclo del plasmodio ottenne anche la prima trasmissione sperimentale. L ’auspicata campagna di disinfestazione promossa da Grassi permise di bonificare dalla malattia la zona di Ostia.

Ma il premio finì a Ronald Ross. Un Nobel che manca nella bacheca italiana!

2. Il vincitore più celebre e la grande assente

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  • Il vincitore più celebre
    Il premiato più famoso è senza dubbio Albert Einstein (nella foto accanto).
    Anche il suo riconoscimento però fu al centro di una controversia interna ai Comitato.
    È dal 1910 che il nome di Einstein compare tra le candidature. Ma Allvar Gullsstrand, membro del Comitato Nobel per la fisica, che raccoglie e valuta le candidature che vengono in seguito votate dall’Accademia delle Scienze, nutre forti perplessità sulla teoria della relatività e ogni anno, per parecchi anni, lo scarta.
    Nel 1919 però per gli oppositori del fisico tedesco le cose si mettono male perché una eclisse di Sole osservata da due spedizioni astronomiche ha fornito una forte prova a favore della relatività: la stampa si schiera a favore della teoria einsteiniana.
    Si scatena una vera e propria controversia: alcuni fisici si schierano contro una teoria non ancora supportata da esperimenti. Inoltre, il contesto politico e sociale, fortemente antisemita, ostacola l ’assegnazione del Nobel a Einstein.
    Il 1921 segna il punto di non ritorno: su 21 proposte per il Nobel per la fisica di quell’anno, Einstein riceve 14 preferenze.
    Il compito di vagliare la candidatura spetta comunque a Gusstrand, che rinnova la stroncatura. Il premio Nobel per la fisica del 1921 rimane in attesa di un legittimo detentore. Il regolamento lo ammette.
    Einstein ricevette il suo Nobel un anno dopo, nei 1922, per i suoi saggi di fisica teorica, e in particolare per la spiegazione dell’effetto fotoelettrico, un lavoro che non poteva essere contestato.
    Così Albert Einstein vide finalmente il suo nome iscritto nella storia della prestigiosa onorificenza.
    Ma il rapporto con il Nobel, per Einstein, rimarrà tormentato: non lo ritirerà alla cerimonia del 10 dicembre trovandosi in viaggio in Giappone e il compenso economico derivante dal premio andrà all’ex moglie così come pattuito in sede di separazione. Gli rimase la gloria.
  • La grande assente
    La prima assegnazione del premio Nobel risale al 1901 e da allora viene assegnato con continuità annuale.
    Il testamento dello scienziato e industriale svedese prevede cinque premi: Medicina e Fisiologia, Fisica, Chimica, Letteratura e Pace.
    Manca però quella che viene considerata la madre di tutte le discipline scientifiche: la matematica.
    Non esiste infatti un premio Nobel per la Matematica. La vulgata vuole che l’esclusione di questa disciplina sia dovuta a un tradimento della moglie di Nobel con il matematico svedese Magnus Gustaf Mittag-Leffler.
    Il risentimento del marito tradito avrebbe portato ad escludere la disciplina dai riconoscimenti.
    Una storia accattivante se non fosse per un particolare: Alfred Nobel non fu mai sposato e i suoi rapporti e quelli delle sue compagne con Mittag-Leffler furono rari se non totalmente assenti.
    Molti semplicemente pensano che Alfred Nobel ritenesse la matematica sottesa a tutte le discipline scientifiche e che preferisse le applicazioni pratiche.
    La matematica rimase esclusa e non ebbe un riconoscimento prestigioso equivalente sino al 1931 quando fu istituita la medaglia Fields.
    Nemmeno il premio per l’Economia fu contemplato da Alfred Nobel, ma dal 1969 la Banca di Svezia assegna il “premio per l’economia in memoria di Alfred Nobel", cosa che crea ancora fraintendimenti: è sbagliato, infatti, chiamarlo “Premio Nobel per l’Economia".

3. Regole e “The magic call”

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Il premio consta di un diploma e di una medaglia placcata in oro con l’effige di Alfred Nobel e in un contributo in denaro.

La Fondazione Nobel, che oggi cestisce il fondo, destina gli interessi maturati nei corso dell’anno al premio, il cui ammontare perciò è variabile.

Nel 1901 i vincitori ottennero 150 mila corone svedesi, nel 2008 la somma complessivamente stanziata fu di 10 milioni di corone (un milione di euro) mentre nel 2015 sono stati stanziati 8 milioni.

Con quelli del 2015 il numero totale dei premi Nobel assegnati sale a 573. Gli insigniti sono stati 900. Ma ci sono stati anni in cui alcuni premi non sono stati aggiudicati, sono rimasti orfani.

Il premio che è rimasto orfano più volte è quello per la pace (non assegnato per ben 19 volte), seguito da quello per la medicina (9), chimica (8), letteratura (7) e fisica (6).

Da quando è stato istituito, il premio per l'economia ha sempre trovato un vincitore. L’età media dei premiati è di 59 anni.

Il record di giovinezza, 17 anni, appartiene a Malala Yousafzai, vincitrice del premio per la pace nel 2014, mentre tra le discipline scientifiche va ricordato Lawrence Bragg, che si vide aggiudicare il premio per la fisica a 25 anni.

Il regolamento che determina l'attribuzione della prestigiosa onorificenza è severo e comporta un lungo iter. Gli annunci pubblici vengono fatti dall’Accademia di Svezia nei primi giorni di ottobre mentre la cerimonia di consegna, in presenza del re di Svezia, avviene a Stoccolma, il 10 dicembre, giorno della morte di Alfred Nobel. 

Fa eccezione il Nobel per la Pace, consegnato a Oslo. Dal 1974 il premio può essere assegnato solamente a persone viventi.

Il vincitore, secondo il regolamento, deve essere vivente alla data degli annunci pubblici e rimane il legittimo e unico detentore anche nel caso che la morte sopraggiunga prima della cerimonia di consegna del 10 dicembre.

L'unica eccezione a questa stringente regola si ebbe nel 2011, quando Ralph Steinman morì tre giorni prima dell’assegnazione. Il Comitato seppe della sua scomparsa solo ad annuncio fatto e il premio andò ai familiari.

Prima del 1974, il premio è stato assegnato postumo solo in due casi: si trattò del premio per la pace a Dag Hammarskjöld nel 1961 e del Nobel 1931 per la letteratura a Erik Axel Karlfeldt.

Come vengono avvisati i vincitori? Qualche ora prima dell'annuncio pubblico i membri dell’Accademia effettuano “the magic call”, la telefonata che ogni scienziato vorrebbe ricevere.

Il prefisso svedese è spesso anticipatore del contenuto della chiamata ma non sono mancati nel corso della storia episodi divertenti.

Nel 2013, nonostante le previsioni lo dessero per favorito, il giorno dell’annuncio Peter Higgs, privo di cellulare, andò a farsi una passeggiata. Niente telefonata. I media lo rintracciarono al suo rientro a giochi fatti.

Giornalisti e fotografi furono portatori della notizia anche per Saul Perlmutter, Nobel per la fisica, che fu svegliato dal trambusto nel cuore della notte.

Il fuso orario giocò un brutto scherzo anche il 10 ottobre 2012: Robert Lefkowitz, ricevette “the magic call” alle 3 del mattino ora californiana. Era a letto e a rispondere fu la moglie.

Paul Nurse, invece, era in una riunione di lavoro e aveva il cellulare spento. Fu avvisato che la riunione poteva essere sospesa e che doveva accendere il telefono.

4. Le “famiglie” Nobel

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Centoquattordici anni di premiazioni hanno visto molti uomini salire sul palco di Stoccolma. Solo 49 sono state le donne premiate.

Una delle donne più famose e importanti nella storia della scienza fu Marie Sklodowska Curie (nella foto accanto).

La Curie, infatti, fu l’unica donna ad ottenere il premio in due campi disciplinari diversi: per la Fisica nel 1903 e nel 1911 per la Chimica.

Un solo altro importante personaggio ottenne due differenti riconoscimenti, Linus Pauling: vinse Nobel per la chimica nel 1954 e dopo otto anni ebbe quello per la pace.

Marie Curie e Linus Riuliug rimangono a tutt’oggi gli unici ad aver vinto il premio in due aree distinte.

Tuttavia, contrariamente a quanto si pensa frequentemente, per conseguire il Nobel due volte non è necessario cambiare settore disciplinare.

Ne sono un esempio Frederic Sanger, che per due volte si vide riconoscere il premio Nobel per la chimica, nel 1958 e nel 1980, e John Bardeen che ricevette il Nobel per la fisica nel 1956 e nel 1972.

La famiglia Curie vanta però anche un altro primato. La figlia di Pierre e Marie, Irène Joliot-Curie, vinse il premio per la chimica, insieme con il marito Frédéric Joliot, per gli studi compiuti sulla radioattività nel 1935. Morì per la stessa causa della madre: una esposizione prolungata a sorgenti radioattive.

Le “famiglie Nobel" non si esauriscono con i Curie-Joliot. Nel 1947 i coniugi Cori si divisero a metà il premio per la medicina, lo stesso che nel 2014 si videro aggiudicato May-Britt e Edvard I. Moser “per le loro scoperte di cellule che costituiscono un sistema di posizionamento nel cervello".

Nel 1982 un’altra coppia salì agli allori: Alva Myrdal e Alfonso Garcia Robles furono Nobel per la pace. La storia centenaria del premio ha visto salire sei volte sul prestigioso palco di Stoccolma anche padri e figli.

Insieme ci salirono però solo nel 1915, quando Sir William Bragg e William Lawrence Bragg ritirarono il Nobel per la Fisica “per i loro servizi nell’analisi della struttura cristallina mediante i raggi X".

A distanza di 53 anni dal conferimento al grande Niels Bohr, il palco di Stoccolma vide protagonista il quarto dei suoi sei figli, Aage Niels Bohr, che vinse lo stesso premio.

Nel 1970 a Ulf von Euler (Medicina) toccò la stessa fortunata sorte che nel 1929 aveva avuto suo padre Hans Karl August Simon von Euler-Chelpin, che lo ritirò per la chimica.

Nel 2006 la storia si ripetè, e Roger D. Kornberg fu insignito del titolo per la chimica dopo che il padre, Arthur Kornberg, aveva ottenuto il Nobel 1959 per la medicina.

Ancora: Karl Manne Georg Siegbahn e il figlio Kai M. Siegbahn furono premiati per la fisica rispettivamente nel 1924 e nel 1981. Così come avvenne per Joseph John Thomson nel 1906 e George Paget Thomson, nel 1937.

È successo solo una volta che l ’Accademia di Svezia abbia premiato dei fratelli. Si tratta di Jan Tinbergen, che la Banca di Svezia riconobbe come meritevole del premio per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel nel 1969 e di Nikolaas Tinbergen vincitore del Nobel per la Medicina nel 1973, insieme con Konrad Lorenz.



5. Venti Italiani a Stoccolma

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Per venti volte il Nobel è stato tricolore. Ne troviamo la storia in due volumi coordinati dallo storico Angelo Varni (Università di Bologna) e pubblicati dal SEPS, il Segretariato Europeo per le Pubblicazioni Scientifiche.

In tutto 800 pagine, una trentina per ognuno dei nostri laureati a Stoccolma, che sono: 
- sei per la Letteratura (Giosuè Carducci, Maria Grazia Deledda, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Dario Fo),
- sei per la Medicina
(Camillo Golgi, Daniel Bovet, Salvador Luria, Renato Dulbecco, Rita Levi Montalcini (nella foto), Mario Capecchi)
- cinque per la Fisica (Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Emilio Segré, Carlo Rubbia, Riccardo Giacconi),
- uno per Chimica (Giulio Natta),
- uno per l’Economia (Franco Modigliani)
- e uno per la Pace (Ernesto Teodoro Moneta).

In più, il secondo volume accoglie anche Enrico Bombieri, unico matematico italiano vincitore di una Medaglia Fields, riconoscimento che è considerato il Nobel della matematica.

Ogni laureato è stato affidato a un biografo tra i più competenti del settore: ad esempio Paolo Mazzarello per Golgi, Gabriele Falciasecca per Marconi, Silvio Bergia per Fermi, Antonio Bertin per Rubbia, Laura Calzà per Rita Levi Montalcini, Bruno Marano per Giacconi.

IL SEPS è una associazione senza fini di lucro fondata nel 1989 in occasione del IX centenario dell’Università di Bologna ed è un organo consultivo del Consiglio d’Europa.

Ad oggi, ha contribuito alla pubblicazione di quasi 900 opere, collaborando con 400 editori di una quarantina di Paesi. La sua newsletter raggiunge seimila editori e istituzioni culturali internazionali.

Con "I Premi Nobel italiani" il SEPS ha voluto fornire un quadro documentato e organico del lavoro dei 20 più 1 laureati del nostro paese e “illustrare con chiarezza tutte le ragioni e le procedure che hanno portato alla premiazione: dalle motivazioni del premio alle conseguenze di più lungo periodo in ambito scientifico e sociale”.

C’è da sperare che un’opera come questa debba essere presto aggiornata allungando la lista dei venti laureati, ma i segnali non sono buoni.

Per ciò che riguarda le discipline scientifiche, le biografie ci dicono che molti premiati sono italiani solo se si guarda al luogo di nascita: Riccardo Giacconi è cittadino americano, idem Mario Capecchi. Emilio Segré prese la cittadinanza americana nel 1944, Franco Modigliani nel 1946, Salvador Luria nel 1947.

Renato Dulbecco tenne le due cittadinanze, italiana e americana. Daniel Bovet divenne italiano ma era nato in Svizzera. Solo Rita Levi Montalcini non volle mai allontanarsi dalle sue radici anagrafiche. E il futuro?

C’era la candidatura di Giacomo Rizzolatti per la scoperta dei neuroni specchio, ma bisogna ricordare che a Stoccolma rispettano anche una sorta di rotazione tematica.

Le neuroscienze non torneranno alla ribalta per una decina di anni dopo il Nobel assegnato nel 2014 a O’Keefe e ai coniugi Moser per la scoperta dei meccanismi di orientamento spaziale situati in quella parte del cervello che si chiama ippocampo.

Possiamo forse confidare in Giorgio Parisi per la fisica, nell’immunologo Alberto Mantovani o nel genetista Luigi Naldini per la Medicina (il suo impact factor è formidabile).

E poi abbiamo il chimico Vincenzo Balzani e i fisici Gabriele Veneziano e Sergio Ferrara e altri ancora, ma è meglio, scaramanticamente, non esagerare con le citazioni.






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