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I fantasmi più famosi della storia

Ogni città, ogni paese, ogni palazzo, ogni castello ha il suo: arriva di notte, si manifesta con urla o con un inquietante silenzio, per motivi spesso sconosciuti.

I fantasmi, dicono, sono le anime dei defunti rimaste intrappolate nel nostro mondo.

Morti in modo violento, vittime di castighi ingiusti, di omicidi o suicidi, tornano perché hanno lasciato dei conti in sospeso, o per dimostrare la loro innocenza (o la loro rabbia) a chi li ha condannati a quel triste destino.

Appartengono a persone di ogni tipo: famosi o ignoti, ricchi o poveri. E fra di loro si nascondono persino molti personaggi storici.

Sappiamo che nell’ottobre del 42 a.C. il fantasma di Giulio Cesare si presentò a Bruto, uno dei cesaricidi, alla vigilia della battaglia di Filippi, per preannunciargli la sconfitta.

Nel II secolo d.C., invece, il geografo Pausania descrisse l’apparizione dei due eserciti fantasma, greco e persiano, che si erano scontrati a Maratona nel 490 a.C.

Di nuovo nel 1570 il medico Ludwig Lavater raccontò che interi eserciti spettrali con tanto di urla e rumore di armi si sarebbero confrontati nel 1517 nella pianura lombarda di Agnadello, proprio dove otto anni prima era stata combattuta una battaglia tra l’esercito della Repubblica di Venezia e quello francese.

In Italia, Roma è certamente una delle città più ricche di antichi spiriti, ma se allarghiamo lo sguardo all’Europa non possiamo non citare la vecchia e inquieta Londra.

Senza dimenticare il Nuovo Mondo: la Casa Bianca, storica dimora presidenziale degli Stati Uniti, si dice continui a ospitare molti dei passati presidenti e delle loro mogli.

Oltre a un gatto demoniaco che vivrebbe nello scantinato e si manifesterebbe prima di imminenti disastri economici.

Che ci crediate o no, ecco come, dove e perché appaiono alcuni dei più famosi fantasmi della Storia.

1. Anna Bolena, Umberto I di Savoia e Gioacchino Murat

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La Bolena senza testa
Lo spettro più famoso della Torre di Londra è lei: Anna Bolena (1507-36), nella foto accanto, seconda moglie di re Enrico VIII. Fu lui il primo ad ammettere di aver visto lo spirito della ex moglie vagare con la propria testa sotto braccio.
Anna, disprezzata dal popolo e ritenuta una strega, fu una delle vittime del fedifrago monarca: dopo una figlia (la futura regina Elisabetta) e tre aborti, il re si convinse che non gli avrebbe mai dato il sospirato erede maschio.
Così, prima scelse la sua prossima compagna, poi accusò Anna di adulterio: la poveretta venne processata e condannata per incesto, stregoneria e alto tradimento. Il suo corpo, decapitato il 19 maggio 1536, fu sepolto nella cappella reale della Torre di Londra.
Tuttora il suo fantasma viene visto spesso vagare nei corridoi durante la notte, con o senza testa: nel 1864 fece persino svenire una guardia, mentre nel 1960 si intrattenne a conversare con il canonico e studioso della famiglia Tudor, William Sandford Pakenham Walsh.

Il “re buono” dei Savoia
Umberto I di Savoia (1844-1900) salì al trono nel 1878, alla morte del padre, il primo re d’Italia Vittorio Emanuele II. Ventidue anni dopo fu assassinato: il corpo venne sepolto all’interno del Pantheon, a Roma.
Ed è qui che nel 1930 un carabiniere che montava la guardia lo vide: facendosi avanti lentamente, il fantasma del re gli affidò un messaggio che il militare non volle mai rivelare. Rimase però una striatura sulla manica della sua camicia, proprio nel punto in cui lo spettro l’aveva sfiorato in segno di ringraziamento.
Il “re buono” (come venne soprannominato dopo l’epidemia di colera del 1884, quando scese in strada a Napoli per partecipare ai soccorsi) in vita non fu amato da tutti.
Fu infatti un acceso conservatore e nel 1898 diede l’avallo alla repressione dei moti popolari che si erano scatenati contro lo Stato nei primi sette mesi di quell’anno.
Per questa decisione molti non lo perdonarono mai: dopo alcuni tentativi andati a vuoto, Umberto I fu assassinato a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci.

Murat, il vendicativo
Gioacchino Murat (1767-1815), maresciallo dell’Impero francese e cognato di Napoleone, morì fucilato dai soldati di Ferdinando I di Borbone, re di Napoli e di Sicilia, nel Castello Aragonese di Pizzo Calabro (Vibo Valentia). Era il 1815.
Qui, da allora, il suo fantasma si aggirerebbe in eterna ricerca di vendetta. All’indomani della sconfitta francese a Waterloo, Murat stava tentando di recuperare da solo il regno perduto nel 1808. Dirottato da una tempesta in Calabria, nel porticciolo di Pizzo, era stato fatto prigioniero dal re delle Due Sicilie. 
Secondo una delle varie versioni della leggenda, venne sepolto nella navata della chiesa di San Giorgio, che aveva fatto costruire cinque anni prima: proprio in questo edificio sacro, dove una donna vide volteggiare il fantasma di Murat coperto da un manto di ermellino, secondo la gente di Pizzo Calabro può capitare di udire rumori di catene e una voce cavernosa d’oltretomba che parla una lingua incomprensibile.

2. Barbarossa, Giordano Bruno e i figli Edoardo IV

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Il Barbarossa nel maniero
Dal suo sperone roccioso, la torre del castello di Oramala domina la valle Staffora (Pavia).
Chi abita ai piedi del maniero afferma che spesso, in autunno e in inverno, da lì vengono strani rumori: il clangore delle armi, lo scalpitio degli zoccoli di cavalli al galoppo, voci, echi delle violente battaglie combattute nel XII secolo tra gli eserciti di Federico Barbarossa (1122-1190), nella foto accanto, e quelli dei Comuni che contrastarono l’imperatore del Sacro romano impero.
Ogni 25 dicembre a mezzanotte, inoltre, nella terza sala della torre, pare che la luce si accenda da sola, per poi spegnersi dopo alcune ore.
Due sarebbero gli spiriti che si incontrano in questa occasione di fronte al grande camino: il fantasma del Barbarossa e quello di Obizzo Malaspina, antico proprietario del castello, a colloquio come la notte del 1167 in cui il marchese ospitò l’imperatore dopo averlo aiutato a raggiungere Pavia e a sfuggire ai bellicosi pontremolesi.

Bizzoso Giordano Bruno
Pare che a Venezia, la notte di ogni 17 febbraio, le tubature dell’acqua e i rubinetti di Ca’ Mocenigo Vecchia si guastino inspiegabilmente.
L’artefice di tanti fastidi si mostra solo alle donne con più di 85 anni: il suo viso, avvolto dalle fiamme, comparirebbe all’ultima finestra dell’ultimo piano del palazzo affacciato sulla laguna.
È proprio in quel solaio, infatti, che il frate domenicano Giordano Bruno (1548-1600) trascorse le sue ultime ore, prima di essere arrestato dall’Inquisizione. A denunciarlo per blasfemia ed eresia fu il padrone di casa, il nobile Giovanni Mocenigo, che lo aveva invitato per apprendere “li secreti della memoria e li altri che egli professa”.
Bruno, da tempo ai ferri corti con le autorità ecclesiastiche per le sue teorie filosofiche, venne affidato all’Inquisizione romana. Rinchiuso nelle carceri del Palazzo del Sant’Uffizio, dopo anni di torture il 17 febbraio 1600 fu denudato, legato a un palo e arso vivo in Campo de’ Fiori, a Roma: le sue ceneri vennero poi gettate nel Tevere. Fuoco e acqua in eterno.

I due figli del re d’Inghilterra
Il re d’Inghilterra Edoardo IV (1442-1483) morì improvvisamente nell’aprile del 1483: suo figlio, il principe Edoardo V, di appena 12 anni, avrebbe dovuto succedergli al trono, se non fosse che con un’abile manovra politica il matrimonio del vecchio re fu invalidato e il principino e suo fratello minore Riccardo dichiarati illegittimi e ineleggibili.
Lo zio dei bambini, il duca di Gloucester, che già governava come reggente, ottenne così la corona e il nome di Riccardo III. Da allora nessuno vide più in pubblico i suoi nipoti, alloggiati negli appartamenti reali della Torre di Londra.
Tra i popolani correva voce che fossero stati uccisi per ordine del nuovo re, ma solo due secoli più tardi, nel 1674, sotto una scala della White Tower alcuni operai trovarono una scatola ben nascosta, che conteneva gli scheletri di due bambini.
Nelle camere che erano state dei principini sono stati visti più volte due giovanissimi fantasmi in camicia da notte bianca. Si abbracciano stretti l’uno all’altro, terrorizzati, e poi svaniscono attraverso le fredde pareti di pietra della fortezza.

3. Berenice, Bianca Lancia e Abraham Lincoln

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Berenice la meretrice
Berenice e Tito si amavano: lei era la figlia del re di Cilicia, allora provincia romana, lui un generale dell’esercito di Roma, figlio dell’imperatore Vespasiano e suo successore.
Si erano conosciuti intorno al 68 d.C., mentre Tito combatteva i ribelli in Giudea, e a Gerusalemme cominciò la loro relazione. Al suo rientro in patria, nel 71, il generale fu accolto in trionfo, ma così non fu per la sua amante.
Poco importava che Tito avesse già due matrimoni alle spalle: quel che destava scandalo agli occhi degli abitanti dell’Urbe era la vita sentimentale di quella che soprannominarono “Berenice la meretrice”.
La donna si era sposata tre volte e si diceva mantenesse anche una relazione incestuosa con il proprio fratello: 8 anni dopo, quando Vespasiano morì, i Romani costrinsero il neoeletto imperatore a scegliere tra l’amore e il potere.
Tito scelse il secondo e suo malgrado rispedì l’amante in Cilicia (Turchia). Di lì a un paio d’anni la donna morì. Ed è proprio in cerca del perduto amore che il fantasma di lei vaga di notte, a Roma, nei pressi del Portico di Ottavia.

L’amante di Federico II
Ogni volta che il suo fantasma appare sulle mura, il cortile del castello di Gioia del Colle (Bari) si riempie di gemiti e sospiri: è la nobile Bianca Lancia (1210-1250 ca.) che piange la sua sorte.
Secondo la leggenda, infatti, la nobildonna, amante dell’imperatore Federico II di Svevia, si suicidò nella torre del maniero dove l’aveva imprigionata il suo uomo, convinto che l’amata stesse per partorire il frutto di un adulterio. Si dice si fossero conosciuti il giorno delle nozze tra l’imperatore e Jolanda di Brienne.
La loro relazione era proseguita anche dopo il successivo matrimonio del sovrano con Isabella d’Inghilterra: insieme i due amanti ebbero tre figli e secondo alcuni cronisti si sposarono segretamente intorno al 1247, dopo la morte di Isabella e poco prima di quella di Bianca.
Una macabra leggenda racconta che dopo aver partorito lassù tutta sola, per vendicarsi dell’uomo che l’aveva ingiustamente privata della libertà la donna si tagliò i seni e, prima di morire dissanguata, li gettò dalla finestra insieme a suo figlio.

Lo spettro del presidente
Composta da oltre cento stanze, una quarantina di corridoi e una ventina di bagni, molti sostengono che la Casa Bianca non ospiti solo la famiglia del presidente americano, ma anche gli spettri di parecchi suoi predecessori.
Il più assiduo sarebbe il fantasma di Abraham Lincoln (1809-1865), nella foto, il sedicesimo presidente statunitense assassinato al Ford’s Theatre di Washington.
Nel 1942, la Regina Guglielmina d’Olanda, ospite del presidente Roosevelt, venne svegliata da un leggero bussare alla porta: quando aprì disse di essere svenuta dopo essersi trovata di fronte il fantasma di Lincoln.
Altri ospiti della Casa Bianca lo hanno visto seduto in poltrona, in cima alle scale che portano al terzo piano, o con lo sguardo perso oltre la finestra, nella stanza ovale gialla. Eleanor Roosevelt invece lo incontrò mentre passeggiava per i corridoi del secondo piano.

4. Messalina, Lenin e Jane Grey

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L’amante di mezza Roma
Il fantasma di Valeria Messalina (25-48), terza moglie dell’imperatore Claudio, vaga di notte nel parco del Colle Oppio, presso la Domus Aurea che Nerone, il figlio della sua acerrima rivale, avrebbe iniziato a costruire sedici anni dopo la sua morte.
Si dice si aggiri in questi luoghi alla ricerca di focose avventure: proprio come faceva da viva, quando, avvolta in un mantello pare scivolasse nelle vie più lascive di Roma in cerca di amori.
Appena quattordicenne l’avevano costretta a sposare il cugino di sua madre, 50 anni suonati: tanto era bastato alle malelingue per descriverla come una insaziabile divoratrice di uomini. “Se la tua morte sarà pianta da tutti i tuoi amanti, piangerà mezza Roma!”, la irrise il tribuno militare che la trafisse con la spada per ordine di Claudio.
La giovane fu uccisa ufficialmente per essersi sposata con un amante durante una festa dionisiaca, più realisticamente per motivi politici.

Il padre della rivoluzione
Lenin (1870-1924), nella foto, leader del partito bolscevico, morì il 21 gennaio del 1924. Ma, caso piuttosto raro, il suo fantasma comparve già prima della sua dipartita, nella notte tra il 18 e il 19 ottobre 1923.
Lo videro diverse persone nel palazzo del Cremlino, a Mosca, privo di scorta e senza il bastone che all’epoca gli era indispensabile per camminare: dopo essere salito nel suo appartamento, si era poi recato nello studio, nella sala delle riunioni del Consiglio e infine in cortile.
Qui un gruppo di cadetti lo aveva salutato, senza sapere che in quel preciso momento il padre della rivoluzione proletaria russa in carne e ossa si trovava nella città di Gorkij, l’attuale Nizhnyj Novgorod, malato e semiparalizzato da due ictus.
Nessuno riuscì mai a trovare una spiegazione plausibile, nemmeno ai rumori di passi e di mobili spostati che, dopo la sua morte, furono spesso uditi provenire, di notte, dai suoi appartamenti. Li sentirono persino un vecchio colonnello del Kgb e, nell’estate del 1993, il capo dell’amministrazione di Eltsin, Sergej Filatov.

Regina per nove giorni
Il 12 febbraio 1957 due guardie della Torre di Londra videro una donna spettrale materializzarsi sul tetto della Salt Tower: quel giorno cadeva il quattrocentotreesimo anniversario dell’esecuzione di Jane Grey (1537-1554), regina d’Inghilterra per soli nove giorni, tra il 10 e il 19 luglio 1553.
Si dice che il suo fantasma appaia ogni anno in quel giorno, mentre quello del marito, Guilford Dudley, è stato spesso visto piangere nella Beauchamp Tower.
Lady Jane aveva appena 17 anni quando fu giustiziata: pronipote del re Enrico VIII e di fede anglicana, grazie agli intrallazzi politici del suocero e dei genitori venne designata successore al trono dal cugino, il re Edoardo VI.
Ma dopo la sua incoronazione, il popolo inglese insorse a favore della legittima erede, la cattolica Maria. Che si riprese il trono e imprigionò Jane nella Torre di Londra insieme al marito. La coppia rimase reclusa per otto mesi, poi, per non rischiare una rivolta dei protestanti, Maria li condannò a morte: furono entrambi decapitati.



5. Caterina Sforza, Branca Doria e Olimpia Pamphili

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La contessa Caterina
Contessa di Imola e Forlì, non ha mai smesso di abitare le sue proprietà: anche dopo la morte, nel 1509.
Feroce, coraggiosa e risoluta com’era in vita, alcuni hanno visto Caterina Sforza (1463-1509), nella foto accanto, da spettro, gettarsi fuori dal Castello di Picandoli armata di lancia, proprio come fece nel 1499, incitando indomita i suoi a resistere all’assedio di Cesare Borgia.
Nel castello di famiglia, a Imola, vagherebbe invece per spaventare gli incauti che osano avvicinarsi a una stretta e buia scaletta, che secondo alcuni era l’accesso alla sua dimora segreta e a una enorme cassa d’oro.
Sulla crudeltà di Caterina le leggende abbondano: pare facesse gettare su lame affilate sistemate in fondo a un pozzo gli ospiti indesiderati, che fosse una strega e si intendesse di alchimia. E infatti non manca chi giura di averla vista affacciata alle finestre del castello, durante le notti di Luna piena, per scrutare il futuro negli astri.

Doria in tunica
Certe notti, vestito con una tunica color porpora, compare a pochi passi da casa sua, nella piazza antistante San Matteo, a Genova.
Da lì si dirige all’interno della chiesa, dove lascia una striatura rossa di sangue sulla colonna dietro cui scompare. È il fantasma di Branca Doria (1233-1325), nobile membro di una delle più importanti e antiche famiglie genovesi.
Ambizioso e privo di scrupoli, disposto a tutto per un po’ di potere, intorno al 1290, o forse un decennio prima, Branca fece uccidere e tagliare a pezzi il suocero Michele Zanche, dopo averlo invitato a un banchetto nella sua tenuta.
Lo scopo: subentrargli nel ruolo di monarca del giudicato di Logudoro, uno degli Stati indipendenti in cui all’epoca era divisa la Sardegna. La sua gloria si spense proprio lì dove aveva usurpato il titolo: nel 1323 morì ucciso brutalmente durante una sommossa a Sassari.
Ma ben prima della sua morte ci pensò Dante, nella sua Commedia, a spedirlo all’Inferno, mettendolo fra i traditori degli ospiti.

Arriva la Pimpaccia!
La notte dopo l’Epifania, i romani che conoscono questa leggenda attraversano piazza Navona con un po’ di inquietudine: potrebbe comparire Olimpia Pamphili (1594-1657), la “Pimpaccia”, che sghignazza diabolica in una corsa folle a bordo della sua carrozza fantasma.
Avvolto dalle fiamme e trainato da cavalli neri fino a Villa Pamphili, il cocchio infine sprofonda in una voragine infuocata. La carrozza è la stessa su cui la donna scappò dal Vaticano con due casse piene d’oro, il 7 gennaio 1655, subito dopo la morte di papa Innocenzo X, suo cognato e, pare, amante.
Avida e astuta, nata in una famiglia patrizia né troppo nobile né troppo ricca, Olimpia aveva sempre puntato in alto: vedova, dopo due matrimoni di interesse si legò al cognato, il cardinale Giovan Battista Pamphili.
Diventata la sua principale sostenitrice economica, lo fece eleggere papa nel 1644, ottenendo in cambio il titolo di principessa e una grandissima influenza.
Alessandro VII, il nuovo pontefice, la esiliò a San Martino al Cimino, dove la Pimpaccia si godette i suoi tesori fino a che la peste non se la portò via.






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