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I parassiti del gatto, dalla A alla Z

Con l’arrivo della bella stagione si ripresenta l’annoso problema dei parassiti.

La salute di un gatto passa anche e soprattutto attraverso la prevenzione.

Le vaccinazioni contro le malattie più comuni non sono però sufficienti a garantire al micio un buono stato di salute, poiché va anche protetto da una serie di parassiti, più o meno aggressivi e più o meno visibili, che infestano l’ambiente che ci circonda e che possono arrivare a causare anche problemi molto seri.

E poco importa se l’animale è libero di uscire o resta in casa tutto il giorno, poiché purtroppo i parassiti possono essere nell’acqua che bevono, nel cibo, volare oppure essere inconsapevolmente introdotti nell’ambiente casalingo da un visitatore e da noi stessi.

Il pensiero corre subito alle pulci, piccoli esserini marrone scuro, che possono essere fonte di innocue grattatine fino a scatenare dermatiti importanti e di difficile cura.

Ecco perché conoscere i nemici è importante e ci aiuta a difenderci da loro nel migliore dei modi. Innanzitutto è bene sapere che i parassiti possono essere davvero tanti e che sono egualmente pericolosi nelle loro due forme più classiche: esterni, a volte più facilmente individuabili, che interni.

Ecco, quindi, un piccolo dizionario dei parassiti più comuni. Facciamo il punto su cosa sono e come si combattono!

 

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1. ACARI E PULCI

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- ACARI

Gli acari sono esseri minuscoli che camminano sulla cute del gatto e che si nutrono di forfora, di squame di pelle morta e di altre sostanze presenti sul pelo, molto raramente di sangue (cosa comune nell’acaro rosso).
Queste fastidiosissime bestiole, se presenti in grandi quantità, possono causare seri problemi dermatologici come certi tipi di rogna e scabbia.
Spesso si annidano nelle orecchie e sono facilmente individuabili grazie a depositi nerastri a puntini che possiamo vedere anche a occhio nudo: per questo è molto importante guardare con una certa frequenza i padiglioni auricolari dei nostri animali.
Non è un problema da prendere sottogamba perché se vengono trascurati potrebbero causare danni al condotto uditivo fino al timpano, che potrebbe venire danneggiato arrivando a causare sordità.
Altra complicanza dell’otoacariasi, ossia l’accumulo di acari nelle orecchie, è la cosiddetta otoematoma, in cui il gatto, grattandosi furiosamente, arriva a spaccare i capillari dell’orecchio causando fuoriuscita di sangue che si infetta.
La cura ovviamente deve essere farmacologica e prescritta da un veterinario poiché questi animaletti pestiferi sono davvero molto resistenti e possono riprodursi velocemente: non è quindi sufficiente la rimozione della parte scura del cerume.
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- PULCI

Le pulci sono degli insetti minuscoli che si nutrono del sangue del gatto e che possono, nel giro di poche ore, infestare un intero appartamento.
Anche se sono sempre presenti nell’ambiente circostante, va tenuto presente che le colonie si fanno più numerose e attive all’inizio della stagione tiepida, vale a dire durante i mesi di marzo e aprile.
Va però detto che il clima dei nostri appartamenti fornisce loro un habitat sempre adatto alla sopravvivenza e alla proliferazione.
Tenendo poi presente che ogni pulce femmina può deporre circa 2000 uova nell’arco della sua brevissima esistenza (meno di un mese) non si fa certo fatica a immaginare quanto un’infestazione non sia cosa improbabile.
Al di là del prurito causato dalle morsicature e dalla reazione dell’organismo alla saliva di questi piccoli esseri pestiferi, bisogna ricordare che sono diverse le malattie causate dalla loro presenza, tra cui dermatiti (che possono diventare anche molto gravi se il soggetto infestato è allergico), la trasmissione della tenia (trasmessa attraverso l’ingestione della pulce) e dell’emobartonellosi (patologia dai sintomi piuttosto gravi che va affrontata con una cura antibiotica). I
noltre, va ricordato che alcuni gatti sviluppano ipersensibilità nei confronti della loro saliva: in questi casi la presenza di pochi parassiti basta a scatenare gravi dermatiti, che si manifestano con prurito intenso, perdita del pelo e formazioni di croste in varie parti del corpo.
Non solo, la pulce può anche essere veicolo di una tenia molto diffusa, il Dipylidium caninum, verme piatto lungo 25-80 cm e largo 3-5mm che si localizza nell’intestino tenue.
Le proglottidi (parti mature del verme) sono in grado di fuoriuscire spontaneamente dall’ano e spesso si ritrovano secche, simili a chicchi di riso, tra i peli del sottocoda. Questo parassita colpisce anche il cane e, seppur raramente, l’uomo.
Per finire, la pulce, insieme alla saliva del gatto che morde e graffia l’uomo, è anche responsabile della cosiddetta “malattia da graffio di gatto”, causata quasi sempre dal Bartonella henselae, microrganismo che nel felino non provoca sintomi particolari, ma che nell’umano è invece responsabile di lesioni limitate al luogo di inoculazione e ai linfonodi circostanti, ma che possono essere molto gravi, interessando altri organi, soprattutto in persone con sistema immunitario depresso.
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2. FUNGHI

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Tra le malattie più comuni che i nostri amici felini possono trasmettersi e trasmetterci ci sono le micosi cutanee.

I responsabili di questi guai epidermici sono funghi microscopici appartenenti a diversi generi e specie, anche se il Microsporum canis è il quello di gran lunga più frequente, che proliferano sullo strato più superficiale della pelle, oltre che nella cheratina dei peli e delle unghie.

Non sono malattie particolarmente pericolose ma è bene prestare loro molta attenzione perché i sintomi non sono sempre evidenti e le conseguenze sulla nostra salute potrebbero essere piuttosto fastidiose.

Il gatto può contrarre queste micosi per contatto diretto con un soggetto malato o un portatore, come anche per via indiretta perché le spore del fungo possono essere presenti su spazzole, collari e coperte entrate in contatto con soggetti malati.

Sebbene la malattia possa manifestarsi in tanti modi diversi, nelle forme più tipiche e frequenti il proprietario potrebbe notare delle aree prive o carenti di pelo in qualunque parte del corpo, anche se le zone generalmente più colpite sono la testa e gli arti.

Queste aree spesso presentano anche una desquamazione forforacea, spesso con assenza di prurito specie nelle forme iniziali non complicate da altre infezioni.

Tuttavia, va ricordato che si tratta di una malattia molto subdola, poiché a volte queste lesioni sono talmente piccole da passare completamente inosservate, specie nelle razze a pelo lungo, fino al caso limite del “portatore asintomatico”, vale a dire di un animale apparentemente sano che non manifesta nessun sintomo visibile o riscontrabile in una semplice visita clinica, ma che potrebbe averla attaccata al cane di casa, a un altro gatto e perfino al proprietario.

In questo caso sarà il nostro dermatologo a darci l’allarme e a richiedere una visita approfondita sul possibile “untore”. Statisticamente sono più colpiti i gatti molto giovani oppure molto anziani, quelli in cattivo stato di nutrizione, quelli affetti da depressione del sistema immunitario, vuoi per malattie virali, tumorali o prolungate terapie cortisoniche. Anche la vita in comunità feline, colonie e allevamenti, è un fattore predisponente il contagio.

Se nelle forme più tipiche la semplice visita indirizza il veterinario verso la diagnosi di micosi, per la conferma sono disponibili diverse metodiche, che si rendono indispensabili nei casi dubbi e asintomatici e che comunque devono sempre essere prese in considerazione in presenza di lesioni dermatologiche feline.

Tra queste vanno ricordate l’esame alla luce ultravioletta della lampada di Wood, l’esame microscopico del pelo e l’esame colturale del pelo e scaglie cutanee, seminati su terreni specifici per l’individuazione dei funghi patogeni.

Il gatto, sebbene molto più raramente, può anche contrarre le cosiddette micosi profonde, causate da altri agenti che solitamente vivono nel terreno a che possono penetrare attraverso ferite cutanee, anche molto piccole, dando origine alle micosi sottocutanee o che possono essere inalate provocando forme che interessano l’apparato respiratorio.

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COME COMBATTERE I FUNGHI
Poiché le spore del fungo possono essere presenti su tutto il corpo dell’animale malato, l’uso di lozioni o pomate è di limitata utilità. Si può quindi ricorrere alla somministrazione per via orale di antibiotici come la griseofulvina o di derivati del konazolo.
Con questi ultimi è anche possibile una terapia di spugnature su tutto il corpo. Particolare attenzione anche alla disinfezione dell’ambiente che circonda l’animale, vale a dire di casa nostra, con molta attenzione per quanto riguarda i pettini e le spazzole che solitamente usiamo per la toelettatura del micio, poiché le spore sopravvivono per lungo tempo nell’ambiente e sono causa di reinfezione.
1. La tigna è un'infezione della pelle dovuta a un fungo, spesso trasmesso per contatto diretto da cani o gatti che ne sono affetti ma anche da altre persone malate.
2. Ha un periodo di incubazione che solitamente varia dai 5 ai 10 giorni.
3. Nella maggior parte dei casi si manifesta con la comparsa di chiazze rosa di circa 2 o 3 cm a forma di anello, con un centro più chiaro e un bordo leggermente rilevato e squamato, tendenti a crescere se trascurate e leggermente pruriginose.
4. Appena si nota la comparsa del sintomo bisogna recarsi dal medico di famiglia o da un dermatologo che prescriverà una terapia solitamente a base di pomate antifungine.

 

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3. VERMI

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A tutti i proprietari di gatti sarà capitato almeno una volta di sentir parlare di parassiti interni, soprattutto a chi si è appena portato a casa un micino, magari trovatello, con un bel pancione gonfio da sverminare. I vermi intestinali sono conosciuti come “nematodi” (tondi) e “cestodi” (piatti).

I primi sono quelli più comuni soprattutto tra i cuccioli poiché si diffondono attraverso le feci, ma anche attraverso l'allattamento.

Non è difficile individuarli poiché spesso sono abbastanza visibili nelle feci ma anche perché causano un vistoso gonfiore dell’addome dell’animale infetto. Chiaramente anche in questo caso è fondamentale l’intervento del medico per capire quale sia il modo migliore per eliminarli.

Poi c’è un altro verme, molto popolare, conosciuto come “verme solitario” o “tenia”. Si tratta di un parassita pluricellulare bianchiccio, dalla forma piatta, che si rintana nell'intestino e ci si aggrappa grazie ad alcuni uncini appuntiti.

Fa parte della classe dei cestoidi e può raggiungere fino ai 70 cm di lunghezza e rilascia nelle feci parti del suo stesso organismo, che poi altro non sono che le uova. Causa il rapido dimagrimento dell’animale poiché sottrae le sostanze nutritive che entrano nell'intestino. Il contagio può avvenire per ingestione delle uova, ma anche da pulci e morsi in prossimità del condotto anale del micio.

Sicuramente più raro è un altro tipo di parassita interno, ben più pericoloso, che può annidarsi nell’apparato respiratorio causando patologie a volte fatali. Parliamo dell’Aelurostrongylus abstrusus, un verme di piccole dimensioni, le cui femmine raggiungono i 9,8 mm, mentre i maschi sono di poco più piccoli, con un diametro di 55-80 micron, in grado di annidarsi nelle più piccole diramazioni dell’apparato respiratorio.

È quindi un parassita interno le cui uova vengono deposte nell’apparato respiratorio del gatto per poi trasformarsi in microscopiche larve che risalgono le vie bronchiali fino alla trachea, fino ad arrivare alla faringe ed essere deglutite. Dopo un lungo viaggio attraverso l’intestino, raggiungono il mondo esterno con l’espulsione delle feci.

Per completare la loro metamorfosi le larve devono infatti essere ingerite da un mollusco gasteropode terrestre, come una lumaca o una chiocciola, per poi essere ingerite nuovamente dal gatto. Dal momento che solitamente i gatti non si cibano di lumache, ecco che entrano in gioco altri animali che invece ne vanno ghiotti: uccelli, anfibi, rettili e topi.

Questi ospiti prendono il nome di “ospiti paratenici”, sorta di vettori passivi dell’infestazione in cui il parassita non evolve standosene buono buono. Questi vettori sono le tipiche prede dei gatti...

Ed è a questo punto che rincomincia il lungo e avventuroso viaggio dell’Aelurostrongylus abstrusus: una volta ingerite e trasferite nell’apparato digerente del gatto, le larve perforano la parete intestinale per poter raggiungere per via linfatica la parte destra del cuore, dalla quale raggiungono l’apparato respiratorio, ossia il luogo adatto per completare il loro ciclo evolutivo.

L’infezione causata da questo verme, chiamata “strongilosi polmonare”, causa lesioni costituite da noduli sui polmoni, sotto la pleura, di dimensioni da 1 mm fino a 1 cm, di colorito bianco-grigiastro, che talvolta possono unirsi tra loro. Le manifestazioni esterne sono tipicamente di aspetto respiratorio: tosse ricorrente, difficoltà respiratorie, simili alle crisi asmatiformi.

COME SI CURANO I VERMI
La cura della strongilosi polmonare consiste nella somministrazione per via orale di farmaci antiparassitari, tra i quali uno dei più usati è il febendazolo. La terapia, a differenza delle parassitosi intestinali, è piuttosto lunga e spesso richiede anche l’intervento di altri farmaci per controllare i disturbi respiratori.
Va comunque ricordato che questa infestazione, praticamente inesistente nei gatti d’appartamento, è invece presente, e spesso sottostimata, negli animali che conducono una vita anche, o solo, all’esterno, in grado quindi di mettere in atto l’innato istinto predatorio.

 

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4. ZANZARA

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"Filaria" è un termine assai noto ai proprietari dei cani, specialmente se vivono in zone dove la filariosi cardiopolmonare è endemica, come ad esempio la Pianura Padana, non altrettanto si può dire per i padroni dei gatti, anche perché per molti anni questa malattia è stata ampiamente sottovalutata nella popolazione felina.

In effetti il verme che la causa è un parassita tipico del cane, come anche del lupo e della volpe, ma che talvolta può interessare anche il gatto, con conseguenze molto gravi. Vediamo insieme di cosa si tratta.

Il subdolo responsabile della malattia di cui parliamo è la dirofilaria immitis, un verme sottile che può raggiungere i 15-30 cm di lunghezza nelle femmine (la metà il maschio) e che da adulto vive nella parte destra del cuore e nell’arteria polmonare.

Può vivere indisturbato alcuni anni, in colonie di decine di esemplari che riproducendosi generano una miriade di larve microscopiche (microfilarie) che entrano nel circolo sanguigno in attesa che una zanzara punga il cane.

Queste larve, aspirate col sangue, all’interno del corpo della zanzara subiscono poi alcune trasformazioni che le rendono pronte per essere nuovamente iniettate nel corpo di un nuovo ospite quando la zanzara punge un altro cane.

Alle larve trasformate non resta dunque che raggiungere il cuore ed accrescersi fino al momento della riproduzione: dalla puntura della zanzara possono trascorrere circa sei mesi.

I danni cardiaci del cane colpito possono essere trascurabili ma anche letali, a seconda del numero di parassiti presenti e delle condizioni generali dell’animale. Esattamente come per il cane anche per il gatto è la zanzara il veicolo della malattia, che segue le stesse modalità di sviluppo.

La differenza sta nel fatto che il felino non è l’ospite più adatto per la filaria: nel gatto infatti si trovano solitamente un numero di parassiti minore rispetto al cane.

Oltretutto sono di dimensioni minori, vivono non più di due o tre anni (la metà di quelle del cane) e solo eccezionalmente riescono a riprodursi, ragion per cui è rarissimo trovare le larve microscopiche nel sangue del gatto.

Tutto ciò non significa però che la malattia nel felino sia meno grave, anzi è vero il contrario. Il sintomo più frequente che permette al veterinario di sviluppare un sospetto plausibile è la tosse, seguita da difficoltà respiratorie, perdita di peso, a volte accompagnata da vomito e manifestazioni neurologiche.

Non è insolita la morte improvvisa in assenza di alcun sintomo. La diagnosi precisa è consentita solo tramite esame del sangue, attraverso il quale è possibile scoprire la malattia grazie alla presenza di anticorpi specifici mentre, a differenza del cane, è insolito riscontrare le microfilarie.

L’esame ecocardiografico può invece evidenziare con certezza le filarie nel cuore e nell’arteria polmonare.

PREVENIRE È MEGLIO
Nel gatto a tutt’oggi non esiste, senza eccessivi rischi, una terapia mirata all’eliminazione del parassita adulto, come è invece possibile nel cane. Si può solo praticare una terapia di supporto ai sintomi presenti.
Fortunatamente, invece, è possibile un’efficace forma di prevenzione con la somministrazione mensile di appositi farmaci per via orale o in soluzione da applicare sulla cute. Tale prevenzione durerà per tutto il periodo di presenza delle zanzare.

 





5. ZECCHE

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Le zecche, come le pulci, sono insetti che si nutrono del sangue degli animali.

A differenza delle colleghe sono però più grosse, spesso visibili a occhio nudo.

È difficile che si attacchino al gatto, ma per quei soggetti liberi di muoversi in prati e boschi o che stanno a contatto con cani liberi di uscire il rischio è comunque da non sottovalutare.

Quando si attaccano alla pelle del loro ospite per succhiare il sangue di cui si nutrono, le zecche affondano nella pelle il loro rostro e incominciano a immagazzinare nutrimento raggiungendo anche una dimensione 200 volte maggiore a quella originaria.

A parte i problemi di anemia legati alla perdita di sangue, soprattutto in casi di vera e propria infestazione, le zecche possono essere portatrici di patologie serie come la cosiddetta malattia di Lyme o Borrelliosi (infezione batterica che colpisce le articolazioni, il sistema nervoso, gli organi interni e la pelle).

Esistono tanti sistemi per rimuovere una zecca. C’è chi dice che si debba cospargere con dell’alcool per tramortirla e chi sostiene di “asfissiarla” con un cerotto, ma l’importante è fare sempre molta attenzione a rimuovere anche la testa, che potrebbe restare incastrata nella pelle e causare serie infezioni.

Per farlo si deve ricorrere a un paio di pinzette a punta piatta, afferrare la zecca più vicino possibile alla pelle del gatto e applicare una piccola torsione, come se stesse svitando un bulloncino. Un controllo dal veterinario è sempre consigliabile.
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COSA FARE CON LE PULCI E LE ZECCHE
Il modo migliore per difendersi da pulci e zecche è organizzare un costante piano di prevenzione che preveda l’utilizzo di antiparassitari comunemente reperibili in commercio.
Oggi ce ne sono di vari tipi, dai collarini agli spray, fino alle gocce da applicare tra le scapole. Facciamoci consigliare dal nostro veterinario per capire quello più efficace nel nostro caso.
È sbagliato pensare che se il nostro gatto non esce di casa è completamente al sicuro da pulci e zecche: basta davvero poco per portarle in casa, sul pianerottolo o sul nostro balcone. Per verificare se il nostro gatto ha le pulci basta pettinarlo contropelo e guardare se tra il pelo sollevato ci sono dei piccoli puntini bruni (le pulci) o neri (le feci delle pulci).
Le zecche invece sono di più facile individuazione: basta passare una mano sul pelo, vicino alla cute, e sentire se sono presenti dei piccoli bozzi duri.
Da tener presente che se il gatto è infestato di pulci, dopo averlo liberato dal fastidioso inconveniente, dovremo procedere anche alla disinfestazione dalla casa: passare divani, tappeti e moquette con un getto di vapore e poi con spray antiparassitari è l’ideale.
Oggi sono anche disponibili prodotti che, oltre a sterminare i parassiti presenti sull’animale, agiscono con efficacia anche su quelli presenti nell’ambiente circostante.

 

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