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Il cipresso: come coltivarlo e curarlo dalle avversità più comuni

Il cipresso è un albero sempreverde appartenente alla famiglia delle Cupressaceae che resiste a caldo, siccità e freddo.

Ha una crescita piuttosto lenta. Occorrono decine di anni perché raggiunga altezze attorno ai trenta metri.

È un albero “saggio”: resiste alla siccità, sopporta il freddo con pazienza, gioisce al sole, si adatta ai terreni poveri e sassosi.

Il cipresso, secondo alcuni studiosi di botanica, può vivere anche duemila anni

Il genere è diffuso in tutte le regioni a clima caldo o temperato-caldo, anche arido, dell’emisfero settentrionale: America settentrionale e centrale, Europa meridionale. Africa settentrionale, Asia dal Vicino Oriente fino alla Cina e al Vietnam.

Più di metà delle specie sono originarie del ristretto triangolo formato da California, Arizona e Messico. Esistono cipressi anche nel cuore del deserto del Sahara.

Il Cipresso è il simbolo dell’immortalità come emblema della vita eterna dopo la morte, infatti lo si trova sovente nei pressi dei cimiteri.

Vengono anche adoperati frequentemente come alberi frangivento: disposti in file parallele, piegandosi senza spezzarsi e con la loro folta chioma riescono a rompere le folate di vento che altrimenti potrebbero provocare seri danni.

Oggi vi spiegheremo come scegliere, al momento dell’acquisto, le piante migliori, come eseguire la messa a dimora, le poche cure di cui ha bisogno, come difenderlo dalle avversità e quali sono le varietà che dimostrano una certa resistenza alle malattie fungine e ai parassiti che più comunemente lo colpiscono.

1. L'acquisto in vivaio

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Al momento dell’acquisto di un cipresso, scegliete una pianta allevata in vaso, già ben radicata e affrancata (in gergo tecnico viene definita «vecchia di vaso»), che garantisce l’attecchimento, e diffidate sempre quando vi viene proposta da vivaisti e giardinieri una pianta in zolla (cioè con il pane di terra a vista, avvolto da un telo di juta).

Il cipresso, infatti, come la maggior parte delle specie mediterranee, non reagisce bene alla zollatura (pratica che consiste nel prelevare una pianta dal pieno campo con un’adeguata quantità di radici contenute nel pane di terra, per poi metterla a dimora in un altro luogo o in vaso).

Ttant’è che la messa a dimora di un cipresso in zolla – il cui prezzo è indubbiamente interessante rispetto a quello di un cipresso allevato in vaso – presenta una bassa percentuale di attecchimento, anche per piante giovani e piantate da personale esperto.

Per quanto riguarda l’aspetto, scegliete un esemplare dalla chioma compatta e di un bel colore verde, dove i rami si inseriscono sul fusto sin dai primi centimetri sopra il colletto (la parte più bassa del fusto sotto la quale iniziano le radici). Il tronco deve presentare una corteccia integra, senza lesioni di alcun tipo.

2. Il cipresso ha bisogno di poche cure

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Se si escludono periodiche irrigazioni utili a favorirne l’attecchimento, da eseguire in mancanza di piogge ogni 2-3 giorni nei primi mesi dopo la messa a dimora e ogni 1-2 settimane durante la successiva primavera-estate in caso di siccità, le cure di cui abbisogna il cipresso si limitano a una-due potature all’anno, necessarie a mantenere la forma compatta della chioma.

Alcuni rami laterali infatti, a causa del vento e di altri agenti atmosferici come la neve, possono «aprirsi» verso l’esterno, andando fuori sagoma conferendo alla chioma un aspetto cosiddetto «spettinato».

Una leggera potatura, eseguita in primavera avanzata (a maggio) e poi a fine estate (a settembre), elimina questi rami «aperti», favorisce l’irrobustimento dei rimanenti nonché l’emissione di nuovi getti laterali che ricompatteranno la chioma.

Data la sua notevole frugalità, il cipresso non ha bisogno di essere concimato.

Tuttavia, può beneficiare di una concimazione invernale a base di letame ben maturo, da interrare, alla dose di 3-5 kg per metro quadrato, a una distanza di 60-70 cm dal colletto.

3. Le avversità più comuni che lo colpiscono

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Il cipresso può essere colpito da tre principali avversità: cancro corticale, coleotteri scolitidi e afide del cipresso.

  1. Cancro corticale. L’agente responsabile è il fungo Seiridium cardinale, che porta alla formazione di cancri a livello della corteccia che interessano fusto e grossi rami. L’avversità si manifesta inizialmente con piccole pustole nerastre del diametro variabile da 0,1 a 5 mm, che lasciano il posto a lesioni depresse di colore rossastro che si fessurano, con conseguente necrosi dei tessuti e formazione di cancri con abbondante emissione di resina.
    La pianta cerca di ostacolare l’estendersi di queste lesioni formando attorno alle stesse cicatrici che assumono l’aspetto di un’evidente callosità.
    Le piante interessate dall’avversità sono facilmente riconoscibili, sia per la presenza dei cancri stessi che per gli arrossamenti e i disseccamenti della vegetazione di alcune branche (nei casi più gravi secca l’intera chioma).
    Le infezioni del fungo avvengono nel periodo autunnale e a inizio primavera, favorite da temperature miti ed elevata umidità ambientale. Le principali vie di contaminazione sono rappresentate da fessurazioni causate dal gelo invernale, da ferite accidentali o causate dalla grandine e dall’attività di coleotteri scolitidi (si veda più avanti) che, scavando gallerie in piante sofferenti, trasportano le spore del fungo.
    Prevenzione. Occorre evitare gli eccessivi apporti di azoto (mentre concimazioni a base di solfato di potassio aumentano il grado di resistenza delle piante) e tagliare e bruciare i rami affetti dai cancri, disinfettando successivamente gli strumenti di taglio con ipoclorito di sodio al 50%, coprendo poi le ferite con pasta cicatrizzante.
    Difesa. Si basa su un trattamento au- tunnale e su almeno altri due interventi a inizio primavera, con intervalli di un paio di settimane tra un intervento e quello successivo, cercando per quanto possibile di bagnare bene il tronco e le branche. Per tali interventi è efficace tiofanate-metile-41,7 (nocivo), da impiegare alle dosi indicate in etichetta.
  2. Coleotteri scolitidi. Si tratta di Phloeosinus aubei e Phloeosinus thujae, due specie alquanto simili. Gli adulti si alimentano scavando fori all’ascella dei rametti e nella zona midollare (centrale) dei germogli prodotti nell’anno, causando il disseccamento della vegetazione posta oltre lo scavo.
    Raggiunta la maturità sessuale si accoppiano per poi deporre le uova in una corta galleria sotto la corteccia. Le larve che nascono completano lo sviluppo in circa due mesi, scavano gallerie e, raggiunta la maturità, si trasformano in adulti, che fuoriescono dai rami infestati aprendosi, nella corteccia, un piccolo foro circolare.
    Questi due insetti compiono due generazioni all’anno, con comparsa degli adulti svernanti in primavera (quando la temperatura raggiunge i 10-15 °C) e fuoriuscita (sciamatura) dei nuovi adulti delle due generazioni durante il mese di luglio e a metà settembre.
    I danni sono rappresentati dal disseccamento della vegetazione dei germogli colpiti, nonché dal deperimento e dal disseccamento dei rami entro i quali si sono sviluppate le larve. Danni, talora gravi, sono riscontrabili sui cipressi allevati a siepe.
    Ai danni diretti si accompagnano quelli indiretti, rappresentati dalla diffusione delle infezioni di cancro corticale.
    Prevenzione. Per ridurre i rischi di attacco è bene mantenere le piante in buone condizioni vegetative, ricorrendo a periodiche irrigazioni (secondo necessità) in modo da evitare situazioni di sofferenza idrica. È bene anche tenere sotto controllo gli afidi, responsabili di stati di sofferenza vegetativa che rendono le piante maggiormente suscettibili agli attacchi degli scolitidi.
    Difesa. Alla comparsa degli adulti, il trattamento contro gli afidi con thiametoxam-25 è nel contempo efficace contro le forme adulte degli scolitidi.
  3. Afide del cipresso. Si tratta di Cinara cupressi, che infesta soprattutto i cipressi allevati a siepe. Le sue colonie si insediano sui rami, dai quali succhiano la linfa causando deperimenti e disseccamenti vegetativi.
    Produce escrementi liquidi zuccherini (melata) che imbrattano la vegetazione e favoriscono lo sviluppo di fumaggine (annerimenti della vegetazione causati da microrganismi di origine fungina).
    Sverna con colonie di individui senza ali (tutte femmine) localizzati sulla corteccia dei rami della parte più interna della pianta. Le colonie raggiungono la massima densità durante i mesi primaverili e in autunno.
    Difesa. L’afide è avversato in natura da diversi predatori (larve e adulti di coccinellidi in particolare), ma la loro azione predatoria si rivela talora insufficiente per cui, almeno per le piante costituenti siepi, si rende necessario realizzare un trattamento aficida, nel qual caso si può ricorrere all’impiego di thiametoxam-25 (non classificato), alle dosi indicate in etichetta.
    Per la difesa, i trattamenti consigliati si eseguono con una semplice pompa irroratrice manuale nel caso di piante alte un paio di metri; esemplari più alti vanno invece trattati impiegando pompe irroratrici a spalla o carrellate a scoppio.

4. Quattro varietà resistenti al cancro corticale

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Segnalato per la prima volta attorno alla metà degli anni Cinquanta, il cancro corticale del cipresso raggiunse, nella metà degli anni Settanta, la proporzione di una vera e propria epidemia, che rischiò di far scomparire questa specie simbolo del paesaggio italiano.

È in questo periodo che il Centro per la patologia delle specie legnose montane del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) di Firenze comincia a lavorare al fine di creare varietà resistenti a questa avversità.

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta vengono brevettate e immesse sul mercato le prime due varietà resistenti al cancro corticale, cioè Agrimed 1 e Bolgheri. 

Nel 2004, sempre il Cnr, ha creato poi altri due cipressi resistenti al cancro corticale. Si tratta delle varietà Italico e Mediterraneo che, oltre a resistere a questa avversità, rispondono egregiamente all’uso ornamentale cui sono destinate , in quanto producono meno polline (quindi limitano le allergie da polline di cipresso che si registrano durante il periodo della fioritura) e galbule (frutti), la cui abbondante produzione determina l’apertura dei rami, conferendo alla chioma un aspetto disordinato.

  1. Agrimed 1, dal bel colore verde scuro, presenta rami basali piuttosto allargati, mentre quelli in prossimità della cima della chioma sono più assurgenti, cioè a sviluppo verticale.
    I rametti secondari sono piuttosto fitti e numerosi, tanto da coprire quasi completamente il tronco alla vista.
    Questa varietà, che tollera bene anche i freddi invernali, è dotata di un buon accrescimento, più evidente nella fase giovanile. Data la sua forma aperta, questo cipresso non è particolarmente indicato come esemplare isolato, ma è ideale per realizzare siepi e barriere frangivento.
    Raggiunge i 25-30 metri di altezza e il diametro alla base di 1,5-2 metri.
  2. Di maggior interesse da un punto di vista paesaggistico è invece la varietà Bolgheri, di colore verde medio, caratterizzata da portamento colonnare stretto e con rami assurgenti, molto appressati al tronco. I rametti laterali sono sottili, numerosi, tendenzialmente corti.
    Piuttosto resistente anche al freddo, è ideale da impiegare come esemplare isolato, ma anche in gruppi e per realizzare filari. Raggiunge i 25-30 metri di altezza e il diametro di 1 metro.
  3. Italico (foto), di colore verde piuttosto scuro, è caratterizzato da portamento fastigiato, cioè la chioma (molto compatta e uniforme, soprattutto nella metà inferiore) presenta una forma di cono allungato con base ampia, in prossimità della quale i rami sono talmente fitti da coprire il fusto sino a terra.  Rispetto alla varietà Bolgheri presenta rami lunghi e sottili, crescita più veloce e chioma con diametro più ampio. Tali caratteristiche rendono Italico ideale sia per realizzare piccoli gruppi che lunghi filari. Mostra inoltre una buona tolleranza ai freddi invernali. Raggiunge i 20-25 metri di altezza. 
  4. Mediterraneo, di un bel colore verde scuro, è caratterizzata da un bel portamento fastigiato, chioma fitta e compatta e crescita veloce, caratteristiche che la rendono ideale da utilizzare sia come pianta singola che per filari. Mostra, come la varietà Italico, una buona tolleranza ai freddi invernali. Raggiunge i 20-25 metri di altezza.
    Entrambe le varietà, inoltre, hanno mostrato finora un’elevata resistenza ad altre avversità che colpiscono il cipresso, cioè l’afide Cinara cupressi e gli scolitidi Phloeosinus aubei e Phloeosinus thujae.




5. Come mettere a dimora un cipresso

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Il cipresso va messo a dimora in autunno (da ottobre a dicembre).

Solo nelle zone caratterizzate da frequenti gelate durante l’inverno, occorre rinviare questa operazione in primavera.

Siccome questa specie non ama particolarmente i trapianti, si consiglia di mettere a dimora piante coltivate in vaso, che presentano radici ben sviluppate.

Sempre per questo motivo si raccomanda di piantare un cipresso nel luogo definitivo, in modo che non debba subire successivi e pericolosi spostamenti.

Ecco come operare per un esemplare di 2-2,5 metri di altezza:
- Scavate una buca profonda 60 cm e larga 80, sul fondo della quale distribuirete letame maturo in ragione di 3-5 kg per metro quadrato, da coprire con qualche badilata di terra di scavo.
- Mettete a dimora la pianta e riempite la buca con altra terra di scavo, da pressare con i piedi, poi irrigate abbondantemente.
- Aggiungete altra terra sino al colletto della pianta e, attorno alla proiezione della chioma, realizzate con della terra un cordolo circolare, che servirà a trattenere l’acqua delle irrigazioni.
- Subito dopo la messa a dimora, predisponete tre tiranti di corda (o materiale naturale), da legare al tronco a metà altezza e da fissare ad altrettanti picchetti conficcati nel terreno, in modo che non venga scalzato a opera del vento, tiranti che vanno lasciati sino al secondo-terzo anno dalla messa a dimora






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