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Il segreto del fuoco

Per essere il più antico campo di ricerca scientifica della storia umana, è ancora decisamente… acceso.

E infatti, ad almeno 600mila anni dalla sua “scoperta” il fuoco è ancora al centro della nostra società: lo usiamo per muoverci, scaldarci, cucinare, lavorare i metalli.

Controllarlo resta una sfida; ma di passi avanti ne sono stati fatti parecchi e l’argomento è più che mai attuale.

E così c’è chi, come la Nasa, per studiarlo accende fiamme nello spazio, chi cerca nuovi combustibili, chi prova a controllare il processo chimico per renderlo più efficiente e meno inquinante…

Il fuoco è il primo fenomeno che l’uomo ha cominciato a controllare. Ma la ricerca è solo all’inizio: ecco che cos’è una fiamma, e come la si può rendere “perfetta!

 

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1. Al contrario

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E c'è perfino chi, anche per aiutare l'ambiente, ha pensato di far bruciare il fuoco... al contrario. Come?

Per capirlo bisogna ricordare che il fuoco è innanzitutto questione di chimica.

E l’effetto, cioè, della reazione tra un combustibile (come il legno o il petrolio, che contiene atomi di carbonio e idrogeno) e un comburente (l’ossigeno).

Questa reazione avviene in presenza di calore e genera calore: per questo la combustione si autosostiene. E uno dei tanti sottoprodotti che genera è l'anidride carbonica che tanti problemi crea al clima.

Il processo però si può anche invertire, chiudendo il cerchio: l’anidride carbonica, con l'aiuto dell'energia solare, si può rompere per poi ricombinare i suoi atomi in nuovi combustibili.

E un po' quello che fanno le piante, ma è anche quello a cui puntano ricercatori come Michael Gretzel del Politecnico Federale di Losanna, in Svizzera.

In uno studio dello scorso anno sulla rivista scientifica Nature Energy, il suo gruppo ha sviluppato un nuovo catalizzatore a base di rame e stagno.

Con l'aiuto della corrente elettrica di una cella solare, questo catalizzatore consente di spezzare i legami chimici di acqua e anidride carbonica, ottenendo in cambio da una parte ossigeno e dall’altra molecole che possono essere convertite in altri combustibili liquidi, come l'etanolo.

 

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2. Senza gravità

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Il fronte caldo della ricerca sul fuoco è, però, nello spazio.

Sulla Terra, infatti, poiché il calore va verso l'alto, il fuoco tende a svilupparsi in verticale, ed è per questo che la fiamma di una candela ha la classica forma" a pennello”.

Nello spazio le cose stanno diversamente: per questo la Nasa ha interi gruppi di ricerca che si occupano di combustione.

Diversi esperimenti condotti sulla Stazione spaziale internazionale (come Bass, dal 2011 al 2013, e Flex, tuttora in volo) hanno studiato come cambia il fuoco in condizioni di microgravità, dove le forze che sul nostro pianeta fanno salire l'aria calda e scendere quella fredda non ci sono più.

Nella fiamma di una candela accesa nello spazio, i colori sono disposti diversamente, perché l'aria calda non sale verso l'alto.

E la forma diventa sferica. Tutto questo è importante per la sicurezza degli astronauti: le norme anti incendio lassù sono diverse, perché potrebbero cambiare il percorso e la velocità di propagazione di un incendio, o l'efficacia delle sostanze usate negli estintori.

Ma questi studi potranno aiutarci anche sulla Terra: certo, in un motore o in una caldaia è impossibile eliminare il peso. Ma si può forse manipolare la circolazione di aria calda e fredda, "imitando” l’assenza di gravità, per rendere la combustione più efficiente.

 

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3. Aria fresca e ingrediente segreto

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  • Aria fresca
    L’efficienza, comunque, è l’obiettivo principale dei molti laboratori dove si va alla ricerca della combustione migliore per i motori e gli impianti industriali.
    Sulla carta, la ricetta sembra semplice. Innanzitutto occorre scegliere il combustibile adatto (per esempio, un'ottima scelta può essere il metano).
    Quando ossigeno, carbonio e idrogeno sono in un rapporto perfetto, dalla combustione si formano anidride carbonica e acqua senza che avanzi nulla. Ma questo non basta.
    Il problema è che, se la temperatura della fiamma è troppo elevata, le molecole di azoto presenti nell'aria si rompono, producendo gas tossici per noi: i cosiddetti ossidi d’azoto (ΝΟx), come quelli che avvelenano l’aria delle nostre città.
    Per questo i ricercatori hanno visto che, per inquinare di meno, basta abbassare la temperatura.
    Come? Per esempio aggiungendo aria: la fiamma diventa più debole e instabile, ma in compenso l’inquinamento diminuisce.
    Un'altra soluzione, in teoria, sarebbe quella di eliminare l'azoto dall'aria: funzionerebbe, ma sarebbe molto costoso.
    Da questo punto di vista, la combustione perfetta sarebbe quella tra ossigeno e idrogeno puro, come quella che si usa per lanciare i razzi che vanno nello spazio: l'unico prodotto di scarto, in questo caso, è l’acqua.
    Peccato che l’idrogeno “libero” non si trovi facilmente, e che estrarlo dall’acqua (con i processi di elettrolisi) costi ancora troppo.

 

  • Ingrediente segreto
    Esiste anche un’altra possibilità, però, che i ricerca tori stanno esplorando: aggiungere una piccola quantità di idrogeno a un combustibile tradizionale come il metano.
    Funziona ma fino a un certo punto: quando si supera il 10% di idrogeno, la miscela diventa troppo infiammabile.
    E quindi, per alcune applicazioni, pericolosa. Altri ricercatori, invece, provano ad aggiungere altre sostanze.
    Per esempio, si è visto che il funzionamento delle turbine degli aerei migliora aggiungendo piccole quantità di plasma, cioè di un gas molto elettrizzato come quello che si trova nelle luci al neon.
    E una idea nuova, studiata solo da qualche anno e non ancora del tutto compresa dagli ingegneri e dai ricercatori.
    La presenza del plasma, però, produce nuovi composti che aiutano la combustione anche quando non ce la farebbe da sola, e all’Argonne National Laboratory, negli Stati Uniti, calcolano che si potrebbe risparmiare fino al 4,5% del carburante necessario per un volo.

 

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4. Il giusto mix

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In realtà, la cosa migliore da fare per rendere davvero efficiente la combustione sarebbe eliminare la sua parte più scenografica.

E cioè la fiamma, che “spreca”, sotto forma di luce, energia che potrebbe essere usata in altro modo.

Ecco
perché, per le grandi turbine industriali in cui si bruciano gas o olio combustibile per ottenere energia, si sperimenta da anni la combustione flameless, appunto, cioè senza fiamma.

Il fenomeno è stato notato dagli anni ’80, quando ci si accorse che in fornaci ad altissima temperatura, dove viene superata la temperatura di autoignizione (cioè a cui il combustibile prende fuoco spontaneamente) e dove i gas di scarico vengono prelevati e fatti ricircolare, non c’erano né fiamme né emissioni ultraviolette.

Ma la combustione era stabile, il combustibile veniva tutto consumato e le emissioni di composti dell’azoto erano vicine a zero. E appunto la combustione flameless: più silenziosa, più efficiente e meno inquinante di quella normale.

La chiave per ottenerla è nella giusta combinazione di temperatura, tipo di combustibile, circolazione perfettamente controllata di aria “fresca” e gas discarico.

Fornaci flameless alimentate a gas sono installate da anni in diverse acciaierie: quelle di Terni, in Italia, sono state tra le prime ad averne una.

Invece, applicare questo metodo ai motori a combustibile liquido, come le centrali a olio combustibile o le turbine degli aerei, si è finora rivelato molto difficile.

Se mai riusciremo a metterlo veramente in pratica, insomma, otterremmo il risultato paradossale che la fiamma perfetta è quella che... non esiste.

Nella foto sotto uno dei recenti incendi (dicembre 2017) in California. Il riscaldamento globale contribuisce ad aumentare il numero di questi episodi.

 

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5. La scintilla che ci ha resi umani e l'universo in una candela

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  • La scintilla che ci ha resi umani
    Qual è stato il primo uomo capace di usare il fuoco, di accenderlo e controllarlo nei propri rifugi e non solo di rubarlo dagli incendi?
    Le tracce ritrovate nella Wonderwerk Cave, una grotta in Sudafrica, indicano che ad aver fatto questo straordinario passo potrebbe essere stato Homo erectus un milione di anni fa, cioè 300mila anni prima di quel che si pensava finora.
    E, secondo il primatologo britannico Richard Wrangham, dell’Università di Harvard (Stati Uniti), fu soprattutto la scoperta della cottura a darci la possibilità di assimilare il cibo, in particolare le proteine, in modo più efficiente.
    E di utilizzare poi questo surplus di energia per sviluppare il nostro cervello.

 

  • L'universo in una candela
    Più di 150 anni fa il fisico britannico Michael Faraday sosteneva che, attraverso la narrazione di come brucia una candela, si possono raccontare tutte le leggi che regolano l’universo.
    E in effetti, «passare una retina metallica sulla fiamma di una candela è un po’ come farle una Tac».
    A ogni strato corrispondono temperature diverse, sostanze diverse, colori diversi.
    Il colore della fiamma (foto sotto) dipende infatti dagli elementi presenti nel combustibile e dalla temperatura. Le fiamme più comuni, prodotte da sostanze come legna, foglie, paglia, vanno dal rosso al bianco.
    Date un’occhiata al fuoco nel vostro caminetto e vedrete che le fiamme sono bianche o gialle a contatto dei pezzi di legna, dove in effetti avviene la combustione, e diventano arancioni e rosse allontanandosi.
    Lì il colore delle lingue di fuoco dipende anche dal fatto che nel legno sono presenti molti composti ed elementi chimici, che riscaldati emettono luce di vari colori.
    Tiziano Faravelli, docente al Politecnico di Milano, spiega che il calore estrae una miscela fatta di tante sostanze diverse, compreso il metano, che quando incontra l’ossigeno deH’aria prende fuoco.
    In pratica, quando mettiamo un ceppo a bruciare, le fiamme che vediamo non sono generate direttamente dal legno, ma dai gas che produce.
    «Soltanto quando si crea la brace, a bruciare è la parte solida», spiega Faravelli.

 

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