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Jules Verne: lo scrittore che ha inventato la fantascienza

Nato 190 anni fa in Francia, Jules Verne è diventato famoso grazie ai suoi romanzi di avventure e viaggi in luoghi straordinari: nei fondali degli oceani, al centro della Terra e attorno alla Luna.

Nato a Nantes nel 1828 e morto ad Amiens nel 1905, Verne s’impose nel 1863 come autore di romanzi d’avventura e di viaggi straordinari.

Scrisse in tutto 62 romanzi e 17 racconti.

Ma tutto ciò che lui ha immaginato è diventato realtà un secolo dopo!

Ma chi era veramente Jules Verne, lo scrittore che ha inventato la fantascienza? Scopriamolo insieme.

 

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1. Un avvocato mancato

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Qualunque cosa un uomo riesca immaginare, altri uomini possono renderla reale».

Così pensava lo scrittore francese Jules Verne, nato 190 anni fa, il 28 febbraio 1828, a Nantes.

Esploratore di mondi fantastici e autore di romanzi che hanno per protagonisti eccentrici scienziati, avventurosi gentiluomini o romantici eroi solitari, se fosse ancora in vita potrebbe veder realizzate molte delle tecnologie che ha immaginato.

«Invenzioni scaturite dalla sua fantasia, ma non solo», sostiene Rosalind Williams, storica della scienza presso il Massachusetts Institute of Technology di Boston.

«Verne infatti era un vorace lettore di riviste tecnologiche e scienti che, parlava con gli esperti ed era al corrente di quel che si stava preparando nel mondo».

Primo di cinque fratelli, fin da ragazzo Jules amava aggirarsi per la città natale e le banchine del porto, avido di racconti marinari.

Appena dodicenne, all’insaputa della famiglia riuscì a imbarcarsi come mozzo sulla nave La Coralie diretta in America, ma fu subito scovato e rispedito a casa.

«Non viaggerò più se non con l’immaginazione», promise al padre che lo rimproverava. E si mise a studiare: prima al liceo di Nantes, poi all’università di Parigi dove venne iscritto alla facoltà di legge per seguire le orme del padre.

Non sapeva ancora di diventare un romanziere, ma si convinse che non avrebbe mai fatto l’avvocato. Per arrotondare il modesto assegno paterno scrisse furiosamente di tutto: libretti per opere musicali, saggi, drammi romantici, una biografia su Cristoforo Colombo.

La svolta arrivò nel 1863, quando l’editore Jules Hetzel vendette il suo primo romanzo: Cinque settimane in pallone. Fu l’inizio di una collaborazione che portò alla pubblicazione di 62 titoli. Raccolti in 47 volumi, costituirono la collana dei Viaggi straordinari.

 

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2. Dalle vette del cielo agli abissi

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«A stare a sentire certi cervelli limitati», scriveva Verne, «l’umanità sarebbe condannata a vegetare su questo globo senza alcuna speranza di slanciarsi un giorno negli spazi planetari!
Sciocchezze! Si andrà sulla Luna e poi sui pianeti e sulle stelle come oggi si va da Liverpool a New York, facilmente, rapidamente, sicuramente, e l’oceano atmosferico sarà tra breve attraversato come gli oceani terrestri».

Il sogno di poter superare gli angusti confini del nostro pianeta lo portò a scrivere due romanzi, Dalla Terra alla Luna (1865) e Intorno alla Luna (1870), che presentavano sorprendenti analogie con le future imprese spaziali.

La scelta dell’America, e in particolare della Florida, come base di lancio del suo “proiettile celeste” e il rientro sulla Terra con un ammaraggio nel Pacifico anticiparono infatti le strategie della Nasa per le missioni lunari Apollo.

Anche il mitico sottomarino Nautilus di Ventimila leghe sotto i mari (1870) precorse il futuro dominio dell’uomo sulle profondità oceaniche.

Alimentato dalla più giovane fonte di energia dell’epoca, l’elettricità, il grande “pesce d’acciaio” era in grado di utilizzare le risorse minerali degli oceani ed era dotato di congegni che ne rendevano il controllo molto simile a quello dei moderni sommergibili.

Nella realtà si attesero ancora trent’anni prima di vedere apparire il primo sottomarino che utilizzava elettricità e vapore.

Persino gli scafandri a casco dotati di respiratori autonomi precedettero quelli che sarebbero stati messi a punto alcuni decenni dopo la pubblicazione del romanzo.

 

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3. Il cattivo uso della scienza

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Nelle sue ultime opere Verne rivelò una visione del mondo e della scienza molto più problematica e carica di rischi di quella che caratterizzava i primi romanzi.

Dopo aver raggiunto grazie alle conquiste tecnologiche un dominio sempre più completo sulle forze della natura, l’uomo cominciava a rivolgere le sue invenzioni contro se stesso, mettendo in pericolo il suo futuro.

L’esempio più esplicito delle ambivalenze del progresso è in uno dei suoi romanzi meno noti, L’isola a elica (1895).

Nel libro è descritta una grande isola artificiale, alimentata dall’energia elettrica e completamente meccanizzata, che naviga nell’Oceano Pacifico per sfruttare al meglio le condizioni climatiche.

Priva di timone, viene manovrata solo grazie alle eliche poppiere e laterali. Come una novella arca di Noè, l’isola possiede tutte le comodità che l’uomo può desiderare: vaste distese di terreno coltivabile, marciapiedi mobili, abitazioni confortevoli, centri culturali.

Ma la vanità di due ricchi magnati in lotta l’uno contro l’altro per arrivare in cima alla scala sociale fa sì che ordinino agli ingegneri rotte contrastanti senza consultarsi.

Come conseguenza, le caldaie di dritta scoppiano, l’isola prende a girare su se stessa e in fine va in pezzi.

Di qui, la conclusione tratta da Verne che neppure una comunità organizzata e munita di ogni benessere materiale può vincere le perversità della natura umana.

Lo scrittore morì il 24 marzo 1905 ad Amiens, a 77 anni di età, ormai quasi cieco, sofferente di diabete (foto sotto).

Riposa nel cimitero della Maddalena e sulla sua lapide spicca una statua realizzata dallo scultore francese Albert Roze che lo rappresenta nell’atto di uscire dalla propria tomba con il braccio teso verso l’alto. S’intitola: “Verso l’immortalità e l’eterna giovinezza”.

 

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4. 4 curiose intuizioni del romanziere che sono diventate realtà

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  1. ■ IL GIORNALE RADIO
    In un romanzo breve scritto nel 1889 in collaborazione con il figlio Michel, La giornata di un giornalista americano nel 2889, Verne immagina già una delle più moderne forme di comunicazione di massa.
    E scrive: «Invece di essere stampato, l’Earth Chronicle viene raccontato a voce ogni mattina agli abbonati, i quali, in interessanti conversazioni con i cronisti, gli statisti e gli scienziati, apprendono le notizie del giorno. Inoltre, ogni abbonato possiede un fonografo e lascia a questo strumento il compito di raccogliere le notizie ogni volta che gli accada di non essere dell’umore adatto per ascoltare direttamente.
    Allo stesso modo, gli acquirenti di singole copie possono apprendere a un prezzo insignificante tutto quello che c’è nel giornale del giorno da uno qualsiasi degli innumerevoli fonografi messi quasi ovunque».
  2. ■ LE PUBBLICITÀ AEREE
    Nello stesso romanzo del 1889 Verne descrive come le iniziative commerciali si reggano sulla “pubblicità atmosferica”: immensi cartelloni proiettati sulle nuvole in modo da poter essere visti dalle popolazioni di intere città o anche di interi Paesi.
  3. ■ LA PISTOLA ELETTRICA
    «Con questo tipo di fucile tutti i colpi sono mortali e quando un animale è colpito, sia pur leggermente, è fulminato dall’elettricità».
    Così in Ventimila leghe sotto i mari il capitano Nemo descrive un’arma che all’epoca non esisteva ancora, ma la cui versione moderna è la pistola elettrica in dotazione a poliziotti e agenti di sicurezza.
  4. ■ I MODULI LUNARI
    Nel libro Dalla Terra alla Luna, i “proiettili” descritti da Verne per trasportare passeggeri fino al nostro satellite sono simili ai moduli lunari delle spedizioni Apollo.
    La durata del viaggio prevista dallo scrittore francese, pari a 97 ore e 20 minuti, è esattamente la stessa richiesta dall’Apollo 11 per entrare nell’orbita lunare.
    Nel successivo Intorno alla Luna, Verne descrive quella che sembra una vera e propria anticipazione profetica della missione Apollo 13: una catastrofe evitata per un pelo e un rientro rocambolesco dopo un giro intorno alla faccia nascosta del satellite.

 

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5. Verne aveva ragione: c’è un oceano nel cuore della Terra

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A quanto pare, Verne aveva ragione nell’immaginare, nel suo Viaggio al centro della Terra, pubblicato nel 1854, la presenza di un grande oceano sotterraneo.

Un recente studio condotto dal geofisico Steve Jacobsen della Northwestern University e dal sismologo Brandon Schmandt dell’Università del New Mexico ha infatti dimostrato che nel mantello terrestre, tra 500 e 700 km di profondità, l’acqua c’è davvero e potrebbe essere abbondante quanto quella di tutti gli oceani messi insieme.

Impossibile però navigarci sopra perché non si tratta d’acqua allo stato liquido, ma di ioni idrossido, composti da un atomo di ossigeno e da uno di idrogeno, intrappolati in un minerale che si forma con altissima pressione e temperatura: la ringwoodite.

Essa è contenuta sotto forma di inclusione in un diamante di colore giallastro trovato in Brasile.

Sono state le più avanzate analisi spettroscopiche a dimostrare la provenienza della ringwoodite dalle viscere della Terra e quindi l’esistenza del potenziale oceano che vi si nasconde.

 

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