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La dieta mediterranea: curiosità e istruzioni per l’uso

Sarebbe bello poter mangiare un po’ di tutto, purché in quantità moderate, appagando il piacere della buona tavola, senza rinunciare a qualche dolce, a un buon bicchiere di vino tutti i giorni e senza avere rimorsi ogni volta che si sale sulla bilancia.

Anzi, ritrovandosi persino più in forma e più snelli! Impossibile? Tutt’altro.

Basta seguire la dieta mediterranea, che è anche uno stile di vita e non solo un modo di alimentarsi. Ci guadagnano la linea e la salute.

La dieta mediterranea è “includente” ovvero onnivora ed equilibrata: non ci sono alimenti vietati, a differenza delle diete “escludenti” che eliminano quasi tutto privilegiando un solo tipo di alimenti, come per esempio quelli proteici.

È un modello alimentare etico perché regala uno stile di vita sano, è allegro e colorato per gli ingredienti che lo caratterizzano e quindi fa bene all’umore, ed è trasversale e duttile perché si adatta a tutte le età e a tutte le esigenze nutrizionali: dello sportivo che vuole aumentare la massa muscolare e limitare quella grassa, delle donne in gravidanza o dei bambini, degli anziani che devono tenere sotto controllo pressione e colesterolo.

Curiosità: Ricercatori olandesi dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam hanno trovato che in 161 coppie sottoposte a trattamenti per la fertilità, le donne che si nutrivano con una dieta il più vicino possibile al modello mediterraneo avevano il 40 per cento di probabilità in più di rimanere incinte rispetto a quelle più lontane da questa alimentazione.

Ma cerchiamo di capire un po’ meglio questo sano, colorato e allegro modello alimentare, ossia la dieta mediterranea, cominciando dall’origine del suo nome e tante altre cose ancora…

1. Con la dieta mediterranea si vive di più e l'origine del suo nome

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Uno studio dell’Università di Atene condotto su oltre 22mila adulti seguiti per alcuni anni ha dimostrato che chi mangia mediterraneo, scegliendo cereali integrali, frutta e verdura, olio extravergine di oliva, legumi, latticini magri, vino rosso, pesce e carne bianca, ha una maggiore aspettativa di vita e una riduzione del tasso di mortalità dal 17 al 31 per cento.

Ma anche il 10-20 per cento in meno di probabilità di ammalarsi di tumore e di malattie cardiache, e un rischio minore di incorrere nella demenza senile e nell’Alzheimer, oltre che un declino più lento della mobilità e migliori prestazioni cognitive.

Il merito è delle sostanze antiossidanti contenute in frutta e verdura, che rallentano i processi di invecchiamento e degenerativi delle cellule, ma anche delle fibre che aiutano a controllare il peso perché fanno assorbire meno i grassi e gli zuccheri semplici, e più in generale di una combinazione virtuosa tra alimenti su cui la scienza deve ancora in parte indagare.

Nel 2010 l’Unesco (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) ha ufficialmente elevato la dieta mediterranea a patrimonio culturale immateriale dell’umanità e nel novembre 2013 ha elencato i Paesi in cui questo modello nutrizionale, che in realtà non è una dieta in senso stretto, è un’attitudine alimentare storica ispirata alla tradizione: Italia, Grecia, Spagna, Marocco, Cipro, Croazia e Portogallo.

Il termine “dieta mediterranea” è stato coniato per la prima volta negli anni ’50 da Ancel Benjamin Keys, uno scienziato statunitense che ha studiato a lungo l’influenza dell’alimentazione sulla salute e che è noto per aver messo a punto le celebri “razioni K”, cioè i pasti bilanciati in dotazione a tutti i soldati delle forze armate Usa nel corso della II guerra mondiale.

Nel dopoguerra, Keys e la moglie hanno vissuto 28 anni a Pioppi, nel Cilento, dove sono venuti in contatto con l’alimentazione tradizionale a base di cereali integrali, frutta e verdure fresche, olio extravergine d’oliva, pesce, un po’ di vino e un apporto ridotto di carne e grassi saturi.

Innamoratisi di questa cucina, Keys e la moglie la propagarono per primi come una risorsa essenziale per mantenersi in buona salute e l’adottarono personalmente. Con ottimi risultati: Keys è morto nel 2004 a quasi 101 anni di età.

2. La piramide della salute

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Lo schema alimentare della dieta mediterranea, elaborato da un gruppo internazionale di scienziati della nutrizione, segue una piramide che colloca più in basso acqua e tisane con gli alimenti da consumare ogni giorno: cereali integrali, frutta e verdura, olio extravergine di oliva che contiene grassi insaturi che favoriscono la riduzione del colesterolo LDL “cattivo”, latticini magri che hanno meno grassi delle carni.

E via via a salire gli alimenti da mangiare due o più volte alla settimana (pesce, carni bianche, uova e legumi), quelli massimo una volta a settimana (carni rosse o lavorate) fino al vertice con i cibi da assumere più raramente (dolci). Il vino è consigliato con moderazione.

Ma alla base della piramide, quindi più importanti di qualsiasi alimento, ci sono i consigli sullo stile di vita:
- praticare attività fisica ogni giorno,
- riposare a sufficienza,
- se possibile non mangiare da soli perché la solitudine spinge a esagerare con il cibo che diventa consolatorio,
- rispettare la biodiversità e la stagionalità dei prodotti,
- privilegiare quelli locali che hanno compiuto poca strada dal campo alla tavola ed ecologici che non provengono da colture o allevamenti intensivi.

Carboidrati sì, ma integrali:
I Larn, cioè i “Livelli di assunzione raccomandati di nutrienti” riconosciuti da tutta la ricerca scientifica, danno ai carboidrati la funzione energetica più importante del menù giornaliero e raccomandano di suddividere i nutrienti in 55-60 per cento di carboidrati, 10-15 per cento di proteine e 30 per cento di grassi.
Per non prendere peso, oltre a praticare attività fisica, basta scegliere i carboidrati giusti: quelli dei cereali integrali e dei legumi, per esempio, grazie alla presenza di fibre hanno un indice glicemico più basso, cioè alzano più lentamente i livelli di zucchero nel sangue (la glicemia) e un più basso carico glicemico, cioè contengono pochi zuccheri veloci da assorbire.
Ci fanno quindi ingrassare di meno perché aiutano a controllare la produzione dell’ormone insulina, responsabile degli attacchi di fame a breve distanza dal pasto.

Con la dieta mediterranea si può anche dimagrire, contrariamente a quanto sostengono i “proteinisti”, cioè i fautori delle diete proteiche che prevedono anche il consumo di carboidrati ma provenienti solo dalle verdure.
L’equivoco nasce dal fatto che nelle diete proteiche sono ammessi i vegetali che contengono però dei carboidrati, come per esempio la cellulosa, non digeribili: a differenza dei ruminanti, l’uomo non possiede gli enzimi per scindere questi polisaccaridi che vanno solo ad aumentare la massa fecale.
Ecco perché le diete proteiche sono sbilanciate e diventano iperproteiche, con il rischio di farci accumulare più grassi, come quelli contenuti nella carne, per la mancanza di pasta e cereali.

3. Istruzioni per l'uso: solo frutta di stagione

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Lo sapevate che i legumi andrebbero mangiati insieme ai cereali? Le proteine dei legumi hanno una composizione in amminoacidi, che sono i “mattoncini” della struttura proteica, complementare a quella dei cereali.
Contengono una quantità elevata di amminoacido lisina, chiamato “essenziale” perché il nostro corpo non può produrlo da solo e dobbiamo assumerlo con il cibo, ma hanno una bassa quantità dell’amminoacido essenziale metionina e di altri amminoacidi solforati (contenenti zolfo).
Si completano pertanto con i cereali che sono carenti di lisina ma contengono buone quantità di metionina e di amminoacidi solforati. La giusta proporzione per un piatto unico è due terzi di cereali e un terzo di legumi secchi come previsto dalle classiche ricette della cucina mediterranea: pasta e fagioli, riso e piselli, minestre di farro od orzo con lenticchie ecc.

Solo frutta di stagione. Al contrario di quanto consigliato nella dieta mediterranea, le moderne tecniche di coltivazione consentono di mangiare tutto l’anno frutta e verdura che sono invece tipiche solo di determinate stagioni. Ma secondo i nutrizionisti mangiare primizie, tra l’altro molto costose, non conviene.
Per assimilare tutte le proprietà nutritive di frutta e verdura, infatti, è necessario che arrivino fresche sulle nostre tavole: dal momento della raccolta, la frutta per esempio perde gradualmente il contenuto di vitamine, soprattutto la C che è sensibile alla luce e alle variazioni di temperatura e umidità.
I prodotti fuori stagione, invece, provengono da Paesi lontani con climi diversi dal nostro e percorrono lunghe distanze prima di arrivare sui nostri mercati, giacendo per tanto tempo nei magazzini in condizioni di temperatura e umidità non favorevoli che li impoveriscono di vitamine e sali minerali.
Oppure, anche se provengono dall’Italia, sono coltivati in serra e sottoposti a concimazioni abbondanti o cresciuti senza terreno su dei substrati speciali alimentando le piante con soluzioni nutritive: tutte pratiche che impoveriscono i vegetali delle loro sostanze benefiche.

4. Istruzioni per l'uso: la pasta al dente, agrumi per assimilare il ferro e cibo al vapore

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La pasta al dente è più sana:
Le ricette mediterranee più appetitose raccomandano di cuocere la pasta al dente. Ma non è solo una questione di gusto.
Alimenti ricchi di amidi, come pasta o riso, se sono cotti per troppo tempo in acqua ci fanno ingrassare di più, perché con la cottura prolungata gli enzimi nello stomaco digeriscono più in fretta i carboidrati e appena dopo pranzo avremo un picco più elevato della glicemia, cioè dello zucchero (glucosio) nel sangue, con effetti negativi sul metabolismo.
Al contrario, la pasta o il riso al dente hanno un indice glicemico più basso, cioè fanno alzare più lentamente il glucosio nel sangue, e conservano di più le proprietà nutritive. Meglio ancora se freddi, come nei piatti estivi.
Durante il raffreddamento delle pietanze, infatti, la parte di amido solubile perde un poco della sua solubilità e risulta un po’ meno accessibile agli enzimi digestivi, che la demoliscono più lentamente.
Per una buona cottura serve una pentola capiente: circa 1 litro d’acqua per etto di pasta e 5-10 grammi di sale grosso.

Agrumi per assimilare il ferro:
Gli agrumi sono uno dei frutti simbolo della dieta mediterranea e il loro contenuto di vitamina C, che protegge il sistema immunitario e aiuta a rallentare l’invecchiamento, favorisce anche l’assorbimento del ferro, un minerale di cui soprattutto le donne e gli anziani possono essere carenti.
Nello stomaco gli alimenti sono attaccati dai succhi gastrici che facilitano il “distacco” (in chimica si chiama dissociazione) del ferro dal resto del cibo. Con l’aiuto della vitamina C, il ferro perde elettroni (cariche negative) e si riduce in una forma più assimilabile.
Il meccanismo è molto utile nel caso del ferro assunto con i vegetali, che si assimila meno di quello presente nelle carni perché, a differenza di quanto avviene nella carne, non è legato a una molecola chiamata “gruppo eme” che ne favorisce l’assorbimento. Inoltre alcuni cibi, come legumi e cereali integrali, contengono fitati, sostanze presenti nelle fibre che si legano chimicamente ad alcuni sali minerali riducendone l’assorbimento da parte dell’organismo.
Ecco perché un po’ di prezzemolo tritato, ricco di vitamina C, aggiunto a fine cottura di una porzione di lenticchie rende più disponibile il ferro contenuto in questi legumi: l’assorbimento aumenta fino a due-tre volte.

Al vapore meglio che fritto:
«Fritta è buona anche una ciabatta!», recita un detto popolare toscano. E nessuno può negare quanto sia appetitosa la crosticina croccante che ricopre tutte le fritture.
Ma friggere è il metodo che prevede la presenza maggiore di grassi, quindi per mangiare in modo controllato bisogna anche correggere tutti gli errori legati alla tecnica di cottura.
Via libera ai metodi che permettono di usare pochi grassi: il cartoccio o la grigliatura per verdura, carne, pesce, la stufatura che grazie alla presenza dell’acqua insieme a poco grasso aggiunto non consente a quest’ultimo di friggere e di consumarsi, la pentola a pressione per preparare minestroni e legumi in tempi rapidi, la cottura al vapore che evita di disperdere nell’acqua le vitamine e i sali minerali degli alimenti, e il sottovuoto che è una via di mezzo tra bollitura e cottura al vapore ma non è facile da realizzare in casa.
E per non rinunciare ai sapori? Basta aggiungere erbe e aromi, e imparare a dosarli sapientemente per esaltare il gusto naturale dei cibi.



5. Istruzioni per l'uso: i chiodi di garofano e il cibo croccante

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Chiodi di garofano eccezionali:
Le spezie usate nella preparazione di molti piatti tipici della tradizione mediterranea non solo danno sapore, ma fanno anche bene alla salute.
Lo hanno evidenziato due ricerche, una spagnola dell’Università Miguel Hernández di Elche che ha messo al primo posto le virtù dei chiodi di garofano ricchi di sostanze antiossidanti della famiglia dei polifenoli (le medesime di uva, frutti rossi e vino rosso), e l’altra canadese dell’Università di Western Ontario che ha studiato le proprietà delle miscele di erbe aromatiche per condire le insalate o marinare la carne e il pesce.
Secondo i ricercatori spagnoli, gli oli estratti da chiodi di garofano, origano, rosmarino, timo e salvia potrebbero essere inseriti anche nei prodotti alimentari industriali, soprattutto se a base di carne, come antiossidanti naturali per impedirne il deterioramento, riducendo o evitando il ricorso ad antiossidanti e conservanti sintetici.
Mentre i canadesi hanno affermato che le erbe aromatiche possono aumentare il potere antiossidante della nostra alimentazione, anche se è difficile stimare l’entità dei loro benefici perché si usano in piccole quantità. Inoltre, la cottura ne annulla in parte le proprietà: meglio usarle a crudo per condire le insalate o miscelarle a olio o miele in salsine da aggiungere alle carni a fine cottura.

Se è croccante sazia prima:
Ricercatori olandesi dell’Università di Wageningen hanno verificato che i cibi croccanti, soprattutto gli ortaggi, hanno un effetto più saziante di quelli morbidi e aiutano a non ingrassare, anche perché costringono a masticare di più e sostano più a lungo in bocca.
Gli scienziati hanno servito a 50 soggetti sani e di peso normale due pasti a base di hamburger e di insalata di riso in due varianti: con pane morbido o croccante nel caso dell’hamburger e con verdura cotta (morbida) o verdura cruda (croccante) nell’insalata di riso.
Quando i volontari hanno consumato il pasto “croccante” hanno assunto meno cibo,riducendo le calorie in media del 13 per cento. E le calorie risparmiate non sono state recuperate nel pasto successivo.






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