Che cosa ci aspetta tra 50 anni? Potremo trapiantare il cervello?
Cambiare sesso sarà facile. Batteremo il colesterolo con le nanomacchine? Niente più calvizie?
Gli organi sintetici aboliranno le protesi? La rigenerazione cellulare sarà immediata? Scopriamolo insieme.
1. Trapiantare il cervello, attivare la ricrescita e l’ecologia interna
- Trapiantare il cervello
Oggi i trapianti di cuore, polmoni, fegato, cornea sono complessi da un punto di vista tecnico, ma hanno una casistica avanzata e l’aspettativa di vita post operatoria è cresciuta di molto.
Esiste però una frontiera ancora inaccessibile per la medicina: il trapianto di cervello. I problemi da affrontare sono immensi.
Dal numero incredibile di vasi sanguigni da ricollegare, alla connessione tra il cervello trapiantato e il midollo spinale e il sistema nervoso centrale del nuovo corpo.
Eppure, il trapianto di cervello resta un sogno proibito per molti ricercatori che dedicano tempo ed energie per risolvere, sia pure in linea teorica, tutti i problemi di un’impresa così complessa.
Di sicuro, un trapianto simile solleverebbe problemi di carattere non solo medico ma anche etico e legale, ma quando mai questo genere di problemi ha fermato la medicina?
Grazie all’uso delle nanotecnologie, della medicina genetica, e all’ipotesi della medicina rigenerativa, che ha come obiettivo quello di “persuadere” le cellule dell’organismo a rigenerare le parti mancanti, non è del tutto irreale ipotizzare che in futuro anche questo trapianto – giudicato oggi impossibile – potrà diventare una realtà.
In fin dei conti, se la storia della medicina ci ha insegnato qualcosa è che nulla è mai del tutto “irrealizzabile”.
- Attivare la ricrescita. Si ipotizza che in futuro le protesi saranno solo un ricordo
Oggi un’amputazione è un trauma che incide in modo drammatico sulla vita e sulla psiche dei pazienti e che ne altera l’equilibrio fisiologico.
L’alternativa sono protesi, più o meno efficienti, che non possono comunque sostituire un arto naturale. Un’ipotesi allo studio in alcuni laboratori però potrebbe cambiare radicalmente il quadro della situazione.
Partendo dal ragionamento che alcuni esseri viventi, come per esempio, le lucertole, hanno nel loro genoma la capacità di rigenerare gli arti amputati, alcuni ricercatori si stanno interrogando se questa caratteristica non sia un tratto “dormiente” nel corredo genetico di tutti gli esseri viventi.
Se così fosse, il punto è trovare un modo per individuarlo nel DNA e sbloccarlo, così da attivare la facoltà di rigenerare gli arti persi anche negli esseri umani.
Nel 2017 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta da un team di scienziati guidato dal professor Andràs Simon del Karolinska Institutet di Stoccolma su Pleurodeles waltl.
Il genoma di questo anfibio, una salamandra che vive nella penisola Iberica e in Marocco, contiene un gruppo di geni che potrebbe essere coinvolto nei processi di rigenerazione.
Si tratta di micro-RNA (cioè RNA non codificanti) che in Pleurodeles sono presenti negli esemplari adulti, mentre nei mammiferi si trovano solo nelle staminali embrionali.
Potrebbe essere un primo passo per capire i meccanismi genetici che stanno alla base di questa straordinaria capacità.
- Entra in gioco l’ecologia interna
All’inizio, la medicina prestava attenzione all’ambiente, e alle condizioni in cui viveva il paziente.
Ultimamente però è entrata nel quadro la flora batterica e questo significa che si prendono in esame non solo l’ambiente esterno in cui viviamo, ma anche l’ambiente che vive dentro di noi.
È quella che i ricercatori chiamano l’ecologia interna all’uomo, ossia un universo che comprende la flora batterica nell’intestino e, più in generale, l’ecologia dei batteri che vivono in simbiosi con il nostro corpo, ma che non fanno propriamente parte della fisiologia umana.
In futuro, i trattamenti medici e farmacologici dovranno prendere in considerazione anche questo aspetto interno, per calibrare l’efficacia di farmaci e trattamenti, rapportandosi con il mondo che esiste nel nostro corpo e che interagisce costantemente con noi.
2. Decidere il proprio sesso, i mangiacolesterolo e stimolare la ricrescita ossea
- Decidere il proprio sesso. Evitare una volta per tutte che qualcuno si senta prigioniero di un corpo non suo
Niente al mondo sembra più certo e immutabile del sesso con cui si nasce. Eppure un gran numero di individui soffre di disturbi psicologici e fisiologici dovuti a disforia sessuale.
Secondo le stime più prudenti, 1 maschio su 30.000 e una femmina su 100.000 percepiscono uno scollamento insanabile tra la loro identità psichica e il loro sesso fisiologico.
Oggi le terapie per aiutare chi si sente prigioniero all’interno del proprio corpo vanno dal counseling psicologico, alle terapie ormonali, alla chirurgia invasiva con l’asportazione dei caratteri sessuali che si sentono estranei e la ricostruzione – dove è possibile – di quelli invece sentiti come propri.
In futuro, radicali avanzamenti nella terapia genetica potrebbero aiutare i pazienti a trovare un equilibrio, modificando a livello profondo la struttura corporea, fino a farla coincidere con quella psichica.
Il transito da un genere all’altro potrebbe essere a disposizione di chi ne abbia bisogno, aiutando i pazienti a trovare un equilibrio personale.
- I mangiacolesterolo. Micro ripulitori che viaggiano per le vene ripulendole dall'accumulo di grassi
Il colesterolo è uno dei problemi maggiori che deve affrontare l’uomo moderno.
Fondamentalmente si tratta dell’accumulo di sostanze grasse all’interno dei vasi sanguigni, che riducono la capacità di flusso del sangue nelle vene e nelle arterie, e nei casi più gravi impediscono la circolazione.
La cura più diffusa oggi sono le statine, che contribuiscono a diminuire i livelli di colesterolo nel sangue. Ma i più recenti sviluppi delle nanotecnologie mediche potrebbero aprire la strada a un metodo rivoluzionario non solo per contrastare il colesterolo, ma anche per eliminarlo definitivamente.
Le nanotecnologie consentono di realizzare strumenti infinitamente piccoli, più o meno delle dimensioni di una molecola, che possono essere utilizzati per eseguire particolari compiti.
Con questo metodo, sciami di “nanomacchine” ripulitrici, programmate per attaccare ed eliminare le placche di colesterolo all’interno del sistema circolatorio potrebbero risolvere alla radice il problema. L’idea è chiara, aspettiamo che la tecnologia arrivi a dimensioni così ridotte.
- Stimolare la ricrescita ossea
L’osteoporosi è una malattia parafisiologica che rende fragili le ossa e contribuisce a fratture da stress.
Si tratta di una patologia che colpisce gran parte della popolazione in tutto il mondo, particolarmente anziani e donne in menopausa.
Tra le cause più frequenti si segnalano la riduzione della produzione ormonale nelle donne in menopausa e la diminuzione dei livelli di testosterone, calcio, magnesio e di altri micronutrienti dovuti alla vecchiaia.
Attualmente, sono in corso studi per trovare modi facili e non invasivi per aiutare l’organismo a reintegrare i livelli degli ormoni e a ripristinare la massa ossea, allontanando le conseguenze dell’osteoporosi.
Per gli uomini, si potrebbe trattare di farmaci con un’alta concentrazione di testosterone e micro elementi che, trasportati dal sangue alle ossa, ne irrorino il corpo spugnoso.
Un’altra strada ipotizzata dai ricercatori è la terapia genica, grazie alla quale, partendo dalle cellule del paziente, si potrebbero clonare i tessuti danneggiati, in modo da rimettere a nuovo la massa e la struttura delle ossa.
3. Mai più calvi, tessuti plasmabili, modellabili e la cura del diabete
- Mai più calvi. Un uso controllato e personalizzato del testosterone potrà eliminare il problema della calvizie.
La mappatura del genoma e la medicina personalizzata permetteranno di intervenire anche su un problema apparentemente secondario, ma che è fonte di stress e di malessere psicologico per milioni di uomini e donne in tutto il mondo.
Perdere i capelli può dipendere da molti motivi: stress, vecchiaia, dermatiti e altro ancora.
Una combinazione di profiling genetico e terapia personalizzata permetterà di individuare il modo più efficace per contrastare la caduta dei capelli e, in caso di calvizie, ridare vita ai follicoli sottocutanei, stimolando una ricrescita.
Una delle ipotesi attualmente allo studio è utilizzare dosi calibrate di testosterone per “risvegliare” la crescita dei capelli dovuta all’avanzamento dell’età.
Nei casi di calvizie psicogena, i ricercatori ipotizzano che si possa usare in questo campo lo stesso metodo utilizzato per placare le reazioni di ansia e di malessere psicofisico legate allo stress.
- Tessuti plasmabili e modellabili. Dalla chirurgia alla scultura
La chirurgia plastica sta facendo passi da gigante specialmente nel campo della ricostruzione estetica degli arti e dei lineamenti.
Rimane però sempre una chirurgia, ossia una tecnica invasiva che opera all’interno del paziente, per ridefinire, tagliare, asportare o suturare.
Inoltre, c’è sempre il rischio di un rigetto, che oggi può essere aggirato solo con l’autotrapianto, ossia con l’utilizzo di frammenti di tessuto presi da altre zone del corpo e innestati lì dove ci sono ustioni e ferite, oppure dove ci sia bisogno di ricostruzioni facciali.
In futuro, però, la biotecnologia organica e molecolare sarà in grado di sviluppare tessuti paraorganici che potranno essere applicati sulle lesioni e modellati per ricostruire con precisione la struttura precedente al trauma.
L’idea è quella di una pasta organica totipotente e autosuturante, che si leghi a livello molecolare con i tessuti del paziente. Questa “pasta organica” potrà evitare il rigetto, perché la base cellulare sarà la stessa del paziente.
A questo punto, il chirurgo modellerà il tessuto fino a ottenere il risultato voluto. Ovviamente, con questa tecnica sarà anche possibile correggere eventuali imperfezioni.
- Curare il diabete (di tipo 1 e di tipo 2)
Il diabete è una delle malattie più diffuse al mondo e, anche se con l’insulina è possibile tenerlo sotto controllo e avere una vita normale, resta sempre una malattia impegnativa, da cui non si guarisce. In futuro, però, non sarà così.
Uno screening genetico alla nascita aiuterà a identificare chi è naturalmente predisposto al diabete, attivando fin da subito una prevenzione specifica per impedire l’insorgere della malattia. Ulteriori studi sono in corso per stabilire se sia possibile individuare le cause genetiche del diabete.
La terapia genica aiuterà a controllare il diabete di tipo 1, che ha un’origine autoimmunitaria, a causa della quale il sistema immunitario del nostro organismo non riconosce più le cellule beta che producono l’insulina, le attacca e le distrugge.
Staccare la spina a questo meccanismo di difesa impazzito sarà il primo passo verso la cura di una serie di malattie autoimmuni come la celiachia, la colite ulcerosa, la sclerosi multipla, il morbo di Crohn e molte altre.
A questo proposito è già in atto una ricerca importante che nasce da un italiano, Valerio Chiurchiù, della Fondazione Santa Lucia IRCCS e dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.
Ma facciamo un passo indietro: qualche anno fa Charles Serhan, ricercatori del Centro di Terapie Sperimentali dell’Università di Harvard, presso Boston, ha scoperto le molecole che intervengono in caso di un processo infiammatorio acuto.
Queste cellule, che si chiamano “resolvine”, riparano i tessuti compromessi e provvedono a ripristinare le funzioni dell’organismo.
Chiurchiù, però, ha pensato che le resolvine possono anche correggere quei processi immunitari che si scatenano per errore, dando il via all’autoaggressione da parte del sistema immunitario.
È dunque probabile che, da questo punto di partenza, si possa procedere, tramite le resolvine, sia a disinnescare l’impazzimento della rete di protezione dell’organismo, sia a curare le malattie autoimmuni. Compreso il diabete di tipo 1. È su questo punto di partenza che Chiurchiù e Serhan stanno lavorando con speranze concrete.
Il diabete di tipo 2, invece, insorge quando si manifesta un fenomeno chiamato immunoresistenza, quando cioè l’organismo ha difficoltà a utilizzare correttamente l’insulina. In questo caso, sarà possibile il trapianto delle isole di Langerhans, che hanno il compito di produrre l’insulina.
Gli ammassi cellulari che contengono le cellule beta (quelle che producono l’insulina) verranno inserite nel pancreas del paziente e, una volta impiantate, cominceranno a rilasciare l’insulina, rendendo inutili le iniezioni e i controlli.
Il problema, però, è che oggi il trapianto impone una contemporanea terapia immunosoppressiva che eviti il rigetto delle isole di Langerhans. E non basta, perché le isole trapiantate hanno una durata limitata e questo rende l’intervento ancora poco conveniente.
In futuro, però, si prevede che si riusciranno ad “addolcire” gli effetti della terapia immunosoppressiva e a prolungare la durata delle isole trapiantate.
Non basta, perché c’è un altro filone di ricerca che offre buone speranze, quello delle cellule staminali che potranno trasformarsi in nuove beta cellule in grado di produrre insulina.
4. Vincere la guerra al cancro, vivere per secoli e potenziare i sensi
- Vincere la guerra al cancro
Ogni anno si spendono milioni di euro nella lotta ai tumori. Migliaia di ricercatori nei laboratori di tutto il mondo investono tempo ed energie per trovare cure efficaci per i vari tipi di tumori conosciuti dalla medicina.
Questo sforzo continuerà anche nel futuro. Una delle ipotesi, che potrebbe portare a risultati efficaci, è quella basata sull’eliminazione delle cellule tumorali dall’organismo.
In questo senso, la nanotecnologia potrebbe aiutare, realizzando veri e propri Cancer Buster, da liberare nell’organismo malato. Questi nanostrumenti potrebbero attaccare le cellule tumorali, distruggendole, diciamo così, una per una, fino a eliminarle definitivamente.
A differenza delle terapie usate oggi per aggredire il tumore (chemioterapia, radioterapia) i Cancer Buster sarebbero programmati per riconoscere e intervenire solo sulle cellule tumorali evitando invece quelle sane. In questo modo non ci sarebbero gli effetti collaterali sofferti oggi dai malati.
È solo un’ipotesi di ricerca e richiede enormi avanzamenti in campo medico e tecnologico, ma forse tra 50 anni saremo più vicini a vederla realizzata.
- Vivere per secoli. Raddoppiare l’aspettativa di vita è un sogno che presto potrebbe diventare realtà
I giorni dell’uomo sono contati, dice l’Antico Testamento. Eppure, la medicina ha già allungato l’aspettativa di vita fino a livelli impensabili ai tempi in cui fu scritta la Bibbia.
Oggi, nel mondo occidentale, una vita che arriva a 80 anni non è più l’eccezione, e non parliamo di una vita senescente, ma di ottantenni ancora in forma.
Ma il sogno non si arresta. La medicina e la biologia molecolare odierne stanno indagando sulle straordinarie proprietà di alcuni organismi dotati di una longevità stupefacente.
Identificando i geni responsabili di questa caratteristica e lavorando per renderli compatibili con la fisiologia umana, già ora è possibile ipotizzare un’aspettativa di vita pari a 200 anni.
Ovviamente, questa possibilità rivoluzionerà del tutto il nostro sistema di vita, in termini legali e sociali, ma i ricercatori non se ne preoccupano. Hanno già individuato, infatti, esseri viventi con aspettative di vita estremamente elevate, e stanno studiando il loro metabolismo per coglierne i segreti. Tra 50 anni sicuramente ne sapremo di più. E vivremo più a lungo.
Nella foto sotto, il polpo gigante del Pacifico ha un’aspettativa di vita pari a 100 anni!
- Potenziare i sensi. In futuro potremo migliorare la nostra percezione del mondo
Miopia, presbiopia, abbassamento dell’udito, perdita del gusto, dell’olfatto, insensibilità tattile: i sensi sono il modo con cui raccogliamo i dati dall’ambiente che ci circonda e qualsiasi diminuzione della loro efficienza limita la nostra percezione e quindi la conoscenza.
Questo fatalmente porta all’isolamento sociale, perché chi non è in grado di percepire difficilmente riesce a comunicare in modo spedito e fluido con gli altri.
Oggi, la scienza medica sta facendo passi da gigante per compensare i difetti sensoriali, soprattutto in campo visivo e uditivo, con protesi e apparecchiature sempre meno invasive e più efficienti.
Ma in futuro l’obiettivo non sarà più quello di ripristinare l’ordinario, bensì di potenziarlo. La miniaturizzazione e l’aumento dell’efficienza delle protesi visive e uditive arriverà a livelli impensabili. E saranno potenziati anche gli altri tre sensi – olfatto, gusto e tatto – che sono fin troppo spesso trascurati.
Al momento, la riflessione tra i ricercatori è su come ottenere iperprestazioni dal nostro sistema percettivo. Il cervello utilizza solo il 10% del suo potenziale, quindi esiste un ampio margine di manovra per rendere più efficiente l’elaborazione dei dati raccolti.
La tecnologia lavorerà per ampliare e raffinare sempre più il grado di percezione dei singoli sensi, così da permettere all’individuo di cogliere quanti più dati possibile. I dati, poi, saranno processati e uniti in uno schema comprensibile.
Recettori olfattivi e del gusto più sofisticati, microprotesi epidermiche in grado di riconoscere al semplice tatto le differenze tra sostanze partendo da minuscoli frammenti, e occhi bionici capaci di vedere a chilometri di distanza con precisione quasi assoluta.
Il mondo è ricco di informazioni, e in futuro saremo sempre più in grado di coglierle.
5. Eliminare i ricordi traumatici, sangue artificiale e gravidanze extra corporee
- Eliminare i ricordi traumatici
La sempre maggiore conoscenza di come funziona il cervello ci permette di ipotizzare interventi che solo dieci anni fa sarebbero stati impensabili.
Per esempio potremmo essere in grado di cancellare i ricordi traumatici dalla nostra mente – o almeno attenuare le emozioni negative che rievocano.
Già nel 2014 uno studio condotto al Massachusetts Institute of Technology (MIT) aveva mostrato che, somministrando ad alcuni topi un farmaco inibitore dell’istone deacetilasi (HDACis), era più facile eliminare le reazioni negative provocate da un suono che in precedenza era associato a una scossa elettrica.
A questi risultati si è aggiunto un recente studio di Steve Ramirez, neuroscienziato dell’Università di Boston, che è convinto che la memoria sia estremamente flessibile se si riesce a stimolare le zone “giuste” dell’ippocampo, un’area interna del cervello.
Nei suoi studi sui topi, pubblicati su Current Biology, Ramirez mostra come attivando le cellule della parte più profonda dell’ippocampo i ricordi spiacevoli diventano ancora più emozionalmente disturbanti, mentre, al contrario, agendo sulle cellule della parte superficiale, li si rende meno traumatici.
La procedura ha comportato in un primo momento la mappatura delle cellule che si attivavano in relazione a eventi piacevoli, neutri e spiacevoli e poi la stimolazione di quelle aree per mezzo di una luce laser.
Certo risulta difficile stabilire un parallelismo tra il cervello di un roditore e quello di un essere umano, ma Ramirez sostiene che questi studi potrebbero essere predittivi di come funziona la memoria nell’uomo e in un futuro magari non troppo lontano aiutare a curare quei problemi psichici che affondano le loro radici in un trauma.
- Sangue artificiale
Globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, plasma: sono alcuni degli elementi che compongono il fluido essenziale alla vita, il sangue.
Il sangue alimenta il nostro organismo, fornisce energia, sintetizza l’ossigeno e fa andare avanti la “macchina umana”.
Ogni ospedale ha bisogno di banche del sangue, perché le operazioni chirurgiche lo richiedono per rimpiazzare quello che esce dai vasi recisi dal bisturi. Questo fluido prezioso è sempre poco.
Ne servirebbe di più e le raccolte del sangue sono essenziali in ogni sistema sanitario nazionale. In futuro tutto questo potrebbe essere molto più semplice.
Le ricerche sono molteplici. In Giappone per esempio un team di ricercatori del National Defense Medical College di Saitama ha messo a punto un surrogato di sangue finora testato su cavie con un discreto successo.
Questo liquido è costituito da nanosacche di emoglobina in grado di trasportare ossigeno proprio come l’emoglobina biologica e da nanoparticelle con funzione emostatica (per replicare la coaugulazione del sangue) immerse in una soluzione a base di plasma.
Altre ricerche si concentrano invece su staminali in grado di differenziarsi nei precursori dei globuli rossi. In futuro, partendo da questi primi tentativi, sarà possibile sintetizzare sangue artificiale, dotato di tutte le caratteristiche fisiologiche di quello naturale.
- Gravidanze extra corporee
Estendendo la tecnologia delle incubatrici, in futuro alle donne in gravidanza si offrirà un’alternativa ai nove mesi col pancione.
Saranno disponibili infatti placente artificiali, calibrate per avere la massima cura del feto e aiutarlo a svilupparsi nel modo più sano possibile, attraverso un nuovo tipo di gravidanza: quella extra-corporea.
Speciali sensori replicheranno gli stimoli che il corpo della madre offre costantemente al feto fino al momento della nascita, e la crescita del bambino sarà costantemente monitorata da apparecchiature collegate alla placenta artificiale.
Chi si è interrogato su questa ipotesi ha sollevato obiezioni sulla mancanza dell’interscambio tra il sangue della madre e quello del feto che, a livello psicobiologico, potrebbe portare a un inaridimento delle emozioni prenatali, con conseguenti traumi post parto.
La risposta data a questa obiezione è una camera di dialisi dove, a intervalli ciclici, nel corso dei nove mesi, le future madri si collegheranno al feto per replicare il processo che avviene nell’utero.