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Le 15 invenzioni che hanno cambiato la storia del mondo

Le scoperte che cambiano tutto sono quelle che hanno un profondo impatto sociale.

Quelle scoperte di pensiero, di scienza o di tecnologia che, dopo essere state prodotte in laboratorio o altrove, per caso, per fortuna o per calcolo alla fine trovano la loro strada all’interno della società e ne diventano parte integrante.

È l’ingresso in società, l’accettazione delle scoperte e poi il loro uso, pratico o concettuale, a costruire l’avanzamento scientifico.

La storia ci insegna che spesso passa un po’ di tempo tra la scoperta e il suo ingresso in società. Gli esempi illustri sono tanti: dall’elettricità al motore a combustione interna, alla lampadina, alla comprensione della relazione tra germi e infezione e molti altri.

L’esempio più spettacolare di scoperta recente che ha cambiato la vita umana è forse il telefono portatile. Tutti ci ricordiamo ancora di quando non c’era, ma già ora, e certo tra pochi anni, è pronto per essere il primo oggetto posseduto da ogni essere umano.

Né la penna né la macchina da scrivere e neanche l’automobile sono mai arrivati a essere neanche lontanamente vicini a un simile livello capillare di diffusione su scala mondiale, e in così poco tempo.

Il telefonino: ovvero il prototipo di una scoperta che ha cambiato tutto. Ma ecco le 15 invenzioni che hanno cambiato la storia del mondo.

 

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1. La ruota, la scrittura e la bicicletta

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- La ruota

È stata la prima delle grandi invenzioni che hanno segnato la storia umana e resta tuttora importantissima: gran parte degli attuali mezzi di trasporto e dei più comuni meccanismi ne sfrutta il principio.
Purtroppo nessuno sa chi l’abbia inventata e non si è neppure certi dell’epoca e dell’area geografica della sua comparsa.
Molti studiosi ipotizzano che sia stata messa a punto nel corso del V millennio a.C. in Mesopotamia o nelle steppe dell’Asia centrale, due zone geografiche i cui antichi abitanti avevano già addomesticato mammiferi di grossa taglia: la presenza di questi animali avrebbe stimolato l’invenzione dei primi rudimentali carretti da traino per il trasporto di grossi pesi. Nell’America precolombiana, gli animali da traino non esistevano e la ruota fu ideata non come mezzo di trasporto, ma per costruire giocattoli e oggetti cerimoniali.
ruotaDa primitiva a tecnologica:
• 4000 a.C.
Ruota monoblocco in legno
• 3000 a.C.
Disco composito in legno
• 2500 a.C.
Disco cerchiato in rame
• 1500 a.C.
Ruota a 4 raggi
• 1700 d.C.
Ruota a 8 raggi con cerchione rinforzato in acciaio
• 1900
Ruota con pneumatico, cerchio e raggi in acciaio
• 1980
Ruota con pneumatico e cerchio in ferro
• 2000
Ruota con cerchio in lega a più razze
• 2005
Copertone in gomma, raggi in poliuretano, mozzo in acciaio.
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- La scrittura

Questa invenzione non ha un’origine unica: è stata messa a punto in modo del tutto indipendente dai Sumeri in Mesopotamia attorno al 3300 a.C., da Olmechi e Zapotechi in Mesoamerica attorno al 600 a.C. e infine dai Cinesi attorno al 1200 a.C.
La prima forma di scrittura utilizzata dai Sumeri (foto sotto), testimoniata da alcune tavolette di argilla rinvenute negli scavi dell’antica città di Uruk (oggi in Iraq), è di tipo pittografico: si tratta cioè di una scrittura per immagini, che solo nei secoli successivi si trasformerà nella scrittura fonetica cuneiforme.
La scrittura dei mesoamericani era basata su un sistema di ideogrammi (segni pittorici) ciascuno dei quali rappresentava una particolare sillaba della lingua.
Quanto ai geroglifici dell’antico Egitto, secondo alcuni studiosi, si sarebbero sviluppati attorno al 3400 a.C. indipendentemente dai Sumeri, mentre per altri sarebbero stati messi a punto nel 3150 a.C. circa grazie all'influsso sumerico.
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- La bicicletta

Il primo veicolo a due ruote compare in Germania tra 1816 e 1818: è la draisina, dotata di sella e manubrio come una bici, ma priva di pedali e freni.
Ci si spinge e si frena con i piedi a terra. Il primo velocipede, mezzo dotato di due ruote, delle quali una molto più grande dell’altra, di sellino e due pedivelle, è messo a punto in Scozia nel 1838-39 ed è poi migliorato a Parigi nel 1855.
Nel 1861, i francesi Pierre ed Ernest Michaux creano un particolare velocipede detto biciclo, dotato di pedali fissati nel mozzo della ruota anteriore: per farlo avanzare occorre pedalare in senso rotatorio, proprio come facciamo noi oggi.
I primi raggi metallici posizionati in direzione tangenziale e non radiale compaiono nel 1870, mentre il primo sistema di trasmissione a catena risale al 1884-85. La mountain bike, infine, viene creata in California (Usa) tra 1975 e 1980.
Qui sotto, il figlio di Denis Johnson in una litografia del 1819.

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2. La carta, la stampa e la polvere da sparo

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- La carta

Per millenni l’uomo ha scritto incidendo su pietra, legno, tavolette di argilla, gusci di tartaruga e scapole di bovino.
A partire dal III millennio a.C., gli antichi Egizi iniziarono a utilizzare i fogli di papiro, ricavati lavorando il midollo di una pianta acquatica del Delta del Nilo, il Cyperus papyrus.
A partire dal III secolo d.C., il più comune supporto di scrittura divenne la pergamena o cartapecora, ottenuta dalla lavorazione delle pelli di agnello, pecora o capra.
Tra XIII e XIV secolo, in pieno Medioevo, la pergamena fu sostituita dalla carta di canapa che, come dice il nome, era ottenuta lavorando la fibra della Cannabis sativa.
L’invenzione della carta non spetta però all’Occidente: furono i Cinesi a produrla per primi da varie fibre, come i bozzoli del baco da seta, la scorza del gelso, gli steli del bambù, la canapa e la ramia, fibra ricavata da una pianta, la Boehmeria nivea.
Secondo la leggenda, l’invenzione spetterebbe a Ts’ai Lun, un eunuco della corte dell'imperatore Ho Ti, che l’avrebbe messa a punto nel 105 d.C.; secondo gli storici, invece, la sua produzione andrebbe retrodata di almeno due secoli.
In ogni caso, dalla Cina, la carta si diffuse sia a est, verso il Giappone, sia a ovest, verso l’Asia Minore, e furono gli Arabi a introdurla prima in Spagna e poi, nel X secolo, nel resto d’Europa.
La carta velina, infine, fu messa a punto alla fine del Settecento da Pierre Montgolfier, il papà dei due fratelli divenuti celebri per aver inventato la mongolfiera.
Qui sotto, si chiama Specchio Sassone questo manoscritto su pergamena del 1385 che contiene le leggi vigenti nella Sassonia medievale.
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- La stampa

In Occidente la stampa a caratteri mobili fu ideata dal tipografo tedesco Johann Gutenberg nel 1455, ma nell’Estremo Oriente questa ingegnosa tecnica esisteva già da secoli.
Al cinese Bi Sheng (990-1051) è riconosciuta l’invenzione di caratteri mobili in argilla, mentre i primi caratteri mobili in metallo (rame, per la precisione) sono ideati in Corea nel 1403.
L’invenzione della stampa e la fabbricazione della carta da fibre vegetali e stracci hanno consentito la produzione in massa di libri e la conseguente diffusione della cultura, promuovendo uno dei più rivoluzionari cambiamenti nella storia umana.
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- La polvere da sparo

Ne esistono di due tipi: la polvere nera, oggi impiegata solo per fuochi pirotecnici e micce, e le polveri infumi (che non producono fumo), sfruttate nelle odierne armi da fuoco.
La polvere nera è una miscela esplosiva di carbone, zolfo e salnitro la cui invenzione spetta ai Cinesi: messa a punto tra VIII e IX secolo d.C., fu inizialmente usata per la fabbricazione di fuochi artificiali e sistemi di segnalazione, e solo dopo l’XI secolo venne sfruttata nella produzione di razzi e bombe incendiarie.
In Occidente, la scoperta della polvere nera è attribuita per tradizione al monaco tedesco Berthold Schwarz a metà Trecento, ma gran parte degli storici ritiene che sia stato il filosofo e alchimista inglese Ruggero Bacone a metterla a punto a metà Duecento.
Una delle prime bocche da fuoco a sfruttare l’invenzione è la bombarda, che fa la sua apparizione nella battaglia di Crécy nel 1346, mentre le prime armi portatili, schioppo e archibugio, comparvero qualche decennio più tardi.
Tutte le diverse armi che da allora si svilupparono nei secoli sfruttarono la polvere nera sino al 1890 circa, quando come propellenti furono preferite le polveri infumi, ossia gli esplosivi alla nitrocellulosa e nitroglicerina, usati tuttora.

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3. Il motore a scoppio, lo sfruttamento dell’elettricità e la lampadina

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- Il motore a scoppio

Il motore a combustione interna, utilizzato nella maggior parte dei velivoli e dei mezzi di trasporto terrestri e navali, nasce 160 anni fa a Firenze.
Pochi sanno che è un’invenzione tutta italiana, legata agli studi di un insegnante di fisica originario di Pietrasanta, Padre Eugenio Barsanti, e di un ingegnere di Lucca, Felice Matteucci.
Il 6 giugno 1853, entrambi depositano all’Accademia dei Georgofili di Firenze un documento che descrive il primo rudimentale motore a scoppio della storia.
Nel 1876, gli ingegneri tedeschi Nikolaus Otto, Eugen Langer, Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach mettono a punto il primo motore a quattro tempi (aspirazione, compressione, scoppio e scarico) che diventerà il modello della maggior parte dei motori moderni.
In seguito Daimler perfezionerà l’invenzione, sviluppando un motore a scoppio leggero e potente, in grado di essere applicato su veicoli a quattro ruote. Nasceva così l’automobile.
Nella foto sotto, la prima Mercedes. Il modello 35PS fu prodotto nel 1901; sul sedile posteriore siedono Gottlieb Daimler, il costruttore, e la moglie Mercedes.
Il motore a scoppio

 

 

- Lo sfruttamento dell’elettricità

Che cosa succederebbe se di colpo cessasse la produzione di energia elettrica? Il disastro sarebbe inimmaginabile e i danni incalcolabili perché per qualsiasi attività abbiamo bisogno di energia e quella elettrica è la più diffusa e versatile.
Eppure, per millenni i nostri avi ne hanno fatto a meno: è solo nel 1870 che l’accoppiamento della dinamo alla turbina idraulica diede avvio alla produzione commerciale di energia elettrica.
Le prime centrali furono create in Inghilterra e negli Usa per alimentare pionieristiche reti di illuminazione pubblica: la centrale di Londra entrò in funzione il 2 gennaio 1882, quella di New York il 4 settembre 1882 ed entrambe furono progettate dallo scienziato americano Thomas Alva Edison, cui si deve la concezione del primo sistema di generazione e distribuzione dell’elettricità.
La centrale di Pearl Street a Manhattan (New York) fu costruita con 12 gruppi generatori da 90 kilowatt ciascuno, capaci di illuminare un intero quartiere e soprannominati Jumbo dallo stesso Edison.
Dopo Londra, lo scienziato scelse l’Italia come sede della seconda centrale elettrica europea per la produzione commerciale di energia: nel 1883, ne guidò la costruzione a Milano, fra le vie Santa Radegonda e Agnello, a due passi dal Duomo.
Qui sotto, Shanghai. L’illuminazione a giorno dei grattacieli fa di questa città una delle mete più richieste della Cina.
Lo sfruttamento dell’elettricità

 

 

- La lampadina

Al genio del brillante inventore americano Thomas Alva Edison (1847-1931) dobbiamo molto: tra i 1.093 brevetti depositati a suo nome, c’è quello della lampadina a incandescenza, una piccola invenzione che, come ha scritto la rivista Life, «ha davvero illuminato il mondo».
Per anni, Edison condusse studi ed esperimenti nel tentativo di mettere a punto la lampadina elettrica; il problema che lo fece impazzire fu quello relativo al materiale con cui fabbricare il filamento che doveva diventare incandescente, ovviamente senza bruciare.
Si dice che abbia provato di tutto: platino, cotone, carta, fibre vegetali e persino i peli della barba di un suo collaboratore.
Nell’ottobre del 1879, una lampadina nella quale aveva montato un filamento di cotone carbonizzato riuscì a rimanere accesa per 40 ore: fu un successo.
Nel 1891, Gerard Philips iniziò a produrre lampade a filamento di carbone a Eindhoven, in Olanda, dando così l’avvio a una delle maggiori multinazionali di apparecchi elettrici.
Nel 1903 l’americano William David Coolidge ebbe un altro colpo di genio: sostituì il filamento di carbone con uno di tungsteno e creò la lampadina come la conosciamo oggi.
Nella foto sotto, Thomas Edison (a sinistra) e il matematico e ingegnere elettrico Charles P. Steinmetz nel 1923.

La lampadina

4. Gli antibiotici, il telefono e il cellulare

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- Gli antibiotici

In passato si moriva con facilità: bastava anche una semplice infezione.
Gli antichi Egizi curavano le ferite infette con una mistura di lardo e miele (dalle blande proprietà antibatteriche), i Greci usavano vino e aceto, i Romani una mistura detta tincta in melle linamenta a base di miele, mentre i Cinesi sfruttavano l’efficacia di piante e muffe.
Jacques Dalibour, chirurgo dell’esercito del re di Francia Luigi XIV, curava le ferite dei soldati con acqua e una combinazione di zinco e rame (anch’esso blandamente antibatterico).
Le terapie rimasero sempre aleatorie finché nel 1928 il biologo inglese Alexander Fleming (1881-1955) scoprì l’eccezionale potere antibatterico di una muffa, identificata come penicillium notatum e chiamata "penicillina".
La scoperta passò quasi inosservata fino alla Seconda guerra mondiale; nel 1941 due collaboratori di Fleming, Howard Walter Florey e Ernst Boris Chain, sperimentarono la penicillina su un poliziotto di mezza età, ricoverato all’ospedale di Oxford per la setticemia provocata da una ferita alla bocca.
Il poliziotto migliorò, tuttavia le scorte della medicina si esaurirono ben presto e dopo poco morì. Il fallimento spinse Chain e Florey al lavoro: alla fine della guerra, i due sintetizzarono il farmaco e diedero così l’avvio alla sua produzione industriale, salvando milioni di vite umane. Fleming, Florey e Chain vinsero il premio Nobel per la medicina nel 1945.
Nella foto sotto, cultura di Penicillium chrysogenum: la parte bianca è il corpo del fungo, le nere sono le spore. Da questo fungo si ricava la penicillina.
Gli antibiotici

 

 

- Il telefono

«Sarebbe finita diversamente la storia d'amore di Giulietta e Romeo se entrambi avessero avuto un telefono?», così si è chiesta - scherzando - la scrittrice Isabel Allende.
Ecco un'invenzione rivoluzionaria che nasce a metà Ottocento. A partire dal 1840, molti ingegneri si cimentano nella realizzazione di un sistema per trasmettere i suoni a distanza e tra questi vi sono il tedesco Johann Philipp Reis, l’inglese David Hughes, l’italiano Antonio Meucci e l’americano Alexander Graham Bell.
Meucci nel 1854 realizza un prototipo funzionante che battezza telettrofono, ma a causa di una cronica mancanza di soldi non riesce brevettarlo. Nel 1871, dopo essersi trasferito a New York, trova il denaro necessario a depositare un brevetto provvisorio e riesce a pagare i 10 dollari di rinnovo annuale solo fino al 1873.
Tre anni più tardi l’americano Alexander Graham Bell, venuto in possesso dei disegni di Meucci, deposita il brevetto definitivo di un apparecchio copiato dal telettrofono, ma furbescamente ribattezzato telefono.
Meucci lo accusa di plagio e gli fa causa, ma perde perché non può pagarsi l’avvocato e così l’americano finisce col diventare il papà del telefono agli occhi del mondo. Solo nel 2002 gli Usa hanno riconosciuto ufficialmente il merito di Meucci.
Nella foto sotto, anni Venti. Il telefono comincia a essere usato anche per conversazioni private. Nel 1925 in Italia c’erano 130mila apparecchi.
Il telefono

 

 

- Il cellulare

Gli smartphone sono ormai parte integrante della nostra vita quotidiana: piccoli e sottili, assolvono a un’incredibile gamma di funzioni; molti di noi non riuscirebbero più farne a meno, ma sono un’invenzione molto recente.
Il primo dispositivo mobile di telefonia fu messo a punto nel 1973 dall’americano Martin Cooper, ingegnere presso l’azienda Motorola: era il prototipo del Dyna Tac 8000X, un telefono enorme, pesante 1,130 kg, dotato di ben 30 circuiti e privo di display; aveva inoltre una batteria che consentiva solo 35 minuti di conversazione, ma richiedeva oltre 10 ore di ricarica.
Ci vollero 10 anni perché la Motorola riuscisse a commercializzarlo: così ingombrante da essere soprannominato “il mattone”, il telefono fu messo in vendita in America nel 1983 per la modica cifra di 3.995 dollari (pari a 9.082 dollari attuali, più o meno 6.700 euro).
Per nostra fortuna, grazie al crescente progresso tecnologico, i cellulari sono diventati sempre più piccoli, intelligenti e soprattutto economici.
Nella foto sotto, il primo telefonino. Il Motorola Dyna-Tac 8000X nelle mani del suo inventore, l’americano Martin Cooper, ingegnere, il 3 aprile 1973. L’apparecchio ha le dimensioni di una scarpa.

Il cellulare



5. La televisione, il computer e internet

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- La televisione

Oggi nel mondo esistono oltre 2 miliardi di apparecchi televisivi e si calcola che almeno un miliardo di persone guardi una o più trasmissioni tutti i giorni.
Eppure quanti sanno che il 25 marzo 1925 è la data di nascita della televisione?
Quel giorno l’ingegnere scozzese John Logie Baird diede uno strano spettacolo nel centro commerciale Selfridges di Londra, trasmettendo a distanza delle rudimentali immagini in due toni di grigio. Il 2 ottobre riuscì a trasmettere l’immagine in bianco e nero del viso in movimento di un fattorino, prestatosi all’esperimento.
Il televisore inventato da Baird, detto elettromeccanico, si basava su un dispositivo messo a punto nel 1883, il cosiddetto disco di Nipkow, e trasmetteva immagini piccole, poco luminose e di scarsa qualità.
Il televisore elettronico, basato sulla presenza di un dispositivo inventato nel 1897, il tubo a raggi catodici, fu costruito nel 1885 dall’inventore americano Philo Taylor Farnsworth.
Fu quest’ultimo apparecchio a presentare la tecnologia vincente. Nel 1932 la Bbc inglese cominciò le prime trasmissioni sperimentali a bassa definizione; per quelle regolari e ad alta definizione, occorrerà aspettare il 2 novembre 1936.
In Italia, la Rai iniziò le trasmissioni il 3 gennaio 1954, dopo quasi dieci anni di sperimentazione: alle 14,30, andò in onda Arrivi e partenze, un programma condotto da un giovanissimo e sconosciuto italo-americano, Mike Bongiorno.
Nella foto sotto, una famiglia statunitense degli anni Cinquanta accende il televisore. In Italia la prima trasmissione fu mandata in onda il 3 gennaio 1954.
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- Il computer

Nasce come macchina calcolatrice e si sviluppa per elaborare informazioni scientifico-militari.
Tra il 1943 e il 1946, il ministero della Difesa statunitense mise a punto un mastodontico calcolatore elettronico, chiamato Eniac.
Occupava 167 metri quadrati e funzionava grazie a 18mila valvole termoioniche e a 6mila interruttori. Pesava 27 tonnellate e consumava così tanta elettricità da mandare in black-out un intero quartiere di Filadelfia. Era capace di eseguire 5mila addizioni e 360 moltiplicazioni al secondo.
Poiché non aveva tastiera, i dati andavano inseriti mediante schede perforate della Ibm. Nel 1950 entrò in funzione Edvac, progettato dal matematico John von Neumann per l’esercito Usa, tecnologicamente più avanzato.
Dotato di 6mila valvole termoioniche e 12mila diodi, occupava 45,5 metri quadri, pesava 7.850 kg e per funzionare aveva bisogno di uno staff di 30 persone ogni turno di 8 ore.
Faceva un’addizione in 864 microsecondi e una moltiplicazione in 2.900; era in grado di trattare ogni tipo di informazione e di memorizzare un programma.
A fine degli anni Cinquanta, le valvole furono sostituite dai transistor e negli anni Sessanta dai circuiti integrati o microchip: un calcolatore a valvole poteva eseguire 2mila moltiplicazioni al secondo, uno a transistor 38mila, uno a microchip oltre 2 milioni al secondo.
Nel 1975 vengono presentati i primi personal computer, Sphere 1 e Altair 8.800; nel 1976, Steve Wozniak e Steve Jobs presentano il loro microcomputer Apple I.
Nella foto sotto, Steve Jobs in una foto del 1977. Il fondatore del futuro colosso americano aveva creato la sua azienda l’anno prima.
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- Internet

Il nome deriva dalle parole inglesi Interconnected Networks: è una piattaforma di interconnessione di computer, nata negli ambienti militari statunitensi negli anni Settanta; la rete si chiamava Arpanet e consentiva la comunicazione a distanza tra gli elaboratori elettronici delle forze armate.
Negli anni Ottanta, l’uso della rete si estese ai centri di ricerca e alle università.
Dagli anni Novanta in poi sulla piattaforma sono apparsi alcuni servizi rivoluzionari: il World Wide Web (un servizio che permette di condividere un’enorme varietà di contenuti multimediali), e-mail (posta elettronica), Ftp (protocollo di trasferimento file), chat, VoIP e Skype (conversazioni telefoniche sfruttando la connessione), E-learning (corsi universitari on line), E-commerce (acquisti e vendite) ed E-banking (gestione dei conti bancari).

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