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Le regole dell’amore in un’app

Cambiano i punti di vista, ma un fatto è innegabile: i siti di incontri sentimentali (dating) stanno rivoluzionando l’amore.

Quando nel 1995 aprì Match.com, erano considerati l’ultima spiaggia per i disperati o gli sfigati.

Oggi, al computer o sugli smartphone, contano oltre 90 milioni di utenti in un mercato che solo negli Usa vale 2,3 miliardi di dollari.

Da Badoo a Meetic, fino a Tinder, che ha abbinato due single perfino in Antartide, si moltiplicano le piazze virtuali per incontri: portali per chi cerca l’anima gemella, e servizi che mettono in contatto tatuati, vegani, sposati in cerca di avventure…

Ma davvero un algoritmo può trovare il nostro partner ideale? Scopriamolo insieme.

1. Liquidità digitale e storia

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  • LIQUIDI E DIGITALI
    Benvenuti nell’era “tecno-sessuale”: soprattutto per i Millennials (i nati dopo gli Anni ’80), gli approcci sono diventati un gioco tecnologico, con molte opportunità e altrettanti rischi.
    Primo fra tutti, la “McDonaldizzazione” dell’amore, simile a una merce da vetrina digitale: invece di ordinare un libro, ordini una persona.
    Ma è solo un’involuzione? La realtà è meno squallida: John Cacioppo, psicologo all’Università di Chicago, studiando oltre 19mila statunitensi sposati fra il 2005 e il 2012, ha scoperto che il 35% si era conosciuto online, fra chat, forum e – in metà dei casi – anche su siti di dating.
    "La storia dei rapporti amorosi", commenta Justin Garcia, direttore all’Istituto Kinsey per le ricerche sul sesso, "ha avuto due rivoluzioni: la prima 10mila anni fa, quando, con l’agricoltura, da nomadi siamo diventati stanziali. La seconda, con l’avvento del Web: per anni ci siamo conosciuti alle feste, a scuola o al lavoro. Ora lo facciamo su Internet». Segno dei tempi: siamo passati dall’esclusività dell’amore romantico all’amore “liquido”, mutante e intercambiabile, come l’ha definito il sociologo Zygmunt Bauman?
    Non solo: oggi le persone hanno poco tempo, e preferiscono giudicare le foto di 50 persone in 2 minuti, che spendere 50’ per cercare l’anima gemella. E non è detto che ciò uccida l’amore: Paul Aditi della Michigan State University ha scoperto che le coppie nate online sono spesso più romantiche.
    Merito della comunicazione digitale: protetti da un display e da un nickname, ci confidiamo più di quanto faremmo dal vivo.
  • STORIA
    Sono le due facce del dating digitale: nuovi rischi, ma anche nuove opportunità.
    Un fenomeno di costume, e anche scientifico: diversi siti, infatti, promettono di trovare l’abbinamento perfetto fra persone grazie a elaborati algoritmi.
    Una sorta di scienza dell’amore che ha già più di 50 anni di storia: il primo servizio di dating basato su un algoritmo, “Operation Match”, risale infatti al 1965.
    Fu creato da alcuni studenti di Harvard (Usa): bastava compilare un questionario (su fede religiosa, abitudini sessuali ecc.), versare 3 dollari, e dopo una settimana si ricevevano nomi e telefoni di partner compatibili, elaborati da un computer Ibm.
    Il servizio non sfondò. Ma l’idea riprese quota 30 anni dopo, con la nascita del Web: nel 1995, l’ingegnere americano Gary Kremen lanciò Match.com, il primo sito di dating. Nato come servizio di annunci pubblicitari, si specializzò nella ricerca di partner: «Porteremo sulla Terra più amore di quanto si sia visto dai tempi di Gesù».
    La sua profezia si è quasi avverata, ma nel frattempo Kremen fu silurato dal suo consiglio di amministrazione, che non voleva includere gay e trans fra gli utenti.
    Errore strategico: fu proprio un gay, Joel Simkhai, a lanciare la terza rivoluzione tecnologica nel dating, la geolocalizzazione. Nel 2009 creò Grindr, app per cellulari che trovava un partner in tempo reale, abbinando profili simili e geograficamente vicini.

2. Chi si somiglia...

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Nel 2012 Tinder avrebbe portato il sistema a una diffusione planetaria, con una filosofia ancora più semplice.

Si scelgono i partner in base alle foto più che ai loro profili, e si possono contattare solo persone vicine e che si siano piaciute reciprocamente.

Si cancella la paura d’essere rifiutati. Ma davvero questi algoritmi sono efficaci nell’abbinare partner compatibili? Il dating online è migliore di quello offline? Oppure può portare a un degrado mentale e comportamentale?

Difficile rispondere: le società di dating sono quotate in Borsa e, come Google, non rivelano i propri algoritmi; non svelano quale peso attribuiscono a ogni variabile (età, studi, carattere, hobby) e come stabiliscano la compatibilità fra le persone.
In generale, i criteri usati dagli algoritmi sono due: la similarità o la complementarietà. Ovvero gli scenari dipinti dagli antichi proverbi: “chi si somiglia si piglia”, oppure “gli opposti si attraggono”.

Partiamo dalle affinità. La scienza ha scoperto che i matrimoni fra persone della stessa etnia hanno bassi tassi di divorzi a 10 anni di distanza; lo stesso vale per persone di uguale religione, istruzione, salute dei genitori e reddito.

«Ma abbinare due persone bianche, cattoliche, diplomate lascia un ampio ventaglio di partner compatibili», osserva Eli Finkel, psicologo della Northwestern University (Usa), che ha studiato gli ultimi 50 anni di ricerche nel campo.

E il carattere non conta? «Le ricerche non hanno identificato quali fattori favoriscano l’armonia fra partner», risponde Finkel.

«Avere le stesse attitudini, valori, orientamento politico non è associato ad alti livelli di soddisfazione coniugale: uno studio su 23mila persone in Germania, Regno Unito e Australia ha mostrato che la similitudine fra partner aveva predetto solo lo 0,5% della soddisfazione in un rapporto.
L’unico fattore che ha un peso è condividere le aspettative sui ruoli sessuali: chi si occupa dei figli, delle faccende domestiche ecc. E un altro parametro importante (ma non valutato dai siti di dating) è capire come le persone reagiscono in caso di eventi stressanti: disoccupazione, malattia, incidenti».

3. Odori e volti

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Poi c’è un altro problema: a quali dati dare più peso? All’istruzione o alla simpatia?

«Non siamo capaci di capire, da un profilo, quali caratteristiche siano importanti, in sé o in un partner», risponde Finkel.

«Ed è diverso valutare un partner alla volta, rispetto a molti, tutti in una volta. Quando passi da 4 a 64 profili, le strategie di scelta diventano sempre più povere: ci si limita a pochi aspetti, anche non in linea con i propri ideali. Oppure non si sceglie affatto».

E la complementarietà? «Non ci sono prove», risponde Finkel, «che gli introversi siano attratti dagli estroversi, o che cerchiamo persone con qualità che noi non abbiamo. E in una relazione due persone simili possono adottare ruoli complementari».

Eppure, l’evoluzione privilegia le differenze: più il nostro patrimonio genetico è vario, più chance di sopravvivenza abbiamo. Varie ricerche, infatti, hanno scoperto che preferiamo gli odori di persone con marcatori immunitari diversi dai nostri.

Tant’è che sono nati siti, come Genepartner.com, che mettono in contatto persone con profili genetici diversi. «È vero che preferiamo gli odori di persone con marcatori diversi dai nostri», obietta Finkel, «ma alla fine preferiamo i volti di partner con marcatori uguali ai nostri».

Genetica a parte, è difficile pensare che gusti e carattere contino poco nell’armonia di una relazione. Le ricerche sul successo dei matrimoni, osserva Finkel, studiano le coppie sulla base di molte variabili, vedono chi divorzia e chi no, e poi identificano la combinazione di variabili che ha funzionato.

«Ma questa non è predizione, è deduzione a posteriori», osserva Finkel. Infatti non si può prevedere come andrà un rapporto in base alle caratteristiche di due individui prima che si incontrino.

Come ha constatato Monika Lupean, istruttrice di yoga nel Maryland (Usa): «Avevo trovato un uomo appassionato di yoga e che leggeva i miei stessi libri. Ma quando ci siamo visti non è scattata la scintilla».

Nessun profilo (ammesso che sia veritiero) può trasmettere l’essenza di una persona, che si capisce solo dal vivo, guardando la postura del corpo e le espressioni del viso, sentendo la sua voce...

«Non puoi dedurre il sapore di un cibo dalla conoscenza degli ingredienti: finché non li unisci e li cucini, non lo sai», obietta Finkel. «Nessun algoritmo ti aiuterà a trovare l’anima gemella: bisogna accettare di baciare molti ranocchi che non si trasformeranno in principi».

Allora come si spiega la popolarità di queste app? «Mettono in contatto persone motivate nella ricerca di un partner», risponde Finkel.

«E permettono di allargare le conoscenze, soprattutto a chi ha poche possibilità: genitori divorziati, lavoratori impegnati, gay, nuovi arrivati in città. Dove altro si trovano in 20 minuti 200 single che cercano un partner?».

Ma occorrono alcune avvertenze. Primo, questi portali tendono a eliminare le persone con troppa cultura o con troppi problemi. «Ovvero, chi avrebbe più bisogno d’aiuto nel trovare un partner», nota Finkel.

«In più, basandosi sulle autodichiarazioni degli utenti, rischiano di ospitare stalker, violenti, tossicodipendenti. I governi dovrebbero regolare questo settore, verificando la sicurezza dei siti. Per scoraggiare disonesti e aggressivi bisognerebbe abbinare ai profili le recensioni di chi li ha conosciuti dal vivo».

4. Apparenze e menzogne

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  • APPARENZE
    In questo scenario con tanti limiti, Finkel fa un’eccezione per Tinder:
    «È superficiale ma onesta. Non pretende d’avere un algoritmo capace di trovare l’anima gemella: punta tutto sull’apparenza fisica, e dà la possibilità di incontrare una persona altrettanto interessata a te. È una piattaforma di scoperta sociale, eccezionale sia per cercare un’avventura che una relazione seria».
    D’altronde, aggiunge Dylan Selterman, psicologo all’Università del Maryland, è così anche la vita reale: «A una festa, ci avviciniamo a chi ci attrae fisicamente: non consultiamo prima la sua scheda personale. Impieghiamo 1/10 di secondo per farci l’impressione su qualcuno, e associamo l’attrattiva fisica ad altre caratteristiche positive del carattere». La vita oggi è frenetica, e uccide la fantasia. Abbiamo bisogno di sognare, e le foto, i profili, le chat, aiutano a farlo. Che male c’è?.
  • MA NEI PROFILI MENTE L’81%
    Quanto si mente sulle app di dating? La ricercatrice Catalina Toma dell’Università del Wisconsin l’ha accertato in modo scientifico: ha reclutato 80 iscritti a siti di dating (Match, Yahoo, American singles e Webdate) e ha misurato dal vivo le loro caratteristiche fisiche, confrontandole con le informazioni inserite nei loro profili.
    - RISULTATO: l’81% bluffava su almeno uno dei fattori (altezza, peso o età). Si mente sugli aspetti più difficili da smascherare dal vivo. Meno sull’età (non si può negare di ignorarla) e molto sul peso (scarto del 5,6% rispetto alla realtà). Ecco i dettagli.
    - PESO: era sbagliato in 2/3 dei profili. Lo scarto medio rispetto alla realtà era di 2,5 kg. Mentono di più le donne (-4 kg in media) che gli uomini (massimo un kg in meno).
    - ETÀ: in media ci sono 5 mesi di scarto rispetto alla realtà (da 3 anni più giovani a 9 anni più vecchi rispetto a quanto dichiarato). Non ci sono differenze fra uomini e donne.
    - ALTEZZA: lo scarto medio rispetto alla realtà è di 0,8 cm (da 7,6 cm più alto a 4,44 più basso); mentono più gli uomini, che tendono ad “alzarsi” in media di 1 cm.
    - FOTO: gran parte non erano recenti. Le foto delle donne erano vecchie in media di un anno e mezzo (quelle degli uomini risalivano a 6 mesi prima).





5. 10 regole scientifiche per avere successo

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  1. Di solito rompono il ghiaccio gli uomini. Usate una domanda aperta, tipo: “Cosa ti è piaciuto del mio profilo?”; evitate quelle a cui si può rispondere solo sì o no.
  2. Posate con sorriso sincero e la testa un po’ inclinata (esprime disponibilità e dolcezza). Inserite non solo primi piani ma anche foto a figura intera. Sono più comunicative le foto da vestiti che in costume da bagno.
  3. Scegliete foto in cui siete ritratti in mezzo ad altri: trasmette status elevato, simpatia, importanza.
  4. Il profilo deve essere breve, chiaro, originale e incuriosire. E soprattutto sincero. Usate il 70% dello spazio per raccontare di voi e il 30% per descrivere il partner ideale. L’humour è sempre apprezzato.
  5. Scegliete un nickname con l’iniziale nella prima metà dell’alfabeto (A-L): diversi siti indicizzano i profili in ordine alfabetico.
  6. Meglio farsi ritrarre con le braccia dietro la schiena: la posa esprime fiducia. Le braccia conserte esprimono invece bassa autostima.
  7. Per le donne funzionano nomi che evocano l’aspetto fisico, per gli uomini i nomi che segnalino intelligenza.
  8. Gli uomini preferiscono donne con vestito rosso e in posizioni yoga. Le donne giudicano attraenti gli uomini con la barba un po’ incolta, alle prese con sport avventurosi, con una chitarra o con un animale in braccio; o se li vedono con altre donne che sorridono loro.
  9. Chi usa la parola “amore” nel profilo ha più successo nel trovarlo. Le donne preferiscono uomini più istruiti e alti di loro; gli uomini il contrario. Le donne sono più attente alla classe sociale del partner.
  10. Per non alimentare illusioni, meglio incontrarsi dal vivo entro 4 settimane.








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