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L’obesità è una vera epidemia

L’Organizzazione mondiale della sanità lancia un nuovo allarme.

Preoccupano i 2,2 miliardi di persone, tra bambini, adolescenti e adulti, che mangiano troppo e male, si muovono poco e sono per questo in sovrappeso od obesi.

Siamo infatti di fronte a una vera e propria “epidemia” globale di sovrappeso e obesità, che si sta diffondendo in molti Paesi e che potrebbe causare problemi sanitari molto gravi nei prossimi anni, se non interveniamo ora.

Per contro circa 795 milioni di persone nel mondo non hanno abbastanza da mangiare, ma la buona notizia è che dal 1990 a oggi questo numero è diminuito di 216 milioni. Colpa dell’alimentazione sbagliata e della sedentarietà.

Mentre la scienza studia nuovi “brucia grassi”, l’eccesso di peso si previene a tavola e attivando il metabolismo con il movimento. Scopriamo come!

1. Grasso in cifre e un freno al metabolismo

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  • Grasso in cifre
    Un nuovo studio dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington ha analizzato i dati di 195 Paesi del mondo, raccolti tra il 1980 e il 2015 nel Global Burden of Disease Study (GBD), una piattaforma che quantifica l’entità della perdita di salute dovuta alle principali patologie e i fattori di rischio legati a tali malattie.
    La conclusione è che in 35 anni il numero complessivo di obesi sul totale della popolazione è raddoppiato in 70 Paesi e non accenna a diminuire.
    L’eccesso di peso riguarda il 30 per cento circa della popolazione mondiale: tra questi, ci sono 108 milioni di bambini e adolescenti obesi (tra 2 e 19 anni) e più di 600 milioni di adulti obesi (oltre i 20 anni).
    Il primato negativo spetta all’Egitto, con il 35 per cento di obesi, mentre in fondo alla classifica ci sono Vietnam e Bangladesh, con circa l’1 per cento di obesi.
    Tra le nazioni economicamente più avanzate, gli Stati Uniti detengono il record per tasso di obesità: lo è il 30,6 per cento degli uomini e il 35,4 per cento delle donne.
    In Italia, secondo il rapporto Osservasalute 2016, più di un terzo della popolazione adulta (35,3 per cento) è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa (9,8 per cento).
    L’eccesso ponderale nel nostro Paese riguarda più gli uomini che le donne: è in sovrappeso il 44 per cento dei maschi contro il 27,3 per cento delle femmine e obeso, rispettivamente, il 10,8 per cento contro il 9 per cento.
    Preoccupano anche i dati sui bambini: è sovrappeso il 21,3 per cento dei bambini italiani tra i 6 e i 10 anni d’età e obeso il 9,3 per cento.
  • Un freno al metabolismo
    Di fronte a queste cifre, prima di tutto dovrebbe essere mobilitata la prevenzione, ma la ricerca scientifica sta investendo anche molte risorse sulle terapie.
    Uno studio effettuato dal dipartimento di scienze farmacologiche e biomolecolari dell’Università degli studi di Milano, mostra come inibendo l’attività di un gene in alcuni topi e in colture cellulari si riesca a trasformare il comportamento del tessuto adiposo in modo da combattere l’accumulo di grasso e contrastare sovrappeso e obesità.
    Nel nostro corpo sono presenti due tipi di grasso, diversi per morfologia e funzione: il tessuto adiposo bianco, una sorta di serbatoio pieno di carburante a cui attingiamo in caso di digiuno per rilasciare l’energia necessaria alle attività dell’organismo, e il tessuto adiposo bruno, che bruciamo soprattutto per ricavare l’energia con cui regoliamo la temperatura corporea.
    Gli scienziati hanno visto che inattivando il gene chiamato istone deacetilasi 3 (HDAC3), il tessuto adiposo bianco diventa più simile a quello bruno, cioè metabolicamente più attivo e più abile nel dissipare energia sotto forma di calore anziché immagazzinarla in ulteriori cellule adipose.
    In parte questo fenomeno si verifica anche fisiologicamente, ma è potenziato se inattiviamo il gene HDAC3, che sembra agire come una sorta di “freno molecolare” al metabolismo brucia grassi nel tessuto adiposo bianco, impedendo la produzione di calore.
    Se riuscissimo a modulare questo “freno”, potremmo trovare un modo per favorire la riduzione dei grassi accumulati e quindi il peso corporeo, soprattutto nei soggetti sovrappeso e obesi, contrastando le gravi conseguenze sulla salute causate dall’obesità, che purtroppo è sempre più presente nella popolazione».

2. Fattori di rischio, più mangi, più mangeresti e il cibo non è un premio né una punizione

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  • Fattori di rischio
    Obesità e sovrappeso sono condizioni associate a morte prematura e riconosciute come fattori di rischio per le principali malattie croniche.
    «Dei 4 milioni di decessi attribuibili all’eccesso di peso nel 2015, secondo le nostre ricerche circa il 40 per cento riguardava persone con indice di massa corporea ben al di sotto della soglia dei 30 chilogrammi su metro quadrato utilizzati per definire l’obesità. Questo significa che il sovrappeso è già un importante fattore di rischio», osserva Christopher Murray, direttore dell’IHME all’Università di Washington, Stati Uniti.
    Un problema grave è l’insorgenza dell’obesità tra bambini e adolescenti, esposti a difficoltà respiratorie, problemi articolari, mobilità ridotta, ma anche a disturbi dell’apparato digerente e di carattere psicologico.
    Inoltre, chi è obeso da bambino lo è spesso anche da adulto e aumenta il rischio di sviluppare precocemente ipertensione, malattie coronariche, tendenza all’infarto e condizioni di metabolismo alterato, come il diabete di tipo 2 o l’ipercolesterolemia.
    È stata dimostrata anche la correlazione tra obesità e alcuni tumori, soprattutto di esofago ed endometrio.
    Questo perché il tessuto adiposo non è una materia inerte che si limita a gonfiare pancia e altri punti del corpo, ma una sorta di grande ghiandola produttrice di ormoni e sostanze infiammatorie capaci di innescare processi che sono tra i responsabili dello sviluppo tumorale.
  • Il cibo non è un premio né una punizione
    Sin da piccoli il cibo è vissuto come fonte di premio o di punizione, potente mezzo attraverso cui dare e ricevere attenzioni, affetto e amore.
    Quando queste esperienze positive vengono a mancare, si tende spesso a cercare consolazione utilizzando il mezzo più immediato, a basso costo, disponibile e gratificante proprio perché evocativo di sensazioni piacevoli.
    Gli effetti di questi comportamenti si vedono sempre più sui bambini e sugli adolescenti.
    Ritmi di lavoro incessanti e costi di vita sempre più elevati costringono entrambi i genitori a lavorare a tempo pieno, con l’esito di avere poco tempo a disposizione per preparare pasti fatti in casa e di dover ricorrere a cibi pronti ricchi di grassi, zuccheri e conservanti.
    Bambini che trascorrono molto tempo da soli tendono a ricercare affetto e cure in altro modo, per esempio mangiando.
    Per contro, i nonni che appartengono alla generazione del dopoguerra vedono nel bambino rubicondo l’emblema della salute e della robustezza e tendono a sottovalutare i segnali di fame e sazietà dei nipoti.
    Questo predispone i più piccoli a incontrare, anche da adulti, maggiori difficoltà nella gestione del comportamento alimentare.
  • Più mangi, più mangeresti
    Ma perché è facile ingrassare? Ricercatori statunitensi dell’Università della California e dell’Università di Washington hanno visto, studiando i topi, che responsabili dell’aumento di peso sono le cellule della microglia nel sistema immunitario cerebrale, la cui popolazione si espande grazie all’apporto di grassi.
    Se però questi sono in eccesso, si scatena un’infiammazione che manda in tilt il funzionamento della regione cerebrale chiamata ipotalamo medio-basale, richiamando dal circolo sanguigno altre cellule che, una volta giunte nel cervello, si trasformano in cellule della microglia, aggravando l’infiammazione in un circolo vizioso al quale è difficile porre fine.

3. Batteri, chili di troppo e troppo sedentari

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  • Batteri e chili di troppo
    La scienza sta anche dimostrando che l’insieme dei microrganismi (batteri e lieviti) contenuti nel nostro intestino è in grado di influenzare il peso corporeo.
    Un nuovo studio dell’Università del Texas, per esempio, ha individuato un meccanismo metabolico per l’accumulo di tessuto adiposo che fa capo a una proteina, chiamata NFIL3, presente nelle cellule intestinali.
    L’azione dei microrganismi sembra sincronizzata con i ritmi circadiani, cioè con l’alternanza delle ore di luce e di buio durante il giorno.
    Nelle cellule epiteliali dell’intestino, NFIL3 controlla il programma circadiano del metabolismo dei lipidi e il loro assorbimento, e i geni che esprimono questa proteina sono influenzati dai microrganismi.
    Secondo gli autori della ricerca, il risultato spiegherebbe il motivo per cui l’alterazione dei ritmi circadiani, per esempio in chi lavora su turni o cambia spesso fuso orario per viaggi frequenti, favorirebbe l’insorgenza di malattie metaboliche e cardiovascolari, obesità e diabete.
  • Troppo sedentari
    Non basta mangiare di meno e meglio. Per bruciare calorie e abbassare i livelli di insulina è indispensabile muoversi.
    L’insulina è l’ormone che facilita il passaggio di zucchero nelle cellule, stimola la sintesi delle proteine e inibisce l’uso del grasso nei depositi dei nostri tessuti.
    L’organismo, per prepararsi al nutrimento e far sì che quanto mangiamo serva ad accrescere la massa magra e i muscoli, ha bisogno di muoversi.
    Conoscere il proprio metabolismo basale – il dispendio energetico dell’organismo a riposo che serve per mantenere le funzioni vitali e che si può misurare con alcuni esami come la calorimetria – aiuta a calibrare meglio i fabbisogni energetici.
    Se una persona ha vissuto tutta la vita a dieta, cioè riducendo in modo costante le calorie, inevitabilmente avrà dovuto abbassare il proprio metabolismo basale per continuare a vivere.
    Quindi, prima di “subire” una dieta concentrandosi solo sulla riduzione delle calorie, è meglio pensare di mettere in moto il proprio corpo, aumentando così le uscite per attivare i processi energetici.

4. Come prevenire l'obesità a tavola

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COME PREVENIRE L’OBESITÀ A TAVOLA
La maggior parte degli studi epidemiologici conferma che mangiare più alimenti di origine vegetale, almeno due terzi del totale dei cibi consumati in una giornata, riduce il sovrappeso e il rischio di una serie di patologie.
Gli alimenti di origine animale non vanno esclusi dalla dieta, ma non dovrebbero superare un terzo di quel che si mangia ogni giorno. Spazio a verdura e frutta, cereali integrali, legumi, semi oleosi.

  • CHE COSA PRIVILEGIARE
    - Verdura e frutta
    Abbondanti in acqua e fibra, hanno poche calorie (con l’avvertenza di non superare le due porzioni al giorno di frutta, per limitare l’apporto di zuccheri) e sono una fonte importantissima di micronutrienti. Differenziamo i colori per assicurarci tutti i preziosi nutrienti.


    - Legumi
    Ottima fonte di proteine, hanno fibre, fitocomposti (sostanze antiossidanti che rallentano l’invecchiamento cellulare) e appena il 3% di grassi.


    - Cereali
    Sono da privilegiare quelli integrali, specie in chicco.


    - Frutta a guscio e semi oleosi
    Sono concentrati di micronutrienti e di grassi salutari, benefici per il sistema cardiovascolare.


    - Erbe aromatiche e spezie
    Non solo arricchiscono i piatti di sapore, evitando di eccedere con sale e intingoli, ma apportano vitamine, sali minerali e fitocomposti.


    - Olio
    L’extravergine di oliva e gli oli di semi spremuti a freddo sono il migliore condimento perché ricchi di acidi grassi salutari.


  • COSA EVITARE O ALMENO LIMITARE
    Salumi e affettati, carne rossa, alimenti ricchi di sale, prodotti industriali molto energetici, bevande zuccherate, alcolici.






5. Che cos'è l'indice di massa coprorea e attenti al grasso viscerale

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  • CHE COS’È L’INDICE DI MASSA CORPOREA
    La definizione delle diverse classi del peso corporeo umano si basa sull’indice di massa corporea (IMC, in inglese Body Mass Index BMI), un parametro biometrico calcolato come il rapporto tra il peso misurato in chilogrammi e il quadrato dell’altezza misurato in metri. I riferimenti sono:
    Ma l’IMC non distingue tra grasso e muscolo. Per sapere se siamo “in forma”, ci sono due tecniche: la bioimpedenziometria e la plicometria.
    La prima misura la “bioresistenza” del corpo al passaggio di una corrente elettrica a bassa potenza e alta frequenza (50 kHz): i tessuti magri sono ottimi conduttori, al contrario delle ossa e del tessuto adiposo.
    Con la plicometria si misura invece il grasso corporeo dallo spessore delle pliche cutanee.

 

  • ATTENTI AL GRASSO VISCERALE
    Gli scienziati concordano sul fatto che il grasso viscerale, misurato dalla circonferenza addominale, determini il maggiore rischio di eventi cardiovascolari acuti.
    Avere per esempio un indice di massa corporea normale e un’elevata obesità addominale è più pericoloso che avere un IMC totale da obesi.
    L’IMC è quindi un indice parziale, che dovrebbe essere integrato dal parametro del girovita.
    Quest’ultimo si misura con un metro da sarto posizionato senza fare pressione sull’addome nudo, nel punto più stretto, al di sopra dell’ombelico.
    Per avere un rischio di malattia cardiovascolare basso, il girovita non dovrebbe superare gli 80 cm nella donna e i 94 cm nell’uomo, valori però non validi per i bambini, per chi è alto meno di 152 cm e per i culturisti, che hanno molta massa muscolare sull’addome.
    Per capire se nel corso di una dieta stiamo perdendo peso correttamente, basta misurarsi la circonferenza addominale: se stiamo calando di chili, ma non di pancia, c’è un problema.








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