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Mastino Napoletano: un gigante equilibrato pieno di amore, fiducia e dedizione

Il Mastino Napoletano discende dal grande molosso romano, descritto da Columella (I sec.) in "De re rustica", diffuso in tutta Europa dalle Legioni di Roma, al fianco delle quali ha combattuto, contribuendo nella formazione di molte razze di mastini negli altri paesi europei.

Conservatosi, lungo molti secoli nella campagna vesuviana e nella regione napoletana, in genere, è stato riselezionato dopo il 1947. E' una razza da carattere forte e leale, non ingiustificatamente aggressivo o mordace.

Come difensore della proprietà e delle persone che lo circondano ha sempre un comportamento vigile, intelligente, nobile e maestoso. L’aspetto del Mastino Napoletano è quello tipico di un cane da guardia e ad un primo sguardo incute sicuramente timore e rispetto.

È necessario iniziare l'educazione molto presto (tra i 3 e i 4 mesi), quando il giovane Mastino è molto malleabile, e non lasciarsi impressionare quando, verso i 7 o 8 mesi, manifesta la vocazione a giocare al capo…

Sì otterrà un cane molto affezionato alla famiglia, dolce, molto paziente, devoto e protettore dei bambini. Questo cane è ricettivo a tutti gli addestramenti e resiste bene alla fatica: sarebbe un peccato abbandonarlo a se stesso se senza sviluppare il suo talento atletico e stimolare la sua intelligenza. È essenzialmente un cane di famiglia che, come tale, richiede dell'attenzione.

1. Origine

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Il Mastino Napoletano ha fama di essere una terribile guardia del corpo. La sua costituzione impressionante, completata da un enorme testa, si presenta ai malintenzionati con un aspetto perlomeno scoraggiante.

Dai tempi più lontani, i suoi antenati diretti hanno alimentato le cronache guerresche e i resoconti dei giochi circensi, ma hanno svolto anche ruoli più "domestici". 

Ecco, per esempio, il ritratto che ne abbozza il romano Columella, nel I secolo: "Il cane a guardia della casa deve essere nero o scuro, in modo che durante il giorno sia visibile ai ladri e incuta loro, con la sua impressionante torva, grande paura. Quando cala la notte, il cane si perde nell'oscurità e passa inosservato, può quindi attaccare senza essere visto. La sua testa è così massiccia che si presenta come la parte più importante del corpo".

Si converrà che, 17 secoli dopo questa descrizione, il Mastino Napoletano non è per nulla cambiato. L'erudito agronomo stabiliva poi un confronto fra 2 cani da guardia, confronto già classico nel suo tempo: infatti, lo si trova in Virgilio e sarà ripreso più di una volta da Olivier de Serres, nel 1600.

Al fosco guardiano della casa si opponeva un bianco protettore del gregge, bianco non solo per non essere confuso nell'oscurità con una bestia feroce, ma anche per non rischiare di spaventare le pecore. Si sono riconosciuti in questo secondo tipo i grandi cani da montagna come, parlando solo dell'Italia, il Pastore Maremmano-Abruzzese. La distinzione vale sempre, poiché la cinologia moderna considera separatamente i molossi "tipo Dogo" (Mastino) dai molossi "tipo montagna".

Si è sostenuto che sia gli uni sia gli altri, e tra loro il Mastino Napoletano, provengono dagli alti pianori del Tibet, ma poco si sa dei cani tibetani, e l'ipotesi dell'esistenza di antenati in quelle terre è fragile. A maggior ragione sembra molto azzardato farli risalire al Miocene (ovvero a 20 milioni di anni fa!) e scovarvi un Simocyon diaphorus, per farne, come si dice in alcune opere, il progenitore di tutti i Doghi. 

Più modestamente, ci si fermerà alle prime rappresentazioni precise di Molossi, che si ritrovano in opere della civiltà sumerica (tra il IV e il II millennio a.C.) e soprattutto dei loro successori, gli Assiri (I millennio a.C.).

Queste 2 civiltà hanno lasciato dei bassorilievi stupefacenti per il realismo con cui riproducono esattamente le razze di Mastino attuali: cani possentemente costruiti, dalla testa massiccia e voluminosa. E siccome la figura di un uomo è sempre accanto ai cani, ci si può fare un'idea della loro alta statura. Quanto alle circostanze che li portarono dal Medio Oriente in Europa, possono essere morte.

Nel IV secolo a.C., Alessandro Magno, in cammino verso le Indie, ebbe senza dubbio occasione di incontrare dei Molossi. Sembra, inoltre, che egli li conoscesse e ne possedesse che prima di intraprendere la sua conquista.

E ancora, si può citare un aneddoto a proposito di Ciro il Grande, che visse due secoli prima di Alessandro. Il popolo dei Molossi offri al re di Persia un cane da combattimento veramente straordinario, che accondiscendeva a mostrare le sue capacità solo davanti ha un avversario degno di lui, nientemeno elefante, che faceva rapidamente a pezzi, secondo Erodoto! La considerazione dei Mastini non è una cosa recente….

Il mondo antico non sempre attribuisce una provenienza asiatica a questi cani: il nome greco Μολοσσος fa riferimento alla loro appartenenza al popolo dei Molossi che vivevano nell'Epiro, a sud-ovest della Macedonia. La Molossia quindi non è in Asia ma è giusto ricordare che qualche autore menziona cani di tipo molosso provenienti dall'Asia Minore.

Comunque sia, si riconosce che furono i Fenici, esperti commercianti, in contatto con gli Assiri, con i Greci e poi con i Romani, a diffondere la razza il cui valore era sicuramente molto alto. E qualunque sia stata la regione d'origine reale, i Molossi erano ben presenti tra i Romani, il cui impero era così vasto da lasciar supporre una migrazione dalle contrade più diverse.

Si sa che a Roma si faceva un grande impiego dei Molossi. Nei circhi erano opposti ai gladiatori e alle belve, raccolti nei territori conquistati. Furono anche preziosi ausiliari delle legioni, e servirono da guardiani delle ricche dimore patrizie.

Poi, quando si diffuse la moda delle "residenze secondarie", questi terribili cani, si spostarono verso il sud. Fu così che i Mastini arrivarono a Napoli, a Pompei, a Paestum, i centri di villeggiatura più apprezzati a quei tempi, per il loro clima caldo e secco.

Così, anche se non si conosce la loro provenienza precisa, non pare errato dire che il Mastino Napoletano sia un discendente diretto dei Molossi romani, in particolare dei Canes pugnaces, e, più lontano, un degno rampollo dei Doghi sumeri  e assiri. Nei primi due decenni di questo secolo il Mastino Napoletano era diffuso in tutta Italia e, dopo vent'anni la sua area di diffusione si era ristretta a Napoli, Avellino e le campagne circostanti.

Ora ci si può domandare il perché del nome, considerando che prima di stabilirsi in Campania il Mastino fu certamente presente in altre regioni: uno dei più bei campioni di questi Molossi è riprodotto su una situla etrusca conservata a Bologna.

La questione è dunque: perché il Mastino Napoletano a poco a poco è scomparso da tutta la penisola, tranne che nel sud? Forse la presenza di un cane così terribile si giustificava solo dove ancora vi era un gran bisogno di sicurezza. Ma è anche probabile che avrebbe cessato di esistere nelle regioni più meridionali se la storia non gli avesse fornito l'occasione di una rigenerazione.

2. Storia

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Nel corso di quasi un secolo (dal 1442 al 1501), gli Aragonesi furono sovrani sul regno di Napoli (unito alla Sicilia come Regno delle due Sicilie dal 1442 al 1458).

I re d'Aragona possedevano dei famosi Mastini, discendenti diretti dei Canes pugnaces dell'antichità, i peros de presa (cani da presa), così chiamati perché impiegati nei combattimenti con i tori.

Lo spettacolo, così antico e apprezzato in Spagna, era senza dubbio ereditato dai giochi circensi romani - del resto la Hispania non era il luogo dove più a lungo rimasero immutate le tradizioni dell'Impero Romano? I Doghi spagnoli non erano molto diversi dagli antenati del Mastino. L'idea che il perro da presa corrispondesse sia al Canis pugnax dell'antichità che al Mastino moderno è confermata dalle raffigurazioni spagnole del XVIII secolo e dagli splendidi schizzi del Goya, 2 secoli più tardi.

Nell'Italia meridionale, il cane spagnolo divenne il cane da presa, e, acclimatandosi, si mescolò ai cani molossidi autoctoni dei quali non modificò significativamente i caratteri. La rinnovata giovinezza permette all'antico Molosso dei Romani di ritrovare il suo posto come cane da guardia. È in questo momento che prende l'attuale nome di Mastino, derivato da "mastineria", una specie di fattoria fortificata della Campania.

Dapprima favorito dell'aristocrazia, il Mastino diventa progressivamente un elemento della tradizione contadina della regione. "È incatenato a un olivo, a una quercia o a un anello fissato al muro. Alcuni si trasformano in mostri colpiti da nanismo, altri diventano leggeri e perdono la loro tipologia. Ma l'allevamento diviene una sorta di tradizione familiare, la razza sopravvive, i cucciolotti si offrono in regalo ai migliori amici", riporta un testo scritto dai pionieri del suo allevamento.

È più che verosimile che, perdendo la sua collocazione nobile, il Mastino abbia perso parte della sua presenza e della sua struttura tipica. Nondimeno, la sopravvivenza è stata assicurata, tanto che le tradizioni hanno potuto mantenersi: anche se i contadini faticavano a nutrirlo convenientemente, la sua forza restava integra.

Esso veniva utilizzato anche per un altro scopo, nettamente urbano: "Napoli è una città dove regna un clima di insicurezza permanente, dove pullula una popolazione che ha bisogno di vivere e di nutrirsi. La notte, la città e la sua periferia diventano pericolose, e le guardie appartenenti alle milizie private hanno accanto i magnifici mastini color cenere. Di fronte al loro, i malviventi e i banditi utilizzano i medesimi cani, a dei fini opposti!".

Il Mastino Napoletano non era ancora stato messo da parte e non aveva smesso le sue incombenze bellicose. Poi, sopravvennero le due guerre mondiali e con loro le restrizioni alimentari e più ancora i regolamenti sociali, che fecero dimenticare il tradizionale Mastino. Qualcuno però gli era rimasto affezionato, tanto che alla prima esposizione canina organizzata a Napoli nel 1946, sono presentati 8 esemplari "da presa", che suscitarono l'ammirazione del pubblico e degli esperti.

Tra gli spettatori non sappiamo se si trovasse lo scrittore e cinofilo Piero Scanziani. Ma è lui il grande appassionato del mitico Mastino e che elaborò il primo standard della razza  e la fece ammettere tra le razze italiane riconosciute. Fiorentino Fiorone, altro quotato cinofilo, ha definito Scanziani come il "ricostruttore" del Mastino Napoletano. "Nel suo canile di Roma, dice, a partire dal 1946, cominciò a raccogliere i migliori soggetti, a selezionarli e a ottenere degli splendidi risultati".

Altri amatori si impegnarono nell'impresa, in Toscana, in Lombardia (ben più a nord della regione dell'elezione del Mastino), e presto i loro sforzi congiunti portarono al riconoscimento della razza da parte dell'Ente nazionale della cinofilia italiana (ENCI). Scanziani rimane l'autore del nuovo e più completo standard, che ha accompagnato il Mastino Napoletano nella sua selezione, a partire dal 1971.

Dal 1972, il Mastino comincia ad uscire dall'Italia, e si diffonde soprattutto in Germania e nei Paesi Bassi, dove, in generale, i Doghi sono già molto apprezzati, specialmente se dotati di un forte temperamento. In Francia viene introdotto a partire dal 1975; con l'Alano tedesco, il mastino conta maggior numero di amatori. In seguito verrà esportato in altri paesi, come il Giappone e gli Stati Uniti, anche se rimane in Europa la sua maggior presenza.

Questa antica razza, nel senso proprio del termine (e il fatto non è così consueto, poiché non bisogna dimenticare che gli autori del passato distinguevano al massimo 10 razze canine), è nello stesso tempo una ragazza giovane e dinamica. In tutti i paesi dove si è stabilita, la sua popolazione è in espansione, e si può parlare di un vero boom delle nascite.

Il Mastino, arrivato recentemente sulla scena cinofila, ha inevitabilmente trovato della concorrenza. Inoltre, gli amatori non sono tanto numerosi - occorre avere i mezzi per nutrire un tale animale ed essere capaci di addestrarlo con dolcezza e fermezza. Se molti adottano il Mastino Napoletano, è perché incontestabilmente, il cane si distingue per le sue grandi doti.

3. Comportamento

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Al primo posto tra le caratteristiche della razza bisogna mettere il suo aspetto, elemento certo a suo favore.

Se si è persuasi senza troppe difficoltà che il nobile Mastiff britannico è in fondo un "bravo tipo", se il Dogue de Bordeaux ha l'aria molto meno "accattivante", è evidente che il Mastino italiano è fatto per ispirare la paura, o almeno la prudenza. E', per esempio, il solo Dogo che è sempre scuro; e non si tratta solo del colore del mantello, questa cupezza influenza anche il carattere di questo cane.

In rapporto ai suoi "colleghi" ha una mole notevole: un maschio può misurare 75 cm al garrese (un po' più del Bordeaux, un po' meno del Britannico), con un peso solitamente vicino ai 70 chili, può in qualche caso anche superare il quintale. Ma è soprattutto la testa che gli conferisce un aspetto abbastanza terrificante. È massiccia rispetto al corpo, che già non ha niente di leggero, ed è tutta rugosa… Il rosso della lingua, all'interno della bocca, come delle palpebre, contrasta sensibilmente con il grigio o il quasi-nero del mantello.

E infine le orecchie che, tagliate corte, hanno attenuato quel poco di bonomia che avrebbero potuto dare alla grossa testa. Amputate a punta come quelle dei Mastini tedeschi e dei boxer, dovevano conferire un tocco di eleganza; lasciate integre, e dunque pendenti, avrebbero conservato un aspetto più domestico e rassicurante. Ridotte a così poco, informano male sui sentimenti e le intenzioni dell'animale, che risulta sempre più impenetrabile.

Qualcuno ha paragonato la testa del mastino a quella di un ippopotamo. Lasciamo la responsabilità dell'accostamento a chi l'ha proposto, ma occorre precisare che quel mammifero non è il "buon pachiderma" che si vuole fare credere: è uno degli animali più pericolosi dell'Africa. Ha un'aria crudele, ma spesso lo è, mentre il nostro molosso è molto più degno di fiducia di quanto sia andato a vedere. L'aspetto potente del Mastino Napoletano suggerisce il confronto con diverse specie animali.

La sua andatura lo avvicina di volta in volta all'orso o ai grandi felini. A dire il vero, più che alla pesantezza del primo, la sua andatura evoca la flessuosità ondulante e noncurante dei secondi, e si indovina che il Mastino, che
non ha mai l'aria di volersi affrettare, è capace di reazioni fulminee e bruttali. Ecco un ritratto al primo sguardo poco rassicurante, ma il Mastino Napoletano potrebbe far sua una massima molto saggia, in particolare nel campo della guardia e della difesa: vale più prevenire che agire.

Occorre quindi non giungere a conclusioni affrettate sul carattere della razza, basandosi solo su una superficiale impressione. Si può affermare, riprendendo il titolo di un giornale tedesco, che possedere un Mastino Napoletano, è "mettere una tigre nel proprio giardino"? Certo, il passato di questo molosso è bellicoso, ma la discendenza dei cani da combattimento è ormai lontana. Sono numerosi decenni, per esempio, che non accompagna né le guardie private, né i banditi napoletani.

Una potenziale aggressività esiste ancora. I Tedeschi, senza dubbio i primi ad interessarsi al Mastino, non si sono ingannati. Essi li apprezzano molto (così come altri cani rari, non sprovvisti di grinta aggressiva, come il Fila Brasileiro o il Tibetan Mastiff) perché sono buoni e calmi, ma non tanto da poter far fare loro qualunque cosa, senza irritarli…

Il Mastino è perfettamente "civilizzato", ma permane in lui una piccola dose di selvatico che può riemergere se il padrone non riesce a imporsi o se lo istiga; non rimarrebbe altra soluzione che isolarlo o incatenarlo - tutte cose assolutamente da sconsigliare, perché finirebbero per renderlo pericoloso. Si deve anche dire che alcune discendenze sono conosciute per produrre soggetti che mordono. Tuttavia, la maggior parte dei Mastini è di carattere equilibrato. Lo standard lo dichiara: il cane è "docile, non aggressivo".

Nel suo paese d'origine, qualche soggetto è usato per condurre i bovini e come cane da ferma, testimonianza degli impieghi originali della razza, non compatibili con animali suscettibili di diventare pericolosi. È necessario iniziare l'educazione molto presto (tra i 3 e i 4 mesi), quando il giovane Mastino è molto malleabile, e non lasciarsi impressionare quando, verso i 7 o 8 mesi, manifesta la vocazione a giocare al capo…Sì otterrà un cane molto affezionato alla famiglia, dolce, molto paziente, devoto e protettore dei bambini.

Questo cane è ricettivo a tutti gli addestramenti e resiste bene alla fatica: sarebbe un peccato abbandonarlo a se stesso se senza sviluppare il suo talento atletico e stimolare la sua intelligenza. È essenzialmente un cane di famiglia che, come tale, richiede dell'attenzione. Possedendo un naturale istinto protettivo, non ha bisogno di uno speciale addestramento per rivelarsi efficace nella guardia e nella difesa in caso di necessità.

In ogni modo, per intraprendere una vera educazione (alla guardia e alla difesa), il padrone dovrà aver ottenuto preliminarmente un'obbedienza assoluta e, di preferenza, avere dei consigli da un istruttore con una buona pratica nel trattare i Molossi. Il Mastino Napoletano non è un cane da intervento o da polizia, anche se pare sia stato utilizzato nelle 2 guerre dalle milizie e dalle truppe italiane.

Il Mastino Napoletano, da autentico meridionale, non soffre il caldo, e neppure il freddo o le intemperie. È un vero cane rustico. La sua robustezza e di indubitabile, ma, come tutti i grossi cani, puoi essere affetto da displasia dell'anca. Si rivelano, qualche volta, dei casi di rovesciamento delle palpebre (che si operano). Possedere un tale cane significa anche doverlo nutrire.

Si deve sapere che la sua crescita, lunga (raggiungere l'età adulta a 3 anni) e molto importante (moltiplica di 100 volte il peso alla nascita), esige un'alimentazione molto elaborata, sia in quantità che in qualità. Il maschio è più indipendente, fiero e dominatore della femmina, che si mostra più dolce e protettrice, ed è quindi consigliabile a chi non ha mai avuto un Mastino prima.

Il Mastino Napoletano non è certo un cane per tutti. Ha un'aria arcigna e fosca, ma non è una belva: è un Molosso affascinante e completamente degno di fiducia.

4. Un "molosso" dal colore scuro

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Il Mastino Napoletano ha quasi sempre un mantello grigio o nero. Lo afferma anche lo standard che considera difetti le macchie eventualmente presenti sul mantello.

Ma ciò che si prende per un colore uniformemente nero non è che un fulvo fittamente tigrato: le striature o zebrature, più o meno regolari, sono così serrate che nascondono completamente la tinta di fondo. Questo tipo di mantello lo si ritrova anche nel Bulldog francese, anche se in questo caso si intravvede il colore fulvo.

È possibile che il Mastino Napoletano sia qualche volta veramente nero: una quindicina d'anni fa un esemplare appariva nero brillante! 

Quanto al grigio, è il realtà un "blu" nel linguaggio canino come per l'Alano tedesco blu. Alcuni soggetti hanno una tinta beige, simile a quella del Bracco di Weimar. Infine, lo standard riporta l'esistenza di mantelli fulvi (fulvo, mogano, rosso cervo) piuttosto rari.

Se si ama usare parole precise, bisogna riconoscere che il Mastino Napoletano, non è veramente… un mastino, almeno nella nostra lingua. Un mastino (vocabolo che viene dal latino "mansuetus", addomesticato, e non da "massius", etimologia piuttosto fantasiosa), è un cane da guardia, senza dubbio, più grosso del normale.

Si possono indicare così un gran numero di cani che hanno tra loro solo una vaga somiglianza. In tutti i casi, "mastino" non ha mai indicato un tipo di cane. Alcuni, in una certa epoca, hanno potuto parlare di una razza detta "Mastino belga", impiegata come cane da tiro.

Ma, come tutti i tipi di cani possono svolgere questa incombenza, il Mastino belga non ha mai avuto l'aspetto particolare che gli avrebbe consentito di sopravvivere dopo l'abbandono della trazione canina.

Mastino non significa solo grosso cane da guardia; questo termine ha preso anche il senso di "cane incrociato". Il Mastino Napoletano non è però uscito da un miscuglio di razze; è evidentemente un grosso cane da guardia, ma di un tipo assolutamente particolare e perfettamente definito.

È un "puro" Dogo, dalla morfologia estremamente potente, muscolosa e larga, dalla testa massiccia e corta; un vero cugino del Dogue de Bordeaux, per esempio.

Si può chiamarlo "molosso": questo termine pare più corretto che mastino, benché abbia anch'esso un senso generale; ha il vantaggio di avere un riferimento con l'antichità, poiché il Mastino Napoletano è il discendente diretto dei cani che combattevano nelle arene o in guerra.

"Molossoide" è un termine del gergo cinofilo: comprende sia i Mastini propriamente detti che i grandi cani da montagna. Si possono anche aggiungere alla famiglia molossoide alcuni Bovari.



5. Lo Standard del Mastino Napoletano

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FCI Standard N° 197 / 10.09.1992
MASTINO NAPOLETANO
ORIGINE: Italia
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE: 27.11.1989
UTILIZZAZIONE: Cane da guardia e difesa
CLASSIFICAZIONE FC.I.: Gruppo 2 Cani di tipo Pinscher e Schnauzer
Molossoidi e Cani Bovari Svizzeri
Sezione 2.1 molossoidi tipo mastino
Senza prova di lavoro

ASPETTO GENERALE DEL CANE
Cane di grande mole. La sua conformazione generale è quella di un pesante brachimorfo il cui tronco è più lungo dell'altezza al garrese.

PROPORZIONI IMPORTANTI
Altezza al garrese - Maschi da 65 a 75 cm. Femmine da 60 a 68 cm. La lunghezza del tronco è del 10% superiore all'altezza al garrese. La lunghezza totale della testa è pari ai 3/10 dell'altezza al garrese. Il rapporto cranio-muso è di 2 a 1.

COMPORTAMENTO E CARATTERE
Carattere forte e leale, non ingiustificatamente aggressivo o mordace, difensore delta proprietà e delle persone ha sempre un comportamento vigile, intelligente, nobile e maestoso.

TESTA
Brachicefala, massiccia con cranio largo agli zigomi, la sua lunghezza totale raggiunge circa i 3/10 dell'altezza al garrese. Pelle abbondante con rughe e pliche, di cui una tipica e ben marcata che parte dall'angolo palpebrale esterno e discende sino all'angolo labiale. Gli assi longitudinali superiori del cranio e del muso sono tra loro paralleli. 
Regione cranica
II cranio è largo, piatto in particolar modo fra le orecchie e leggermente convesso nella parte anteriore. Le arcate bizigomatiche sono molto pronunciate, ma con muscoli piatti. La loro larghezza è superiore alla metà della lunghezza totale della testa. I seni frontali sono molto sviluppati; la sutura metopica è marcata, l'apofisi occipitale appena accennata.
Regione facciale
Tartufo: Sulla stessa linea della canna nasale e non deve sporgere dalla linea verticale anteriore delle labbra; deve essere voluminoso con narici grandi e ben aperte. La sua pigmentazione è in rapporto col manto: nero nei soggeti neri, scuro negli altri manti e marrone nel mantello mogano.
Muso: è' molto largo e profondo (alto), la sua lunghezza corrisponde a quella della canna nasale e sarà pari a 1/3 della lunghezza totale della testa. Le facce laterali sono tra loro parallele si da dare al muso, visto di fronte, una forma pressoché quadrata.
Labbra: di tessuto pesante, spesso ed abbondante. Le labbra superiori, viste di fronte, determinano alla loro congiunzione una "V" rovesciata.Il profilo inferiore laterale del muso è dato dalle labbra superiori. La loro parte più bassa è la connessura labiale, con mucose visibili, poste sulla perpendicolare calata dall'angolo esterno dell'occhio.
Mascella: forte con branche ben robuste con arcate dentarie che combaciano. La mandibola deve essere ben sviluppata lateralmente con incisivi regolarmente allineati.
Denti: bianchi, ben sviluppati, regolarmente allineati, completi per numero. Gli incisivi della mascella superiore sfiorano con la loro faccia posteriore la faccia anteriore degli incisivi della mandibola (chiusura a forbice).
Occhi: situati in posizione subfrontale sono ben distanziati tra loro e con rime palpebrali tendenti al rotondo. Il bulbo oculare leggermente infossato e il colore dell'iride è in rapporto al colore del mantello.
Orecchie: piccole in rapporto alla mole del cane, di forma triangolare, inserite al di sopra dell'arcata zigomatica. Se integre sono piatte e aderenti alla guancia; se amputate formeranno un triangolo quasi equilatero.

COLLO
Profilo superiormente è leggermente convesso. Lunghezza è di circa 2,8/10 dell'altezza al garrese. Forma troncoconica, ben muscoloso, il perimetro a metà della sua lunghezza è pari a circa 8/10 all'altezza del garrese. Pelle il margine inferiore del collo è ricco di pelle lassa che forma una giogaia ben suddivisa, non abbondante, che inizia dalle branchie della mandibola e termina alla metà del collo.

TRONCO
La lunghezza del tronco è superiore del 10% all'altezza del garrese.
Linea superiore: la linea superiore del dorso è retta con garrese che si presenta largo, lungo, non molto elevato.
Dorso: largo e lungo circa 1/3 dell'altezza al garrese. La regione lombare deve ben fondersi con il dorso con muscolatura ben sviluppata in larghezza.Il costato è ampio, con coste lunghe e ben cerchiate. La circonferenza del torace è di circa 1/4 superiore all'altezza del garrese.
Groppa: larga, robusta e muscolosa. La sua inclinazione, rilevata sul coxale, rispetto all'orizzontale è di circa 30 gradi. La sua lunghezza è pari a 3/10 dell'altezza al garrese. Le anche sono salienti tanto da giungere alla linea superiore lombare.
Petto: largo, aperto con muscoli pettorali molto sviluppati. La sua larghezza è in rapporto diretto con quella del costatu e raggiuge il 40/45% dell'altezza al garrese. II manubrio dello sterno è situato al livello della punta dell'articolazione scapolo-omerale.
Coda: con base larga, grossa alla radice; robusta, si affusola leggermente verso I'estremità. La sua lunghezza raggiunge l'articolazione del garretto. Viene amputata a circa 2/3 della sua lunghezza. In riposo è portata pendente e a scimitarra e in azione è orizzontale o poco più alta del dorso.

ARTI

Arti anteriori

Nell'insieme: l'appiombo visto di profilo e di fronte è verticale con ossatura robusta e proporzionata alla mole.
Spalle: la lunghezza è di circa 3/10 dell'altezza al garrese con un'inclinazione di 50-60 gradi sull'orizzontale. La muscolatura è ben sviluppata con muscoli lunghi e ben divisi. L'angolo dell'articolazione scapolo-omerale è di 105-115 gradi.
Braccio: la sua lunghezza è di circa 30% dell'altezza al garrese. La sua obliquità è di 55-60 gradi sull'orizzontale ed è fornito di rilevante muscolatura.
Gomiti: coperti di pelle abbondante e rilassata non sono troppo serrati alla parete del costato.
Avambraccio: la sua lunghezza è quasi uguale a quella del braccio. Si presenta in perfetta verticale con ossatura robusta e muscolatura asciutta e ben sviluppata.
Carpo: è sulla linea verticale dell'avambraccio, ben largo, asciutto e liscio.
Metacarpo: è piatto e segue la linea verticale dell'avambraccio. La sua inclinazione è di circa 70-75 gradi. La sua lunghezza è pari a circa 1/6 della lunghezza dell'arto fino al gomito.
Piede: di forma rotonda e voluminosa con dita arcuate e ben unite tra loro. I cuscinetti plantari sono asciutti, duri e ben pigmentati. Le unghie forti, ricurve e pigmentate scure.

Arti posteriori
Nell'insieme devono essere potenti e robusti, in pro orzione con la mole e tali da assicurare la dovuta spinta nel movimento.
Coscia: è lunga 1/3 dell'altezza al garrese ed è inclinata sull'orizzontale di circa 60 gradi. E' larga con muscoli grossi e salienti, ma nettamente divisi tra loro. II femore ed il coxale formano un angolo di 90 gradi.
Gamba: con lunghezza di poco inferiore a quella della coscia è inclinata di 50-55 gradi. Ha forte ossatura e muscolatura ben evidente.
Ginocchio: l'angolo femoro-rotuleo-tibiale è di circa 110-115 gradi.
Garretto: molto lungo in rapporto all'ossatura della gamba, la sua lunghezza è di circa 2,5/10 dell'altezza al garrese. L'articolazione tibio-tarsica forma un angolo di 140-145 gradi.
Metatarso: robusto e asciutto la sua forma è quasi cilindrica. La sua lunghezza è di circa 1/4 dell'altezza al garrese e la sua posizione è in perfetto appiombo. Eventuali speroni vanno amputati.
Piede: più piccolo dell'anteriore, rotondo con dita serrate. Cuscinetti plantari asciutti, duri e pigmentati. Unghie forti, ricurve e pigmentate scure.

ANDATURA
E' uno dei caratteri tipici della razza. Al passo è dinoccolata, lenta e da orso. Nel trotto ha una forte spinta del posteriore ed un buon allungo dell'anteriore. Raramente galoppa. 
Andatura preferita: passo e trotto. L'ambio è tollerato.

PELLE
Spessa, abbondante e lassa in tutto il corpo, particolarmente alla testa dove forma numerose pliche o rughe e al margine inferiore del collo dove forma giogaia.

MANTELLO
Pelo: vitreo, denso; uguale di lunghezza, uniformemente liscio, fine e di lunghezza massima di cm. 1,5. Non deve presentare alcun accenno di frangia.
Colore: i colori preferiti sono: grigio, piombo e nero, talvolta con piccole macchie bianche al petto e alle punte delle dita, nonché il mogano, il fulvo e il fulvo cervo. Tutti i mantelli possono essere tigrati. Sono tollerati il nocciola, il tortora e l'isabella.

TAGLIA E PESO
Altezza al garrese

Maschi da cm.65 a cm.75. Femmine da cm.60 a cm.68. Tolleranza ammessa cm.2 in più o in meno.
Peso
Maschi da 60 a 70 kg. Femmine da 50 a 60 kg.

DIFETTI
Ogni deviazione dalle caratteristiche indicate nella descrizione delle varie regioni costituisce un difetto, che deve essere penalizzato nel giudizio in rapporto alla sua gravità ed alla sua diffusione. 

DIFETTI ELIMINATORI DAL GIUDIZIO
Prognatismo pronunciato; coda portata a tromba, altezze superiori o inferiori ai limiti tollerati.

DIFETTI DA SQUALIFICA

  • Enognatismo 
  • convergenza e diverenza accentuate degli assi cranio facciali 
  • canna nasale concava o convessa o molto montonina 
  • depigmentazione totale del tartufo 
  • occhio gazzuolo 
  • depigmentazione totale delle due rime palpebrali 
  • strabismo bilaterale 
  • mancanza di rughe 
  • pliche e giogaia 
  • monorchidismo 
  • criptorchidismo 
  • anurismo 
  • brachiurismo congenito o artificiale 
  • macchie bianche molto estese 
  • macchie bianche alla testa.

 

N.B. I maschi devono avere due testicoli di aspetto normale e ben discesi nello scroto.






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