I gatti e noi2

Miao! I gatti e… noi

Non li abbiamo plasmati noi. I gatti mantengono l’indole di cacciatori selvatici e proprio questo ne determina il loro fascino.

Il gatto è entrato in molte delle nostre case.

La popolarità di questo felino come animale da compagnia è sostenuta dal fatto che i gatti sono affettuosi e indipendenti.

Provvedono autonomamente alla propria pulizia. Li possiamo lasciare da soli e ci accolgono quando torniamo a casa. In due parole: sono pratici.

Eppure sembrano avere qualcosa di insondabile e distaccato. Come interpretare il loro comportamento?

La scienza ha indagato sulle ragioni che ne sono alla base, specie riguardo ai loro rapporti con gli umani. Che hanno una lunga storia. Vediamole insieme.

1. Antenati

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Le prove del Dna identificano nel gatto selvatico africano, Felis silvestris lybica (nella foto accanto), l’antenato del gatto domestico: l’avvicinamento all’uomo avvenne tra 15.000 e 10.000 anni fa in Medio Oriente.

È probabile che ad addomesticare i gatti selvatici siano stati per primi i popoli della cultura natufiana, vissuti nel Levante tra 13.000 e 10.000 anni fa, da alcuni ritenuti gli inventori dell’agricoltura.

E proprio per questo visitati dai topi: i gatti selvatici arrivarono per sfruttare la nuova risorsa, accolti con favore dalla popolazione, che ne capiva l’utilità.

Non si trattava dei gatti domestici di oggi, ma di animali più simili alle attuali volpi urbane, in grado di adattarsi all’ambiente umano pur conservando una natura selvatica.

Naturalmente altre qualità del gatto non passarono inosservate: il pelo morbido e la capacità di affezionarsi all’uomo ci hanno portato ad adottarlo come animale da compagnia.

Così si è insinuato nelle nostre case, passando da selvatico a domestico nel giro di alcune migliaia d’anni.

Ma, nonostante la sua trasformazione, continua a pensare come un cacciatore selvatico. I gatti infatti non sono una nostra creazione.

Diversamente dai cani, solo una minoranza di gatti è stata intenzionalmente allevata dall’uomo. Nessuno li ha selezionati per far la guardia, radunare bestiame o aiutare i cacciatori.

Si sono evoluti occupando nicchie che senza volerlo l’uomo ha offerto loro. Perciò non è possibile considerarli completamente addomesticati e molto del loro comportamento riflette ancora istinti selvatici.

2. Parole segrete

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Ma la coda dritta rimane probabilmente il segnale più chiaro con cui il gatto manifesta il suo attaccamento a noi.

Il gatto che si avvicina al padrone con la coda dritta spesso si strofinerà sulle sue gambe: può inclinare la testa, strofinarsi lungo il fianco, creare un contatto con la coda o strofinarsi su un oggetto vicino.

Spesso i gatti si strusciano con vigore quando stanno per ricevere cibo, per questo sono accusati di essere solo “interessati”.

Tuttavia, pochi limitano questo comportamento al solo momento dei pasti e quando i gatti si strofinano non si scambiano altre ricompense. Quindi lo scambio di sfregamenti è una dichiarazione d’affetto.

Il miagolio è un altro modo per attirare la nostra attenzione. Raramente questi felini lo usano per comunicare coi conspecifici. E i gatti completamente asociali con gli umani sono piuttosto silenziosi.

Quindi, una volta constatato che il padrone risponde al miagolio, molti gatti sviluppano questa comunicazione: gatto e padrone potenziano gradualmente un linguaggio che entrambi comprendono, non condiviso da altri gatti o umani.

Ma non illudiamoci che l’unica ragion d’essere del gatto sia il suo rapporto con noi. Questi animali hanno un attaccamento ancora più forte al luogo in cui vivono.

I gatti ben nutriti o castrati non dovrebbero sentire la necessità di avere un proprio territorio, eppure pattugliano la zona intorno a casa e combattono con altri gatti per mantenerne il controllo.

Il loro comportamento si è evoluto solo negli ultimi 10.000 anni: prima ognuno doveva cacciare e difendere la zona di accesso alle prede.

L’importanza del territorio è sottolineata dal fatto che molti gatti domestici si allontanano e si perdono, anche se ben accuditi. Comprendere la loro natura selvatica aiuta i padroni a capirli e a vivere con loro.

3. Uomo-gatto

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Ma c’è un’altra abilità sociale più importante: quella di interagire con le persone.

Studi sui cani hanno definito il “periodo di socializzazione primario”- tra la settima e la quattordicesima settimana di vita- in cui i cuccioli sono particolarmente recettivi nell’apprendere a interagire con le persone.

Il concetto è applicabile anche ai gatti, ma con un anticipo sui tempi: un gattino a contatto con gli uomini tra la quarta e l'ottava settimana di vita svilupperà attrazione per le persone.

Se incontra per la prima volta esseri umani dopo la decima settimana, probabilmente li temerà per tutto il resto della vita. E in seguito?

I gatti non smettono di imparare a interagire con le persone dall’ottava settimana, ma nel primo anno di vita questo apprendimento è più marcato.

In fondo, i gatti devono il loro successo come animali domestici all’aver sviluppato la capacità di interagire con noi. Già nell’addomesticamento avevano bisogno dell’uomo per essere nutriti, se i topi scarseggiavano.

Ma cosa “sentono” per noi? È probabile che l’attaccamento al padrone sia di tipo emotivo. Tuttavia bisogna imparare a leggere i loro segnali di comunicazione.

Per esempio i gatti adulti alimentano il loro rapporto soprattutto leccandosi e strofinandosi a vicenda: questi gesti rivelano affetto quando sono diretti agli umani? Molti gatti hanno l’abitudine di leccare i loro padroni.

La spiegazione più plausibile è che il gatto stia esprimendo proprio un segnale di tipo affettivo, perché due gatti che non si piacciono non si leccano e puliscono a vicenda.

Le carezze poi equivalgono a un vero rituale tattile. Chi ha un gatto lo accarezza perché è un gesto piacevole e che l’ani­male sembra apprezzare. Molti gatti preferiscono essere accarezzati sulla testa, cioè la zona del corpo sulla quale dirigono la pulizia.

Molti sollecitano la persona a farlo saltando sulle sue ginocchia; indicano persino dove desiderano essere accarezzati presentando una parte del corpo.

Il significato? Accettando di essere accarezzati, praticano un rituale sociale che rafforza il legame col padrone.

4. I soliti sospetti

I SOLITI SOSPETTI-300x180

Innanzitutto, i gatti selvatici sono molto solitari e vedono quasi tutti gli altri gatti come rivali.

Di base, quindi, anche l’atteggiamento del gatto domestico rispetto agli altri mici rimane di sospetto.

L’addomesticamento ha in parte smussato questa circospezione, per la necessità di vivere con altri gatti e con l’uomo: il comportamento sociale ha iniziato a evolversi quando i gatti si sono radunati intorno ai granai.

Ancora oggi, se c’è cibo disponibile, ci sono colonie di gatti inselvatichiti, fondate sulla cooperazione tra femmine con un legame genetico.

Ma c’è competizione tra i gruppi familiari: i gatti sembrano incapaci di coltivare un numero elevato di relazioni o di formare alleanze tra gruppi familiari, come accade nei primati.

II passaggio a una forma di vita sociale ha reso comunque necessaria una nuova comunicazione. Nel caso dei gatti domestici, il segnale-chiave è la coda diritta all’insù.

Nelle colonie in cui due gatti stanno decidendo se andarsi incontro, uno alza la coda e così fa l’altro, se vuole avvicinarsi.

Il segnale della coda all’insù quasi certamente si è evoluto durante l’addomesticazione e deriva da una postura assunta dai cuccioli di gatto selvatico per salutare la loro madre, non più usata da adulti.

Dopo lo scambio di code all’insù, i gatti si strofinano prima di separarsi, o iniziano a pulirsi reciprocamente, un gesto “sociale” per molti animali.

Curiosità: Per una ricerca della University of California, Berkeley, gli uomini tendono ad attribuire ai gatti una personalità dal colore:
- gli arancioni sono considerati più amichevoli;
- i tartarugati intolleranti;
- i bianchi calmi e distaccati;
- ai neri sono attribuiti tratti meno estremi, forse per la reputazione misteriosa. E questo può influire sulle adozioni ai rifugi.



5. Quel “ron ron ron” che ci conquista (e ci manipola)

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  • PERCHÉ IL GATTO FA LE FUSA?
    Perché è contento, pensano i padroni. Ma può far le fusa anche quando è affamato o ansioso. Alcuni gatti continuano anche in situazioni di sofferenza. Le fusa non rivelano lo stato emotivo di un gatto ma sembrano essere ciò che gli etologi chiamano un segnale “manipolatorio”, una richiesta del tipo: “Mettiti vicino a me”.
  • COME FANNO I GATTI A... FARSI ASCOLTARE?
    Con un suono particolare: un verso o un miagolio inserito nelle fusa. Lo ha analizzato Karen McComb, University of Sussex, registrando gatti che volevano cibo dai loro padroni. È efficace: chi lo ha ascoltato lo ha valutato un richiamo “urgente” e spiacevole rispetto a normali fusa.
  • MOLTI GATTI IN UNA CASA SONO STRESSATI?
    L’atteggiamento di base verso altri gatti sia di cautela o timore. Ma una recente ricerca dell’Università di San Paolo, osservando gli ormoni dello stress nelle feci, ha rivelato che il numero di gatti in casa non influisce.








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