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Mitologia classica: 5 figure mitologiche leggendarie

Esaminare la mitologia greca (o più generalmente la mitologia greco-romana, detta anche classica) significa, per noi europei, riportare una parte della nostra eredità culturale.

Il termine mito (in greco mŷthos) significa in Omero «parola, discorso» ma anche «progetto, macchinazione».

In età classica il significato del termine si precisò in quello di «racconto intorno a dei, esseri divini, eroi e discese nell’aldilà» (Platone, Repubblica).

Nel pensiero filosofico mŷthos, in quanto discorso che non richiede o non prevede dimostrazione, fu contrapposto a lógos nel senso di argomentazione razionale.

L’invenzione greca ha avuto un ruolo preponderante nel mito classico e ha imposto le sue forme anche alla mitologia romana, che manifesta tuttavia una sua originalità legata alla «preistoria» della stirpe latina.

Le opere trattatistiche dei mitografi greci sono per la maggior parte perdute: di quella che fu forse il capolavoro del genere, “Sugli dei” di Apollodoro di Atene, restano solamente frammenti, ma a essa attinsero Diodoro, per i primi capitoli «mitologici» della sua Biblioteca storica, e Igino.

Nella cultura romana (la quale fu spesso polemica verso la manualistica ellenistica), l’opera “Dionisiache” di Nonno di Panopoli (sec. V d.C.). costituisce il repertorio di materiale mitologico più ampio fornitoci fino a oggi (come anche il “De raptu Proserpinae” e la “Gigantomachia” di Claudiano.

Le figure mitologiche, delle favole e delle leggende esistenti nella letteratura antica sono innumerevoli. Noi abbiamo scelto 5 tra le più famose e ricorrenti, facenti parte di quell’immenso, seducente e intrigante materiale che costituisce la mitologia greco-romana.

Vediamole insieme.

1. Eracle (Ercole)

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Nato da Zeus e da Alcmena, moglie di Anfitrione, fu eroe nella sua vita terrena e dio olimpio dopo la morte.

Fu oggetto di culto come nessun altro eroe, anche presso i Romani (col nome di Ercole).

Crebbe a Tebe nel palazzo del suo padre terreno Anfitrione, fino al giorno in cui, per aver percosso (o ucciso) Lino, suo maestro di musica, non venne mandato a pascolare le greggi sul Citerone.

Trascorso questo periodo sui monti (lì foggiò la clava con la quale era spesso rappresentato), tornò a Tebe. Dopo le sue nozze con Megara, figlia di Creonte, inizia la grande vicenda eroica, con l’asservimento al vile Euristeo voluto dalla gelosa Era.

Euristeo gli impose dodici fatiche (che adombrano una lotta vittoriosa degli uomini contro la natura e la morte):

  1. il leone di Nemea;
  2. l’idra di Lerna;
  3. la cerva di Cerinea;
  4. il cinghiale di Erimanto;
  5. gli uccelli Stinfalii;
  6. le stalle di Augia;
  7. le cavalle di Diomede;
  8. il toro di Minosse;
  9. il cinto di Ippolita;
  10. i buoi di Gerione;
  11. i pomi delle Esperidi;
  12. la cattura di Cerbero.

Libero dall’asservimento a Euristeo, l’eroe sposò Deianira, dopo una selvaggia lotta con Acheloo, e dopo aver ucciso Nesso (il centauro che traghettò Eracle e Deianira sul fiume Eveno), che gliel’aveva insidiata.

Secondo una versione del mito, Eracle tornò dagli Inferi (impresa di Cerbero) mutato, e alcuni racconti riferiscono la sua follia (uccisione dei figli avuti da Megara), la sua empietà (uccisione dell’ospite Ifito, figlio di Eurito, re di Ecalia, che gli aveva rifiutato la figlia Iole) e la servitù espiatoria presso Onfale, regina di Lidia.

Infine subentra l’ultima fase della sua vita, con la spedizione contro Eurito e il rapimento di Iole. Fu allora che Deianira, gelosa, gli fece indossare una veste intinta del sangue di Nesso.

Assalito da atroci tormenti, Eracle si fece preparare un rogo sul monte Eta. Filottete, in cambio dell’arco e delle frecce dell’eroe, acconsentì ad appiccare il fuoco.

Ma Eracle, ritornato giovane e divenuto immortale, fu sottratto alle fiamme da Atena, che sul suo carro lo portò presso Zeus. Lì, sposo di Ebe, fu uno degli olimpi.

2. Giasone

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Giasone eroe greco, fu il figlio di Esone, re di Iolco, e di Polimede (o Alcimede).

Il padre sottrasse il piccolo Giasone al proprio fratellastro Pelia, che l’aveva privato del regno, inviandolo presso il centauro Chirone.

Divenuto adulto, l’eroe apparve dinanzi all’usurpatore «calzando un solo sandalo». Pelia, cui era stato predetto che proprio un monosándalos l’avrebbe ucciso, gli promise il regno purché compisse un’impossibile impresa, la conquista del vello d’oro, nella lontana Colchide.

Ebbe inizio allora la spedizione degli Argonauti: quando, dopo aver toccato molte terre, la nave Argo giunse a destinazione, l’eroe chiese al sovrano della Colchide, Eeta, di restituire il vello (che era pervenuto in quella remota regione attraverso Frisso, nipote di Eolo e quindi parente di Giasone poiché anche Esone era nipote di Eolo).

Eeta lo fece gettare nelle fauci di un enorme drago, custode del vello, e dopo questa «immersione negli Inferi» Atena gli diede la virtù necessaria a compiere l’impresa.

Una nota tradizione più tarda vuole invece che Medea, figlia di Eeta, si innamorasse di Giasone aiutandolo a superare ardue prove fino alla conquista del vello; e che quindi abbandonasse la sua terra unendosi all’amante nel viaggio di ritorno, durante il quale si celebrarono le loro nozze.

Essi giunsero infine a Iolco (dove la maga punì con la morte Pelia) e vissero in seguito a Corinto.

Qui, secondo la versione resa celebre dalla Medea di Euripide, Giasone ripudiò Medea preferendole Glauce (o Creusa) e attirò così la rovina su di sé: la maga fece perire la rivale e uccise con le proprie mani i figli avuti da Giasone, fuggendo poi ad Atene su un magico carro con draghi alati.

Sopravvissuto alla tragedia, l’eroe mori più tardi a Corinto: santuari a lui dedicati in vari luoghi ritenuti tappe del grande viaggio ricordavano l’impresa del vello d’oro.

3. Teseo

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Teseo fu il più celebre eroe attico.

Figlio del re ateniese Egeo e di Etra, figlia del re di Trezene Pitteo, trascorse l’infanzia e l’adolescenza presso Pitteo: fece quindi ritorno ad Atene, dopo aver superato (la simmetria con le imprese di Eracle è trasparente) una serie di terribili prove.

Eluse le insidie della maga Medea, allora moglie di Egeo, si fece riconoscere dal padre, sbaragliò i cinquanta figli di Pallante (nipoti di Egeo aspiranti al regno) e fu signore della città.

Gli Ateniesi dovevano allora pagare ogni anno a Minosse un tributo di sette giovani e sette fanciulle da dare in pasto al Minotauro. Teseo si recò a Creta tra le vittime designate, uccise il mostro con l’aiuto di Arianna e Dedalo e ripartì per Atene con i compagni e con Arianna stessa.

Abbandonata la fanciulla a Nasso, l’eroe giunse in vista di Atene: avendo però dimenticato di spiegare vele bianche (segno convenuto della sua vittoria), causò involontariamente la morte del padre, che si precipitò in mare. Quel mare dal suo stesso nome fu chiamato Mare di Egeo, cioè Mar Egeo.

Ad Atene Teseo attuò il «sinecismo», ossia l’unificazione dell’Attica (qui il mito personalizza un momento essenziale della storia ateniese; a Teseo sono attribuiti anche l’istituzione delle feste Panatenaiche e altri atti politico-civili).

In seguito, ebbe un ruolo decisivo nella guerra tra le Amazzoni e i Greci e partecipò con l’amico Piritoo alla lotta tra Lapiti e Centauri. Nella tradizione attica Teseo fu il campione della democrazia.

Arianna o Ariadne, fu la figlia del re cretese Minosse e di Pasifae. Dal mito classico, secondo il quale ella aiutò Teseo (dandogli un gomitolo o una corona luminosa) a non perdersi nel labirinto e poi fuggì con lui, si induce che la figura di Arianna era legata, oltre che all’eroe ateniese, al dio Dioniso, come appare dall’epilogo della vicenda (abbandonata da Teseo a Nasso, Arianna fu scelta come sposa da Dioniso; oppure, secondo altre versioni fu uccisa da Artemide per aver seguito Teseo mentre era promessa al dio, o si impiccò a un albero). 

4. Prometeo

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Prometeo (titano) fu il figlio di Giapeto e fratello di Epimeteo.

Diede agli uomini il primo fuoco, che rubò per loro agli dei.

Zeus lo punì facendolo incatenare sul Caucaso: un’aquila gli rodeva ogni giorno il fegato, che ricresceva ogni notte. Eracle uccise l’aquila e lo liberò.

Epimeteo (che forma con Prometeo la coppia del fratello «sciocco» e dell’«astuto»), nonostante l’avvertimento del fratello di non accettare nulla da Zeus, non rifiutò la prima donna, Pandora, inviatagli dal dio, e la donò agli uomini, che ne sarebbero stati indeboliti quanto erano stati rafforzati dal dono del fuoco.

Pandora «la ricca di doni», fu la fanciulla foggiata da Efesto per volere di Zeus che, ingannato da Prometeo, volle con lei dare agli uomini «il male di cui gioiranno».

Simile alle dee, adornata da Atena stessa di velo e diadema, Pandora, come abbiamo detto, venne offerta a Epimeteo, che la prese nonostante l’avvertimento di Prometeo.

Pandora con sé portava un vaso colmo di ogni male, comprese le malattie e la morte, che solo da allora colpirono gli uomini.



5. Achille

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Achille, eroe greco, fu il figlio di Peleo re dei Mirmidoni e di Teti, ninfa marina.

La madre lo rese invulnerabile immergendolo prima nel fuoco e poi nelle acque infernali dello Stige, tenendolo per il tallone, che fu quindi l’unico punto vulnerabile dell’eroe.

Venne educato dal centauro Chirone. Quando il destino gli offrì la scelta tra una vita breve e gloriosa e una lunga e oscura, egli scelse la prima.

Ma Teti, informata dall’indovino Calcante che il figlio sarebbe morto a Troia, lo nascose alla corte di Licomede, re di Sciro, finché Ulisse non lo trovò, vestito da donna tra le figlie del re, e non lo portò con sé a Troia: poiché l’oracolo diceva che senza Achille Troia non sarebbe caduta.

Il decimo anno di assedio l’eroe, adirato per un’ingiusta spartizione del bottino, si ritirò nella sua tenda; ne uscì solo dopo la morte dell’amico Patroclo, che vendicò uccidendo il più grande dei guerrieri troiani, Ettore (queste vicende formano l’argomento dell’Iliade).

Venne poi ucciso da Paride. Molti elementi del mito di Achille riportano ad antichi riti di iniziazione e ne fanno la figura dell’«iniziato» per eccellenza. Fu oggetto di culto in alcune città greche.






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