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Il nylon: la fibra sintetica rivoluzionaria che ha più di 80 anni

Il nylon è nato nel 1935, ma elastico e resistente com’è, non sente i decenni che passano.

La sua storia comincia una mattina di 82 anni fa a Wellington (Delaware, Usa), dove c’è il laboratorio chimico della DuPont, una storica azienda fondata nel 1802.

Il nylon è stato la prima fibra sintetica prodotta chimicamente e resta ancora oggi una delle più diffuse e importanti al mondo.

Leggero, tenace, atossico e resistente al caldo. Usato per l’abbigliamento, nell’industria e persino nello spazio.

Tutti pro? No, qualche contro ce l’ha: la sua produzione richiede troppa acqua e rilascia troppo azoto.

Oggi scopriremo tante cose interessanti su su questa fibra sintetica rivoluzionaria che ha più di 80 anni ma non li dimostra affatto: il nylon. Buona lettura!

1. La nascita e i diversi tipi di nylon

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  • La nascita
    Il nylon è nato nel 1935, ma elastico e resistente com’è, non sente i decenni che passano.
    Il nylon è stato la prima fibra sintetica prodotta chimicamente e resta ancora oggi una delle più diffuse e importanti al mondo.
    La sua storia comincia una mattina di 80 anni fa a Wellington (Delaware, Usa), dove c’è il laboratorio chimico della DuPont, una storica azienda fondata nel 1802.
    Il laboratorio di ricerca è diretto da un giovane genio: si chiama Wallace Hume Carothers, ha poco più di 30 anni, viene dall’università di Harvard ed è stato assunto per risolvere un gigantesco problema nazionale.
    Nel 1931 il Giappone ha bloccato le esportazioni di seta dalla Cina e dato il suo uso in tutti i campi, incluso quello militare, ciò crea molti problemi.
    La DuPont viene incaricata di sviluppare un materiale sintetico in sostituzione della seta e chiede a Carothers di inventarlo.
    Deve essere anche robusto, economico e in grado di resistere a temperature di 195 gradi.
    Non è facile, ma finalmente il 28 febbraio 1935 viene sintetizzata una fibra artificiale promettente: è robusta, tenace, elastica, stabile al lavaggio, resiste a muffe, batteri e insetti, non teme l’alcol, non è tossica, tollera il ferro da stiro e fonde a 250 gradi.
    Brevettata nel 1937, è commercializzata per la prima volta nel 1938 con lo slogan “resistente come l’acciaio, delicata come una ragnatela”.
  • Ce ne sono tanti tipi
    Quello di Carothers è il nylon 6.6. Il nylon 6, invece, è stato sintetizzato per la prima volta nei laboratori della IG Farben tedesca nel 1938, brevettato nel 1941 e commercializzato con il nome di Perlon.
    Anche il nylon 3 è stato sintetizzato in Germania, mentre il nylon 7 è nato nell’ex Urss e il nylon 12 negli Usa; in fine, il nylon 11 è stato sintetizzato in Francia a partire dall’olio di ricino.
    Di nylon quindi non ce n’è uno solo. In realtà è una famiglia di polimeri detti poliammidi, ricavati dal petrolio.
    Si tratta di macromolecole organiche ottenute a partire da un elevato numero di molecole più piccole, i monomeri, attraverso un processo di polimerizzazione.
    Tutti i nylon oggi sono utilizzati come fibre tessili e sono presenti in moltissimi capi di abbigliamento – dall’intimo alle calze, dagli impermeabili ai piumini, dai costumi da bagno alle giacche a vento – e in tanti tessuti per usi civili, industriali e militari.
    Le fibre di nylon sono usate anche per fabbricare corde e funi, scovolini, spazzole e spazzolini da denti, lenze e reti per la pesca, fili per suture chirurgiche, velluti, paracadute, tappeti e stuoie, ombrelli, zaini, borse e borsoni, accessori di moda, airbag, chiusure a velcro, collari e guinzagli per cani.
    L’ultima grande rivoluzione che vede protagonista il nylon è quella delle microfibre e delle ultramicrofibre, due tessuti sintetici prodotti con fibre micronizzate di poliestere e di nylon 6.6.
    Morbide, leggerissime, idrorepellenti, non trattengono l’umidità e rimuovono tutte le molecole di sporco presenti su una superficie, senza l’uso di detergenti chimici.
    Il poliestere contenuto nelle microfibre, infatti, rimuove lo sporco grazie all’acqua e alla propria microstruttura uncinata non abrasiva, mentre il nylon, grazie al proprio elevato potere assorbente, trattiene l’acqua e lo sporco rimosso.
    Una volta pulita con sapone, la microfibra rilascia tutto lo sporco trattenuto e torna come nuova.
    Ecco perché tutti i panni per la pulizia della casa e gli attrezzi lavapavimenti sono realizzati oggi in microfibra. Grazie nylon!

2. Senza il nylon oggi non avremmo...

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Senza il nylon oggi non avremmo...

  • Lo spazzolino da denti
    Lo inventa nel 1770 William Addis, un inglese che tiene molto all’igiene orale, finito in galera per rissa.
    All’epoca la gente si pulisce i denti sfregandoli con uno strofinaccio intinto in un miscuglio di cenere e sale, ma Addis non ha nulla di tutto ciò in carcere.
    Decide così di elaborare un sistema alternativo: recupera un osso e lo incide con piccoli fori a un’estremità; si fa portare delle setole di cavallo, le taglia, le lega a ciuffetti, le infila nei fori e le fissa al manico con un filo di ferro; ecco il primo rudimentale attrezzo per strofinarsi i denti.
    Nel 1780, fuori di prigione, Addis inizia a produrre e a commercializzare i primi spazzolini; il successo è rapido e, quando muore nel 1808, lascia una florida azienda al figlio William II.
    Nel 1840 la società inglese Addis ha 60 dipendenti e fabbrica manualmente spazzolini con il manico lavorato in osso di bue o in avorio e le setole in pelo di maiale o cinghiale.
    Queste ultime, però, non sono igieniche: si riempiono di batteri, si asciugano male e in più tendono a staccarsi dal manico e a in larsi in bocca.
    Le prime setole sintetiche in nylon per spazzolini da denti furono messe a punto dalla DuPont nel 1938 e battezzate Exton.
    Qualche mese dopo, la Weco Products Company di Chicago inizia a produrre e vendere lo spazzolino Dr. West’s Miracle-Tuft con setole in Exton, cioè in nylon: è un successo clamoroso.
  • La chiusura in velcro
    Oggi sia i bambini di 2 anni sia gli astronauti della NASA utilizzano lo stesso pratico sistema di chiusura detto “velcro”.
    Interamente in nylon, è costituito da una striscia di tessuto peloso (loop) e una di tessuto ricco di minuscoli uncini (hook).
    Queste due parti, se avvicinate, aderiscono con forza: un quadrato di velcro di 12 cm di lato può reggere una tonnellata di peso.
    Il brevetto è stato depositato nel 1955 e il marchio nel 1959, ma la storia alle spalle è curiosa.
    Nel 1941, l’ingegnere svizzero George de Mestral, tornato da una passeggiata nei boschi, notò quanto fosse difficile staccare dai pantaloni i fiori di cardo alpino.
    Dopo averli rimossi, li esaminò al microscopio e scoprì che aderivano al tessuto grazie a centinaia di minuscoli uncini. Così ebbe l’idea: copiare la natura utilizzando il nylon.
  • Lo zaino in cordura
    Militari, studenti, alpinisti ed escursionisti non saprebbero fare un passo senza il mitico zaino in cordura.
    Resistente ad abrasioni e strappi, leggero, traspirante, idrorepellente e robusto, ha un’elevata durata e un eccezionale rapporto resistenza-peso, può presentarsi in un’ampia gamma di colori ed essere resinato, spalmato o sottoposto ad altri trattamenti particolari.
    Cordura è il marchio di un tessuto formato da fili di nylon intrecciati, brevettato per la prima volta dalla Du Pont, testato dai soldati americani nella Seconda Guerra mondiale e oggi ulteriormente sviluppato dall’azienda americana Invista.
    Disponibile in diverse gradazioni o denari per varie esigenze di peso, spessore e resistenza, è usato per borsoni e valigie, scarponi tecnici, capi di abbigliamento sportivo di elevata resistenza (come le tute per motociclisti) e alcuni accessori militari top secret.

3. Calze

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Le calze di seta erano un simbolo di lusso, di lussuria, di peccato.

Un sogno inarrivabile per molte donne. Costavano un patrimonio ed erano delicate. Un gesto distratto e svanivano.

Durante gli anni di guerra, e subito dopo, le ragazze arrivavano a farsi «dipingere» le agognate calze, e pazientemente le segnavano con una linea nera dalla caviglia fin su dove arrivava l’immaginazione.

Un capolavoro di make-up e di desideri frustrati. Di lui e di lei. Le calze di nylon segnarono una rivincita sociale.

Paul Schlack, ricercatore della IG Farben, inventò le calze in seta artificiale, diciamo, a sua insaputa, il 28 gennaio del 1938.

Dal suo laboratorio uscì la nuova fibra artificiale, ancora in grumi spessi due o tre centimetri. Una materia elastica eppure resistente. Da tempo, su incarico della sua società, cercava di creare la seta artificiale.

Schlack partì per gli Usa dove il chimico della DuPont, Wallace Hume Carothers, aveva da poco creato una fibra sintetica, il nylon, regolarmente brevettato.

Nel 1939 comparvero le prime calze di nylon a Wilmington (Delaware, Usa) e nel 1940 arrivarono a New York: fu un successo travolgente perché erano sottili e si smagliavano molto meno delle tradizionali calze in seta.

Per alcuni decenni furono indossate con l’ausilio dei reggicalze, ma negli anni 60 comparvero sul mercato i collant. In Italia i primi furono prodotti dalla Rhodiatoce che li commercializzò con il marchio Nailon. Per fabbricare un paio di collant erano necessari ben 14 km di materiale.

Oggi le calze da donna e quelle a compressione graduata sono per lo più in microfibra, ma il nylon non è scomparso: la microfibra è prodotta unendo la fibra di nylon con l’elastan, una fibra sintetica di poliuretano usata per elasticizzare i tessuti (in Europa è nota sotto il marchio commerciale di Lycra).

4. Alcune curiosità

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  • Il nylon si chiama così perché...
    Una leggenda metropolitana vuole che nylon altro non sia che l'acronimo di: Now You Lose Old Nippon.
    Questo perché in seguito agli avvenimenti della seconda guerra mondiale il Giappone impedì l'importazione di seta dalla Cina che serviva agli Stati Uniti per tessere i paracadute dei soldati.
    A questo punto gli Stati Uniti si ingegnarono e crearono questo nuovo materiale sostitutivo dandogli appunto tale acronimo.
    Si dice anche che il nome nylon deriverebbe dall’abbreviazione di New York e London, ma non è vero. La realtà storica è più prosaica.
    Carothers battezzò la sua invenzione Fibra 6.6, ma i dirigenti della Du Pont storsero il naso: il nome era banale e poco adatto a stimolare le vendite.
    Fu istituita quindi una commissione di “creativi” per inventare un buon nome commerciale; furono fatte centinaia di proposte diverse, tra cui No-Run e Duparooh (acronimo di Du Pont Pulls A Rabbit Out Of Hat, “la Du Pont tira fuori un coniglio dal cappello”) che furono bocciati senza esitare.
    Alla fine si scelse Nylon per due ragioni: nyl non voleva dire nulla e on era il suono finale di altre famose fibre come cotton (cotone) e rayon.
  • Per il paracadute
    Che cosa ha permesso agli Alleati di penetrare nel cuore dell’Europa e sconfiggere i nazisti nella Seconda guerra mondiale?
    L’organizzazione di sbarchi e invasioni anfibie, sostenute da truppe aviotrasportate e paracadutate.
    E che cosa ha reso possibile gli sbarchi in Normandia e Sicilia? Il nylon. Senza, non sarebbe stato possibile produrre quel milione di paracadute necessari per invadere l’Europa.
  • L’ha indossato Samantha
    La tuta di Samantha Cristoforetti (nella foto) è composta da 10 polimeri plastici e include un indumento intimo in polipropilene, che assorbe l’umidità del corpo, una tuta in nylon spandex con una membrana traspirante e un indumento anti-meteorite, in nylon antilacerante rivestito di uno strato di neoprene, 5 strati di pellicola in poliestere metallizzato e un rivestimento ignifugo.





5. Il futuro sotto forma di microperla

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Oggi la produzione di nylon è dimezzata rispetto agli anni 80 e qualcuno si chiede se avrà un futuro.

Non è ecosostenibile e a basso impatto ambientale.

Per produrlo si consuma molta acqua e si rilascia nell’atmosfera molto monossido di diazoto, gas che contribuisce alla distruzione della fascia di ozono.

Inoltre il nylon ha tempi lunghissimi di biodegradabilità e il suo smaltimento è problematico (se bruciato produce monossido di carbonio, ammoniaca e acido cianidrico).

Di recente, però, Stephen Burkinshaw, un chimico dell’Università inglese di Leeds, coadiuvato dall’azienda britannica Xeros, ha brevettato un sistema ecosostenibile di lavaggio in lavatrice sfruttando speciali microperle di nylon da aggiungere al bucato nel cestello.

Le microperle sono fabbricate con catene di polimeri in grado di separarsi leggermente in presenza di umidità, consentendo alle macchie di venire assorbite e bloccandole poi al proprio interno.

Costano poco, sono durevoli (sopportano 500 lavaggi) e permettono un notevole risparmio sia di energia elettrica sia di acqua; il lavaggio, infatti, avviene quasi a secco e non ci si deve preoccupare di asciugare i panni.

Le lavatrici entreranno in produzione l’anno prossimo e il nylon forse aiuterà l’ambiente, nonostante tutto.






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