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Orologi Tourbillon: storia e modelli da collezione

Una delle tipologie contemporanee che ha dimostrato di reggere meglio il mercato è quella dei Tourbillon.

Possedere uno era e rimane un vero simbolo di distinzione e la richiesta è così grande da garantire un sicuro valore nel tempo.

Essi sono i segnatempo oggi più desiderati, quelli che gli appassionati inseguono alle aste oppure sognano sulla superficie patinata delle loro riviste, quelli che “prima o poi una pazzia la faccio” e che alla fine arrivano sempre al polso giusto, che non è detto sia per forza miliardario o blasonato.

In parole semplici Tourbillon è il sogno, l’apice della tecnica orologiera, il simbolo del lavoro dell’orologiaio più abile e competente, la firma d’autore del fuoriclasse e, infine, uno status symbol per pochi, veri, intenditori.

Il tourbillon (termine derivato dall’astronomia, che nel linguaggio scientifico del ’700 era sinonimo di sistema planetario) è una delle invenzioni più note, ma anche più difficili da realizzare, di Abraham-Louis Breguet (Brevetto d’invenzione depositato da Abraham-Louis Breguet il 26 Giugno 1801).

Guardando il mercato del collezionismo in generale, uno dei dati più interessanti che emergono, è che il settore delle due lancette, a dispetto di una crisi mondiale ormai da anni conclamata, gode di ottima salute.

I fatturati dei big dell’alta orologeria sono spesso ai massimi storici e hanno segnato, negli ultimi anni, ratei di crescita spesso a due cifre. Lo stesso dicasi per i pezzi da collezione, come testimoniano i risultati più che positivi delle aste internazionali.

Il motivo, nel primo come nel secondo caso, è sempre lo stesso: i collezionisti, nel mondo, stanno aumentando a ritmo esponenziale. Questo perché sul mercato dei segnatempo di prestigio si affacciano clienti che prima neanche esistevano, specialmente in Asia e nel Sud America.

Inoltre, proprio il boom dei modelli nuovi, una volta che questi mercati raggiungeranno la loro maturità culturale, non potrà che portare a un ulteriore aumento della domanda dei vintage, da sempre ritenuti l’investimento più sicuro nel campo della misurazione del tempo.

È per questo motivo che anche i collezionisti più esperti guardano con grande interesse a una tipologia così complessa e richiesta come il tourbillon.

1. La nascita dei Tourbillon

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Una delle tipologie contemporanee che ha dimostrato di reggere meglio il mercato è quella dei Tourbillon.

Possedere uno era e rimane un vero simbolo di distinzione e la richiesta è così grande da garantire un sicuro valore nel tempo.

Una delle caratteristiche ineludibili del collezionismo orologiero è da sempre quella di non sottostare a qualsivoglia condizionamento o imposizione esterna.

Gli appassionati, infatti, tengono poco o nulla in considerazione le indicazioni del mercato, rifiutano come la peste l’omologazione e non si lasciano neppure minimamente sedurre dall’importanza di un nome.

L’unica cosa che conta, per la quale tutto si può e si deve fare, è il pezzo da aggiungere in collezione, la preda da trovare e da mettere poi in bella vista.

Proprio seguendo questa filosofia sono nati i segnatempo oggi più desiderati, quelli che gli appassionati inseguono alle aste oppure sognano sulla superficie patinata delle loro riviste, quelli che “prima o poi una pazzia la faccio” e che alla fine arrivano sempre al polso giusto, che non è detto sia per forza miliardario o blasonato. In tutto questo inoltre l’orologeria ha imparato a essere democratica, o perlomeno giusta.

Non si nasconde, non mette i modelli più importanti a disposizione dei soliti noti, ma offre fondamentalmente se stessa al miglior offerente, quantificando la produzione non sul nome dei possibili acquirenti, come fa ad esempio l’alta moda, ma più semplicemente sulle potenzialità del singolo oggetto proposto. E se quel singolo oggetto è un dispositivo tourbillon, allora il discorso si fa ancora più interessante ed emozionante.

Brevetto d'invenzione depositato da Abraham - Louis Breguet il 26 Giugno 1801, il regolatore a Tourbillon è un geniale "dispositivo" legato indissolubilmente al nome del suo inventore.

Si tratta, in maniera molto sommaria, di un sistema destinato a compensare gli errori e le fluttuazioni di marcia causati dagli inevitabili cambiamenti di posizione degli orologi.

Tutto ebbe inizio alla fine del XVIII secolo, quando la tecnica nella realizzazione dei movimenti, e soprattutto dei sistemi di scappamento e dei bilancieri, di Breguet raggiunse un livello qualitativo così alto da portarlo a credere di aver raggiunto il massimo livello di perfezione possibile.

Come spiegare allora le notevoli differenze di marcia che venivano riscontrate nei suoi orologi variandone la posizione di lavoro? Ponendoli infatti in orizzontale o in verticale, si ottenevano dei valori di precisione fortemente contraddittori.

Breguet pensò bene che la causa di queste variazioni fosse da ricercare nell’influenza della gravità terrestre sull’inerzia del bilanciere. Al problema fu posto rimedio, alla maniera di Breguet, ovvero aggirandolo con una grande e “semplice” intuizione creativa: il maestro realizzò un dispositivo che faceva ruotare in continuo su se stessi lo scappamento e il bilanciere, ponendoli all’interno di una gabbia girevole e svincolandoli dalla platina.

Viene in questa maniera creata una variazione ininterrotta degli errori di posizione del bilanciere stesso e quindi degli squilibri che essi comportano: una sequenza costante di errori in positivo e in negativo che porta a una loro naturale compensazione, con il conseguente miglioramento prestazionale della precisione.

2. Tourbillon e Carrousel

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Oggi non sappiamo che la precisione dei Tourbillon non era dovuta tanto all'eliminazione degli errori causati dalla gravità terrestre, quanto a una migliore lubrificazione del bilanciere e a una più corretta distribuzione dell'attrito sui perni.

In pratica, il movimento continuo della gabbia permetteva (e permette) un’usura omogenea di tutti i componenti del dispositivo, ridistribuendo continuamente nelle loro sedi gli olii lubrificanti (allora non certo sofisticati e a base sintetica come quelli di oggi).

Tutto questo fu riconosciuto da Abraham-Louis Breguet stesso in una lettera al figlio:
“Sono riuscito a eliminare le anomalie dovute alle differenti posizioni del centro di gravità e al movimento del bilanciere, ripartendo la funzione fra i differenti pezzi del bilanciere e i fori del perno, per assicurare che la lubrificazione delle superfici di attrito sia sempre uguale, malgrado la lubrificazione dell’olio”.

Il tourbillon (termine derivato dall’astronomia, che nel linguaggio scientifico del ’700 era sinonimo di sistema planetario) è una delle invenzioni più note, ma anche più difficili da realizzare, di Abraham-Louis Breguet.

Dopo due modelli sperimentali, ovvero l’orologio nr. 169 offerto al figlio di Arnold nel 1809 e l’orologio nr. 282 ultimato nel 1800 ma venduto molto tempo dopo da Breguet figlio, il primo tourbillon Breguet venne commercializzato solamente nel 1805.

I documenti d’archivio attestano che fra quell’anno e il 1823 ne furono venduti 35 esemplari a clienti prestigiosi quali il conte Potocki nel 1809, i principi spagnoli durante il loro esilio a Valencay nel 1812 e il principe reggente d’Inghilterra, il futuro re Giorgio IV, nel 1814.

La marca Breguet non abbandonò mai il tourbillon, anzi a partire dagli anni 1930 lo fece riscoprire al pubblico affidando la produzione di una serie di modelli a orologiai famosi come Robert-Charrue e Victorin Piguet.

Ma realizzare un tourbillon era e rimane un’operazione molto lunga e altrettanto costosa, tanto da rendere questi modelli più delle vere e proprie “prove d’autore” che degli strumenti di precisione a utilizzo scientifico o militare (a questo sono serviti per lungo tempo gli orologi “precisi”).

Occorreva quindi una “semplificazione” che lasciasse inalterati i concetti base, favorendo una maggiore semplicità di realizzazione e di manutenzione, oltre che una robustezza intrinseca maggiore.

Questo risultato fu ottenuto dal danese Bahne Bonniksen (nella foto), che nel 1892 in Inghilterra brevettò un orologio, detto “carrousel”, nel quale il bilanciere girava su se stesso “assieme” allo scappamento. In pratica, la gabbia rotante ospitava il bilanciere, lo scappamento e la ruota dei secondi.

Questa gabbia era inserita in una grande apertura sulla platina e veniva mossa da un pignone intermedio fissato a una ruota separata sotto la gabbia rotante. Quindi mentre nel tourbillon la gabbia fa parte del ruotismo, nel carrousel questa ne è sostanzialmente separata.

I miglioramenti ottenuti erano diversi: maggiore facilità nella costruzione; maggiore robustezza dell’insieme; maggiori possibilità di regolazione e di conseguenza migliore precisione; ingombro notevolmente contenuto in altezza, che facilita la costruzione di orologi più sottili.

Oggi vengono realizzati indifferentemente sia tourbillon che corrousel, giustamente senza associare note di maggior merito né ai primi né ai secondi.

3. I Tourbillon fino agli anni '80

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Il Tourbillon (come buona parte delle complicazioni meccaniche) per un lungo periodo, che va presumibilmente dall'avvento della modellistica da polso fino agli anni '80, è stata una vera e propria chimera, con pochissimi modelli prodotti in ancora meno pezzi totali.

La produzione di tourbillon, quindi, per quanto riguarda i primi modelli da polso presenta fino a quel momento un panorama desolatamente spoglio, nel quale fanno capolino solamente tre esemplari.

Il primo è il Tourbillon della Patek Philippe, che è anche quello più facilmente visibile da parte degli appassionati, in quanto fa bella mostra di sé nel Patek Philippe Museum di Ginevra. Prodotto nel 1956 dall’orologiaio André Bornard in pochissimi esemplari, destinati esclusivamente alle gare di cronometria, può essere considerato a buon diritto più una prova d’autore che un vero e proprio orologio regolarmente commercializzato.

Ancora meno pezzi, se possibile, per il tourbillon della Lip, di forma tonneau, realizzato nel 1948 (qui, nella foto), e caratterizzato già dal decoupé circolare sul quadrante che permette di vedere la gabbia in movimento.

Molto importante tecnicamente fu anche il tourbillon della Omega, prodotto in soli 12 esemplari (anche se alcuni testi parlano addirittura di soli 10 pezzi). Destinato esclusivamente agli osservatori di cronometria, e mai giunto in vendita regolare, fu realizzato per il marchio da Jean-Pierre Matthey-Claudet, utilizzando i progetti di Marcel Vuileumier, direttore dell’Ecole d’Horlogerie della Vallée de Joux.

Questi orologi furono regolati dal celebre Alfred Jaccard, ottenendo eccellenti risultati tra il 1947 e il 1952 negli osservatori di Kew Teddington (Londra), di Ginevra e di Neuchâtel.

Un pezzo in particolare, ovvero il nr. 10.595.933, si aggiudicò 867,7 punti nel 1950 all’Osservatorio di Ginevra, realizzando il punteggio più alto mai ottenuto da un singolo orologio nel corso di una gara di cronometria.

4. I Tourbillon oggi

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Un tempo appannaggio solamente di pochissimi costruttori di grande rilievo, il Tourbillon oggi è divenuto una complicazione decisamente “popolare” per quanto riguarda il numero dei costruttori (se ne conterebbero oltre 30), meno se consideriamo il prezzo di listino e il numero degli esemplari prodotti.

Motivazioni tecniche, commerciali, estetiche o semplicemente di marketing sono alla base più della loro diffusione che della loro effettiva produzione.

Il tourbillon, infatti, si pone come un vero e proprio fiore all’occhiello per chiunque voglia spostare verso l’alto la propria produzione, approfittando magari dei molti piccoli costruttori indipendenti che ne propongono serie limitate e sovente di grande impatto estetico.

Se negli anni ‘90 il nome ricorrente era Lemania, mettendolo in correlazione con il suo celeberrimo calibro 387, l’unica ebauche allora in produzione per quanto riguarda questa tipologia, oggi la situazione appare notevolmente cambiata.

Si sono infatti affacciati sul mercato alcuni intraprendenti laboratori indipendenti, che rispondono ai nomi di Christophe Claret, Progress, Haldimann...

Accanto a loro impossibile non ricordare il lavoro della Girard-Perregaux, che continua lo sviluppo del suo straordinario Tourbillon su Tre Ponti d’Oro (fornendo al contempo ebauches per altri costruttori svizzeri), quello della Frédéric Piguet, che ha sviluppato il progetto semplicemente geniale di Vincent Calabrese per un tourbillon volant.

Chi invece non ha paura di usare il termine Carrousel è Ulysse Nardin, che con il suo Freak, ideato dal genio di Ludwig Oechslin, cambia radicalmente l’idea stessa del tourbillon, facendo ruotare l’intero treno del tempo all’interno della cassa e contemporaneamente indicando l’ora con gli ingranaggi, senza lancette, e non solamente la gabbia con il bilanciere e lo scappamento.

Qualcosa di simile, a dire il vero, con tutto il movimento rotante, lo faceva già nel 1885 il Waterbury Tourbillon di Daniel Buck, 1 milone e mezzo di unità prodotte, al costo di 4 dollari e mezzo al pezzo...

Per i cultori dell’esercizio tecnologico sono assolutamente da non perdere:
- il Royal Oak Concept, della Audemars Piguet (nella foto), con il suo straordinario ponte a serpentina che, fungendo da ammortizzatore, sorregge la gabbia;
- il Tourbillon Souverain di F. P. Journe, provvisto del remontoir d’égalité (anche “arricchito” con i secondi morti), dispositivo il quale riarmandosi ogni secondo impone al sistema molla/bariletto una trasmissione di energia costante nel tempo, perfezionando le oscillazioni del bilanciere;
- il Central Tourbillon della Omega, con l’originale posizionamento del dispositivo al centro stesso del movimento;
- il Grande Chronomaster XXT della Zenith, unico tourbillon a 36.000 alternanze/ora;
- il Tambour Monogram, l’unico personalizzabile a piacere dal cliente con un monogramma o un disegno sulla gabbia (meglio informarsi prima sul prezzo);
- il Tourbillon Emperador della Piaget, etereo nella nuova versione scheletrata con una gabbia dal peso di 0,2 grami totali;
- il Lange 1 Tourbillon della A. Lange & Söhne, la cui gabbia ruota su cuscinetti in diamante montati su castoni d’oro.





5. I modelli da collezionare

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  • Da un punto di vista collezionistico, il posto d'onore spetta naturalmente alla produzione dei Tourbillon di Breguet, a partire dal tradizionale 3350 con ore decentrate (nella foto), fino ad arrivare anche ai modelli più recenti.
    Si tratta di esemplari molto importanti prodotti a partire dall’inizio degli anni ’90, e stimati oggi con quotazioni che generalmente partono dai 50.000 euro.
  • La Jaeger-LeCoultre dal canto suo ha “complicato” la vita anche al suo celebre Reverso, inserendovi il tourbillon nel 1993. Meccanicamente si nota il calibro totalmente originale e di manifattura, impreziosito ulteriormente dalla forma rettangolare. La sua stima si aggira oggi sui 40.000 euro, ma potrebbe ancora aumentare.
  • Poco conosciuto ai più, anche il Da Vinci della IWC nel 1999 è stato “ampliato” con l’aggiunta del tourbillon (divenendo di conseguenza un pluricomplicato a tutti gli effetti, visto che c’è anche il cronografo e il calendario perpetuo). In questo caso la stima sale a 40.000 euro.
  • Sempre della Casa di Shaffausen merita di essere ricordato il Destriero Scafusia, del 1993, che al Da Vinci aggiunge anche (e non è cosa da poco), la ripetizione a minuti. Alta e giustificata la sua stima, che potrebbe superare i 140.000 euro.
  • Un mago dei tourbillon è stato Gèrald Genta. Una delle sue creazioni più interessanti viene considerata il Three-Times Zone, realizzato ancora una volta negli anni ’90, e oggi stimato poco meno di 70.000 euro.
  • Se vogliamo andare alla ricerca dell’uomo che ha reinventato, negli anni ‘80, il tourbillon, allora è assolutamente impossibile non citare Daniel Roth, le cui creazioni hanno spopolato nei salotti buoni milanesi e europei e oggi mantengono delle quotazioni importanti, quasi sempre superiori ai 40.000 euro.
  • Chi con il tempo sarà quasi sicuramente destinato ad aumentare il suo valore, è il Remontoir d'Égalité Tourbillon Souverain, realizzato nel 2000 da F.P. Journe: realmente degna d’attenzione la sua valutazione odierna, che supera i 50.000 euro.
  • Se cerchiamo il pezzo unico, allora potremmo rivolgerci alle creazioni di Christophe Claret, come ad esempio il Le Mystériouse, realizzato pochi anni addietro per Corum e oggi valutato poco meno di 60.000 euro.
  • Chi non ha mai riscosso un successo travolgente è il Tourbillon Automatique della Audemars Piguet, prodotto a partire dal 1986. Bassa la sua quotazione attuale, che alle volte scende fino a toccare i 15.000 euro. Completamente diversi i modelli che lo hanno seguito, meno futuristici nell’architettura della meccanica , ma più solidi e apprezzati dai collezionisti, con quotazioni che possono raggiungere anche i fatidici cinque zeri.
  • Merita infine di essere citato il tourbillon di Franck Muller, decisamente uno dei più belli ed esteticamente riusciti tra quelli oggi in produzione. La sua stima, sempre alta (oltre 30.000 euro), lascia intravedere un futuro realmente radioso.








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