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Perché è importante conoscere il proprio gruppo sanguigno

Tutti sappiamo che i gruppi sanguigni esistono, eppure molto spesso non conosciamo il nostro.

Non è così strano: secondo le più recenti statistiche, infatti, non ne è al corrente una quota compresa tra il 35 e il 50 per cento degli occidentali, benché sia una delle principali caratteristiche del fluido vitale che scorre nel nostro sistema circolatorio.

Ecco perché è importante conoscere il proprio gruppo sanguigno!

 

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1. Ce ne sono 4 tipi

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Ognuno di noi ne possiede uno specifico, ereditato dai genitori e trasmissibile ai figli, ma per scoprirlo ci sono volute le ricerche pionieristiche del biologo e fisiologo austriaco Karl Landsteiner, premiato per questo con il Nobel per la medicina e la fisiologia.

A lui si deve la scoperta, nel 1901, che non tutti gli uomini hanno lo stesso identico sangue, ma che ne esistono quattro tipi diversi: il gruppo A, il gruppo B, il gruppo AB, il gruppo 0.

La differenza tra i gruppi è data dalla presenza o assenza sulla membrana dei globuli rossi di specifiche proteine, gli antigeni.

Gli antigeni sono di due tipi, A e B, e originano quindi i gruppi A e B. Può succedere che una persona li abbia entrambi o non ne abbia nessuno: nel primo caso, si parla del gruppo AB, nel secondo del gruppo 0.

Tale classificazione è importante perché il nostro organismo riconosce come proprie solo le sostanze da esso prodotte, mentre combatte quelle estranee.

Il sistema immunitario, infatti, reagisce alla presenza di sangue che non riconosce come proprio mediante la produzione di anticorpi che possono legarsi a particolari antigeni.

Questa reazione può causare l’agglutinazione dei globuli rossi e la loro distruzione. È dunque fondamentale che in caso di trasfusione di sangue o di trapianto d’organo il sangue del donatore e quello del ricevente siano compatibili.

 

2. Il fattore Rhesus

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A differenziare ulteriormente i gruppi sanguigni concorre un altro elemento, individuato nel 1940 dallo stesso Landsteiner con l’aiuto dell’immunologo statunitense Alexander Wiener: il fattore Rh.

Presso il Rockefeller Institute for Medical Research di New York due ricercatori avevano condotto una serie di test sul siero di conigli immunizzati con globuli rossi delle scimmie Macacus Rhesus.

Scoprirono così nel sangue di questo primate la presenza di uno specifico antigene, che chiamarono fattore Rhesus, o più semplicemente Rh.

Nel torrente circolatorio dell’uomo, indipendentemente dal gruppo sanguigno, l’antigene Rh può esserci o essere del tutto assente. Nel primo caso si parla di sangue Rh positivo, nel secondo di sangue Rh negativo.

Scoprire a quale si appartenga è essenziale non solo per stabilire la perfetta compatibilità delle trasfusioni, ma anche per evitare la cosiddetta malattia emolitica del neonato. L’emolisi si verifica per esempio quando il feto possiede sangue Rh positivo e la madre è Rh negativa.

Di conseguenza, il sistema immunitario di quest’ultima riconosce i globuli rossi del feto come “estranei” e produce anticorpi.

Attraverso la placenta gli anticorpi della madre possono passare dal suo sangue a quello del nascituro e attaccare i suoi globuli rossi, la cui rapida distruzione ha inizio quando il feto è ancora nell’utero e continua dopo il parto, inducendo anemia grave, ittero e ingrossamento del fegato e della milza.

 

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3. Qual è la loro origine?

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Per molto tempo gli scienziati hanno dibattuto sulla possibile origine dei gruppi sanguigni.

Un recente studio, condotto da un team del Dipartimento di genetica umana dell’Università di Chicago, sembra aver fatto chiarezza in proposito.

Analizzando i gruppi sanguigni dell’uomo e di diverse specie di primati i ricercatori hanno scoperto che sono comparsi per la prima volta in un antico antenato comune.

Da questo progenitore, poi, il sistema AB0 si sarebbe tramandato alle diverse specie, giustificando così la notevole somiglianza osservata fra gli esseri umani e altri primati: per esempio il fatto che i due amminoacidi responsabili dei gruppi A e B sono identici in esseri umani, oranghi, gibboni, macachi e babbuini.

Una delle ipotesi principali è che il primo gruppo a originarsi sia stato AB. Poi, per mutazione, sarebbero comparsi anche i gruppi A e B, infine lo 0. Questo cammino evolutivo avrebbe oggi portato ad alcune strane “parentele” di sangue.

Nel piccolo tratto del genoma che decide l’appartenenza al gruppo sanguigno, per esempio, il sangue di un uomo del gruppo A risulta più simile a quello di un gibbone di gruppo A che a quello di un altro uomo di gruppo B.

Questa scoperta mette quindi in dubbio la teoria secondo la quale i gruppi sanguigni si sarebbero evoluti in modo indipendente in ciascuna specie di primati fino a convergere e mostrare le attuali similitudini.

 

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4. La diffusione nel mondo

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I gruppi sanguigni non sono tutti egualmente espressi nelle varie zone del mondo: alcuni sono frequenti, altri rari.

Questo è probabilmente dovuto al fatto che nel corso dei millenni l’uomo ha dovuto adattarsi a diverse condizioni climatiche, ambientali e alimentari capaci di indurre grandi cambiamenti nel sistema immunitario e determinare la diversificazione degli antigeni nel sangue.

Il più diffuso è il gruppo 0. Si stima lo possieda oltre il 63 per cento della popolazione mondiale e il 40 per cento di quella italiana.

Considerato il donatore universale nelle trasfusioni perché non avendo antigeni non viene attaccato dal sistema immunitario del ricevente, sembra possedere un’altra importante caratteristica, come dimostrerebbero due studi condotti all’Università della Danimarca meridionale e all’Università canadese della British Columbia.

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Indagini condotte in modo indipendente dai ricercatori su centinaia di pazienti affetti da COVID-19 hanno infatti rivelato che le persone del gruppo 0 hanno meno probabilità di incorrere in gravi complicazioni a polmoni e reni anche se mancano ancora dati sugli effetti della malattia in altri organi vitali.

Anche il gruppo B sembra offrire maggiore protezione rispetto ai gruppi A e AB, ma si tratta di lievi differenze che richiedono ulteriori approfondimenti e non garantiscono alcuna immunità.

Secondo per diffusione, il gruppo A, si trova con maggior frequenza in Europa continentale e settentrionale, in Australia e in Nord America, ma è praticamente assente in Sud America. Caratterizza popolazioni come gli indigeni australiani e i Lapponi della Scandinavia, in cui è condiviso da oltre metà degli individui.

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Il gruppo B è invece molto diffuso nel continente asiatico ed è presente in alte concentrazioni anche in Africa equatoriale e Madagascar. Quanto al gruppo AB, non solo è il più raro – è infatti presente in meno del 5 per cento della popolazione – ma è anche l’unico a non possedere le agglutinine: sostanze che hanno la capacità di indurre i globuli rossi ad ammassarsi l’uno con l’altro, impedendo la corretta circolazione del sangue.

Tale caratteristica lo rende un “ricettore universale”, in grado cioè di ricevere trasfusioni da qualsiasi altro gruppo sanguigno.

Qua sotto, l'espressione dei gruppi sanguigni in Italia. In base a questa tabella della Fondazione Gimema (Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto) il gruppo sanguigno più diffuso nel nostro Paese è lo 0 positivo. Quello più raro è invece l’AB negativo.

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5. In noi scorrono da 4 a 6 litri di sangue

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Il sangue è un tessuto liquido prodotto dal midollo osseo composto da plasma e da elementi corpuscolati.

Il plasma è un liquido formato prevalentemente da acqua ma contenente anche proteine e nutrienti.

Gli elementi corpuscolati invece sono globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. I globuli rossi trasportano l’ossigeno alle cellule dell’organismo e ne rimuovono l’anidride carbonica, i globuli bianchi sono parte del sistema immunitario, mentre le piastrine hanno un ruolo importante nella coagulazione.

Il sangue assolve compiti importanti. Trasporta l’ossigeno agli organi e ai tessuti, oltre agli elementi nutritivi, al calore, agli ormoni, ai segnali che regolano le nostre funzioni, le nostre energie, il sonno e l’umore.

Si occupa di liberarsi degli scarti, ripulendo il corpo dall’anidride carbonica e da altri elementi indesiderati. Combatte le infezioni e respinge gli invasori esterni. Nel corpo umano ne scorrono dai 4 ai 6 litri.

L’apparato circolatorio che ne costituisce il serbatoio si estende per poco meno di centomila chilometri, vale a dire più di due volte la circonferenza terrestre, e per la maggior parte è fatto di capillari, minuscoli vasi sanguigni che raggiungono quasi ogni cellula del corpo.
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Curiosità: I gruppi sanguigni sono circa 30.
In aggiunta agli antigeni AB0 e Rhesus, che rappresentano il sistema di classificazione più diffuso, i recenti progressi nelle tecnologie di ricerca hanno permesso di identificare nuovi sistemi di gruppi sanguigni.
La Società Internazionale delle Trasfusioni di Sangue ne riconosce a oggi una trentina. Tali sistemi, per la maggior parte basati sulla presenza di antigeni secondari collocati nella parte più superficiale dei globuli rossi, sono però presenti solo in esigue frazioni della popolazione mondiale.
È il caso degli ultimi arrivati in famiglia, Langereis e Junior, identificati nel 2012, e Vel, scoperto nel 2013, così chiamati dal nome dei pazienti nei quali sono stati individuati per la prima volta.

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