5 piante bellissime... ma mortali 1-800x400

Piante mortali: 5 esemplari bellissimi

I veleni si trovano dappertutto in natura, anche se con forme e aspetti diversi.

Nelle rocce, nei metalli pesanti (fosforo, arsenico ecc.), nel regno animale (molluschi, ragni, scorpioni, insetti ecc.).

Anche diverse specie di vegetali sono munite di sostanze venefiche (funghi, piante vascolari ecc.).

Fin dalla preistoria l’uomo è venuto a conoscenza del fatto che molte piante presentano proprietà giovevoli, salutare e medicamentose mentre altre mostrano
caratteristiche pericolose e venefiche.

Presto ha imparato a convivere con esse e a sfruttarne le proprietà, utilizzando le prime per ricevere sollievo o curare le ferite e le seconde, avvelenando frecce o esche, per uccidere la selvaggina o i nemici in battaglia.

Nella storia dell’uomo sono numerosi i casi di avvelenamento provocati da sostanze estratte dal regno vegetale:
Socrate, grande filosofo greco condannato a bere una pozione mortale contenente Cicuta
Nerone che per conquistare il potere si serviva del veleno per liberarsi degli avversari; 
la famiglia dei Borgia e dei Medici risolsero complicati problemi politici per mezzo del veleno, furtivamente aggiunto alle bevande offerte agli avversari, e via dicendo.

Oggi vedremo 5 piante bellissime, molto comuni ma anche molto pericolose e… addirittura mortali. Scopriamole insieme.

1. Ranuncolo selvatico

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Ranunculus bulbosus L. - RANUNCOLACEAE

Habitat: cresce spontaneo nei suoli poveri, nei prati calcarei e nelle radure, dal piano alla regione montana, in tutta Europa.

Descrizione: pianta erbacea perenne, diffusamente pelosa, alta fino a 60-70 cm, con rizoma bulboso.
Le foglie basali sono tripartite e suddivise in 3 lobi dentati, di cui quello mediano picciolato.
I fiori, gialli, presentano i sepali reflessi e i peduncoli scanalati.
I frutti sono acheni rotondeggianti, provvisti di un corto becco, riuniti a formare un capolino apicale.

Periodo di fioritura: Maggio-Luglio.

Periodo di fruttificazione: Luglio-Settembre.

Parte velenosa: tutta la pianta.

Principi attivi: una canfora (ranunculolo) e un glucoside (ranuncolina) che si trasforma in protoanemonina.

Sintomi: per contatto irritazione e vescicazione cutanea, per ingestione infiammazione della mucosa della cavità boccale e del primo tratto dell’apparato digerente, vomito, dolori intestinali, infiammazione ai reni, vertigini, crampi e insufficienza respiratoria.

Note:

  • il nome del genere deriva probabilmente dal latino rana, allusione all’ambiente umido, tipico delle rane, ove crescono molte di queste piante.
  • Gli animali al pascolo possono essere intossicati ingerendone grosse quantità;
  • il latte dei bovini intossicati diventa amaro e rossastro.
  • Della stessa famiglia: tutti i Ranunculus hanno gli stessi principi attivi.

2. Oleandro, Leandro, Rosalauro

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Nerium oleander L. - APOCYNACEAE

Habitat: originario della regione mediterranea e mediorientale, si è diffuso in tutte le regioni a clima subtropicale. Cresce spontaneo sui pendii rocciosi e lungo i corsi d’acqua.

Descrizione: pianta cespugliosa o arborescente, che può raggiungere anche i 5 metri di altezza, con fusto glabro e poco ramificato.
Le foglie penninervie lanceolate, di colore verde scuro, sono strette, coriacee, riunite in verticilli di 3.
I fiori vistosi, di colori che sfumano dal rosso al bianco, sono a forma di coppa imbutiforme, riuniti in infiorescenze apicali.
Il frutto è formato da 2 follicoli saldati che, a maturità, si aprono longitudinalmente liberando numerosi semi provvisti di lunghi peli, che ne facilitano la diffusione, a lunga distanza, mediante il vento (propagazione anemofila).

Periodo di fioritura: Maggio e tutta l’Estate.

Periodo di fruttificazione: Settembre-Ottobre.

Parte velenosa: tutta la pianta, in particolare le foglie.

Principi attivi: alcaloidi e glucosidi digitaloidi (oleandrina).

Sintomi: nausea, vomito, diarrea, dolori addominali, depressione cardiocircolatoria, aritmie cardiache, sonnolenza, convulsioni, coma e arresto cardiaco.

Note:

  • il nome del genere proviene dal greco neros, “umido”, riferimento all’habitat dove la specie vegeta spontaneamente.
  • È utilizzata come pianta ornamentale, anche lungo le strade, perché non richiede particolari cure colturali.
  • Si registrano casi di avvelenamento dovuti anche all’assunzione di acqua dove si siano macerate foglie o altre parti della pianta.
  • Anche il cibo cotto alla griglia con un fuoco di legno di Oleandro può rivelarsi velenoso.
  • Per le sue proprietà tossiche simboleggia l’oblio.
  • Della stessa famiglia: Vinca minor L. e Vinca major L. (Pervinche) contengono alcuni alcaloidi, fra cui la vincamina e la vinina, che possono dar luogo a episodi di tossicità. Si tratta di piante erbacee perenni, sempreverdi, a fusto prostrato, con foglie opposte ellittiche e fiori pentameri di colore blu-violetto, spontanee nei boschi di tutta Europa e coltivate a scopo ornamentale.

3. Colchico, Freddolina, Zafferanone

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Efemero Colchicum autumnale L. - LILIACEAE

Habitat: cresce nei prati e nei pascoli delle zone submontane e montane dell’Europa centrale e meridionale. È spesso coltivato come pianta ornamentale.

Descrizione: pianta erbacea perenne, alta fino a 30 cm. Il bulbo, oblungo e avvolto da una tunica bruna, è costituito da due parti: il vecchio fusto e quello nuovo in vegetazione.
Le foglie sono avvolgenti, lanceolate, parallelinervie, di colore verde scuro. In Autunno, dallo stesso bulbo, in successione da 1 a 7, spuntano i fiori, rosa-viola, lungamente tubolosi, formati da 6 petali.
Il frutto è una capsula ovoidale allungata, deiscente, appena sporgente dal terreno, contenente numerosi semi rosso-bruni.

Periodo di fioritura: Settembre-Novembre.

Periodo di fruttificazione: Primavera dell’anno successivo.

Parte velenosa: tutta la pianta, in particolare i semi.

Principi attivi: una ventina di alcaloidi, tra cui principalmente colchicina e glucosidi (colchicoside, tiocolchicoside).

Sintomi: sete, salivazione, vomito, diarrea, dolori addominali; alterazioni cardiocircolatorie con ipotensione; alterazioni nervose (parestesie e paralisi); alterazioni respiratorie (cianosi); insufficienza respiratoria. I sintomi compaiono fino a 10 giorni dopo l’intossicazione.

Note:

  • il nome del genere deriva dalla Colchide, regione del Caucaso nota nell’antichità per essere stata patria della maga Medea e perché vi crescevano numerose piante velenose.
  • Si registrano casi di avvelenamento negli animali erbivori più giovani; le pecore e le capre, più resistenti al veleno, possono brucarlo, ma la
    tossicità si trasferisce al latte.
  • La foglia secca frammista al foraggio falciato può essere pericolosa.
  • La colchicina è molto studiata in genetica per la sua proprietà di influire sulla divisione dei nuclei cellulari, alterando l’apparato cromosomico.
  • Della stessa famiglia: Gloriosa superba L., pianta tropicale a fusto rampicante, alta fino a 3 metri, con radici tuberose perenni e fiori grandi aranciati, diffusa in
    Europa come pianta ornamentale, dal momento che contiene colchicina e composti similari presenta la stessa pericolosità del Colchico.

4. Maggiociondolo, Avorniello, Citiso

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Laburnum anagyroides Medicus
Sin.: Cytisus laburnum L. - PAPILIONACEAE

Habitat: cresce nei boschi di latifoglie, al margine di radure, fino alla bassa montagna dell’Europa meridionale. È assente in Sicilia e Sardegna. Viene spesso coltivato come pianta ornamentale.

Descrizione: piccolo albero, alto fino a 8 metri, con corteccia liscia, verde-grigia, e rami di colore verde scuro.
Le foglie, lungamente picciolate, sono composte, formate da 3 foglioline ellittiche a margine intero.
I fiori, a calice campanulato e corolla papilionacea giallo brillante, sono riuniti in grappoli penduli.
Il frutto è un legume bruno, compresso, inizialmente pubescente, contenente numerosi semi bruno-nerastri senza appendice alla base.

Periodo di fioritura: Aprile-Giugno.

Periodo di fruttificazione: Agosto-Ottobre.

Parte velenosa: tutta la pianta, in particolare i fiori e i semi.

Principi attivi: diversi alcaloidi (anigrina, citisina, laburnina ecc.), colina e acido malico.

Sintomi: scialorrea, sete intensa, vomito, diarrea, midriasi, allucinazioni, sopore, delirio, convulsioni e coma.

Note:

  • si registrano casi di intossicazione in diversi animali domestici.
  • La pianta è letale per gli equini, mentre lepri e conigli si cibano della corteccia senza danno.
  • Il legno, scuro e molto resistente, simile all’ebano, viene usato per produrre oggetti di alto artigianato e, in passato, per la costruzione degli archi.
  • Nel linguaggio dei fiori simboleggia il dubbio.




5. Tasso, Albero della morte, Libo

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Taxus baccata L. - TAXACEAE

Habitat: cresce spontaneo nelle zone montuose della regione mediterranea e nelle zone dell’Europa a clima più mite. È impiegato a scopo ornamentale in parchi e giardini.

Descrizione: pianta arborea dioica sempreverde, alta fino a 15 metri, molto ramificata, a crescita lenta e sprovvista di resina.
Le foglie sono piatte e aghiformi, la loro pagina superiore è di colore verde scuro, quella inferiore di un verde più pallido.
I fiori maschili, gialli, sono ascellari e riuniti in coni, quelli femminili sono isolati e verdastri.
Il frutto è un arillo carnoso di colore rosso che avvolge in parte l’unico seme.

Periodo di fioritura: Marzo-Aprile.

Periodo di fruttificazione: Agosto-Settembre.

Parte velenosa: tutta la pianta, compreso il seme. Solo l’arillo è edule (la parte rossa che è commestibile ed è l'unica parte della pianta innocua per l'uomo e gli animali domestici).

Principi attivi: alcaloidi di tipo steroideo (protoveratrine A e B, germerina, germitrina e jervina, taxina, milossina ed efedrina), glucosidi cianogenetici (taxicatina).

Sintomi: vomito, diarrea, dolori addominali, alterazioni visive, vertigini, midriasi, eccitazione e poi depressione del S.N.C., dispnea, ipotensione, bradicardia e
coma. I sintomi si manifestano nell’arco di un’ora.

Note:

  • il nome comune deriva dal greco taxon, “freccia”, mentre il nome di Albero della morte nasce dal suo impiego per la fabbricazione di frecce velenose. Già presso i Romani e i Celti la pianta veniva impiegata come simbolo funerario, forse a causa della sua tossicità.
  • I cavalli sono gli animali più sensibili alla pianta: sono sufficienti 100-200 g di foglie per uccidere in pochi minuti un esemplare.
  • Il legno, dalle ottime caratteristiche di compattezza ed elasticità, fu sfruttato nel Medioevo per diversi scopi, in particolare per la costruzione di archi da guerra, ed è tuttora ricercato per lavori di impiallacciatura ed ebanisteria.
  • È molto longevo: ne esistono esemplari di 1500-2000 anni di età.
  • Attualmente il Tasso è una specie rara e protetta in quasi tutta Europa.
  • L’alcaloide contenuto nei semi non si distrugge nemmeno con l’essiccamento ed è così potente da venire pericolosamente utilizzato per la pesca di frodo.







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