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Il pistacchio

Secondo alcuni autori il pistacchio (Pistacia vera) proviene dal Turkestan, secondo altri dall’Iran, per altri ancora dalla Turchia o dalla Siria.

Per il famoso botanico russo Nikolaj Ivanovic Vavilov (1887-1943), la specie arriva più genericamente dal Medio Oriente e dall’Asia minore.

Si tratta in ogni caso di una pianta molto antica, conosciuta per i suoi frutti già prima di Cristo dagli Assiri e dagli antichi Greci. In Italia quasi certamente è stata introdotta da Lucio Vitellio il Vecchio nel primo secolo d. C.; successivamente la specie si diffuse in Francia e in Spagna.

Negli Stati Uniti, attuale secondo Paese produttore mondiale dopo l’Iran, è arrivata a metà dell’Ottocento, ma i primi impianti specializzati sono stati realizzati in California solo intorno alla metà del secolo scorso.

Attualmente la produzione mondiale di pistacchi è concentrata in Iran, Stati Uniti, Turchia e Siria; i principali produttori in Europa sono l’Italia, la Grecia e la Spagna. A livello mondiale i primi consumatori di pistacchi sono i cinesi, seguiti dagli americani.

In Italia, oltre a Pistacia vera (che è la specie coltivata, in diverse varietà) sono presenti allo stato spontaneo anche Pistacia terebinthus (usato come portinnesto) e Pistacia lentiscus, noto col nome comune di lentisco.

Nel nostro Paese la coltivazione è diffusa quasi esclusivamente in Sicilia, con una produzione media di poco superiore alle 3.000 tonnellate annue, che rappresenta poco oltre l’1% della produzione mondiale. Qualche tentativo di coltivazione è stato fatto anche in Puglia, Calabria, Basilicata e Sardegna.

In Sicilia la coltivazione è concentrata nella provincia di Catania: il centro più importante è Bronte e il Pistacchio Verde di Bronte gode della Denominazione di origine protetta (Dop); coltivazioni sono presenti anche nelle province di Agrigento e Caltanissetta.

1. Caratteristiche botaniche

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Il pistacchio è una specie dioica, presenta cioè piante con solo fiori femminili e piante con solo fiori maschili, come nel caso dell’actinidia.

L’albero è alto mediamente 4-5 metri, ma può raggiungere e superare anche gli 8 metri. La specie è longeva, potendo vivere anche oltre 300 anni. Le branche delle piante femminili sono più aperte e pendule rispetto a quelle delle piante maschili.

La corteccia del tronco è di colore grigio cenere nella fase giovanile e diventa grigio scuro invecchiando; nei rami giovani invece è di colore giallo rossastro. Il legno giovane è di colore giallo, quello vecchio, invece, rosso brunastro; essendo molto duro e nodoso, si presta ottimamente per lavori di intarsio.

Le foglie, caduche, di un bel colore verde lucido, sono composte da 3-5 foglioline di forma ovale con apice arrotondato; sono tomentose (leggermente pelose) nella fase giovanile e glabre successivamente. Le gemme a fiore, protette da peru- le di colore castano, sono portate quasi sempre dai rami di due anni.

I fiori, riuniti in pannocchie lunghe dai 6 a 9 cm, precedono l’emissione delle foglie; la fioritura, molto scalare, avviene in aprile-maggio e dura una decina di giorni. Le piante maschili fioriscono leggermente prima di quelle femminili: si aprono prima i fiori alla base della pannocchia e man mano quelli verso l’apice. I fiori maschili producono polline vitale solo per 2-3 giorni, mentre i fiori femminili sono recettivi al polline per 4-5 giorni.

L’impollinazione è dovuta al vento (anemofila). I frutti, riuniti in grappolo, sono botanicamente delle drupe formate da un mallo esterno sottile di colore verde-rossastro delicato, che riveste il guscio dentro il quale c’è il seme (il pistacchio destinato al consumo) composto da due valve.

La colorazione dei malli all’apice del grappolo è molto più intensa e va al lilla al rosso vinoso. Il guscio (endocarpo) è liscio e lignificato.

2. Esigenze e varietà

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  • Clima: nel nostro Paese la pianta potrebbe sopravvivere anche al Nord, ma difficilmente arriverebbe a fruttificare; in tutto il Centro vegeta bene e produce anche i frutti, ma solo in areali riparati; la zona ideale di coltivazione è il Sud e generalmente coincide con quella del mandorlo. Durante il riposo vegetativo la specie può sopportare minimi termici anche fino a – 20 °C, ma è molto sensibile al ritorno dei freddi invernali e primaverili che danneggiano irrimediabilmente i fiori. Il pistacchio resiste alla siccità più di altre specie a frutto secco; ma per una buona maturazione dei frutti richiede irrigazioni di soccorso in caso di siccità persistente, oltre a temperature estive elevate.
  • Terreno: il pistacchio si adatta a diversi tipi di terreno, anche a quelli calcarei o poveri di calcio; nei suoli profondi e fertili la pianta assume uno sviluppo poderoso, lussureggiante e aumenta la produttività. Risulta comunque molto sensibile ai ristagni di acqua e/o all’elevata umidità del terreno.
  • Varietà: la varietà più diffusa in Italia è la varietà Bianca (chiamata anche Napoletana o Nostrale), caratterizzata dal colore verde del seme, che è l’aspetto commerciale più pregiato. Altre varietà – come Cappuccia, Cerasola, Insolia, Silvana, Femminella, ecc. – sono tutte a diffusione locale. Vi sono poi alcune nuove varietà – come Kern, Larnaka e Red Aleppo – di più recente introduzione in Italia, stanno dando risultati positivi. La varietà maschile più diffusa, usata come impollinatore, è la M 10. In un piccolo frutteto familiare per ottenere frutti occorre prevedere la presenza di almeno una pianta maschio, oppure di un pistacchio selvatico come Pistacia terebinthus, che funge anch’essa da impollinatore. Nella scelta della varietà da coltivare conviene orientarsi sulle più diffuse localmente, che danno senz’altro maggiori garanzie di un buon risultato produttivo.

3. Impianto e potatura

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Per la realizzazione di un pistacchieto specializzato sono consigliabili distanze di impianto di di 5-6 metri tra le piante, sia sulla fila che tra le file. Il rapporto ideale tra piante maschili e piante femminili è di 1 a 8.

Si consiglia inoltre di mettere a dimora piantine già innestate in vivaio, di 1-2 anni, in quanto l’innesto a dimora comporta una certa difficoltà di attecchimento, con la conseguenza di dover ripetere gli innesti non attecchiti per 2-3 anni.

Si consiglia anche la messa a dimora di piante sane, certificate e allevate in vaso, alla fine del periodo freddo (da metà febbraio a tutto marzo).

Le principali aziende vivaistiche generalmente dispongono di piantine già innestate (a gemma dormiente o vegetante) e allevate in vaso o in fitocelle. 

La forma di allevamento più diffusa è il vaso libero, impalcato alto, a circa 1 metro da terra. Il vaso impalcato alto favorisce le operazioni colturali (lavorazioni al terreno, trattamenti antiparassitari, raccolta, ecc.) e contribuisce a uno sviluppo armonico della chioma.

Per ottenere un’impalcatura aperta e razionale è consigliabile cimare (all’altezza di circa 1 metro) la pianta al momento della messa a dimora, in modo da stimolare l’emissione delle future branche principali. 

Nell’autunno-inverno successivi si esegue il taglio dei rametti laterali, in modo da favorire lo sviluppo di 3-4 gemme nella parte alta del fusto e ottenere così un’impalcatu- ra di rami. I germogli che si sviluppano durante l’estate e nell’autunno-inverno successivi, con la pianta in riposo, devono essere cimati. Negli anni seguenti si procede con lo stesso criterio per la formazione delle altre impalcature dell’albero.

Nella potatura di produzione la prima cosa da ricordare è che il pistacchio fruttifica sul legno di due anni; gli interventi di potatura sono comunque semplici. Alla fine dell’inverno basta un leggero diradamento della chioma, volto a eliminare i rami secchi e deperiti e a favorire l’arieggiamento e la buona illuminazione della vegetazione.

La potatura deve tenere conto anche dell’accentuato fenomeno dell’alternanza di produzione a cui il pistacchio è soggetto. A questo riguardo, in molte aree produttive nell’annata di scarica si eliminano, con la potatura verde (nel mese di maggio-giugno), tutte le gemme a frutto, in modo da avere produzioni ogni due anni, ma più consistenti.

4. Cure colturali

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  1. Lavorazioni: nel periodo primaverile-estivo, almeno 3-4 lavorazioni superficiali del terreno sono fondamentali per ridurre l’evaporazione dell’acqua dal suolo e distruggere le erbe infestanti che esercitano una forte concorrenza idrica. In alternativa alle lavorazioni, nei pistacchieti specializzati per il controllo delle infestanti si fa ricorso anche al diserbo chimico sulla una striscia di terreno sottochioma larga 150-180 cm. 
  2. Irrigazione: nonostante il pistacchio sia una pianta adatta a climi temperati e asciutti, una sufficiente disponibilità idrica influisce positivamente sulla produzione; in particolari periodi siccitosi irrigazioni di soccorso localizzate (con sistemi a goccia, microjet, ecc.), garantiscono alla pianta un migliore e razionale dosaggio di acqua.
  3. Concimazione: anche il pistacchio, come tutte le piante da frutto, si giova della concimazione. Per impostarla adeguatamente occorre conoscere le caratteristiche del suolo di coltivazione. Diventa quindi indispensabile fare ricorso all’analisi fisico-chimica del terreno per valutare il livello di fertilità e la disponibilità di elementi nutritivi. 
    Nella concimazione di impianto, oltre a correggere eventuali carenze, è opportuno dotare il terreno degli elementi, in particolare fosforo e potassio, che per la loro scarsa mobilità vengono ceduti lentamente alla pianta: in terreni di media fertilità sono sufficienti 300-500 quintali di letame per ettaro, 10-15 quintali di perfosfato semplice-19 e 4-6 quintali di solfato di potassio-50. 
    La concimazione annuale delle piante giovani è diversa di quella delle piante in produzione: nelle prime è bene privilegiare l’azoto, che favorisce lo viluppo vegetativo (a puro titolo indicativo: 300-600 grammi di nitrato ammonico-20 per pianta, da distribuire nel mese di aprile-maggio); nelle seconde è consigliabile l’utilizzo di concimi composti ternari, che contengono azoto, fosforo e potassio, impiegati nel corso della primavera (a puro titolo indicativo si consiglia un dose media, cioè da 2 a 4 kg per pianta, di un concime tipo NPK 12-12-12 o 15-15-15, cioè con azoto, fosforo e potassio in uguale quantità).
  4. Avversità: Per quanto riguarda le avversità, il pistacchio può essere considerato una pianta rustica che non necessita di trattamenti. Nei frutteti a elevata concentrazione di piante la specie può però essere colpita da alcuni parassiti fungini e animali. Ricordiamo il cancro dei rami, causato dal fungo Botryodiplodia pistaciae, i cui sintomi si manifestano sui giovani rami con la comparsa di tacche allungate e depresse, in coincidenza delle quali la corteccia appare screpolata con delle pustole. La lotta si effettua con la distruzione dei rami infetti e con interventi a base di rame in inverno (per esempio con ossicloruro di rame-20, non classificato, alla dose di 1 kg per 100 litri di acqua). 
    Tra gli insetti può causare danni considerevoli il verme dei frutti (Megastigmus pistaciae, nella foto). Quest’insetto vola in genere da maggio ai primi di luglio e le femmine si riproducono per partenogenesi (senza l’intervento del maschio). Esse depongono le uova nelle drupe in formazione (un uovo per frutto). La larva si nutre della mandorla e completa lo sviluppo entro il mese di marzo dell’annata successiva. Le larve derivanti dalle ovodeposizioni più precoci riescono a completare lo sviluppo entro il mese di agosto, con conseguente sviluppo di una seconda generazione.
    Per quanto riguarda la lotta, essa si basa essenzialmente sulla eliminazione, alla raccolta, dei frutti infestati. Attualmente non sono proponibili interventi insetticidi per la mancanza di preparati registrati contro l’insetto, ma sono in atto ricerche per verificare l’efficacia di alcuni insetticidi e valutare il loro impatto ambientale.





5. Raccolta e usi

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La pianta entra in produzione abbastanza tardi, verso il 5°- 7° anno dall’impianto e non raggiunge la piena maturità prima del 10° anno. Un albero rimane in produzione per molti anni (fino a 30-40).

La maturazione dei frutti è scalare e, la raccolta avviene in due-tre riprese a cominciare dalla metà di agosto fino a tutto settembre.

Dopo la raccolta i frutti vengono liberati dal mallo con l’impiego di piccole macchine smallatrici e posti ad asciugare al sole per 3-4 giorni; il processo di asciugatura può anche essere accelerato predisponendo i frutti sotto tunnel coperti con film plastico; il pistacchio in guscio così ottenuto è chiamato localmente tignosella.

I pistacchi in guscio vengono conservati dai produttori in ambienti bui e asciutti per la successiva vendita. La produzione varia a 5 a 10 kg per pianta, con punte massime di 30 kg.

Le operazioni di sgusciatura e pelatura generalmente vengono effettuate da cooperative o commercianti. La rimozione dal guscio legnoso che racchiude il seme (sgusciatura) e la successiva eliminazione della sottile pellicola viola-rossastro (pelatura) sono le prime operazioni di trasformazione; i semi verdi passano quindi all’essiccazione e poi al confezionamento per la vendita.

I semi di pistacchio trovano largo impiego in cucina, dalla preparazione di antipasti a diverse salse per condire primi e secondi piatti. Anche l’uso in pasticceria per la preparazione di torte, dolci, biscotti, creme, torrone, gelati (nella foto il famoso gelato al pistacchio di Bronte), granite, semifreddi, ecc. è vastissimo.

Quello del pistacchio è un seme molto energetico (608 kcal per 100 grammi) e ricco di fattori nutrizionali piuttosto interessanti. I grassi (quasi totalmente di tipo insaturo) costituiscono ben il 56% di questo seme. Il suo consumo regolare (naturalmente nell’ambito di una dieta ben equilibrata e non troppo calorica) protegge quindi il sistema circolatorio dall’aumento del colesterolo e dalle patologie correlate (infarti, ictus, ecc.).

Il pistacchio è anche una fonte di proteine pregiate (18%) e la sua presenza nella dieta ne migliora la qualità nutrizionale. Non sono da dimenticare i minerali (ferro, calcio, fosforo, potassio, manganese, zinco, rame, selenio) e nemmeno il discreto contenuto di vitamine del gruppo B e di vitamina E.

Uno studio svolto in Turchia (pubblicato su «Nutrition» nel 2009) ha dimostrato che una dieta di tipo mediterraneo, nella quale circa il 20% delle calorie giornaliere erano apportate da pistacchi (per una dieta di circa 2.000 kcal significa il consumo di circa 60 grammi di pistacchi al giorno), ha prodotto un aumento del colesterolo HDL («buono»), la riduzione del colesterolo totale, del colesterolo LDL («cattivo»), dei trigliceridi e del rischio di diabete.

Questo seme si mangia fresco oppure tostato e salato. In quest’ultimo caso, il notevole contenuto di sale lo rende controindicato agli ipertesi, ai cardiopatici e a chi ha un’insufficienza renale. 






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