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Quali cibi fanno bene o male? Scopriamoli insieme

Un giorno ci dicono che il caffè fa bene, il giorno dopo farebbe venire il cancro.

Le uova sono un vero e proprio tesoro naturale, finché non si parla di colesterolo.

Tante opinioni, in gran parte discordi.

Eppure, al di là dei titoli a effetto, esistono ricerche serie che confermano i benefici o i danni, arrecati dal consumo degli alimenti più comuni.

Facciamo finalmente chiarezza!

1. CAFFÈ E UOVA

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  • CAFFÈ
    Negli ultimi anni abbiamo spesso letto che bere caffè ci esporrebbe a tutta una serie di terribili conseguenze.
    Eppure, quando gli scienziati hanno monitorato oltre 120mila uomini e donne per oltre 20 anni hanno scoperto tutt’altro.
    Lo studio, The Relationship Of Coffee Consumption With Mortality (Rapporto tra consumo di caffè e mortalità), ha concluso che “il regolare consumo di caffè non è risultato associato a un incremento della frequenza dei decessi nei soggetti esaminati, sia maschili sia femminili”.
    Anzi: l’assunzione di quantità moderate sembra avere effetti blandamente protettivi. Sulla base di questo e di altri studi, pare che la “dose” più efficace sia dalle due alle cinque tazzine al giorno.
    Se si supera questa raccomandazione, si perdono i possibili benefici. Ciò che non sappiamo, tuttavia, è quale sia la sostanza benefica contenuta nel caffè.
    Il limite oltre il quale il consumo della bevanda potrebbe comportare effetti collaterali, quali insonnia o un temporaneo aumento della pressione sanguigna, potrebbe essere scritto nei nostri geni: in particolare, sembra dipendere dalla disponibilità di un enzima epatico, CYP1A2.
    Esso, infatti, determina la rapidità con la quale viene smaltita la caffeina: questa diversità individuale potrebbe spiegare perché alcune persone bevono tranquillamente caffè prima di andare a letto, mentre ad altre basta una tazzina nel pomeriggio per rimanere sveglie tutta la notte.
    IL RESPONSO: via libera al consumo di due-cinque tazzine di caffè al giorno. Esistono possibili effetti collaterali, dipendenti però dal profilo genetico dei singoli individui.

 

  • LE UOVA
    Fino a pochi anni fa, i nutrizionisti sostenevano che si dovessero consumare soltanto poche uova alla settimana, dato che contengono colesterolo, e quest’ultimo, notoriamente, fa male.
    All’epoca, si riteneva infatti che l’aumento della colesterolemia avesse una causa alimentare. Invece, oggi si sa che nella maggior parte dei casi, valori ematici elevati sono dovuti a un’iperproduzione epatica, in risposta al consumo eccessivo di grassi saturi.
    Una meta-analisi relativa a 17 studi, pubblicata nel 2013, ha concluso che “un maggior consumo di uova non è associato a un incremento del rischio di coronaropatie o ictus”.
    Che siano strapazzate, alla coque o in camicia, le uova si confermano dunque una straordinaria fonte di proteine, vitamine e sali minerali e sono particolarmente adatte per iniziare la giornata nel migliore dei modi.
    IL RESPONSO: purché non aggiungiate troppi condimenti grassi, le uova sono una scelta eccellente, soprattutto a colazione.

2. CARNE ROSSA E SALE

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  • CARNE ROSSA
    Vi capita mai di aggirarvi per il reparto macelleria pensando a che cosa comprare per una bella grigliata, soppesare un’invitante bistecca, e poi rimetterla a posto per andare in cerca di qualcosa di più sano?
    Al ristorante ordinate pesce, anche se sognate una costoletta?
    La carne non gode di buona fama: ogni giorno leggiamo che danneggia il cuore, fa venire il cancro, ci sottrae anni di vita e distruggerà il Pianeta.
    Si parla, in particolare, di carni rosse: manzo, agnello, maiale e relativi prodotti lavorati.
    Il loro colore più scuro è dovuto a un contenuto superiore di emoglobina e mioglobina, ovvero le proteine che si trovano nei tessuti ematici e muscolari e si legano a ferro e ossigeno.
    Questi alimenti presentano l’indubbio vantaggio di essere una fonte eccellente di micronutrienti. Purtroppo, però, sono anche ricchi di grassi saturi e il loro consumo è stato messo in relazione a un aumentato rischio di carcinoma intestinale.
    Quanto ci nuoce, dunque, essere carnivori? Una possibile risposta è stata fornita da un recente studio, dal titolo Meat Consumption And Mortality (Consumo di carne e mortalità).
    La conclusione, piuttosto sorprendente, è stata che mangiare carne rossa con moderazione non ha alcun effetto sulla mortalità, anzi, sembra essere un fattore lievemente protettivo: i soggetti a rischio minimo, secondo questa ricerca, erano quelli che limitavano il consumo a 80 grammi al giorno, e non quelli che evitavano completamente l’alimento.
    Il documento ha utilizzato dati forniti da EPIC (European Prospective Investigation Into Cancer and Nutrition, Indagine prospettica europea su tumori e nutrizione), che ha visto ricercatori europei monitorare oltre mezzo milione di persone in 10 Paesi per oltre 12 anni.
    Gli scienziati hanno scoperto che, malgrado un piccolo aumento percentuale del rischio globale per chi superava i 160 grammi al giorno, il tasso di mortalità era più elevato tra vegetariani e vegani, forse a causa dell’assunzione insufficiente di micronutrienti fondamentali.
    L’indagine conclude, infatti, che “un consumo di carne limitato, ma non pari a zero, potrebbe essere vantaggioso per la salute umana.
    Ciò è verosimile, in quanto questo alimento è un’importante fonte di principi nutritivi, in particolare proteine, ferro, zinco, diverse vitamine del gruppo B, vitamina A e acidi grassi essenziali”. Prima che gli onnivori comincino a festeggiare, però, occorre far presente il rovescio della medaglia.
    Lo studio di EPIC ha confermato che le carni lavorate, come salsicce e affettati, fanno davvero male alla salute. Se si superano i 40 grammi quotidiani (due fettine di pancetta), la mortalità per tumori e cardiopatie comincia a impennarsi.
    Si legge nel documento conclusivo che “in questo campione di popolazione, portare il consumo di prodotti trattati e insaccati a 20 grammi al giorno consentirebbe di prevenire il 3 per cento di tutti i decessi”.
    IL RESPONSO: sì alla carne rossa ma con moderazione. Gli insaccati e le carni lavorate, invece, sono da consumare soltanto occasionalmente.

 

  • SALE
    Quasi tutti sappiamo che troppo sale fa male, ma in quanti sanno anche che non consumarne abbastanza può determinare dei danni?
    Questa sostanza, infatti, è fondamentale per l’attività muscolare e nervosa: una quantità insufficiente provoca crampi e sintomi neurologici, e può perfino causare la morte.
    Ma questo non vuol dire che potete divorare una confezione formato famiglia di patatine: per la maggior parte, noi consumiamo sale in eccesso.
    Questa abitudine conduce a ipertensione, incremento del rischio di cardiopatie e ictus.
    Gli esperti raccomandano a soggetti adulti di non superare i 6 grammi al giorno, mentre il nostro consumo abituale si avvicina agli 8 grammi.
    Una quantificazione esatta è però difficile, perché il composto si nasconde in moltissimi alimenti: addirittura il 75 per cento del sale che ingeriamo è contenuto in pane, legumi in scatola e biscotti, mentre soltanto una piccola percentuale deriva dalle aggiunte che facciamo in cucina o a tavola.
    Un recente studio giapponese, presentato al congresso dell’Associazione Europea di Urologia, ha dimostrato che tagliare il consumo di sale può ridurre efficacemente la frequenza delle minzioni notturne.
    IL RESPONSO: limitare il consumo di sale ha effetti positivi sul controllo dell’ipertensione.

3. CIOCCOLATO E ALCOL

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  • CIOCCOLATO
    Chi non adora cioccolato? Gustarlo in quantità moderate è davvero una cattiva abitudine?
    Questo alimento contiene cacao, una buona fonte di ferro, magnesio, manganese, zinco e fosforo. Il cacao, inoltre, è ricco di avonoidi, antiossidanti naturali.
    Spesso, però, per cioccolato intendiamo barre e piene di grassi e zuccheri aggiunti. I benefici, dunque, superano gli svantaggi?
    Il principale effetto benefico di questo alimento si osserva sulla circolazione arteriosa.
    Un’indagine sistematica condotta nel 2012 e relativa all’impatto del consumo di cacao sulla pressione sanguigna, che ha preso in esame ben 20 studi effettuati su 800 persone, ha concluso che: “Prodotti a base di cacao e cioccolato, ricchi di avonoidi, possono avere un effetto limitato ma statisticamente significativo in termini di abbassamento della pressione sanguigna”.
    Gli scienziati, tuttavia, hanno sottolineato che la maggior parte delle ricerche considerate ha avuto luogo in un periodo di tempo limitato (dalle due alle otto settimane) e con risultati di scarso rilievo.
    Uno studio più recente, svolto nel Norfolk e pubblicato dalla rivista Heart nel 2015, ha anch’esso dato speranza agli amanti del cioccolato: in questo caso, i ricercatori hanno chiesto a circa 21mila uomini e donne di compilare un questionario dettagliato sulle proprie abitudini alimentari, monitorandoli poi per una media di oltre 11 anni.
    Hanno così scoperto che chi consumava le maggiori quantità di preparazioni a base di cacao (fino a 99 grammi al giorno) era esposto a un rischio inferiore di cardiopatie e ictus.
    La conclusione è stata che “un maggiore apporto di cioccolato è associato a una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari futuri”.
    Gli scienziati, però, aggiungevano che l’indagine poteva essere inquinata da fattori concomitanti: non è stato specificato, ad esempio, se al consumo regolare fosse associato uno stile di vita particolarmente attivo”.
    IL RESPONSO: un quadrettino di tanto in tanto di cioccolato fondente con un’elevata percentuale di cacao non fa male, ma non è ancora stato chiarito se esistano benefici effettivi per la salute.

 

  • ALCOL
    È quasi impossibile aprire un giornale senza leggere qualche commento sull’alcol e i suoi effetti per la salute umana, in positivo o in negativo.
    Dove sta la verità? Diciamo che se apprezzate un bicchierino ogni tanto, sono in arrivo buone notizie.
    Benché esistano opinioni contrastanti, ormai ci sono sufficienti prove per affermare che il consumo di modeste quantità di bevande alcoliche può avere un effetto protettivo nei confronti delle cardiopatie.
    Uno studio svolto di recente e pubblicato dall’European Heart Journal ha monitorato oltre 14mila soggetti adulti di almeno 45 anni di età per ben 24 anni, giungendo alla conclusione che uomini e donne che hanno dichiarato di assumere fino a 12 unità alcoliche al giorno (pari a circa 6 bicchieri di vino) presentano un rischio cardiaco inferiore rispetto agli astemi.
    I ricercatori hanno scoperto che gli individui con un aumentato rischio di morte per qualsiasi causa durante il periodo di studio erano bevitori più forti: le donne superavano le 14 unità al giorno e gli uomini addirittura 21. Alla salute!
    IL RESPONSO: fino a sei bicchieri di vino al giorno riducono potenzialmente il rischio di insufficienza cardiaca. Quantità superiori, invece, sono dannose per la salute.

4. FRUTTA E BURRO

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  • FRUTTA
    “Una mela al giorno leva il medico di torno”: le mele, e la frutta in genere, godono di ottima fama. Ma sono effettivamente in grado di ridurre il tasso di mortalità?
    Gli studi specifici non mancano: chi mangia frutta sta meglio rispetto a chi la evita.
    In particolare, sono ridotti i rischi di patologie cardiovascolari e tumorali, probabilmente grazie alle vitamine e fibre vegetali, nonché agli antiossidanti, che hanno un effetto riparativo sulle cellule.
    Ma quanta frutta è bene mangiare ogni giorno? Una ricerca del British Medical Journal suggerisce che la quantità ideale di alimenti di origine vegetale è di sette porzioni quotidiane.
    Infatti, il rischio di contrarre malattie nel corso dello studio si è ridotto del 42 per cento se il consumo di frutta e verdura raggiungeva o superava questa quota.
    Meglio, però, nutrirsi di frutta e ortaggi al naturale, e non trasformati in bevande e altre preparazioni.
    Infatti, i succhi di frutta contengono, per la maggior parte, grandi quantità di acqua e zucchero; anche quelli costituiti al 100 per cento da frutta prevedono aggiunte di zuccheri, fino a livelli simili a quelli delle comuni bibite.
    Il consiglio, dunque, è di mangiare un’arancia invece di acquistarla già spremuta.
    C’è di più: recenti studi hanno dimostrato che l’abbondante consumo di frutta ricca di carotene (mele, arance, banane, uva) durante l’adolescenza è associato a una riduzione del rischio di tumore al seno.
    Appena tre porzioni al giorno fanno diminuire la possibilità di insorgenza di carcinoma mammario addirittura del 25 per cento: attenzione dunque a scegliere bene la merenda.
    IL RESPONSO: mangiare frutta è un’abitudine da incoraggiare in età precoce. Meglio però consumare i prodotti al naturale, e non sotto forma di succhi o altre bevande.

 

  • BURRO
    Il burro è un grasso saturo.
    Per decenni ci hanno ammonito di limitare il consumo di questo tipo di lipidi, che avrebbero fatto impennare il tenore del colesterolo “cattivo” nel sangue, con conseguente occlusione delle arterie e rischio di infarto e ictus.
    I ricercatori dell’Università di Cambridge nel 2014 hanno presentato uno studio, contenuto in Annals Of Internal Medicine, che ha preso in considerazione dati esistenti e già pubblicati.
    L’équipe ha dichiarato che non esisterebbero evidenze significative di una correlazione tra questi grassi e l’incremento del rischio cardiaco.
    I giornali e internet, allora, si sono scatenati titolando “Bentornato burro!”. Gli autori dello studio, però, hanno subito messo in guardia dalle eccessive semplificazioni.
    Essi hanno trovato, infatti, che ci sono diversi tipi di grassi saturi, con composizioni specifiche, alcune benefiche, altre dannose.
    Se, dunque, alcuni derivati del latte potrebbero perfino contrastare l’insorgenza di patologie, altri decisamente no: gli esperti si sono trovati d’accordo nel ritenerli responsabili dell’accumulo di colesterolo “cattivo”.
    Un recente studio dell’Università di Harvard lo ha confermato: un incremento del 5 per cento del consumo di grassi saturi, come appunto il burro, si associa a un’impennata del rischio di cardiopatie pari al 25 per cento.
    Su evidenze analoghe si basano le attuali linee guida che raccomandano la sostituzione, nei regimi alimentari, di burro e condimenti simili con oli vegetali ricchi di acidi grassi insaturi.
    I benefici, però, scompaiono se non si riduce di pari passo anche il consumo di carboidrati raffinati, come il pane bianco: la dieta, dunque, va integrata anche con cereali integrali e carboidrati complessi come quelli che si trovano nei vegetali.
    IL RESPONSO: non tutti i grassi saturi sono uguali. La ricerca scientifica prosegue, ma l’attuale raccomandazione è di usare poco burro e scegliere olio d’oliva e di semi di girasole per cucinare.





5. LATTE PASTORIZZATO E BIBITE DIETETICHE

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  • LATTE PASTORIZZATO
    Tutti ne conosciamo le proprietà benefiche del latte: è un liquido ricchissimo di principi nutritivi e un toccasana per le nostre ossa.
    Oggi, tanti cantano le lodi del latte crudo, non pastorizzato, che offrirebbe vantaggi ancora superiori.
    Ma qual è la differenza? Il latte appena munto, prodotto da mucche allevate al pascolo, contiene moltissime sostanze di pregio, tra cui batteri “buoni” quali Lactobacillus acidophilus.
    Questi preziosi microorganismi producono vitamina K2, favoriscono l’assorbimento dei nutrienti e normalizzano la funzione intestinale.
    Il latte non pastorizzato è ricco di vitamine, enzimi e calcio; però, può contenere anche batteri di altro tipo, in grado di provocare tossinfezioni alimentari particolarmente pericolose per bambini, persone debilitate e donne in gravidanza.
    La pastorizzazione è un processo che prevede l’utilizzazione di calore per distruggere eventuali microbi dannosi presenti nel latte; purtroppo, uccide anche quelli benefici.
    In ogni caso, secondo un’analisi condotta dalla Johns Hopkins University, il rischio di contrarre infezioni alimentari bevendo latte crudo è cento volte superiore rispetto alle cifre relative al latte trattato termicamente.
    Per tutelare la sicurezza dei consumatori, le legislazioni europee e nordamericana prevedono pertanto la pastorizzazione, e il prodotto acquistabile nel negozi ha dunque queste caratteristiche.
    Per chi desidera provare il gusto della bevanda appena munta, tuttavia, esistono appositi distributori e punti vendita specializzati presso aziende agricole e mercati agroalimentari.
    I formaggi a base di latte non pastorizzato, invece, sono più diffusi, perché il numero dei batteri potenzialmente dannosi si riduce drasticamente.
    IL RESPONSO: il latte è un’ottima fonte di calcio e altri principi nutritivi, ma se pastorizzato, è più sicuro.

 

  • BIBITE DIETETICHE
    Le ricerche suggeriscono che le varianti dietetiche delle bevande più famose, in realtà, non contribuiscano ad assottigliare il nostro girovita.
    Gli esperti di nutrizione sostengono che non sia affatto dimostrato che i prodotti contenenti dolcificanti artificiali aiutino a perdere peso e, di conseguenza, non sono consigliati nel quadro di una dieta sana.
    Molta della letteratura che confermerebbe i vantaggi delle bevande dietetiche, infatti, viene sponsorizzata dagli stessi produttori e non risulta affidabile.
    Secondo uno studio recentemente condotto dall’Imperial College di Londra, le bibite “light” stimolano i recettori del gusto dolce, incoraggiando dunque a consumare dolciumi solidi per compensazione.
    Anche dal punto di vista psicologico, potremmo sentirci “giustificati” a mangiare qualcosa di poco sano, dopo aver buttato giù un “virtuoso” prodotto dietetico.
    Ricapitolando, se la scelta è tra due bibite, una con lo zucchero e l’altra no, è preferibile comunque la versione dolcificata artificialmente.
    Ma se si vuole davvero bere qualcosa di sano, bisogna scegliere l’acqua.
    IL RESPONSO: anche se le bevande dietetiche ci tentano, meglio l’acqua. Il nostro corpo, e il nostro portafoglio, ci ringrazieranno.








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