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Quando il medico fa da cavia

Il medico tedesco Werner Forssmann ne era convinto: per far giungere i farmaci più velocemente al cuore era necessario iniettarli direttamente in sede.

Ma come? Un catetere flessibile poteva essere la scoperta che avrebbe cambiato la medicina.

Così, nel 1929, si fece un piccolo taglio nella vena cubitale sinistra – una delle vene superficiali del braccio, da cui di solito si preleva il sangue – e infilò un catetere vescicale per circa 60 centimetri.

Poi, per verificare che il tubicino avesse raggiunto il cuore, constatò con una lastra che il catetere era giunto in corrispondenza dell’atrio.  Forssmann, considerato un folle, fu allontanato dalla comunità scientifica.

Solo dopo 27 anni dall’esperimento e svariate ricerche, nel 1956 i ricercatori riconobbero la sua grande scoperta, che gli valse il Premio Nobel: il catetere venoso centrale.

Il catetere che si utilizza oggi per la procedura è realizzato in materiale resistente come poliuretano e silicone e, inserito in una vena centrale (succlavia, giugulare interna e femorale), serve alla somministrazione di farmaci o sostanze nutritive, in particolare se il paziente ne ha bisogno in maniera continuativa.

Forssmann è solo uno dei tanti ricercatori che hanno messo a disposizione il proprio corpo in favore dello sviluppo scientifico. Ecco i casi più celebri.

1. ALBERT SABIN E MAX JOSEPH VON PETTENKOFER

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  • ALBERT SABIN: provò il vaccino antipolio
    La poliomielite ebbe un drammatico sviluppo nella prima metà del Novecento causando migliaia di epidemie, soprattutto tra i bambini.
    Negli anni 50 molti scienziati si impegnarono nella ricerca di un vaccino, ma fu Albert Sabin (nella foto a sinistra) a trovare un farmaco utile a prevenire e curare il morbo, sperimentandolo su reni di scimmia.
    Nel 1953 il medico polacco provò per la prima volta sull’uomo gli effetti del vaccino testandolo, senza alcune garanzie, all’inizio su se stesso, poi su alcuni carcerati volontari e, in seguito, sulle sue due figlie.
    Risultato: il vaccino di Sabin, iniziato a somministrare in Europa pochi anni dopo la sperimentazione, salvò le vite di milioni di bambini; viene utilizzato ancora oggi, insieme a un altro sviluppato dal medico Jonas Salk.
    I due vaccini hanno consentito di diminuire la diffusione della malattia, fino alla sua totale scomparsa in tutti i Paesi industrializzati; purtroppo, la poliomelite colpisce ancora Afghanistan, India, Nigeria e Pakistan.
    In Italia si è passati dagli oltre cinquemila casi degli anni 50 a zero: nel 2002, infatti, l’Europa è stata dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità libera da polio.
  • MAX JOSEPH VON PETTENKOFER: ingoiò i batteri del colera
    Alla fine dell’Ottocento erano due le scuole di pensiero sul contagio del vibrione, un batterio che può causare il colera, pericolosa malattia infettiva del tratto intestinale.
    C’è chi credeva che la diffusione della malattia fosse causata dal contatto diretto con il batterio e chi, come il bavarese Max Joseph von Pettenkofer (nella foto a destra), fosse dovuta all’ambiente malsano e alla predisposizione di un organismo debole.
    Per dimostrare la sua teoria, intorno al 1892, si fece inviare una coltura di batteri colerici e si bevve l’intera fiala, annotando il suo stato di perfetta salute.
    Solo anni dopo gli scienziati scoprirono la vera causa del contagio: l’ingestione di acqua o cibi contaminati da materiale fecale di individui infetti.
    L’impossibilità per molte popolazioni di accedere ai vaccini rende il colera un’epidemia ancora mortale, con 2.500 vittime nel 2011.

2. BARRY J. MARSHALL E STUBBINS FIRTH

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  • BARRY J. MARSHALL: si fece venire l’ulcera per scoprire l’Helicobacter
    I batteri possono vivere in un ambiente acido come lo stomaco?
    Questa è la domanda a cui ha tentato di rispondere il ricercatore australiano Barry Marshall (nella foto a sinistra), che, per dimostrare l’esistenza di un batterio responsabile della gastrite, l’Helicobacter pylori, nel 1983 ingerì una fialetta che conteneva il microrganismo ritenuto causa della malattia.
    Il ricercatore si ammalò e sconfisse la gastrite con semplici antibiotici, ma ci sono voluti circa 30 anni per riconoscere a Marshall la sua scoperta.
    I suoi studi, infatti, non furono presi in considerazione dalla comunità scientifica fino agli anni 90 e solo nel 2005 al ricercatore australiano e al suo compagno di studi, Robin Warren, venne assegnato il Nobel per la medicina.
    L’ulcera gastrica, la lesione della mucosa che riveste le pareti dello stomaco, colpisce circa il 10 per cento della popolazione.
    Per debellare l’Helicobacter vengono prescritte terapie antibiotiche associate a farmaci che garantiscono protezione alle pareti dello stomaco e limitano le secrezioni gastriche.
  • STUBBINS FIRTH: mangiò vomito infetto
    Alla ne del ’700 negli Usa scoppia un’epidemia di febbre gialla.
    A Philadelphia, dove il 10 per cento della popolazione è morta a causa della malattia, si teme che sia contagiosa.
    Il medico Stubbins Firth (nella foto a destra), è invece convinto che la malattia si sviluppi a causa delle condizioni atmosferiche e decide di esporsi al contagio: si procura dei tagli e ci spalma sopra vomito infetto, che arriva a ingurgitare.
    Utilizza anche sangue, saliva e urina dei contagiati, ma rimane sano come un pesce. In seguito, infatti, si dimostrerà che il contagio avviene tramite scambio di sangue e le responsabili dell’epidemia erano le zanzare.
    Il medico aveva scampato il pericolo perché utilizzava fluidi di persone già in stato avanzato della malattia e, per questo, meno contagiose.
    La febbre gialla è una malattia ancora temuta in alcuni Paesi dell’Africa e dell’America latina.
    Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità i casi ogni anno sono circa 200mila, la mortalità è del 5 per cento.

3. JOHN HALDANE E HUMPHRY DAVY

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  • JOHN HALDANE: sopportò crisi di fiato
    Il fisiologo scozzese John Scott Haldane, nella foto a sinistra, (era nato a Edimburgo nel 1860) non solo fu l’inventore della maschera antigas durante la Prima guerra mondiale, ma anche il responsabile di alcune importanti scoperte in ambito subacqueo, in particolare sul sistema di decompressione da risalita.
    Ad aiutarlo negli esperimenti fu il figlio John junior – divenuto poi, a sua volta, uno scienziato - che si prestò, nella prima metà del Novecento, a pericolose risalite e privazioni di ossigeno che procurarono ai due ricercatori crisi respiratorie, emboli, schiacciamento delle vertebre a causa delle convulsioni e perforazioni dei timpani.
    Grazie agli studi di Haldane è stato possibile capire l’importanza del controllo della velocità di risalita dopo un’immersione (circa dieci metri al minuto) e scongiurare, così, il pericolo di sviluppare la cosiddetta MDD, la malattia da decompressione: le bolle di azoto che, a causa della pressione, si formano nei tessuti ostruendo il corretto flusso del sangue nell’organismo.
  • HUMPHRY DAVY: inalò gas esilarante
    Al chimico inglese Humphry Davy (nella foto a destra) gli esperimenti sui gas causarono non pochi problemi di salute, tra cui deficit visivi e difficoltà respiratorie che, dopo anni di inalazioni, gli procurarono un collasso all’età di cinquant’anni.
    Tra i suoi esperimenti è passato alla storia quello sul protossido d’azoto, il “gas esilarante”. Il ricercatore iniziò alla fine del ’700 a testare su se stesso gli effetti del gas, scoprendo che poteva essere utilizzato come anestetico e sedativo nei pazienti chirurgici.
    Il protossido d’azoto, miscelato con ossigeno, è ancora oggi utilizzato in campo anestetico, in particolare dagli odontoiatri.

4. DANIEL CARRIÓN E PIERRE CURIE

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  • DANIEL CARRIÓN: si iniettò sangue infetto
    Intorno al 1880 Daniel Carrión (nella foto a sinistra), studente di medicina peruviano di 28 anni, decise di dimostrare che la febbre di Oroya, malattia infettiva che nella seconda metà dell’Ottocento aveva fatto parecchie vittime nei territori del Sud America, e la verruca peruviana, una lesione cutanea, erano due fasi della stessa malattia: la prima acuta, la seconda cronica.
    Per farlo, s’iniettò sangue infetto da un paziente che presentava l’eruzione cutanea e contrasse, così, la Febbre di Oroya che, in poco tempo, gli fu fatale. A lui è dedicata la più celebre università del Perù.
    La Verruca Peruviana è ancora diffusa, in particolare nei territori del Sudamerica: è mortale nel 40 per cento dei casi, ma solo se non viene aggredita con la terapia antibiotica che, se prescritta nella fase iniziale, debella la malattia.
  • PIERRE CURIE: si legò addosso cristalli di radio
    Nel 1898 il fisico francese Pierre Curie (nella foto a destra), celebre con la moglie Marie per gli studi sulla radioattività, è rimasto dieci ore con un cristallo di radio legato al braccio per registrare i cambiamenti epidermici causati dal contatto prolungato con l’elemento, e ha osservato poi il suo braccio per due mesi.
    Il fisico ha registrato giorno per giorno i cambiamenti della pelle, constatando all’inizio un arrossamento poco doloroso, poi un eritema che si era allargato e, con i giorni, aveva cambiato colore.
    Il fisico capì che il radio poteva essere utilizzato a scopo terapeutico: è infatti in grado di sviluppare radiazioni ionizzanti – particolari onde ad alta energia – e calore.
    Per questo nel Novecento è stato studiato per bloccare i tumori: nella radioterapia le radiazioni distruggono i processi cellulari, impedendo la crescita della massa tumorale.





5. ALBERT HOFMANN E JOHN STAPP

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  • ALBERT HOFMANN: entrò per caso in contatto con una sostanza che era... Lsd
    È il 1938 e il medico svizzero Albert Hofmann (nella foto a sinistra) non sa di aver scoperto una sostanza psichedelica.
    I suoi studi sul fungo parassita Ergot della segale cornuta, infatti, sono finalizzati a trovare farmaci per le cure psichiatriche e i problemi circolatori.
    Nel 1943 una piccola dose della sostanza che Hofmann sta esaminando gli cade sulla mano, causandogli un senso di vertigine.
    Lo scienziato inizia così ad assumere quantità variabili del fungo seguito dai suoi assistenti, che lo aiutano ad annotare cambiamenti e percezioni.
    Aveva scoperto, su se stesso, che la sostanza derivata dal fungo allucinogeno e sintetizzata influiva sulle sensazioni, creando stati confusionali e percezioni distorte della realtà. Era nata l’Lsd.
    Secondo il rapporto Espad Italia, il 2,7 per cento dei ragazzi ha provato allucinogeni come l’Lsd, in particolare in Piemonte, Lombardia e Liguria. In Europa i maggiori consumatori si trovano in Gran Bretagna: oltre il cinque per cento della popolazione ne fa uso.
  • JOHN STAPP: si lanciò a mille km orari
    Un lancio a mille chilometri orari per testare gli effetti dell’accelerazione e decelerazione sul corpo umano: lo ha compiuto nel 1954 il medico della US Air Force, John Stapp (nella foto a sinistra), che si è fatto lanciare alla velocità di 636 miglia orarie (circa 1.000 chilometri orari) su una speciale slitta, la Sonic.
    La tragedia era annunciata, ma Stapp fu fortunato: riportò traumi e perdita della vista temporanea, causata da un distaccamento della retina e dalla rottura dei vasi sanguigni.
    L’esperimento è servito ad analizzare gli effetti della rapida accelerazione sul corpo umano e, quindi, a capire cosa devono affrontare fisicamente i piloti e gli astronauti durante le missioni di lancio e studiare, così, protezioni come caschi e tute.








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