Quanti sono i veri amici1

Quanti sono i veri amici?

Chi di noi non ha amici che, pur definendosi tali, mostrano ben poco interesse nei nostri confronti?

C’è chi si fa sentire solo quando ha bisogno di aiuto, chi invita fuori a cena per il proprio compleanno e non fa nemmeno il gesto di offrire, chi si fa desiderare, declinando ogni invito per colpa di impegni più o meno reali.

Senza dimenticare chi non si apre agli altri, finendo col coltivare soltanto legami superficiali.

Secondo la scienza, il nostro giro di amici cambia ogni sette anni e siamo destinati a perderne circa la metà.

Colpa della nostra società, dei ritmi di vita che impone e delle distanze nelle grandi città: per coltivare la vera amicizia ci vuole infatti impegno e tempo.

Ma quanto ne occorre per raggiungere l’obiettivo? Da 50 a 200 ore. E quanti sono i veri amici? Scopriamolo insieme!

 

Curiosità: Una favola descrive l’amicizia in Oriente
«Molto tempo fa, in Cina, c’erano due amici, l’uno molto bravo a suonare l’arpa e l’altro molto bravo ad ascoltare. Quando il primo suonava o cantava di una montagna, il secondo diceva: “Vedo la montagna come se l’avessimo davanti”.
Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, colui che ascoltava prorompeva: “Odo l’acqua che scorre!”. Ma quello che ascoltava si ammalò e morì. Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più. Da allora, tagliare le corde dell’arpa è sempre stato un segno di grande amicizia».
Questa bella storia s’intitola Veri amici ed è contenuta nella raccolta 101 storie Zen, a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps (Adelphi).

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1. Apertura ed empatia

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Ma come si fa a fare amicizia?

Sempre più studi scientifici hanno chiarito come sia proprio la capacità di mostrarci empatici e di parlare liberamente di noi stessi ad aiutarci a costruirne una vera.

Ma non è tutto. Robin Dunbar, celebre antropologo all’Università di Oxford (Regno Unito) e autore del saggio Di quanti amici abbiamo bisogno? (Cortina), ha ad esempio dimostrato che le chance di costruire e mantenere nel tempo relazioni di amicizia sono legate alle dimensioni della corteccia prefrontale.

Secondo Dunbar, per mantenere attive nel tempo varie relazioni amicali abbiamo bisogno di una capacità mentale precisa: saperci immedesimare nell’altro.

In una ricerca, 40 volontari sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale ed è stato chiesto loro di redigere una lista delle persone che conoscono nella vita privata.

Successivamente Dunbar ha somministrato alle “cavie” un test per misurare la loro capacità di immedesimazione empatica.

«Tanto il numero di amici di ogni persona quanto la loro empatia hanno mostrato una corrispondenza con la dimensione della corteccia prefrontale», si legge nello studio, che quindi porta ad affermare che è questa l’area del cervello coinvolta nei processi sociali. In teoria, quindi, tutti saremmo dotati di queste capacità sociali ed empatiche.

Tuttavia in alcune persone sono particolarmente sviluppate: sono quelle dotate anche di elevate apertura mentale, disponibilità, flessibilità, capacità di ascolto, indipendenza oltre a un certo disinteresse verso se stessi.

 

  • Curiosità: Senza amici si prendono 4 volte più raffreddori!!!
    L’amicizia tenderebbe a fortificare il sistema immunitario: sulla base di interviste a 276 soggetti tra 18 e 55 anni di età, uno studio dell’Università di Pittsburgh (Usa) ha rilevato che chi ha molti contatti sociali ha una probabilità 4 volte inferiore di contrarre malanni di stagione come mal di gola e raffreddore.
    Inoltre, un’indagine di alcuni anni fa condotta presso l’Università di Stanford (Usa) su un gruppo di pazienti affette da tumore al seno ha mostrato l’efficacia dei gruppi di sostegno psicosociale: la possibilità di creare legami di amicizia tra pazienti, infatti, era correlata a un impatto favorevole sulla progressione della malattia.

 

 

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2. Ci vuole tempo e spesso sono solo conoscenze

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  • Ci vuole tempo
    Imparare a fare amicizia è comunque sempre possibile. Prima regola: partiamo con il non sottovalutare le conoscenze superficiali.
    Anche interagire con persone con cui non abbiamo grandi legami ha un impatto positivo sulla nostra serenità, come hanno spiegato nel 2014 Gillian M. Sandstrom ed Elizabeth W. Dunn in una ricerca uscita su Personality and Social Psychology Bulletin.
    Certo costruire legami più duraturi è altra storia: secondo Jeffrey Hall dell’Università del Kansas (Usa) serve tempo, risorsa spesso scarsa oggi.
    Dal suo studio, condotto seguendo il comportamento di quasi 470 tra studenti e adulti che avevano appena traslocato ed erano alla ricerca di nuove conoscenze, è emerso come serva una media di 50 ore trascorse insieme per passare dalla semplice conoscenza all’amicizia senza impegni e altre 40 ore per diventare veri amici.
    Pare occorrano però ben 200 ore per diventare migliori amici.
    Un altro consiglio è quello di riscoprire amicizie “dimenticate”: secondo un saggio pubblicato nel 2011 da Organization Science, riconnetterci con persone del nostro passato crea immediatamente un forte legame.

 

  • Spesso sono solo conoscenze
    Ma occorre distinguere: un conto sono le conoscenze, altro è l’amicizia.
    Se le prime possono anche raggiungere numeri elevati (un celebre studio del 1989 condotto dai sociologi americani Linton C. Freeman e Claire R. Thompson mostrava che la nostra rete sociale può toccare anche più di 5mila conoscenze), gli amici sono al massimo una ventina, dato peraltro in diminuzione da diversi anni.
    Per avere amici e non solo conoscenti occorrono un genuino interesse verso l’altro e la capacità di ascoltare.
    Certamente ci sono contesti in cui l’amicizia nasce più facilmente: la scuola, l’università, lo sport. Per questo da adulti è tutto più complesso.
    Molte persone adulte che si ritrovano sole cercano nuovi amici iscrivendosi a corsi di yoga o in palestra, ma ciò non aiuta molto: diversi psicoterapeuti sostengono che l’amicizia nasce dalla spontaneità e grazie agli incontri casuali.
    Queste occasioni fortuite attivano il legame sulla base di affinità e interessi. Ma ciò non avviene soltanto durante l’età evolutiva: dai risultati di molte indagini emerge come in molti casi siano i momenti critici a far incontrare le persone.
    Succede ad esempio tra vicini di casa quando ci troviamo ad affrontare un’emergenza, come un problema importante che ci impone di chiedere aiuto al dirimpettaio.
    Solo condividendo il nostro disagio, e quindi esponendoci senza filtri, rompiamo infatti il muro dell’anonimato agevolando l’empatia.

 

  • Curiosità: Nel Sud Italia gli amici si vedono di più
    C’è una netta spaccatura tra il Nord e il Sud del nostro Paese in fatto di amicizie: lo evidenzia l’Istat con i dati (relativi al 2016) sulla frequenza con cui vediamo le persone care.
    Secondo il rapporto, questa varia notevolmente in funzione della provenienza geografica.
    La maggior parte di chi incontra i propri amici quotidianamente vive nelle regioni del Mezzogiorno: il picco si registra in Basilicata, dove il 29,3 per cento degli abitanti afferma di vederli ogni giorno.
    All’estremo opposto c’è la Valle d’Aosta, dove il 20,3 per cento degli abitanti dice di incontrare i propri amici solo qualche volta al mese.

 

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3. In città e in provincia l'amicizia un bene vulnerabile

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L’amicizia vera, infatti, dovrebbe essere vicinanza reciproca.

Purtroppo però oggi questo principio, come diversi studi mostrano, non è sempre vero o almeno non in tutte le fasi della vita e in tutti i contesti culturali.

Ad esempio osserviamo differenze tra chi vive nei grandi contesti urbani e chi abita in provincia. Che la città sia dispersiva e ostacoli le amicizie genuine non è quindi un luogo comune.

Nei citati studi, emerge come nelle città l’amicizia sia vissuta solo come un insieme di momenti dedicati allo svago e separati dalla routine quotidiana, come ad esempio le uscite serali.

Non a caso chi vive in città descrive in modo molto positivo le rare occasioni in cui ci si ritrova con gli amici in altri contesti. Gli episodi in cui un amico si offre per un aiuto concreto, ad esempio in situazioni di emergenza, sono percepiti come salti di qualità del rapporto.

Nei piccoli centri è diverso. La vicinanza fisica e le minori distanze da percorrere favoriscono una presenza più costante e continuativa.

Complice una vita sempre più frenetica, soprattutto nelle metropoli, oggi viviamo una vera e propria crisi dell’amicizia, bene prezioso ma vulnerabile che l’attuale società mostra spesso di sottostimare.

A volte sono semplici bugie o prestiti non restituiti a portare alla fine di un rapporto, tanto che un ricambio periodico degli amici sembra diventato inevitabile: vari studi hanno calcolato che mediamente ogni sette anni il nostro giro di conoscenze cambia.

Così circa il 50 per cento delle nostre frequentazioni è destinato a svanire. Inoltre di fronte a una crisi tendiamo sempre più spesso a preferire la fuga invece di provare ad “aggiustare” l’amicizia incrinata.

C’è un grande pessimismo nei rapporti umani. Le persone investono meno nell’amicizia, forse anche per paura di affezionarsi troppo e di soffrire qualora questa dovesse finire.

L’angoscia dell’abbandono è oggi dominante, e ci porta a essere scettici verso tutti. È lo stesso motivo per cui molte persone, in psicoterapia, vogliono abbandonare le sedute non appena hanno l’impressione di stare meglio. Quasi temessero la dipendenza.

Così non stupisce che, rassegnati alla difficoltà di costruire legami genuini, ripieghiamo sempre più spesso sulle “finte amicizie”, quelle basate su un’utilità materiale.

Ma frequentare qualcuno solo perché può aiutarci o può presentarci le persone giuste oppure ci può tornare comodo sul lavoro non significa fare amicizia.

Uno studio di alcuni anni fa condotto da Peter De Scioli e Robert Kurzban, psicologi cognitivi dell’Università della Pennsylvania (Usa), aveva dimostrato come la valutazione dei vantaggi che la relazione può portare non è mai alla base di un rapporto amicale sano.

Piuttosto, ad attirarci verso un possibile amico sono sempre e solo affetto e vicinanza emotiva. Dalle indagini emerge come gli intervistati operino una precisa distinzione tra rapporti “utilitaristici” e vere amicizie.

In tutti noi è vivo infatti il bisogno di dare un valore etico all’amicizia, il problema è che spesso lo facciamo solo a parole.

 

 

  • Curiosità: L’amicizia tra uomo e donna è possibile?
    Secondo uno studio pubblicato da Evolutionary Psychology sembrerebbe di no: si baserebbe infatti spesso sul fraintendimento.
    Lei interpreta i segnali d’interesse sessuale di lui come segno di amicizia, spiegano gli autori, lui fa l’opposto.
    Condotta dalla Norwegian University of Science and Technology sulla scorta di interviste a più di 300 giovani (18-30 anni), la ricerca è però in parte smentita dai mutamenti sociali: è sempre meno strano osservare forti legami non sessuali tra uomini e donne.
    Dipende dalle trasformazioni culturali cui è andata incontro la donna tra gli anni 70 e 80. Le amicizie tra persone di sesso opposto sembrano oggi più intense.
    Tra uomo e donna lo scambio amicale appare ricco e fondato sull’ascolto.

 

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4. 10 regole per costruire buone amicizie

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A stilarle, in uno studio sul tema che è ormai un “classico” della psicologia, furono già trent’anni fa due autori della Oxford University (Regno Unito): Michael Argyle e Monika Henderson.

Eccone una sintesi valida ancora oggi.

  1. Ascoltiamo
    Mostriamo genuino interesse per le opinioni dell’altro, non solo in merito a quello che ci riguarda direttamente.
  2. Siamo riservati
    Non diffondiamo le confidenze ricevute. Il gossip fa parte delle chiacchiere tra amici, ma la fiducia reciproca è alla base dell’amicizia: se crolla quella, crolla tutto.
  3. Non critichiamo
    Anche una battutaccia davanti ad altri può essere disturbante.
  4. Aiutiamo
    Impariamo a essere attenti ai bisogni dell’altro, a essere presenti e ad aiutarlo senza che ce lo chieda e senza volere nulla in cambio.
  5. Sdebitiamoci
    Quando l’altro ci aiuta, ricordiamocene e ricambiamolo. Non per fredda correttezza, ma per reale desiderio di mostrargli la nostra gratitudine.
  6. Non siamo gelosi
    Non parliamo male di persone importanti per il nostro amico come il partner o i suoi amici. È irrispettoso. Impariamo invece a tollerare le persone a lui care che a noi non piacciono.
  7. Mostriamoci empatici
    Far sentire all’altro che capiamo quello che prova, genuinamente e senza finzioni, è utile. Un trucco: ricordiamoci di guardarlo negli occhi quando parla. Spesso con il tempo ci si dimentica di farlo.
  8. Condividiamo il bello
    Alcuni “utilizzano” l’amico come valvola di sfogo per rabbia, frustrazione e delusioni. Trascorriamo invece del tempo insieme per condividere cose belle!
  9. Rispettiamo gli spazi
    Essere intimi non significa prevaricare o invadere la privacy. Le improvvisate vanno bene, ma presentarsi sistematicamente a casa dell’altro senza invito può essere irrispettoso.
  10. Giochiamo
    Lo scherzo e il gioco non sono solo per bambini: la leggerezza è fondamentale nell’amicizia.

 

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5. Le 4 stagioni dell'amicizia

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  • INFANZIA, IL PERIODO D’ORO
    Assieme all’adolescenza, è il momento della vita in cui più facilmente stringiamo amicizia. Già attorno ai tre anni siamo in grado di socializzare.
    A quell’età i bimbi cercano i pari per giocare e sanno condividere la tristezza altrui.
    Anche le ricerche condotte da Colwyn Trevarthen, docente di psicologia del bambino all’Università di Edimburgo (Regno Unito), dimostrano come fin dalla nascita siamo predisposti a gestire le emozioni che nascono dallo stare con gli altri.
    È infatti durante l’infanzia che aumenta la considerazione per valori come fedeltà, lealtà, fiducia ed esclusività e non è stato ancora sviluppato il cinismo dell’età adulta.
    Ovviamente scuola o ambienti sportivi aiutano a socializzare: secondo una celebre ricerca condotta da William Bukowski della Concordia University di Montreal (Canada) avere una buona rete di amici aiuta già da piccoli ad affrontare positivamente i momenti stressanti della vita.
    Alla conclusione lo studioso è giunto analizzando le relazioni di più di 100 bambini: «Se si trovano da soli quando vengono sgridati da un insegnante o mentre litigano con un compagno, i loro livelli di cortisolo, prodotto dall’organismo in condizioni di stress, aumentano», spiega Bukowski.
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  • ADOLESCENZA, NASCE LA VERA AMICIZIA
    Le vere amicizie iniziano a 13-14 anni, quando si gettano le basi per le future relazioni.
    Ma vista la complessità di questa fase della vita, spesso l’amicizia è frammentata per tipologie di attività: così da adolescenti c’è l’amico con cui studiare, quello con cui parlare, quello con cui divertirsi.
    Oggi le cose sono più complicate. Digitale e social network hanno radicalmente trasformato l’amicizia tra adolescenti, spingendo a comportamenti narcisistici poco sani.
    È quanto ha rilevato uno studio belga e olandese pubblicato nel 2016 dal Journal of Social and Personal Relationships che punta il dito sull’uso dei messaggi, spesso impiegati come scorciatoia per evitare il confronto diretto con l’altro: a differenza di quel che succede con una telefonata o una chiacchierata di persona, consentono infatti di ripensare a ciò che stiamo per scrivere o registrare prima di premere “invio”.
    Questo però li rende impreparati alla vita adulta.
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  • ETÀ ADULTA, AMICIZIA IN SECONDO PIANO
    Da adulti è più complicato costruire nuove amicizie, concentrati come siamo sulle relazioni familiari e professionali.
    Gli psicologi spiegano che è soprattutto nei periodi di trasformazione che l’amicizia è più intensa: l’età adulta, nella quale consolidiamo la nostra vita, preferiamo i legami familiari e di coppia.
    Non a caso ritorna presente nei momenti di crisi: separazioni, cambi radicali di lavoro, trasferimenti.
    Queste dinamiche emergono anche dai dati Istat relativi alle frequentazioni con le proprie amicizie nel 2016: secondo l’indagine, la frequenza con la quale gli italiani incontrano i propri amici è inversamente proporzionale alla loro età.
    Superati i 25 anni, è più frequente incontrare gli amici una volta la settimana, sopra i 35 si passa a qualche volta al mese, dopo i 45 si arriva a qualche volta l’anno.
    Da adulti l’amicizia è spesso di coppia: si esce più spesso con il partner insieme ai suoi amici oppure con altre coppie.
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  • TERZA ETÀ, IL TEMPO RITROVATO
    Da tempo gli anziani non sono più considerati saggi a cui fare riferimento, ma sono invece svalorizzati.
    Ciò spiega perché tra chi ha superato i 65 anni subentri frequentemente l’isolamento.
    Ma l’amicizia tra anziani è una grande risorsa: è questo il momento dei bilanci e dei grandi interrogativi e l’amico è un’occasione per raccontarsi senza più reticenze.
    Ma soprattutto è grazie all’amicizia tra pari che l’anziano mantiene in forma le proprie capacità mentali: una ricerca condotta dalla Northwestern University di Chicago (Usa) e pubblicata nel 2017 da PlosOne lo ha dimostrato.
    Esaminando la rete di conoscenze e le abilità cognitive di un gruppo di 80enni che avevano dimostrato in test di possedere un’agilità mentale da 50enni, il gruppo di studiosi ha potuto constatare, sulla base di un questionario, come il tratto comune a tutti questi soggetti particolarmente in forma fosse proprio un’intensa rete di relazioni sociali e amicali.
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