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Questione di gusti: le nostre preferenze cambiano con l’età e con le esperienze.

A pochi bambini al mondo piace il peperoncino.

Eppure, a un certo punto, i ragazzi messicani lo aggiungono con disinvoltura ai loro piatti: hanno cambiato gusto?

Sì: i loro palati si sono adattati alle tradizioni alimentari del Paese in cui vivono.

Ora, immaginiamo di doverci trasferire in un Paese lontano, diverso dall’Italia per cultura, educazione, cibo. Ci comporteremmo anche noi come i ragazzi messicani?

E se invece volessimo solo sperimentare nuovi stimoli e quindi cambiare gusti – dalla cucina alla musica – come dovremmo comportarci? Scopriamolo insieme!

1. Insetti o masterchef?

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Prima di rispondere dobbiamo capire come nascono i gusti, che dipendono da una molteplicità di fattori.

Dalla genetica, dai nostri sistemi sensoriali, dall’educazione, dalla cultura, dalle esperienze.

Tutti hanno una radice biologica: ci piace il dolce perché è un sapore legato a sostanze nutrienti importanti per la sopravvivenza. Ci piacciono i paesaggi naturali con verde e corsi d’acqua perché indicavano ambienti favorevoli per i nostri antenati.

Queste sono preferenze biologiche e si radicano nelle origini della nostra specie. Al gusto biologico si sovrappone poi la componente culturale e sociale responsabile di tutte le preferenze più complesse.

Risultato? Se è vero che tutti amano mangiare (preferenza biologica), alcuni preferiscono la cotoletta alla milanese, altri le tortillas messicane o il sushi giapponese (preferenza complessa). Quelle nel sesso e nel cibo sono le preferenze che danno meglio l’idea di questo processo.

Accomunano tutti e in tutti hanno lasciato spazio a modulazioni culturali enormi, complesse e stratificate. Al punto che ci siamo dimenticati le funzioni originarie di certi piaceri. Oggi non si mangia più solo per nutrirsi né ci si accoppia solo per riprodursi.

Non c’è da stupirsi quindi nel constatare che mentre i nostri antenati sopravvivevano anche con carne di carogne, insetti e bacche, noi passiamo il tempo a vedere MasterChef discettando di ricette.

2. Piccante, grazie

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La buona notizia è che, qualora fosse necessario, è possibile modificare queste preferenze.

Un mangiatore seriale di hamburger e patatine fritte che deve tenere sotto controllo la linea, per esempio, ha buone speranze di modificare i suoi gusti e convertirsi a un’alimentazione equilibrata.

Biologicamente abbiamo una predisposizione a cibi zuccherati e grassi, il che spiega la facilità con cui le persone cadono in abitudini alimentari poco salutari mangiando dolci e junk food, il cibo spazzatura.

L’educazione ha la funzione di rendere la persona autonoma rispetto a tali inclinazioni. La aiuta a sviluppare abitudini alimentari (e quindi gusti) più sane ed equilibrate. Tutto si può apprezzare.

Non dimentichiamoci, come sottolineava in uno studio Paul Rozin della University of Pennsylvania (Usa), che «la maggior parte degli adulti assume ogni giorno sostanze che istintivamente sarebbero rigettate perché amare o irritanti: caffè, alcol, peperoncino...».

Come mai? Hanno imparato ad apprezzarle. Tornando al peperoncino, Roslin verificò che l’esposizione a “piccantezza crescente” è la base per lo sviluppo di tale preferenza: anzi, una cosa che provoca irritazione diventa un piacere.

Come mai? Rozin sottolineava che il cambio avviene per esempio attraverso l’associazione con eventi positivi (si assaggia un piatto a cui è stato aggiunto peperoncino e lo si trova più saporito).

A quel punto nel cervello avverrà un cambiamento che registrerà le preferenze: il processo avviene a livello neuronale. Perché siamo condizionati a ripetere un’esperienza che ha generato piacere.

Uno stimolo piacevole scatena infatti l’attivazione di risposte di ricompensa a livello neuronale, uno spiacevole genera invece avversione.

3. Mangio con gli occhi

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Il primo modo per cambiare gusti, dunque, è attraverso la prova e l’esperienza. Ma ci sono altre strategie parallele.

Per convincersi ad assaggiare qualcosa di poco stuzzicante, per esempio, si può ricorrere all’“effetto competenza”: ci si motiva ad assaggiare una cosa per il piacere di saperne di più.

Immaginiamo di invidiare i nostri amici esperti di vini, mentre noi a fatica distinguiamo un vino annacquato da un Barolo. Un metodo efficace è provare gradualmente alcolici di qualità superiore: alla fine con ogni probabilità avremo “affinato” il gusto imparando ad apprezzare i sentori intensi di un liquore.

Si può poi far leva sul piacere... in tutti i sensi. Per esempio, per insegnare a un bambino che odia i broccoli a mangiarli possiamo sfruttare la sua immaginazione: fargli credere cioè che quei broccoli lo renderanno un supereroe, un po’ come fanno gli spinaci con Braccio di Ferro.

Oppure glieli si può presentare nel piatto come se fossero le orecchie buffe di un coniglio. Il metodo del “piacere visivo” ha affascinato anche Charles Spence e il suo team all’Università di Oxford.

I ricercatori hanno provato a vedere che effetto faceva servire a tre gruppi tre diverse insalate composte con gli stessi ingredienti: la prima riproduceva un quadro di Vassily Kandinsky (Pittura No. 201), nella seconda broccoli e funghi erano allineati in file meticolosamente ordinate, nella terza le verdure erano ammucchiate al centro del piatto.

Risultato? L’insalata artistica è risultata più gradita. «Troviamo il cibo più complesso e ci piace di più se gli ingredienti sono sistemati per riprodurre un quadro astratto», hanno concluso gli studiosi... Arte astratta a parte, a conclusioni analoghe è arrivato Brian Wansink, della Cornell University di New York.

Analizzando 112 studi sui comportamenti alimentari, ha concluso che le scelte dipendono anche da quanto un cibo è ben presentato: è quindi importante che i cibi sani come frutta e verdura siano facili da raggiungere (convenienti), seducenti (attraenti) e disposti in modo da apparire una scelta ovvia (normale).

4. Suoni, visioni e regole del cervello

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  • Suoni e visioni
    Non è solo la vista però a venire in soccorso ai nostri gusti.
    Se volessimo far amare a un nostro amico “rockettaro” il jazz, dovremmo lavorare su altri sensi: poco conta infatti come disporremo le casse dello stereo.
    Sarà utile invece ricorrere a qualche trucchetto psicologico. Lo si può avvicinare ai nuovi ritmi attraverso passaggi intermedi, che contengano elementi dell’uno e dell’altro mondo.
    Accostare un elemento familiare all’oggetto che si vuole rendere desiderabile è un metodo molto efficace per modificare il gusto, dalla musica all’arte. Se ne è accorto anche l’economista inglese con la passione per l’arte Donald Thompson.
    Nel suo saggio Lo squalo da 12 milioni di dollari (Mondadori) ha analizzato questo aspetto, notando che nel catalogo della casa d’aste Sotheby’s si era scelto di accostare un’opera di Andy Warhol a un dipinto rinascimentale, Il martirio di San Sebastiano di Piero del Pollaiolo (a lungo attribuito al fratello, Antonio).
    Nel dipinto pop art, si trattava di un torso umano stilizzato sul quale alcune linee indicavano i punti del corpo in cui si poteva verificare un’ernia (da cui il titolo Where is your rupture?). La fratellanza fra le due opere però era forte. E non casuale.
    Secondo Thompson era dovuta a ragioni commerciali: lavorare sul gusto dei potenziali acquirenti e convincerli a conferire pregio (e ovviamente soldi) all’opera di Andy Warhol.


  • Regole del cervello
    Le regole di comportamento del cervello sono molte. Oltre all’efficacia dell’accostamento, ce n’è poi un’altra fondamentale: piace di più ciò che è visto più spesso.
    L’esposizione continuativa rafforza l’apprezzamento di una vasta gamma di fenomeni, dal cibo ai prodotti commerciali: la ripetizione genera un senso di familiarità e ciò che ci è familiare ci piace.
    Certo, dopo un po’ può sopraggiungere l’effetto “saturazione”, ma in quel caso un oggetto non smette di piacerci, semplicemente sentiamo bisogno di una novità.
    Non dobbiamo stupirci quindi se quel modello di pantalone affusolato, che qualche anno prima ci faceva sorridere, oggi è entrato nel nostro armadio. Abbiamo cambiato gusto e non ce ne siamo accorti?
    Sì. Il “bombardamento” visivo e pubblicitario ha modificato la nostra percezione del bello.
    Che può inoltre cambiare anche con il semplice passare degli anni. Insomma, la matematica non è un’opinione, ma i gusti sì.
    E questo alla fine è consolante: possiamo imparare a “raffinarli” e cambiarli. E adattarci bene alla società del futuro, che accoglierà i gusti di sempre più culture.





5. Quelli che cambiano con l'età e se non vi piace provate così

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  • Quelli che cambiano con l'età
    Col passare degli anni i nostri gusti cambiano.
    Accade con la musica. Jason Rentfrow (Università di Cambridge) ha raccolto le preferenze musicali di oltre 250mila persone nell’arco di dieci anni.
    E ha mostrato che gli adolescenti usano la musica per autodefinirsi e affermare la propria indipendenza (da qui la preferenza per suoni aggressivi); poi la musica si usa come veicolo per incontrare gli altri e dopo ancora, con la mezza età, per rilassarsi e per esprimere status.
    Le cose con l’età cambiano anche in fatto di cibo. Un anziano perde parte della capacità olfattiva e la sensibilità ai sapori diminuisce.
    E diventa più conservatore; si torna a essere, come i bambini, “neofobici”, ovvero diffidenti verso i cibi nuovi.
    Ciò, dal punto di vista evolutivo, serve a tenerci lontani da sostanze sconosciute potenzialmente pericolose. Vari studi mostrano che la neofobia inizia e raggiunge il massimo dai 2 ai 6 anni, quando i bimbi si muovono e hanno accesso a varie sostanze.
    Dopo cala e arriva al minimo in età adulta, per poi aumentare di nuovo, in teoria “proteggendo” l’organismo anziano da un potenziale avvelenamento.
  • Proprio non vi piace? Provate così
    EFFETTO PONTE: costruire collegamenti tra ciò che ci è familiare e ciò che non lo è. Volete apprezzare nuove sonorità? Non abbandonate quelle vecchie: alternatele finché l’orecchio non si abitua.
    PENSO POSITIVO: guardare il “bicchiere mezzo pieno”, reinterpretando un fastidio in qualcosa di positivo. Il medico vi ha prescritto di mangiare senza sale? Gli studi mostrano che dopo solo 2-3 mesi si cambia gusto: si preferiscono i cibi se meno salati.
    EFFETTO ALONE: accostare oggetti, perché quello di maggior valore conferisca valore anche al secondo. Un bel maglione ci fa rivalutare il vecchio pantalone abbinato. Si usa nel marketing: il successo di un prodotto ci fa apprezzare tutti gli altri del marchio.
    EFFETTO COMPETENZA: avere competenze è piacevole e fa apprezzare le cose. L’arte contemporanea vi annoia? Provate ad avvicinarvi a più opere di uno stesso autore e a conoscerle.
    COMPRENSIONE: capire cosa c’è dietro una costruzione narrativa. Un film ci risulta complicato e noioso? Prima di darsi per vinti, bisognerebbe impegnarsi a capire che cosa voleva dire il regista.
    IMMAGINAZIONE AL POTERE: nello studio, sfruttare l’immaginazione. Per esempio fingendo di dover fare la sceneggiatura di un romanzo noioso che si è costretti a leggere.








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