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Risse canine: cose da fare e… da non fare

Il parco, per strada o anche nella nostra stessa casa, può capitare che due cani litighino: problemi di gerarchia, contese per il possesso di un giocattolo o di cibo, più facilmente dispute territoriali, sono solo alcuni dei molti motivi che possono dar luogo a risse.

Di solito, quando i due contendenti sono di taglia e forza più o meno analoghe, le conseguenze raramente vanno al di là di qualche graffio o di un paio di superficiali colpi di dente, anche se dall’esterno, tra ringhi, balzi e schioccar di mascelle, l’impressione è di una lotta senza quartiere.

Se, però, i proprietari dei due contendenti decidessero di intervenire per separarli, allora le conseguenze potrebbero diventare davvero serie.

Per quanto di solito non ci piaccia, anche i cani sono soggetti a dispute e risse, come tutti gli esseri viventi. Prevenire è sempre la scelta ideale, intervenire invece…

Ecco come gestire le risse tra cani: tutte le cose da fare e… da non fare!

 

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1. Animale sociale - Come e anche più di noi

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Per quanto domestico, il cane discende direttamente dal lupo, anzi ne è una sottospecie vera e propria.

Perciò è classificato anch’esso dagli etologi come un “predatore sociale”, un animale specializzato per la vita di branco, quindi per relazionarsi molto a fondo con gli altri membri del gruppo cui appartiene.

Gruppo che rappresenta anche la garanzia della sopravvivenza di ciascun componente proprio attraverso la reciproca collaborazione nel procacciarsi il cibo, nella difesa del territorio, nel gioco e, anche se molto meno frequentemente rispetto al lupo suo progenitore, nell’allevare i cuccioli.

Per il cane domestico, il branco è costituito dal proprietario, che dovrebbe anche rivestire il ruolo di leader, e da tutti gli altri membri della famiglia in cui è inserito.

Da loro si attende cibo, affetto, protezione e coesione sociale, offrendo in cambio le medesime cose, (eccezion fatta, ovviamente, per la prima).

Chi non fa parte del branco può essere accettato o scacciato, a seconda delle circostanze, ma sempre con un’azione corale del branco stesso.

Così, semplificando al massimo, l’evoluzione ha stabilito che agissero i predatori sociali, tra cui l’uomo stesso.

 

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2. Serve responsabilità - Cani grandi e cani piccoli

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Chi possiede un cane di grossa taglia dovrebbe sempre prestare la massima attenzione all’incolumità dei cani più piccoli, anche nel caso in cui, e non è raro, siano questi ultimi ad assumere un atteggiamento aggressivo.

Un morso ben assestato di un grosso cagnone, infatti, può causare lesioni interne gravissime nei soggetti di costituzione più piccola e ucciderli.

Inoltre, i cani di piccola taglia, con il loro movimento a scatti rapidi, suscitano in molti soggetti un’immediata attivazione dell’istinto di caccia, con inseguimento, cattura e possibile violento scuotimento del malcapitato cagnolino, come se fosse un preda.

Quindi, chi ha un cane di grossa taglia dovrebbe sentirsi sempre moralmente impegnato a evitare che possano verificarsi episodi drammatici ai danni di altri cani e ad agire in ogni circostanza con senso di responsabilità.

Il benessere di tutti i cani deve essere sempre al centro delle nostre preoccupazioni, da veri cinofili.

 

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3. Vivere insieme

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In caso di scontro con un cane esterno al branco, quindi, come potrà interpretare il nostro amico, che sappiamo essere un predatore sociale, l’intervento verbale e/o fisico del suo proprietario nella lotta?

Solo come un supporto alla sua azione, quasi un invito a raddoppiare lo sforzo perché il resto del branco sta arrivando in aiuto.

E infatti, quando due cani stanno litigando e i rispettivi proprietari saltano qua e là strillando e cercando di interrompere la lotta, di solito la rissa non si placa, anzi trova nuovo vigore, con la conseguenza che, stavolta, i danni per i due contendenti saranno probabilmente molto più seri e facilmente imporranno l’intervento del veterinario con ago e filo.

Molto meglio sarebbe, invece, se i due proprietari si allontanassero rapidamente e in direzioni opposte, magari chiamando il cane con voce il più possibile ferma e sicura, senza urlare.

Così facendo, infatti, entrambi i litiganti si troverebbero sprovvisti del supporto, anche solo psicologico, del rispettivo branco e le loro velleità “belliche” subirebbero un forte ridimensionamento, con buone probabilità di sfociare in una ringhiante quanto innocua ritirata reciproca verso i proprietari.

Certo, non è affatto facile allontanarsi dal proprio cane impegnato in una rissa: l’istinto del branco che vive anche nell’animo umano ci suggerisce proprio il contrario, ma è sovente la cosa più saggia da fare, purché, ricordiamolo, i due contendenti siano di taglia e forza paragonabili.

L’aggressione di un cane grosso verso uno piccolo, infatti, è cosa assai diversa, che impone ben altro comportamento, soprattutto prevenendo il rischio.

 

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4. Rischio calcolato

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Tra le occasioni di rischio negli incontri tra cani c'è, come abbiamo spiegato, la possibilità che i movimenti scattanti di un soggetto di piccola taglia attivino in cani più grandi il cosiddetto “istinto predatorio”, cioè il comportamento di caccia, che è innato nel cane e deriva dal lupo.

Il pericolo è ovvio, se il “cacciatore” è più grande della “preda”.

Ma non dobbiamo confondere questa situazione con un comportamento “aggressivo”: nessun predatore nutre sentimenti di rancore o di inimicizia verso una preda.

Che le conseguenze di un attacco dovuto a questa motivazione siano le stesse di un'aggressione vera e propria dipende, infatti, solo dalle “armi” utilizzate, che sono le medesime in entrambi i casi, cioè i denti.

Anche se si presta molta attenzione, l’imprevisto può sempre verificarsi.

Un guinzaglio che sfugge di mano, l’improvvisa apparizione di un rissoso “mini-cane” mentre il nostro amico di taglia grande è libero in un prato, oppure un momento di gioco che degenera in rissa ed ecco che ci troviamo davanti a uno spettacolo da far rizzare i capelli: il cagnolino che pesa pochi chilogrammi saldamento appeso tra le fauci del nostro di solito amorevole “bestione”...

Cosa possiamo fare in questo frangente? L’esperienza diretta insegna che, se il rapporto con il nostro cane è solido e fondato sulla reciproca fiducia, potremmo arrischiarci a inserire la nostra mano tra le sue fauci: avvertendo il nostro odore, difficilmente chiuderà la bocca, per non farci del male, ma al contrario la aprirà, liberando il malcapitato cagnolino.

È un rischio, è vero, ma abbastanza calcolato e soprattutto fondato su un rapporto il più possibile sereno, costruito giorno per giorno.

In assenza di questo prerequisito, purtroppo non c’è altra soluzione che prevenire al massimo: un robusto guinzaglio e, per i cani che con certezza siano portati all’aggressività intraspecifica, cioè verso i propri simili, la massima vigilanza e un’adeguata terapia comportamentale, prima possibile.

 

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5. Altre tecniche (solo per chi ha sangue freddo)

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Se il nostro cagnone è un tipo “tosto”, picchiarlo e minacciarlo per fargli lasciare la “preda”, il cagnolino, non otterrà altro risultato che renderlo ancora più determinato nella sua azione.

E questo perché potrebbe benissimo interpretare la nostra violenza come un tentativo di sottrargli di bocca qualcosa a nostro vantaggio.

Se inoltre sappiamo che il cane ci rispetta fino a un certo punto o che, comunque, non è tipo da mollare la presa, allora l’operazione potrebbe richiedere abilità, grande forza e notevole sangue freddo.

Secondo alcuni, dovremmo infatti afferrarlo saldamente per il posteriore, agendo da dietro e inserendo le mani nella zona dell’interno-coscia, per sollevarlo con decisione da terra.

Mancando l’appoggio sul posteriore, e se possibile anche sull’anteriore, è probabile infatti che il cane perda sicurezza e apra la bocca.

Altri consigliano invece di puntare saldamente le dita della mano, tenute rigide e unite stile Kung-Fu, nella parte molle della mascella inferiore del cane che, impedito a deglutire e anche a respirare correttamente, aprirà la bocca... sempre che ci sia spazio per questa operazione, vien da dire.

In entrambi i casi, è lecito dubitare che simili azioni siano alla portata dei più, considerato anche che in queste situazioni il sangue freddo non è da tutti.

 

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