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Salvatore Ferragamo, il calzolaio delle stelle

È stato presentato al recente Festival del Cinema di Venezia un docufilm diretto da Luca Guadagnino in cui viene raccontata la storia del fondatore di uno dei brand italiani più noti al mondo.

Tutto cominciò nel 1898 in un piccolo centro dell’Irpinia, dove Salvatore nacque in una famiglia modesta e decise fin da bambino di fare il più umile dei mestieri: il calzolaio.

Non avrebbe mai immaginato quanto lontano lo avrebbe portato… Ecco la sua storia.

 

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1. A Venezia, il tributo di Guadagnino a Salvatore Ferragamo

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Tra gli eventi più attesi della Mostra del Cinema di Venezia c’è stata la prima di Shoemaker of Dreams, docufilm su Salvatore Ferragamo diretto da Luca Guadagnino, omaggio al famoso stilista a sessant’anni dalla sua morte, avvenuta il 7 agosto 1960.

Una figura leggendaria la sua, non solo per lo spirito imprenditoriale, ma anche per la geniale creatività.

Il documentario di Guadagnino presentato a Venezia si è ispirato all’autobiografia di Salvatore Ferragamo, Il calzolaio dei sogni, ma si è avvalso anche delle testimonianze della moglie Wanda e del contributo di esperti della moda e del cinema, tra cui Martin Scorsese.

Descrive «l’incredibile processo creativo che stava dietro al lavoro di Ferragamo che era un uomo ambizioso ma mosso principalmente dalla qualità e dall’etica della creazione».

Positivi i giudizi dei critici: «L’opening, con la catena di montaggio dei laboratori, la scarpa assemblata lentamente, pezzo dopo pezzo, senza musica, senza nessuna artificiosità nel ritmo, è strepitosa!» ha affermato Giammarco Tammaro su Vanity Fair.

«Quando si parla di anatomia umana, di ingegneria del costruire e quando racconta Hollywood degli anni Venti il film di Guadagnino diventa una fenomenale lezione di cinema», ha scritto il critico Marco Giusti.

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Salvatore Ferragamo ebbe una vita avventurosa: nato in un piccolo paese dell’Irpinia, emigrò negli USA, dove frequentò i divi di Hollywood: «Rodolfo Valentino era solito venire a casa mia per mangiare un piatto di spaghetti», diceva, orgoglioso di questa amicizia.

Durante la guerra fu arrestato dai tedeschi perché lo consideravano una spia degli americani e successivamente interrogato da questi ultimi che lo credevano al soldo dei tedeschi: «Ma ero solo un calzolaio che non sapeva niente di politica!» disse lui in seguito.

Nel Dopoguerra le sue scarpe diventarono il simbolo dell’Italia che tornava a vivere, a creare, a produrre. Nel 1947 vinse il prestigioso Neiman Marcus Award, l’Oscar della moda, per la prima volta assegnato a un creatore di calzature. Lo stesso premio verrà assegnato nel 1961 a sua figlia Fiamma.

Nella prefazione della sua autobiografia Il calzolaio dei sogni, pubblicata a Londra nel 1957 e oggi riedita da Electa, Salvatore tenne a precisare: «Questo libro parla soprattutto di piedi. Per favore, al di là della storia del ragazzino scalzo e ignorante che è diventato un celebre calzolaio, concentrate la vostra attenzione sul piacere che deriva dal camminare bene».

 

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2. Un giovane senza avvenire

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Era nato 1898 a Bonito, in provincia di Avellino: un paese che secondo lui «non ha altra via di uscita all’infuori di quella che avete percorso per arrivarci».

In altre parole, non c’era avvenire per chi aveva delle ambizioni. Fin da giovanissimo non desiderò che fare il calzolaio, all’epoca il più misero dei mestieri.

Riuscirà a tradurre il suo desiderio in realtà: «Quanto più avanzo negli anni tanto più aumenta l’orgoglio e la soddisfazione di essere un calzolaio».

Cominciò presto: dopo aver realizzato per le sorelle le scarpe per la prima comunione, i genitori gli permisero di fare pratica presso un artigiano locale. Da quel momento tutto prese a correre velocemente: a soli 13 anni Salvatore aprì un proprio negozio.

A 16 andò in America, cercando di dare rigore alla sua tumultuosa creatività. «Tutto quello che sapevo fare, le macchine lo facevano in un batter d’occhio. Ma non ne ero impressionato. Ne ero inorridito», scrisse.

Trovò lavoro in una fabbrica meccanizzata di scarpe. Si trasferì a Hollywood, imparò bene l’inglese e si iscrisse a un corso universitario di anatomia.

Gli studios cominciarono ad affidargli le riparazioni degli stivali da cowboy, poi la realizzazione di scarpe per kolossal storici, il primo dei quali fu I dieci comandamenti di Cecil B. De Mille. Le attrici gli ordinarono calzature personali. Era iniziata per lui la carriera di “calzolaio delle stelle”.

Nella foto sotto, Salvatore Ferragamo con l’attrice Joan Crawford presso il negozio di Hollywood negli anni Venti.

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Non riuscendo a trovare artigiani all’altezza, nel 1927 Ferragamo aprì un proprio laboratorio a Firenze dove adeguò il sistema della catena di montaggio al lavoro manuale specializzato.

Produceva scarpe da donna per il mercato americano ma la grande crisi economica del 1929 interruppe bruscamente le esportazioni: nel ’33 fu costretto a dichiarare bancarotta. «Ero sempre stato un calzolaio e mai un uomo d’affari» raccontò in seguito. Riuscì però a riprendersi.

Nel 1938 acquistò Palazzo Spini Feroni che da allora è sede della maison. Poi comprò una villa a Fiesole. Seguirono anni di studi e sperimentazioni per analizzare la distribuzione del peso del corpo sull’articolazione del piede, alla ricerca della calzatura perfetta.

 

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3. Memorabili invenzioni

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«I piedi mi piacciono, mi parlano. Ne sento la forza, la debolezza, la vitalità, i difetti», diceva convinto che la natura ci dona piedi sani, la cui salute dipende dalle scarpe.

Diventò una specie di taumaturgo. Affermava che piedi difettosi possono causare malattie con cui, in apparenza, nulla hanno a che fare: riuscì a far dimagrire clienti sovrappeso e a migliorare la situazione psicologica di donne mentalmente instabili o addirittura affette da allucinazioni.

E riconobbe in una semplice segretaria una futura artista: Anita Loos, che anni dopo sarebbe diventata una celebre scrittrice.

Qui sotto, il famoso sandalo Rainbow, una delle creazioni simbolo di Salvatore Ferragamo, realizzato in camoscio nel 1938 per l’attrice Judy Garland.

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Tante furono le sue memorabili invenzioni: tacchi a spillo rinforzati in metallo, calzature in oro, sandali invisibili con filo di nylon, placca metallica per sostenere l’arco del piede. Brevettò un apparecchio ortopedico ideato per uso personale: per un incidente d’auto in cui morì suo fratello, era infatti rimasto con una gamba più corta dell’altra.

Anche grazie alla produzione di pezzi unici, ebbe tra i suoi clienti i grandi personaggi storici del secolo scorso: creò scarpe per la regina Elena, quelle di Maria José per le nozze con il futuro re Umberto, calzature sia per Claretta Petacci sia per donna Rachele, mentre curava i calli, i duroni e gli alluci dell’uomo che le due donne avevano in comune: Benito Mussolini.

E ancora, fabbricò le scarpe più belle di Eva Peron, Eva Braun, Soraya, Elisabetta II, Margaret d’Inghilterra, la Regina Madre, la duchessa di Windsor, di cui ammirava i “piedi perfetti”.

Alla fine degli anni ’50 aveva realizzato il sogno della sua vita: creare le più belle scarpe del mondo. Palazzo Spini Feroni divenne meta di dive del cinema e del jet set internazionale: Anna Magnani, Bette Davis, Jennifer Jones, Carmen Miranda, Marilyn Monroe, Valentina Cortese, Gina Lollobrigida, Marlene Dietrich, Joan Crawford, Vivien Leigh, Rita Hayworth, Judy Garland, Claudette Colbert, Alida Valli, Sophia Loren, Katharine Hepburn, Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Lauren Bacall, Gloria Swanson (aveva piedi belli come trent’anni prima perché “il piede calzato bene non invecchia”).

E Greta Garbo, che ordinò in una sola volta settanta paia di scarpe. Di lei disse: «È la sola persona che si è opposta alle mie idee».

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4. Un destino già scritto

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Salvatore aveva superato brillantemente ogni difficoltà trovando soluzioni innovative.

Quando una crisi internazionale rendeva introvabili i materiali necessari ne usava altri, anche inconsueti, come rafia, cellophane, tela, pelle di pesce, carta dei cioccolatini, sughero sardo.

Lui stesso si dichiarava sorpreso della sua naturale, istintiva predisposizione a creare. Era convinto di essere la reincarnazione di una abile artigiano di scarpe. Fin da ragazzo, diceva, non imparava ma ricordava!

«Mi basta sedermi a pensare e la risposta mi giunge dal ricordo dei giorni in cui, non può essere che così, in una precedente esistenza su questa terra, sono stato un calzolaio». Ne ebbe la certezza quando tra le rovine della villa del Boccaccio furono trovate scarpe simili a quelle ortopediche da lui inventate.

«Forse in una mia precedente esistenza su questa terra le avevo disegnate». Anche per le future realizzazioni non aveva alcun dubbio: «Se non sarà possibile farlo con questo corpo sarà fatto con un altro».

Nonostante tante soddisfazioni, Salvatore Ferragamo continuò a domandarsi fino alla fine dei suoi giorni come mai avesse avuto successo. Alla fine si diede questa risposta: «Calzolai bravi ci sono dappertutto. Non è sul disegno, sui modelli o sulla lavorazione, ma sulla comodità che ho fondato la mia fortuna». Aveva ancora tanti progetti quando morì, a soli 62 anni.

Nella foto sotto, Salvatore Ferragamo con Sophia Loren durante la serata presso l’Open Gate Club di Roma, organizzata per celebrare il nuovo brevetto della pelle di leopardo marino (1955).

Cambio della guardia... Lo sostituirono alla presidenza la moglie Wanda e al settore creativo le figlie Fiamma e Giovanna di 19 e 17 anni.

Fino ad allora studiavano al liceo, prendevano lezioni di arpa e pianoforte, dipingevano e andavano a cavallo.

Ci ha raccontato Giovanna: «Durante le prime sfilate che preparai ero molto preoccupata di non riuscire a realizzare il suo stile, anche perché dovevo rapportarmi all’età delle sue clienti, molto più grandi di me. E poi normalmente si parte dal vestito cui si abbinano le scarpe. Io invece ho dovuto fare esattamente il contrario, partendo dalle scarpe».

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5. Wanda, la “sovrana della moda nazionale”

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Alla morte di Salvatore la guida dell’azienda passò alla moglie Wanda, 39 anni, che fino ad allora si era dedicata ai sei figli.

«Ero sempre incinta o stavo allattando. Mi sentivo brutta ed ero gelosa di quelle donne bellissime che lo circondavano», raccontò in un’intervista.

«Era inesperta ma dotata di grande intuizione», ci ha detto la figlia Giovanna. «Molto severa, ci faceva filare come soldatini».

Lo confermò Wanda nella stessa intervista: «Vedo tutto, controllo tutto, mi bastano cinque minuti per capire cosa è che non va».

Qui sotto, Salvatore e Wanda Ferragamo con i figli Fiamma, Ferruccio, Giovanna, Fulvia, Leonardo e Massimo.

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Fu un grande amore quello che Salvatore ebbe per lei. Celebre la dedica che le fece sul suo libro Il calzolaio dei sogni: “A Wanda che ho cercato in tutto il mondo e ho trovato nel mio villaggio natio”.

Aveva 18 anni quando si incontrarono. «Mia sorella Rosina ed io ci presentammo a casa del dottor Miletti. (...) Una ragazza bruna, giovane e slanciata ci raggiunse: “Buonasera sono Wanda (...) sono lieta di darle il benvenuto nella nostra casa. (...) Ancor prima che avesse finito (...) mi voltai verso mia sorella e le dissi in inglese: “Ho trovato la ragazza che cercavo. Diventerà mia moglie”». Lei raccontò: «Mio padre non approvava. Troppa differenza d’età. Mi disse: resterai vedova presto».

Definita “sovrana della moda nazionale” da Fabiana Giacomotti, docente di scienze della moda e del costume dell’Università La Sapienza di Roma, ha trasformato la ditta in una maison che oggi produce borse, foulard, abbigliamento maschile, accessori in seta, cravatte, occhiali, profumi, orologi e gioielli.

Wanda ha ricoperto il ruolo di presidente onorario fino alla morte, avvenuta il 19 ottobre 2018. Aveva 97 anni e fino a pochi giorni prima era al lavoro.

Irpina di nascita, al suo funerale ha voluto che fosse letta una lettera dedicata a Firenze: “Sono venuta qui (...) a 18 anni, e ho imparato ad amarti e ad apprezzarti a poco a poco. La tua bellezza nell’arte, nella tradizione artigianale, nei tuoi colli, nelle tue inconfondibili tradizioni di umanesimo e di civiltà, hanno influenzato e arricchito il mio spirito”.

E la città ha contraccambiato dedicando a lei e a Salvatore una piazzetta vicino Ponte Vecchio.

Nella foto sotto, la famiglia. In primo piano, da sinistra a destra, la figlia Fiamma, la moglie Wanda e la figlia Fulvia. Dietro, i figli Giovanna, Leonardo, Ferruccio e una modella.

 

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