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Siamo soli nell’universo?

La scoperta di un pianeta riaccende il dibattito sull’esistenza di vita extraterreste e alimenta nuovi dubbi, interrogativi e incertezze…

Due astronomi del California Institute of Technology hanno rivelato al mondo di aver scoperto il famigerato Pianeta X, poi chiamato Nove, posizionato ai limiti estremi della galassia.

Finora era passato inosservato, nonostante le proporzioni mastodontiche che lo caratterizzano: è grande dieci volte più della Terra. La scoperta è stata resa nota attraverso uno studio pubblicato su The Astronomical Journal.

Tutto questo avviene mentre gli astrofisici americani stanno seriamente considerando l’ipotesi che altre forme di vita, sviluppate o meno, possano essere rinvenute proprio ai confini della galassia, in quegli ammassi globulari che potrebbero garantire la nascita e la sopravvivenza di civiltà aliene.

Una prospettiva certamente affascinante. Ma siamo veramente soli nell’universo? Scopriamolo insieme.

 

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1. Pianeta Nove: una scoperta quasi casuale che distrugge le certezze. Ma com’è fatto?

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  • Distruggere le certezze
    “Per la prima volta in 150 anni abbiamo un’evidenza solida che il censo planetario del Sistema solare sia incompleto”, ha detto il professor Batygin, uno degli scopritori del pianeta Nove.
    Se fino a oggi gli otto pianeti, il Sole e i cinque pianeti nani conosciuti rappresentavano una mappatura convincente, questa nuova scoperta pone l’umanità di fronte a una certezza: non esistono certezze.
    Del resto, nella sola Via lattea si possono contare circa 300 miliardi di stelle, un numero che autorizza a considerare, in maniera abbastanza delineata, che non abbiamo e non possiamo avere una contezza certa dei corpi celesti che orbitano intorno a noi.

 

  • Una scoperta quasi casuale
    Il pianeta Nove è stato individuato per pura fatalità.
    Gli studiosi hanno posto la loro attenzione al moto di alcuni oggetti celesti orbitanti nella remota fascia di asteroidi di Kuiper, nei punti più estremi del Sistema solare.
    Un metodo non nuovo nella storia dell’astronomia moderna, utilizzato anche quando è stato scoperto Nettuno (appartenente proprio alla fascia di Kuiper), nel 1846, e Urano, nel 1781.
    Il pianeta Nove, secondo i primi rilievi degli studiosi, è grande circa 5mila volte Plutone e metà Nettuno, e può compiere un’orbita ellittica, un giro intorno al Sole, ogni 10-20mila anni.

 

  • Com’è fatto
    Talmente distante da sfuggire all’occhio di un telescopio, il pianeta potrebbe avere una superficie ghiacciata e uno strato esterno di natura gassosa.
    L’ipotesi di Batygin e Brown deve ancora essere confermata dalla comunità astrofisica internazionale, ma fin da un primo studio appare fondata la teoria secondo cui questo nuovo pianeta, affacciato nelle derive estreme della galassia, possa entrare a far parte della nostra concezione del Sistema solare.

 

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2. La vita oltre la Terra, il problema delle distanze e la ricerca continua

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  • Ci può essere vita oltre la Terra?
    La domanda che, con ogni probabilità, si sono posti con più curiosità e insistenza gli scienziati e gli uomini che sono vissuti sulla Terra è: siamo soli nell’universo?
    Un quesito al quale scrittori e sceneggiatori di fantascienza hanno dato risposte creative e popolari, ma che non è (ancora) stato definitivamente sciolto da un punto di vista empirico.
    Gli scienziati stimano che sistemi solari simili al nostro, nell’universo infinito, possano essercene oltre cinque miliardi.
    Le probabilità che un corpo celeste possa aver sviluppato condizioni tali da ospitare la vita, com’è accaduto sulla Terra, sono dunque abbastanza alte.
    Secondo gli scienziati, per garantire la vita a organismi batterici o pluricellulari, le possibilità che un pianeta possa avere una distanza ottimale dal proprio sole sono elevatissime.

 

  • Il problema irrisolto delle distanze
    Sebbene elevate, le possibilità di entrare in contatto con pianeti ospitanti la vita, o addirittura civiltà avanzate, sono molto basse a causa delle enormi distanze che separano i pianeti e le stelle.
    Se si considera che, a oggi, l’uomo ha potuto mettere piede soltanto sulla Luna, che orbita a 384.400 chilometri dalla Terra, e che Marte, il pianeta più vicino, si trova a circa 250 milioni di chilometri, è possibile comprendere come “dialogare” con eventuali alieni, o con forme di vita simili o diverse dalla nostra, è molto, molto complesso.

 

  • La ricerca continua senza soste
    Nell’ultimo meeting, 227esimo complessivo, dell’Aas, l’Associazione astronomica americana, che ha avuto luogo in Florida, l’astrofisica Rosanne Di Stefano, componente dell’Harvard Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge, Massachussets (l’istituto che si occupa dell’osservazione dei pianeti extrasolari), ha dato nuove indicazioni sulle possibilità di rintracciare la vita su altri pianeti.
    Secondo Di Stefano, gli ammassi stellari visibili nella patina esterna del nostro Sistema solare possono essere il posto giusto dove volgere lo sguardo.
    Il problema, insomma, potrebbe essere non soltanto costituito dalle distanze che ci separano dagli altri mondi, ma, anche, dai luoghi stessi dove abbiamo provato a cercarli.
    Nella foto sotto, il "Progetto Seti". Il Search of extraterrestrial intelligence si occupa di monitorare i segnali dello spazio alla ricerca di vita intelligente.

 

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3. Comunicare alla velocità della luce tra le stelle

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  • Dove volgere lo sguardo, quindi?
    Nel suo studio, Rosanne Di Stefano denota come nei 158 ammassi globulari presenti nella Via lattea potrebbero nascondersi corpi celesti molto simili alla Terra e, dunque, in grado di ospitare la vita.
    Se finora gli scienziati non hanno rinvenuto pianeti extrasolari tra gli ammassi stellari è perché una così alta concentrazione di stelle - si parla di centinaia di migliaia - rende difficilissimo riconoscere l’esistenza di un pianeta. Oltre ai 158 ammassi globulari conosciuti, peraltro, ce ne sono altri 20 possibili.

 

  • Tra le stelle
    Di Stefano ha fatto notare, grazie ad alcune simulazioni effettuate per mezzo di software, che, vista la loro natura, i pianeti ospitati all’interno di questi ammassi globulari avrebbero la possibilità di sopravvivere per miliardi di anni e potrebbero facilmente sviluppare forme di vita.
    “Un ammasso globulare potrebbe essere il primo luogo in cui rinvenire la vita intelligente nella nostra galassia”, sono le parole pronunciate dall’astrofisica.
    Questo perché, secondo la teoria della Di Stefano, le stelle che compongono tali ammassi sono di piccola taglia e dunque, a differenza delle supernovae, vanno a spegnersi progressivamente piuttosto che esplodere.
    “In un certo senso – secondo Di Stefano – sarebbe sereno vivere in un ammasso globulare”.
    Eppure, vista la luminosità alla quale sarebbero esposti, questi pianeti sarebbero probabilmente anche sprovvisti della notte.

 

  • Comunicare alla velocità della luce
    Alak Ray, del Tata Institute of Fundamental Research di Mumbai, ha condiviso con Di Stefano il lungo percorso di studio:
    “È prematuro affermare che non ci siano pianeti negli ammassi globulari”. Questo perché tali corpi celesti potrebbero aver avuto il tempo sufficiente per sviluppare e addirittura evolvere la vita.
    Essendo poi su stelle vicine, potrebbero bypassare i problemi delle immense distanze cui è esposta la Terra e, addirittura, comunicare con sostanziale facilità.
    Per dare un’idea di quanto siano lontani questi elementi stellari, basta pensare che la stella più vicina a noi, Proxima Centauri, è distante circa 4,2 anni luce.
    Per raggiungerla, insomma, non basterebbero 25mila anni. Di Stefano, però, fa anche notare che tra stelle vicine l’invio di messaggi radio potrebbe richiedere pochi mesi.

 

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4. Civiltà avanzate, come nel film Men in black e alieni sulla Terra

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  • Civiltà avanzate
    Ciò che si sottovaluta spesso, quando si fa riferimento alla possibilità che gli alieni possano mettersi in contatto con noi o, addirittura, sbarcare sul nostro pianeta, sono le incredibili distanze.
    Qualora esistessero civiltà avanzatissime, capaci di viaggiare nello spazio, bisognerebbe considerare che neanche la più evoluta delle tecnologie riuscirebbe mai a raggiungere appieno la velocità della luce (le risorse di energia dovrebbero essere pari a infinito), come spiegato nella teoria della relatività ristretta di Albert Einstein.
    Non solo, quand’anche questo fosse possibile una qualsiasi astronave, a causa degli impatti gravitazionali, sarebbe presto ridotta in un cumulo di polvere.

 

  • Alieni sulla Terra
    Fin dal 1900 si è sviluppata una certa teoria del complotto secondo la quale dischi volanti e strane creature provenienti da mondi lontani abbiano fatto approdo sul nostro pianeta e tali accadimenti siano stati sapientemente nascosti dalle potenze governative.
    Nel corso dei decenni, centinaia di avvistamenti, fotografie più o meno credibili, teorie fantasiose e racconti simili a storie di fantascienza hanno alimentato il mito della presenza degli alieni sulla Terra.
    Il primo avvistamento risale al 3 luglio 1947 a Roswell, New Mexico
    .
    I giornali dell’epoca hanno parlato immediatamente di uno schianto alieno all’interno di un ranch e del successivo trasferimento del veicolo in una base segreta del Nevada, che oggi conosciamo come Area 51. Una base militare top secret realmente esistente dove vengono, però, “soltanto” sviluppate tecnologie ultra-evolute. Una storia circondata da un alone di mistero.

 

  • Come nel film Men in black
    Qualche tempo fa il premier russo Dmitrij Medvedev è stato pizzicato in un fuori onda a pronunciare queste parole: “Insieme alla valigetta con i codici di lancio dei missili nucleari al capo del Cremlino viene consegnato anche un fascicolo top secret: quella cartella contiene informazioni sugli alieni che hanno visitato il nostro pianeta”.
    Una dichiarazione che ha scatenato polemiche in tutto il mondo: come fosse la prova che il complotto che vedrebbe le potenze mondiali nasconderci la presenza degli alieni fosse vero.
    A rasserenare gli animi e a far comprendere l’evidente e grottesca burla pronunciata da Medvedev è la parte finale del fuorionda: “Tutte le notizie dettagliate su questo argomento potete ricavarle dal noto film americano Men in black”.

 

  • Riassumendo, dunque...
    La scoperta del Pianeta Nove (foto sotto), e l’accreditato studio di Rosanne Di Stefano, consegnano al mondo la consapevolezza ancor più fondata di un universo infinito e sconosciuto. Anche se le possibilità di non essere i soli esseri viventi esistono e, passo dopo passo, i grandi scienziati continuano a far luce sugli straordinari misteri delle stelle.

 

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5. Viaggio nel Sistema solare e noi al centro dell’universo

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  • Viaggio nel Sistema solare
    Prima della scoperta del cosiddetto Pianeta X o Nove, la mappa dei corpi celesti all’interno del Sistema solare era formata da soli otto pianeti, escluso il Sole: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Urano e Nettuno.
    Fino a qualche anno fa i pianeti erano, in realtà, già nove, in quanto Plutone era considerato alla pari degli altri.
    Successivamente, però, viste le dimensioni ridotte, è stato declassato a pianeta nano, così come Cerere, Haumea, Makemake ed Eris.
    La scoperta del pianeta Nove va, dunque, a rafforzare la mappatura dei corpi celesti del nostro Sistema solare, a dimostrazione che la vastità dell’universo è tale da non poter garantire, ad oggi, nessun tipo di certezza.

 

  • Noi al centro dell’universo?
    Prima di morire al rogo, in Campo de’ Fiori a Roma, Giordano Bruno (nella foto, in alto a sinistra) ha teorizzato nei Dialoghi filosofici italiani (e in particolare nel De infinito, universo et mondi) la propria concezione dell’universo.
    Distruggendo la visione tolemaica del cosmo – secondo la teoria del sistema geocentrico che vedeva la Terra al centro dell’universo finito – il filosofo nolano ha espresso la sua personale concezione degli “infiniti mondi” disseminati in un universo altrettanto infinito.
    Bruno ha distrutto quelle che erano le certezze del tempo: non era più, secondo la sua concezione, la Terra a gravitare al centro di un universo finito, ma ogni essere vivente, dalla formica all’uomo, a rappresentare il centro del mondo in base al proprio punto di vista.
    Bruno ha disgregato, filosoficamente, ogni rigidità imposta dal geocentrismo e pagato con la vita le proprie teorie, così come Galileo Galilei che, grazie alle teorie contenute nel De Rivolutionibus Orbium Celestium, ha cancellato completamente la visione tolemaica e dato all’umanità una nuova prospettiva dell’universo.

 

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